venerdì 30 novembre 2012

UN TORNADO DI CONTRADDIZIONI


Mentre un tornado s'invortica sull'ILVA di Taranto, abbattendone le ciminiere proprio nel giorno in cui il governo si appresta a decidere il futuro del cancrificio della famiglia Riva, segno di un destino beffardo o piuttosto del fatto che gli strumenti di controllo climatico hanno ormai raggiunto una perfezione in grado di stupire anche il "complottista" più consumato, l'Italia intera continua a girare in tondo, senza trovare una sola coordinata alla quale potersi aggrappare....



I dati oggettivi provenienti dalle più svariate fonti, seppur edulcorati nel nome del politicamente corretto, raccontano un paese che sta crollando su sé stesso, vittima di una demolizione controllata messa in atto con cura certosina. Crollano i redditi delle famiglie, crollano i consumi, crollano i posti di lavoro, crollano le imprese, crolla la qualità e la quantità dei servizi pubblici, crollano le prospettive occupazionali e la capcità di arrivare a fine mese attraverso qualche alchimia, crolla la fiducia nel futuro e perfino il convincimento che sia possibile averlo, un futuro.

I banchieri golpisti diretti dall'usuraio Mario Monti continuano a dispensare le riforme necessarie per la demolizione controllata, mentre i camerieri politici, recentemente degradati al ruolo d'impiegati le "firmano" senza proferire parola.
Dopo avere eliminato il "fardello" delle pensioni, creando il dramma degli esodati e quello ben più grande di tutti coloro che pur pagando i contributi una pensione non la vedranno mai, lo stesso Monti sembra intenzionato a volgere la sua attenzione verso il sistema sanitario, da lui giudicato economicamente insostenibile per le casse dello stato.
Quello stesso stato che senza porsi alcun problema dissipa miliardi per la guerra e per le grandi opere di "mafia" ( gli F35 ed il TAV sono solo due esempi), ma nonostante una pressione fiscale fra le più alte al mondo sembra aver deciso che per garantire la sopravvivenza dei cittadini non c'é più una lira (o meglio un euro), ragione per cui é giunta l'ora che inizino ad arrangiarsi in qualche modo.

Smantellate le pensioni e smantellata la sanità pubblica, tramite cessione ai privati, in un paese dove non c'é lavoro e quel poco esistente diminuisce quotidianamente, le prospettive attraverso le quali "arrangiarsi" non sembrano poi molte e il ventaglio delle scelte finisce per ridursi a quella di mettersi un cappio al collo volontariamente o lasciare che l'inedia e le malattie lo facciano per te.

Ma mentre i tornadi imperversano, scuotendo il paese fin nelle fondamenta, il popolo italiano sembra non accorgersi di nulla e continua ad eseguire pedissequamente tutto ciò che gli viene ordinato dalla TV. S'infervora dinanzi alle campagne elettorali dei camerieri degradati, che quando torneranno in parlamento non avranno alcuna voce in capitolo, così come non ne hanno oggi. Corre a milioni alle urne per regalare due euro ad una pletora di buffoni senza arte nè parte. E soprattutto si recherà a votare in primavera una delle congreghe di faccendieri che lavorano per Mario Monti e una volta insediatasi nel consiglio di amministrazione della "banca Italia" di euro ne pretenderà molti ma molti di più, fintanto che il cappio non sarà ben chiuso e la persona deprivata di ogni avere potrà venire smaltita in quanto rappresenta un peso "insostenibile" per la società.

In fila per tre, dai qua i due euro, cosa vuoi, Legacoop Bersani, liberista Renzi, reduce della sinistra Vendola, faccia pulita ambientalista Puppato o democristiano pentito Tabacci? Spicciati che il tempo é denaro e tanto si tratta di attori che non valgono un cazzo, vincerà Bersani e la commedia é venuta pure male. Avanti i prossimi, in fila per tre, due euro qui e muovete quelle ginocchia che fra pochi giorni inizia la sceneggiata del PDL e si ricomincia daccapo. - Marco Cedolin

mercoledì 28 novembre 2012

ASPETTANDO LA RIVOLUZIONE CHE ANCORA NON C’E’




Woody Allen direbbe che per fare una rivoluzione ci vogliono due cose: qualcuno o qualcosa contro cui rivoltarsi e qualcuno che si presenti e faccia la rivoluzione.
Ora in Italia e in altri paesi europei uno dei requisiti indicati è sicuramente presente, il qualcosa o qualcuno contro cui rivoltarsi è facilmente identificabile nel capitalismo liberista e nella sua ultima cinica versione economico-finanziaria.
Ora c’è da vedere se esiste la possibilità che ci siano anche gli altri soggetti, ossia coloro che si presentano a farla, la rivoluzione.
Intanto chiariamo cosa si intende per rivoluzione, visto che ognuno può riempirla di significati diversi, ad esempio ci sono movimenti fascisti che fanno del termine un uso bulimico,e addirittura forze conservatrici che teorizzano rivoluzioni liberali.
Possiamo definire rivoluzione quando la maggioranza delle  masse popolari ritiene sia rotto il patto con i propri rappresentanti e non condivide più le scelte della classe dirigente, ravvisandone elementi insanabili d’ingiustizia e iniquità non risolvibili con i mezzi normalmente  messi a disposizione dal potere stesso.
Pochi giorni fa il Ministro degli Interni Cancellieri ha rilasciato dichiarazioni alquanto inquietanti e profetiche quando allude alla necessità di andare oltre il normale ordinamento giuridico per stroncare la manifestazioni di protesta, affinchè non assumano connotati riconducibili a rischi per il potere (”..non possiamo permettere alla piazza di fare scelte che spettano alla politica”…cit). Detto da un Ministro di un governo non eletto e quindi poco rappresentativo del popolo che governa è indicativo e ben poco rassicurante.
D’altra parte esempi sono già stati abbondantemente dati nel corso degli ultimi mesi, l’uso della violenza contro i manifestanti è stata una costante presenza  contro i NO TAV, gli studenti, i precari, gli operai, i minatori, i pescatori, i pastori.
Finora a fare da cuscinetto ed ammortizzatore sociale nel non far deflagrare le singole rivolte in un unico movimento rivoluzionario è stata l’assenza delle forze politico-sindacali che anzi, hanno spesso agito da pompieri o addirittura da complici.
Non ho ancora sentito o visto, da parte di quelle forze, levate di scudi in difesa degli studenti e degli operai massacrati a manganellate nelle piazze, anzi, si sono rese protagoniste di accordi e norme che inaspriscono il risentimento popolare.
Quindi probabilmente è solo questione di tempo, qualche altro giro di vite (l’annunciata manovra finanziaria aggiuntiva per il 2013 e il rischio di tagli epocali al sistema sanitario non fanno ben sperare), e quei movimenti, attualmente divisi e isolati tra loro, cominceranno a coagularsi intorno a un progetto comune, venendo meno la paura di un futuro incerto in caso di salti nel buio, essendo sufficiente la consapevolezza della  miseria e del nero del presente. E, soprattutto, la convinzione che non è  la sporadica protesta, figlia dell’onda emotiva per un singolo aspetto, la soluzione, ma un movimento organizzato, coeso e rappresentativo.
E c'è da dire che "lor signori" stanno facendo del tutto affinché ciò accada!

MIZIO

martedì 27 novembre 2012

IL “CUPIO DISSOLVI” DEL POPOLO DI SINISTRA



E adesso la pubblicità!


Dopo la kermesse mediatica che ha trasformato le elezioni per le  primarie del centro-sinistra in un circo “Barnum” ora aspettiamo trepidanti il ballottaggio. Nell’ attesa qualche piccola prima disamina e considerazione.
Al di là delle dichiarazioni e dello spettacolo messo in piedi l’analisi dei dati e dei numeri rimane la più corretta e valida.
In questo senso i dati definitivi sull’affluenza alle primarie sono impietosi. Nonostante la più grossa campagna di mobilitazione al voto su più piattaforme (dalle piazze, ai social network, ai giornali, alla tv pay e generalista) anche queste primarie confermano un dato oggettivo di declino dell’affluenza per questo tipo di elezioni. Su dati ufficiali, queste primarie di coalizione hanno raggiunto lo stesso numero di partecipanti di quelle, con il solo Pd, del 2009 (poco più di 3 milioni di votanti). E’ evidente che nello stesso Pd, pur al centro dell’attenzione mediatica, c’è stato un calo di affluenza. E le primarie del 2009 rappresentavano il punto più basso di affluenza, in questo genere di elezione, raggiunto da quel partito.  Rispetto alle ultime primarie di coalizione, quelle del 2005, il calo è spettacolare. Una perdita di più di un quarto dei votanti, circa un milione e duecentomila voti di meno, quando nel 2005 il dispositivo per questo genere di elezioni non era sofisticato come oggi. E c’è da considerare anche una corposa contaminazione di elettorato di centrodestra (fondamentalmente pro-Renzi), come da numerose testimonianze, come mai era accaduto nelle precedenti primarie. Eppure non è mancato l’effetto annuncio con i media che, durante la giornata elettorale, hanno parlato continuamente di boom votanti, riprendendo le indicazioni  dei portavoce dei candidati, cercando di creare un’ onda che trascinasse  verso il voto. Le file, frutto di una organizzazione approssimativa sul territorio hanno fatto quindi parte della scenografia non della realtà. Vedremo quale effetto farà la scenografia sull’elettorato al momento delle elezioni politiche. Del resto siamo di fronte ad uno spettacolo politico che, come negli Usa, gonfia i palinsesti e attrae audience e quindi pubblicità. Le primarie si mostrano così, sul piano della mobilitazione reale, un istituto già usurato,  nell’intenzione originaria di raccogliere consensi allargati, nel momento in cui sembra raggiungere il suo acme spettacolare.
Nel 2006, dopo le primarie boom del 2005, ad esempio il centrosinistra e riuscì a far eleggere un governo debole che durò poche decine di mesi. Dal punto di vista dei numeri siamo quindi di fronte a modalità di mobilitazione politica minore nella società. Magari di una minoranza strategica per vincere le elezioni in una società politicamente frammentata ma  non certo da scambiare per una maggioranza esaltante e non  esaltata. Dal punto di vista dei risultati arrivano al ballottaggio due candidati di centro-destra. Entrambi assolutamente compatibili con procedure e dettati politici Ue, Bce, Ecofin che hanno portato l’Italia in una contrazione economica permanente che sta producendo disastri sociali impensabili per questo paese.  Che dalle primarie esca un PD più bersaniano o renziano, onestamente, è solo un problema di organigramma interno a quel partito.
Un’ ultima annotazione sul terzo arrivato. Caro Vendola era proprio necessario partecipare in quei termini, con accordi al ribasso con Bersani , in quella, che si è dimostrata una non-scelta tutta interna al PD, e che ha lasciato scoperto tutto il lato sinistro dello schieramento politico (almeno quel che ne rimane). Si vuole proprio il successo dell’astensionismo e dei grillini!?
L’Italia e gli italiani si meritano altro. O no?

MIZIO
Dati da Nique la Police (Senza soste.it)

sabato 24 novembre 2012

L'ITALIA? UNO STADIO, E GLI ITALIANI ULTRAS



"Non possiamo consentire alla piazza di fare delle scelte che deve fare la politica " esclama il ministro Cancellieri durante il proprio intervento al senato, aggiungendo che "sono mesi che ci stiamo preparando a momenti difficili" e "tutti dobbiamo renderci conto che siamo chiamati a fare sacrifici". Il momento è molto delicato e occorre "fare quadrato attorno alle istituzioni".
Insomma, senza fare troppi giri di parole, il dipartimento del regime deputato alla repressione fisica di ogni forma di dissenso, avoca alla politica (nella fattispecie rappresentata dal governo dei banchieri che mai nessuno votò) il diritto di fare qualsivoglia scelta ritenga congrua, senza che "le piazze" abbiano a lagnarsi. Preconizza l'approssimarsi di momenti difficili sotto il profilo dell'ordine pubblico, causati dalle intemperanze dei molti che non accetteranno di buon grado di venir messi in mutande ed incolonnarsi ordinatamente sotto i ponti e chiama gli taliani "buoni" a sacrificarsi in silenzio, facendo quadrato intorno alle istituzioni bancarie....


In tutta evidenza il ministro Cancellieri ritiene (anche se non lo dice esplicitamente) che in breve tempo l'Italia somiglierà in tutto e per tutto alla bolgia di uno stadio di calcio, messa a "ferro e fuoco" da manipoli di cittadini ultras, trasformatisi in teppisti dopo che Equitalia ha portato loro via ogni avere. Proprio nel solco di questo pensiero la Cancellieri ha infatti confermato la volontà di estendere in brevissimo tempo alla società italiana due norme importate direttamente dal "mondo del calcio", come il Daspo e l'arresto differito, allo scopo di meglio fare fronte alle future battaglie. Per la tessera del tifoso probabilmente ci vorrà ancora tempo, dal momento che non è ancora stato deciso se integrarla nella tessera sanitaria o nella carta d'identità, ma inevitabilmente prima o poi arriverà anche quella.

Se da un lato il regime gonfia i muscoli nell'ambito della repressione delle "piazze", dall'altro la polizia fiscale agli ordini di Attilio Befera è ormai pronta per la conta dei peli nel naso di tutti gli italiani, giù giù fino all'ultimo dei disoccupati e dei pensionati sociali. Nell'inaugurare il nuovo redditometro, la sanguisuga di stato ha infatti stigmatizzato il fatto che almeno un milione di italiani siano a reddito zero, ma continuino comunque a spendere, a mangiare, a bere, a riscaldarsi ed a usare l'elettricità, ravvisando in questo loro agire il germe della disonestà. Se fossero italiani onesti si lascerebbero onestamente morire, senza disturbare la Cancellieri e senza ostinarsi a sopravvivere comunque. Ed invece continuano a spendere a dispetto della matematica beferiana che li vorrebbe già almeno un metro sottoterra.

Affrettatevi a morire, fatelo in silenzio, ma restando ben stretti intorno alle istituzioni, dopo avere trovato qualche parente che paghi le spese del funerale e relative tasse naturalmente, dal momento che le banche sono qui per governare e non certo per fare beneficenza.

Marco Cedolin

giovedì 22 novembre 2012

FESTIVAL DI TORINO - KEN LOACH RIFIUTA PREMIO IN NOME DEI PRECARI ITALIANI


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Nella vita ci vuole coerenza, e Ken Loach ne ha da vendere. Ha messo il suo lavoro da regista al servizio della classe operaia, descrivendone i difficili conflitti di tutti i giorni. Proprio per sostenere i lavoratori italiani il regista britannico ha annunciato in un comunicato stampa di voler rifiutare il riconoscimento attribuitogli dal Torino Film Festival.
Ma facciamo un passo indietro. Loach aveva chiesto spiegazioni all'organizzazione in seguito ad una vertenza sindacale sui dipendenti precari del Museo Nazionale del Cinema. Non avendo ricevuto risposta ha deciso di reagire non presentandosi alla manifestazione.
“È con grande dispiacere che mi trovo costretto a rifiutare il premio che mi è stato assegnato dal Torino Film Festival, un premio che sarei stato onorato di ricevere, per me e per tutti coloro che hanno lavorato ai nostri film.
I festival hanno l’importante funzione di promuovere la cinematografia europea e mondiale e Torino ha un’ eccellente reputazione, avendo contribuito in modo evidente a stimolare l’amore e la passione per il cinema.
Tuttavia, c’è un grave problema, ossia la questione dell’esternalizzazione dei servizi che vengono svolti dai lavoratori con i salari più bassi. Come sempre, il motivo è il risparmio di denaro e la ditta che ottiene l’appalto riduce di conseguenza i salari e taglia il personale. È una ricetta destinata ad alimentare i conflitti. Il fatto che ciò avvenga in tutta Europa non rende questa pratica accettabile. A Torino sono stati esternalizzati alla Cooperativa Rear i servizi di pulizia e sicurezza del Museo Nazionale del Cinema (MNC). Dopo un taglio degli stipendi i lavoratori hanno denunciato intimidazioni e maltrattamenti. Diverse persone sono state licenziate. I lavoratori più malpagati, quelli più vulnerabili, hanno quindi perso il posto di lavoro per essersi opposti a un taglio salariale. Ovviamente è difficile per noi districarci tra i dettagli di una disputa che si svolge in un altro paese, con pratiche lavorative diverse dalle nostre, ma ciò non significa che i principi non siano chiari. In questa situazione, l’organizzazione che appalta i servizi non può chiudere gli occhi, ma deve assumersi la responsabilità delle persone che lavorano per lei, anche se queste sono impiegate da una ditta esterna. Mi aspetterei che il Museo, in questo caso, dialogasse con i lavoratori e i loro sindacati, garantisse la riassunzione dei lavoratori licenziati e ripensasse la propria politica di esternalizzazione. Non è giusto che i più poveri debbano pagare il prezzo di una crisi economica di cui non sono responsabili”.
A questo proposito Loach ricorda il suo impegno nella ‘difesa’ della categoria, citando una delle sue pellicole di maggior successo, “Bread and Roses” che affronta proprio il tema della precarietà del lavoro.
“Abbiamo realizzato un film dedicato proprio a questo argomento, «Bread and Roses». Come potrei non rispondere a una richiesta di solidarietà da parte di lavoratori che sono stati licenziati per essersi battuti per i propri diritti? Accettare il premio e limitarmi a qualche commento critico sarebbe un comportamento debole e ipocrita. Non possiamo dire una cosa sullo schermo e poi tradirla con le nostre azioni. Per questo motivo, seppure con grande tristezza, mi trovo costretto a rifiutare il premio”.
La risposta da parte degli organizzatori del Festival non è tardata ad arrivare sul sito ufficiale della kermesse, dove viene specificato che il contratto di assegnazione dei servizi di vigilanza e pulizia è stato stipulato in seguito ad una gara europea:
“Con grande dispiacere, prendiamo atto del comunicato stampa con il quale Ken Loach rifiuta il premio assegnatogli dal Torino Film Festival. A maggior ragione, ci dispiace di constatare che un grande regista, al quale va da sempre la nostra ammirazione, sia stato male informato al punto da formulare riserve su comportamenti del Museo Nazionale del Cinema che non corrispondono in alcun modo alla realtà dei fatti.Ricordiamo che il contratto di assegnazione dei servizi di vigilanza e pulizia alla Mole Antonelliana è stato stipulato a norma di legge, con una gara europea ad evidenza pubblica, rispettosa delle normative ministeriali e dei contratti di lavoro in essere. Il Museo non può essere ritenuto responsabile de comportanti di terzi, né direttamente né indirettamente. Di conseguenza, non sarebbe in alcun modo legittimato a intervenire nel merito di rapporti di lavoro fra i soci di una cooperativa esterna e la loro stessa società. Al contrario di quanto affermato da Ken Loach, ci aspetteremmo invece di vederci riconosciuto un comportamento eticamente ineccepibile nei confronti delle problematiche inerenti i rapporti di lavoro con i dipendenti del Museo del Cinema, i collaboratori e le rappresentanze sindacali. Con orgoglio, rivendichiamo da sempre una politica coerente a tutela del lavoratori e, d’intesa con le organizzazioni sindacali di riferimento, un impegno costante nella ricerca di soluzioni atte a garantire continuità e difesa dei posti di lavoro, anche in un momento di forte contrazione delle risorse economiche a disposizione. 

mercoledì 21 novembre 2012

PATTO SULLA PRODUTTIVITA', UN'ALTRO IMBROGLIO REAZIONARIO


Dopo riforma delle pensioni, la riforma del lavoro e l'eliminazione dell'art:18, i tagli epocali dello "spending review", un nuovo tsunami si abbatte sui lavoratori e i loro diritti (sic), il patto sulla produttività: Già nel nome c'è l'imbroglio, i patti si fanno tra uguali e liberamente, e non (Marchionne docet) sotto ricatto dei più forti sui più deboli.
I sindacati gialli CISL e UIL già hanno firmato, la CGIL sta riflettendo, ma vedrete che alla fine firmerà. Le forze politiche? Hanno altro cui pensare, ci sono le primarie, e poi si fidano di Monti e del suo governo! Ha fatto così bene finora....
Mizio


di Giorgio Cremaschi

Il patto sulla produttività rappresenta un concentrato delle ideologie reazionarie e della programmata iniquità che è alla base della agenda Monti. La tesi di fondo che l’ispira è un brutale imbroglio di classe.

La produttività italiana ha toccato il massimo negli anni ‘70, quando il potere dei lavoratori nelle imprese e nel mercato del lavoro era al massimo. Da allora è sempre declinata, fino a crollare quando il sistema economico è stato strangolato dai vincoli dell’euro e del liberismo europeo.

In tutti questi anni il salario ha solo perso posizioni, sia rispetto ai profitti sia nel confronto con gli altri paesi Ocse. Un operaio italiano in un anno lavora due mesi in più del suo equivalente tedesco, eppure la produttività della Germania è ai vertici.

Allora perché in Italia si fa un accordo che chiede a chi lavora ancora più orario in cambio di ancor meno salario? Per la stessa ragione per la quale Monti vanta oggi il più feroce sistema pensionistico europeo, la massima flessibilità del lavoro i più brutali tagli alla scuola pubblica e allo stato sociale, e allo stesso tempo proclama che questo è solo l’inizio e pretende che i suoi successori di centrosinistra continuino sulla stessa strada.

Perché c’é un metodo in questa follia. Se l’Italia deve sottostare ai drastici vincoli dei patti di stabilità europea, delle banche e della finanza, della moneta unica, dei governi conservatori, se il sistema delle imprese vuole incrementare i margini di profitto nonostante la crisi, allora è chiaro che l’unica leva che rimane, l’unica reale flessibilità è quella che viene dal supersfruttamento del lavoro.

Il patto sulla produttività estende ovunque il sistema Marchionne: i pochi che ancora lavorano devono accettare di farlo ai prezzi del mercato globale, altro che contratti e diritti.

Tutto questo non ha nulla a che fare con la difesa dell’occupazione ma solo con quella dei profitti. Anzi la disoccupazione di massa è indispensabile per costringere i lavoratori a piegarsi al supersfruttamento. La disoccupazione deve restare e crescere, altrimenti il modello non funziona.

A tale fine il governo mette a disposizione la riduzione delle tasse solo per il salario flessibile. Mentre alla maggioranza dei lavoratori viene calata la paga, una minoranza può mantenere il potere d’acquisto se lavora di più in una azienda che va bene, e solo questa minoranza avrà meno tasse sulla busta paga. Questo mentre non si trovano più i fondi per la cassa integrazione o per l’indennità di disoccupazione.

Questo non è solo un accordo sindacale è un progetto di selezione sociale. Ed è la vera risposta alla crisi di Monti e degli interessi di classe che rappresenta. Interessi che impongono una svalutazione sociale del lavoro sempre più brutale, visto che quella che dura da trent’anni non è stata sufficiente.

Questo modello sociale reazionario si appoggia su un sistema corporativo di caste e interessi burocratici organizzati. Tutto il sistema delle imprese, comprese naturalmente le cooperative e le piccole aziende strettamente legate al Partito democratico, ha sottoscritto con entusiasmo il testo. Tra i sindacati, i firmatari sono tutti coloro che hanno già sottoscritto le stesse condizioni alla Fiat, ricevendone in cambio la facoltà di sopravvivere protetti dal padrone.

La Cgil finora non ha aderito all’accordo, ma annaspando in un mare di contraddizioni e incertezze.

Il patto sulla produttività è in pochi anni il terzo accordo interconfederale che devasta il contratto nazionale e tutto il potere di contrattazione del lavoro. Il primo nel gennaio 2009 non è stato sottoscritto dalla Cgil. Il secondo, in pura continuità con il precedente, il 28 giugno del 2011 è invece stato firmato dalla stessa Cgil, che anzi con la Fiom oggi ne rivendica la piena applicazione.
Ora il patto sulla produttività scioglie ai danni dei lavoratori alcune formule ambigue dell’accordo precedente, demolendo definitivamente il contratto nazionale.

Ma firmare una volta sì e una no non costruisce un’alternativa al cedimento, a maggior ragione poi quando i principali contratti sottoscritti in questa stagione già dispensano un’orgia di flessibilità e solo nei meccanici la contrattazione è separata.

Il no della Cgil è dunque di fronte al solito bivio ove da tempo si dividono tutte le posizioni critiche verso il liberismo. Si fa sul serio, oppure si testimonia il dissenso e poi ci si adatta alle nuove schiavitù ricercando il male minore?

Il bivio dei contratti è lo stesso della politica. Il centrosinistra ha già deciso di far finta di superare Monti, mentre sottoscrive tutti gli impegni assunti dall’attuale governo. La Cgil seguirà la stessa strada, cedendo con adeguata fermezza alla cancellazione di ogni solidarietà contrattuale tra i lavoratori?

Se non si vuole seguire un copione già recitato tante volte, non basta non firmare l’accordo. Se non si è d’accordo con il patto sulla produttività, bisogna combatterlo, disobbedire alle sue regole, scontrarsi con chi invece le accetta.

O si sta, anche solo passivamente, con Monti, la sua politica, i suoi accordi, o si sta contro di essi e contro chi li sostiene, in mezzo ci sono solo impotenza e ipocrisia.







ANIMA E FISICA QUANTISTICA


Il Giornale Online

Una teoria rivoluzionaria sostiene che l'anima umana è una delle strutture fondamentali dell'Universo e che la sua esistenza è dimostrabile grazie al funzionamento delle leggi della fisica quantistica. Con la morte fisica, le informazioni quantistiche che formano l'anima non vengono distrutte, ma lasciano il sistema nervoso per essere riconsegnate all'Universo.

Due fisici quantistici di fama mondiale, l'americano dott. Stuart Hameroff e l'inglese Sir Roger Penrose, hanno sviluppato una teoria che potrebbe dimostrare definitivamente l'esistenza dell'anima. Secondo la Teoria Quantistica della Coscienza elaborata dai due scienziati, le nostre anime sarebbero inserite all'interno di microstrutture chiamate “microtubuli”, contenute all'interno delle nostre cellule cerebrali. La loro idea nasce dal considerare il nostro cervello come una sorta di “computer biologico”, equipaggiato con una rete di informazione sinaptica composta da più di 100 miliardi di neuroni . Essi sostengono che la nostra esperienza di coscienza è il risultato dell'interazione tra le informazioni quantiche e i microtubuli, un processo che i due hanno definito “Orch-OR” (Orchestrated Objective Reduction).

Con la morte corporea, i microtubuli perdono il loro stato quantico, ma le informazioni in essi contenute non vengono distrutte. In parole povere, più legate ad un linguaggio tradizionale, l'anima non muore, ma torna alla sua sorgente. “Quando il cuore smette di battere e il sangue non scorre più, i microtubuli smettono di funzionare perdendo il loro stato quantico”, spiega il dott. Hameroff, professore emerito presso il Dipartimento di Anestesiologia e Psicologia e direttore del Centro di Studi sulla Coscienza presso l'Università dell'Arizona. “L'informazione quantistica all'interno dei microtubuli non è distrutta, non può essere distrutta, ma viene riconsegnata al cosmo”.

“Quando un paziente torna a vivere dopo una breve esperienza di morte, l'informazione quantistica torna a legarsi ai microtubuli, facendo sperimentare alla persona i famosi casi di premorte”, continua Hameroff. La grande portata di questa teoria è evidente: la coscienza umana, così intesa non si esaurisce nell'interazione tra i neuroni del nostro cervello, ma è un informazione quantistica in grado di esistere al di fuori del corpo a tempo indeterminato. Si tratta di quella che per secoli le religioni hanno definito “anima”.

Questa teoria scientifica si avvicina molto alla concezione religiosa orientale dell'anima. Secondo il credo buddista e induista, l'anima è parte integrante dell'Universo ed esiste al di fuori del tempo e dello spazio. L'esperienza corporea (o anche terrena, materiale), non sarebbe altro che una fase dell'evoluzione spirituale della coscienza umana. Ma anche le religioni del libro, quali l'Ebraismo, il Cristianesimo e l'Islam, insegnano l'immortalità dell'anima. Chissà che questa teoria non possa aprire una nuova stagione di confronto positivo tra la ragione e la fede, la religione e la scienza.

martedì 20 novembre 2012

RIVOGLIO PEPPONE E DON CAMILLO




Orbene, due tra i maggiori esponenti della sinistra (!) italiana autocandidatisi alla guida della coalizione di centrosinistra alle prossime elezioni politiche, al termine di uno dei tanti e soporiferi dibattiti, faccia a faccia, guancia a guancia, core a core, pieni di nulla o poco più, alla domanda a quale figura si ispirassero, hanno pensato bene di rispondere rispettivamente: Papa Giovanni (Bersani) e Card Martini (Vendola).

Abituato ormai da anni ad essere spiazzato continuamente dalle riposizioni degli esponenti che si ostinano a definirsi di sinistra, confesso che stavolta ho trasecolato più del normale. Colpa mia evidentemente che non sono in grado di capire le sottigliezze della politica in chiaroscuro di questi ultimi venti anni (ma penso di non essere il solo visti i disastri provocati) e che, probabilmente, mi sfuggono le reali motivazioni di tali scelte, che non siano quelle, semplicistiche, di acchiappare qualche voto cattolico titubante.
Intendiamoci nulla contro le due personalità citate, entrambe ammirevoli e portatori di novità nella stagnante palude della Chiesa Cattolica. Ed io ne potrei citare altri da Don Milani a Don Gallo passando per Il Card. Romero e mille altri ancora, tutte personalità degne e meritevoli di ammirazione.

Ma siamo sicuri che l’elettorato storico della sinistra  si aspettasse questi e non altri  dai propri candidati? Eppure, credo che non manchino anche dalle parti di “Peppone” esempi di illustri personaggi!
Non voglio arrivare a dire Marx, Lenin, Rosa Luxemburg,  Che Guevara o Fidel Castro, mi rendo conto che sarebbe troppo. Ma magari citando  un Berlinguer, un Salvator Allende, un Gramsci, un Matteotti non ci si sarebbe compromessi  troppo e si sarebbe manifestata, comunque un senso di appartenenza più aderente alla storia personale e allo schieramento che si ritiene di rappresentare.

Tutti i sondaggi prevedono per le prossime elezioni un’ astensionismo senza precedenti, una delle cause non sarà proprio quest’appiattimento che è ormai una costante nella politica italiana a effettuare scelte che, per rappresentare tutti, non rappresentano più nessuno e che, soprattutto a sinistra, rende incapaci di proposte coraggiose, autonome e autorevoli, fuori dalla palude del pensiero unico dominante.

Rivoglio Peppone e Don Camillo!

MIZIO

BILDERBERG A ROMA! CHE VORRANNO ANCORA?


I centrotrenta potenti del mondo, coloro che decidono le sorti dell’economia (e non solo) mondiale, si sono incontrati a Roma il tredici novembre scorso. Si tratta del cosiddetto Gruppo Bilderberg le cui riunioni sono sempre avvolte dal massimo della segretezza. L’incontro doveva tenersi all’Hotel Russie ma, per maggiore riservatezza - data la concomitanza con il festival del Cinema - è stato spostato in Campidoglio. I bene informati pensavano che il meeting si dovesse tenere alle 18 ma è stato invece spostato a un’ora dopo quando gli ospiti stranieri si sono riversati in piazza del Campidoglio.



I PARTECIPANTI ITALIANI E STRANIERI

Alle 19.45 è stato visto entrare Ignazio Visco, governatore della Banca Centrale; un quarto d’ora dopo il ministro del Lavoro Elsa Fornero, seguito dal presidente del Consiglio Mario Monti, avvistato intorno alle 20.30. Tra i ministri del governo tecnico erano presenti anche Corrado Passera (delega allo Sviluppo Economico) e Francesco Profumo titolare del dicastero all’Istruzione

Tra gli altri invitati Mauro Moretti, ex sindacalista della Cgil; Angelo Cardani, presidente di Agcom; Fulvio Conti dell’Enel; Anna Maria Tarantola presidente della Rai; Federico Ghizzoni, amministratore delegato di Unicredit; Paolo Scaroni, amministratore delegato di Eni; Franco Barnabè di Telecom Italia, Alberto Nagel ad di Mediobanca, Enrico Cucchiani di Mediaintesa e Rodolfo de Benedetti del Gruppo Cir.

Dall’estero sono invece arrivati Tom Enders, Ceo della Eads, Marcus Agius di Barclays, il canadese Edmund Clark boss della Td Bank, Kenneth Jacobs numero uno di Lazard e l'americano capo dell'Alcoa Klaus Kleinfeld.

C’erano anche il francese Henri Castries presidente del gruppo Axa, il tedesco Josef Ackermann presidente del consiglio di amministrazione del Gruppo Executive Committee Deutsche Bank, lo statunitense Keith Alexander comandante dell’Us Cyber Command e direttore dell’Agenzia di Sicurezza Nazionale, lo spagnolo Joaquin Almunia vicepresidente Commissario per la concorrenza Commissione Europea, lo statunitense Roger Altman presidente della Evercore Partners, il portoghese Luis Amado presidente del Banco Internacional do Funchal, il norvegese Johan Andresent proprietario e amministratore delegato della Ferd, il finlandese Matti Apunen direttore Finnish Businness and Policy Forum Eva, il turco Ali Babacan vice primo ministro per gli affari economici e finanziari, il portoghese Francisco Pinto Balsemao presidente e Ceo di Impresa ed ex primo ministro, il francese Nicolas Baverez Partener della Gibson Dunn & Crutcher LLP, il francese Christophe Béchu senatore e presidente del Consiglio Generale del Maine et Loire, e il turco Enis Berberoglu editore del quotidiano Hurriyet.

Tutti i nomi presenti sono personaggi abitualmente chiamati a partecipare agli incontri del Bilderberg anche quando si tengono in altre nazioni. A questi se ne aggiungono altri che restano segreti nonostante gli insiders provino in tutti i modi a stanarli.



I TEMI DELLA DISCUSSIONE

Di cosa si è discusso in questo vertice mondiale di governanti e banchieri di tutte le specie? Dell’andamento economico del globo, questo è certo nonostante non arrivino conferme ufficiali. E tenendosi in Italia, nel vertice si sarà discusso molto probabilmente di eurozona e degli andamenti economici di nazioni che non ce la fanno a stare al passo con la tabella di marcia imposta dai mercati.

Indiscrezioni raccontano però che, oltre a euro-questioni, durante l’incontro siano state affrontate anche tematiche legate alla politica italiana.

E infatti la domanda che si pongono gli italiani è che cosa ci facesse il premier Mario Monti a questo incontro insieme alla sua squadra di governo, praticamente al completo salvo rare eccezioni. Monti è un habitué del Bilderberg, tanto è vero che in passato ha già preso parte ad altri incontri insieme a Paolo Scaroni di Eni e Franco Barnabè di Telecom Italia.

Da fonti interne a Palazzo Chigi arrivano però soltanto dei rumours: Mario Monti avrebbe presentato una relazione su come far uscire l’Italia dalla crisi economica in cui è sprofondata. Manovre finalizzate a perseguire gli scopi dei vertici più alti delle banche mondiali, che coincidono però con le tanto agognate misure di impoverimento del Paese Italia messe in campo negli ultimi dodici mesi. Sempre secondo indiscrezioni emerge che si è parlato anche di un eventuale commissariamento dell’economia dei paesi più deboli della zona euro tra i quali oltre alla Grecia e alla Spagna guarda caso figura proprio l’Italia.

Perché mai l’incontro è stato previsto proprio a Roma e come mai alcuni ministri del Governo sono stati invitati alla mensa del Re? Probabilmente – e siamo nel campo delle ipotesi, perché di conferme ufficiali non ne arriveranno mai - i potenti del mondo hanno chiesto garanzie politiche ed economiche proprio ai banchieri di casa nostra, sempre disponibili e asserviti nei confronti delle lobby mondiali.



LE CONSEGUENZE PER L’ITALIA: ACCELERATA SUL MONTI BIS

Gli osservatori più attenti ritengono che si sia chiesto all’Italia di rispettare i patti e garantire, quindi, con il risanamento del debito pubblico attraverso la tassazione ai cittadini, la stabilità economica che le banche pretengono. Non per nulla la maggior parte degli appartenenti al Bilderberg rappresentano i più potenti istituti di credito del mondo. Tutto questo però potrebbe portare al disastro per l’Italia.

Una tesi portata avanti anche dal giornalista russo Daniel Estulin, specialista delle influenze del Bilderberg sull’economia mondiale, che parlando di Mario Monti, ha svelato il piano per la distruzione dell’Italia, risultante dal rispetto dei patti con il Bilderberg.

“Qualunque governo che cercherà di ripagare questo debito distruggerà il proprio paese, tutto quello che finora si è fatto è stato obbligare i cittadini a pagare il debito pubblico gonfiato dagli interessi usurai della finanza internazionale e aggravato nell’eurozona, dall’impossibilità di ricorrere, a costo zero, all’ossigeno della moneta sovrana. Dal momento che non possiamo pagare e non può farlo nemmeno il governo, allora ci si rivolge alle istituzioni finanziarie internazionali. Chiunque tenta di farlo distruggerà il proprio paese”.

Con molta probabilità a Mario Monti è stato chiesto di impegnarsi ancora personalmente nella politica italiana per permettere che il sistema bancario continui ad avere la meglio sulla nostra economia. E questo, con qualsiasi altro premier, non sarebbe stato possibile come con il Professore.



IL DOPO BILDERBERG E LE DICHIARAZIONI IN KUWAIT

Solo in questa chiave è possibile spiegare le dichiarazioni che lo stesso Mario Monti ha rilasciato nella sua recente visita in Kuwait dove ai petrolieri asiatici si è presentato come l’unico in grado di poter fornire garanzie in vista di futuri investimenti in Italia.

"Non posso garantire per il futuro – questo ha dichiarato Mario Monti a chi gli chiede se abbia fornito in Kuwait garanzie sull'affidabilità dell'Italia dopo il suo mandato - chi governerà deve avere come obiettivo quello di continuare a garantire crescita, giustizia, lotta a corruzione e evasione. Le valutazioni sono ai minimi e servono capitali per la crescita. Abbiamo illustrato a potenziali investitori che è il momento in cui i titoli a reddito fisso e le valutazione delle imprese in Italia sono bassi”. Tradotto: venite a comprare che vendiamo a prezzi stracciati.

Dopo la riunione del Bildeberg lo stesso Monti ha assicurato però che “i conti pubblici stanno avviando un percorso di risanamento e le riforme sono sulla strada giusta: questo permetterà ai paesi euro, nel loro insieme e individualmente, di diventare più solidi e stabili".

Il premier ha anche ricordato che l'Italia ha adottato tutti gli strumenti necessari per rendere il paese più attraente agli investitori del Golfo.

“Appena il mio governo si è insediato – ha anche sostenuto - abbiamo avviato una politica di risanamento dei conti basata su rigore ed equità, che ci permetterà di raggiungere nel 2013 il pareggio di bilancio”. Lo ha fatto citando anche le riforme strutturali adottate dal suo governo: quella del sistema pensionistico che rende sostenibile il sistema previdenziale per i conti pubblici, la riforma del mercato del lavoro e tutta una serie di provvedimenti per aumentare la concorrenza e favorire la liberalizzazione dei servizi e delle professioni.

Una serie di passaggi che fanno intuire quello che molte forze politiche vorrebbero che fosse reso pubblico. Il Bilderberg ordina a Monti di continuare a governare per la stabilità del sistema nel nostro Paese. A danno di chi? Dei cittadini che continueranno a vedersi impoveriti ogni giorno di più mentre i soldi pagati con le loro tasse andranno a colmare - in maniera insufficiente - il debito pubblico. Creando però disoccupazione, povertà e disperazione. E ricchezza per le banche, ça va sans dire.
di Viviana Pizzi

lunedì 19 novembre 2012

GAZA: AMMAZZATELI TUTTI


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In un editoriale sul Jerusalem Post Sharon Jr (Gilad) ha chiesto di bombardare a tappeto Gaza, invocando Hiroshima come esempio. Michael Ben-Ari, parlamentare israeliano, invece ha urlato di volere 2.000 morti a Gaza, mentre attorno a lui altri fanatici invocano l’espulsione da Israele dei cittadini di sinistra.

Questi sono i sostenitori della “democratica” Israele che discutono che fare per “difendere” Israele dai bruti di Gaza.

Le parole di Sharon: “I residenti di Gaza non sono innocenti, hanno eletto Hamas. Non sono ostaggi, hanno scelto liberamente e devono sopportarne le conseguenze“, non sono altro che un’autorevole confessione del fatto che Israele non sia impegnato nella repressione di “terroristi”, ma in una rappresaglia e una punizione collettiva che ha come obiettivo terrorizzare e fare strage indiscriminata degli abitanti di Gaza.

Un manifesto della disumanità Israele oggi è quella che si vede e si legge oggi ovunque, ostaggio di fanatici che rifiutano il diritto internazionale e che non hanno alcuna difficoltà a invocare la strage indiscriminata dei palestinesi.


domenica 18 novembre 2012

PROPORZIONALE, UNICO SISTEMA ACCETTABILE







L’eterna questione del sistema elettorale tiene banco:

1. il Pd si infuria perché vuole il premio almeno al 10% e non accetta la soglia del 40 o del 42,5% per far scattare il premio

2. Si infuria anche Grillo per le stesse ragioni, invocando la prescrizione europea che interdice ogni modifica anche parziale delle leggi elettorali in prossimità di elezioni (cosa peraltro giustissima perché è inammissibile cambiare le regole del gioco un minuto prima di iniziare la partita)

3. Pdl, Lega ed Udc, invece vogliono un sistema tendenzialmente proporzionale, con un premio ridotto che possibilmente non scatti, come non scattò quello della legge-truffa (che era molto meno truffa del Porcellum e simili, per la verità).

Non ci vuole molto a capire che sia il Pd che Grillo, incoraggiati da sondaggi e recenti risultati alle amministrative, pensano ciascuno di arrivare primo, ma sanno di essere sicuramente sotto il 40%, per cui, per questa occasione, gli va benissimo il Porcellum che trasformerebbe il loro 25-30% in un ballante e sonante 54% di seggi (alla Camera), che gli consentirebbe di governare in solitudine (lasciamo da parte, per ora, il problema del Senato).
Al contrario, sia il Pdl (o quel che ne resta), l’Udc e la Lega sanno di non avere alcuna probabilità di arrivare primi, sanno di non riuscire a coalizzarsi e, pertanto, puntano a rendere irraggiungibile il premio per chi arriverà primo e, quindi, fissano l’asticella alta, oltre il 40%. In questo modo, nessuno avrebbe una maggioranza precostituita e  magari si tornerebbe ad un governo di vasta coalizione: per il Pdl e per l’Udc questo potrebbe significare la prosecuzione dell’esperimento di Monti o qualcosa del genere (e lo dicono), mentre per la Lega una grande coalizione gli lascerebbe il ruolo di unica opposizione di destra.

Morale: ciascuno vuole una legge elettorale a misura della propria convenienza momentanea, pronto a cambiare il sistema elettorale la prossima volta, sulla base della convenienza che avrà allora.

Solo che i sistemi elettorali non si possono cambiare a piacimento per diverse buone ragioni: in primo luogo perché, in questo modo, ogni maggioranza parlamentare si ritaglierebbe il sistema elettorale più favorevole a sé (magari con un particolare disegno dei collegi –la tecnica si chiama gerrymandering -) e questo finirebbe di privare di qualsiasi legittimità il Parlamento. In secondo luogo, il sistema elettorale non è un pezzo a sé stante, ma fa parte di una architettura costituzionale per cui non si può cambiare a spiovere, senza che questo abbia ripercussioni negative sul funzionamento complessivo del sistema. In terzo luogo, il sistema elettorale contribuisce a dare ai partiti la loro fisionomia ed a selezionare la classe politica del paese attraverso un processo che non  si esaurisce nel singolo atto elettorale ma si svolge in un arco temporale più lungo, per cui un mutamento continuo avrebbe l’effetto (ed infatti lo sta avendo) di ridurre i partiti a momentanee coalizioni elettorali e di selezionare la classe politica in modo casuale.

Dunque, la legge elettorale –al pari della Costituzione- non  si cambia una volta ogni dieci anni, ma serve per tempi più lunghi. E, invece, come si vede, la sciagurata riforma elettorale prodotta dal referendum golpista di Occhetto e Segni ha prodotto sistemi elettorali che non superano la prova della durata: in meno di venti anni dall’ adozione del maggioritario stiamo per passare al terzo sistema elettorale (se la riforma passasse), mentre il proporzionale è durato per quasi mezzo secolo contribuendo non poco a stabilizzare la democrazia nel nostro paese.

Il merito del proporzionale è molto semplice: non introduce nessun elemento di distorsione nella rappresentanza e dà a ciascuno quello che deve avere secondo il principio della “giustizia dei numeri”. E questo ha almeno due effetti positivi. In primo luogo, rispettando la volontà popolare, contribuisce a combattere il distacco della classe politica dal paese. I sistemi maggioritari, qualsiasi essi siano (a uno o due turni, su lista bloccata o con candidature uninominali, con premio di maggioranza o con correttivi più indiretti) costituiscono una sorta di “ortopedia politica”, per cui si trasforma una minoranza di elettori in una maggioranza di eletti e questo ha inevitabilmente l’effetto di creare una rendita di posizione alla classe politica che, fatalmente accentua la sua autonomizzazione dalla società civile. La classe politica non è più motivata a cercare il consenso, gli basta giocare sul solito argomento del “votami per non far vincere l’altro” e chi non ci sta può sempre astenersi. E, infatti, dopo 20 anni di maggioritario il tasso di partecipazione al voto è crollato.

In secondo luogo, la “giustizia dei numeri” scoraggia i tentativi di manipolazione a vantaggio di uno dei giocatori creando una situazione di equilibrio non precario.
E’ strano come nessuno (spiace dirlo: nemmeno Vendola, Grillo, Ferrero o Di Pietro) abbia la sensibilità di notare quale devastante delegittimazione democratica comporterebbe il mantenimento del Porcellum in una situazione di astensionismo intorno al 50%. Pensiamoci un attimo: nessuna delle coalizioni o dei singoli partiti si aspetta di superare il 35%, questo significa che se i votanti saranno intorno al 50%, uno schieramento forte di un 17% reale si aggiudicherebbe il 54% dei seggi. Vi sembra che un Parlamento così avrebbe qualche credibilità?
















sabato 17 novembre 2012

E. FORNERO AMMETTE IL GOLPE FINANZIARIO



Voi milioni di italiani pestati a mazzate dalla riforma delle pensioni di Elsa Fornero, voi esodati, voi che avete subito, che sempre subite, voi senza voce, e voi giovani che non avete lavoro perché gli anziani sono oggi incatenati a lavorare dalle decisioni di questa lugubre sicaria dell’Economicidio italiano, voi…

Perché vi hanno fatto tutto questo? Cosa vi hanno detto? Vi hanno detto che era nell’interesse del Paese, che risparmiare attraverso i vostri sacrifici era la via dura, ma virtuosa, per ridare speranza all’Italia, che per voi ultra sessantenni significa i vostri figli, vero? Vi hanno detto questo, e voi, che a 17 anni vi riboccaste le maniche per tirarla su quest’Italia che viaggiava in 600 e aveva una sola tv in bianco e nero per condomino, anche questa volta lo farete, stringerete i denti, perché “è per i nostri figli”. Anziani, vi dicono che meno pensione è necessario per lo Stato, per tutti i cittadini, che è necessario…



Pomeriggio del 15 novembre 2012, WorldPensionSummit ad Amsterdam, la conferenza che riunisce i colossi mondiali delle pensioni private, gente con interessi finanziari per 1.925 miliardi di dollari, millenovecentoventicinque miliardi. Cioè: solo in quella sala erano presenti una decina di gruppi privati con interessi quasi pari all'intero Prodotto Interno Lordo italiano. Sono quelli che aspettano a bocca spalancata come lo squalo bianco sotto la barca, che la barca affondi, l’Inps. Sulla barca ci siete voi, vogliono i vostri soldi, la vostra pensione, i contributi di chi lavora. E voi, torturati dalla Fornero e da quelli che a lei seguiranno, glieli darete, farete le pensioni integrative costretti a mazzate, e loro ci speculeranno sopra cifre inimmaginabili. Poi, quando uno o cento di questi gruppi esploderanno come accaduto negli USA nel 2007, milioni di voi perderanno la pensione per sempre. Ma chissenefrega, voi siete la gente, quelli che non contano.

Ok, è il pomeriggio del 15 novembre, al WorldPensionSummit prende la parola Elsa Fornero e dice che

I cambiamenti portati dalla riforma delle pensioni del governo Monti erano necessari per compiacere i mercati finanziari, altrimenti i mercati avrebbero devastato l’Italia.

Fermi, fate un lungo respiro, per favore. La capite la gravità di questa cosa detta e firmato da un Ministro della Repubblica?

Un Ministro di un Paese, che risponde allo Stato, alla Costituzione, e al popolo sovrano, il cui dovere costituzionalmente sancito è l’interesse pubblico nello Stato, ha fatto una riforma delle pensioni per compiacere le banche, le assicurazioni, i fondi monetari, gli hedge funds, cioè i gruppi privati di speculatori dediti al profitto che, altrimenti, ci avrebbero distrutti, distrutto l’intero Paese.

Un Ministro di un Paese, che risponde allo Stato, alla Costituzione, e al popolo sovrano, il cui dovere costituzionalmente sancito è l’interesse pubblico nello Stato, NON HA FATTO un riforma delle pensioni per motivi legati all’interesse del popolo sovrano. Non è vero che la riforma Fornero è la cura economica giusta per l’Italia. Poteva essere l’abolizione nazionale del diritto di allattare i figli, non importa un accidenti, ma se la ordinavano i mercati il Ministro della Salute era costretto a sancirla.
Viviamo in un golpe finanziario. Lo Stato non esiste più, Monti e la Fornero lavorano per i mercati violando la Costituzione. Il presidente Napolitano è in coma. In centinaia di procure italiane sono state depositate denunce di cittadini esattamente su questo. Esiste un giudice degno in questo Paese? Apra un fascicolo d’inchiesta, altrimenti Silvio Berlusconi aveva ragione. Magistrati siete servi di chi?

Paolo Barnard

giovedì 15 novembre 2012

SCHIAVI DEL SISTEMA O ADDORMENTATI?



 

Ormai è chiaro che non esiste alcun governo europeo, così come non esiste più nessun vero governo in nessun Paese europeo. Soprattutto in Italia, Spagna, Portogallo e Grecia. Ma solo semplici portaordini delle grandi banche.
Quelle stesse banche che hanno imposto al mondo il sistema liberista.
Un sistema estremamente semplice, addirittura idiota, che si basa sulla perdita della sovranità monetaria delle singole nazioni e, quindi sulla creazione di un debito pubblico inestinguibile.
A quel punto inizia il giochino dei titoli di Stato con i quali, le stesse banche operano guadagni parassitari acquistando i suddetti titoli. Ma non volendo ammettere che chi acquista dei titoli, acquista comunque un rischio. Ed ecco il nocciolo della questione. Acquistano i titoli ma scaricano il rischio sui cittadini.
Provate a fare un’azione speculare. Ovvero il contrario: acquistate dei titoli e poi proponete alla banca che vi media l’acquisto che, qualora i titoli dovessero perdere valore, anziché guadagnarlo come da previsioni, a rimetterci sarà la banca e non voi.
Divertitevi a sentire la risposta!
Eppure, questa stronzata, perché di stronzata si tratta, a noi ce l’hanno fatta bere per buona.
E noi, come sempre: zitti! …

C’è anche la questione debito pubblico inestinguibile. Alla fine, qualsiasi Stato che dia retta a gente come Monti, Merkel, ecc. mettendosi a seguire le loro direttive imposte dalla famigerata “troika”, finisce allo sfacelo totale. Poiché sarà portato a curare un debito con un altro debito maggiore. E loro, le banche, risultando alla fine creditrici, si assorbiranno tutti i beni pubblici espropriabili e, se servirà, anche quelli privati, poiché il debito, guarda caso, è sovrano. Ovvero: tutto nostro! Quindi ne rispondiamo in prima persona. Che pacchia!
In aggiunta, per gli accordi di Lisbona e Velsen, per qualsiasi disputa legale, risponderemo non più in base alle leggi italiane o spagnole o portoghesi o greche, ecc., ma in base a quelle dei Paesi creditori. Rinnegando così ogni concetto di rischio che naturalmente è connesso all’acquisto di titoli di qualsiasi genere e natura. In oltre, le banche acquisteranno lo status di inviolabilità e non potranno più essere né indagate e neanche inquisite. Figuriamoci condannate!
Come se ci dicessero: “Ora, tutti dovranno giocare al tavolo della nostra roulette. Se esce lo zero, prende tutto il banco, ovvero le banche. Ma anche se esce uno qualsiasi dei 36 numeri, prende sempre tutto il banco. C’è solo la possibilità di vincere a pari e dispari, ma la roulette è truccata! E noi, tutti a battere le mani. “Sì, che bello! Viva la modernità, viva l’Europa delle banche unite. E, se qualcuno dice che è una fregatura, è un complottista!
E tutti a ripetere come tanti pappagalli: “Complottista, complottista!”
Insomma, una truffa colossale poiché, qualunque Paese aderisca a tali castronerie e nonsensi matematici, è comunque destinato a soccombere nel peggiore dei modi.
Facoltà che altro non sono se non un teatrino per esibire un ammasso delirante di pseudo teorie ben lungi da qualsiasi concetto pratico e logico
Facoltà in cui la matematica rappresenta l’acqua santa per il demonio. Poiché la loro caratteristica essenziale è rappresentata dall’enunciato: 2 + 2 = 3, oppure 5, oppure 6 o anche 7, ma mai 4.
.

A seconda di come fa più comodo.

Al punto da aver persino “inventato” la matematica attuariale. Ovvero, a loro detta, una branca di matematica che prende in considerazione eventi incerti di cui nessuno sa un tubo di niente e con risultati altrettanto incerti. Una matematica che non è matematica, ma il solito giochino delle tre carte.
E da qui, escono i nostri “economisti”, in perfetto stile mago Otelma.
Tanti truffatori, coadiuvati da stampa, televisioni e politici corrotti e asserviti, perfettamente addestrati alla truffa e al raggiro su vasta scala.
Un mondo in cui, quei pochi e veri economisti che non si sono fatti incastrare dalla matematica che non è matematica, sono messi alla berlina, facendoli passare per folli. Insomma, il classico caso del matto che da del matto a chi non è matto.
Eppure se, ognuno di noi, con un minimo di pazienza, si facesse i suoi bravi conti della serva, potremmo sputtanare quasi trecento anni di liberismo economico. Sempre se, e ripeto se, solo volessimo aprire gli occhi, smettendo di restare come ebeti a bocca aperta senza saper che dire ed essere truffati da mezze calzette bucate alla Monti, Fornero, Merkel, Draghi, ecc.
Non parliamo poi di FMI e Banca Mondiale!
Insomma, ricapitolando, ci facciamo fottere da un manipolo di magliari della peggior risma.
Più imbecilli di così, ditemi cosa c’è!
Ah sì, c’è il principio del debito pubblico! E anche il principio di farsi stampare i soldi a debito da altri, anziché farlo in proprio e in credito, come dovremmo fare per diritto sovrano.
Quindi, anche il diritto di non dover pagare tasse o quasi. Di conseguenza, aumentare stipendi e pensioni.
Perché, non dimentichiamoci che anche le tasse, con le percentuali sempre più elevate di giorno in giorno, sono una loro invenzione. Tasse che finiscono regolarmente nelle loro tasche. Altro che sociale!
Ma davvero pensavate che con le vostre tasse si pagassero le spese sociali?
Quelle si pagano con i soldi presi in prestito dalla BCE. Poi, le tasse, servono per ripagare gli interessi del debito che è diventato, per virtù dello spirito santo, pubblico.
Mentre, se avessimo di nuovo la sovranità monetaria, le spese pubbliche sarebbero pagate dalla moneta sovrana e non esisterebbe neanche un debito pubblico e le tasse sarebbero un minimo. Ma davvero un minimo.
Però, vuoi mettere? Ora abbiamo gli euro al posto delle lire! Molto più figo, no?

E allora, pagate e zitti!

- di Marinella Andrizzi Sinibaldi -