lunedì 1 luglio 2013

IN ITALIA UNA DONNA SU TRE VITTIMA DI VIOLENZA

Un nuovo contributo dell’amico Psicologo, Dott. Maurizio Santopietro 


ROMA - In Italia una donna su tre tra i 16 e i 70 anni è stata vittima nella sua vita dell'aggressività di un uomo. Sei milioni 743 mila quelle che hanno subito violenza fisica e sessuale, secondo gli ultimi dati Istat. E ogni anno vengono uccise in media 100 donne dal marito, dal fidanzato o da un ex. Il 25 novembre si celebra in tutto il mondo la Giornata contro la violenza sulle donne, ma c'è ben poco da festeggiare viste le cifre che riguardano gli abusi e i maltrattamenti che subiscono. Quasi 700 mila donne, sempre dati Istat, hanno subito violenze ripetute dal partner e avevano figli al momento della violenza, e nel 62,4% dei casi i figli hanno assistito a uno o più episodi di violenza. Secondo l'Osservatorio nazionale sullo stalking, il 10% circa degli omicidi avvenuti in Italia dal 2002 al 2008 ha avuto come prologo atti di stalking, l'80% delle vittime è di sesso femminile e la durata media delle molestie insistenti è di circa un anno e mezzo.
LE VITTIME
PIÙ LE GIOVANI - Gli ultimi dati Istat sono relativi al 2006 e alla fascia di età 16-70 anni. Raccontano che nei 12 mesi precedenti alla rilevazione il numero delle donne vittime di violenza ammonta a 1 milione e 150 mila (5,4%), e che sono le giovani dai 16 ai 24 anni (16,3%) e dai 25 ai 24 anni (7,9%) a presentare i tassi più alti. Il 3,5% delle donne ha subito violenza sessuale (stupro, tentato stupro, molestia fisica sessuale, rapporti sessuali con terzi, rapporti sessuali non desiderati, attività sessuali degradanti e umilianti), il 2,7% fisica. Lo 0,3%, pari a 74 mila donne, ha subito stupri o tentati stupri. La violenza domestica ha colpito il 2,4% delle donne, quella al di fuori delle mura domestiche il 3,4%.
IL “PROBLEMA” NON SI DENUNCIA - Nella quasi totalità dei casi le violenze non sono denunciate: il sommerso è elevatissimo e raggiunge circa il 96% delle violenze da un non partner e il 93% di quelle da partner. Lo stesso nel caso degli stupri (91,6%). E' consistente la quota di donne che non parla con nessuno delle violenze subite.

I possibili motivi per cui le vittime non denunciano sarebbero:
a) la natura affettiva del rapporto familiare e/o di preconoscenza fra vittime e carnefice associata ai relativi vissuti emotivi quali  la VERGOGNA e la “paura” di TRADIRE;
b) la PAURA di non essere creduta;
c) la PAURA della RITORSIONE e dell’ISOLAMENTO affettivo;
d) la percezione di essere addirittura COLPEVOLE per una sorta di effetto boomerang,  infatti, chi denuncia, spesso è come se fosse reo di esporre i “panni sporchi” all’esterno del confine familiare, contaminando così l’intera famiglia sulla quale si getta fango  (i cui membri la vedono come causa della violenza subita), opponendosi anche all’adagio popolare (modello culturale secolare)  per cui, appunto, “i panni sporchi si lavano in famiglia”;
e) il desiderio di MANTENERE UNITO il gruppo familiare a TUTTI I COSTI;
f) cultura dell’omertà, sebbene ultimamente un poco ridotta. (Maurizio Santopietro)

LA TIPOLOGIA:
PIÙ TIPI DI VIOLENZA - Un terzo delle vittime subisce atti di violenza sia fisica che sessuale e la maggioranza delle vittime ha subito più episodi di violenza. Tra le violenze fisiche è più frequente l'essere 1) spinta, strattonata, afferrata, l'avere avuto storto un braccio o i capelli tirati (56,7%);
2) la minaccia di essere colpita (52,0%);
3) l’essere schiaffeggiata, presa a calci, a pugni o a morsi (36,1%);
4) segue l'uso o la minaccia di usare pistola o coltelli (8,1%);
5) o il tentativo di strangolamento o soffocamento e ustione (5,3%). Tra tutte le forme di violenze sessuali, le più diffuse sono le molestie fisiche, ovvero 6) l'essere stata toccata sessualmente contro la propria volontà (79,5%),
7) l'aver avuto rapporti sessuali non desiderati (19,0%),
8) il tentato stupro (14,0%), 9) lo stupro (9,6%) 10) e i rapporti sessuali degradanti e umilianti (6,1%).
I PARTNER RESPONSABILI della MAGGIORANZA degli STUPRI - Il 21% delle vittime ha subito la violenza sia in famiglia che fuori, il 22,6% solo dal partner, il 56,4% solo da altri uomini. I nemici sono in casa: i partner sono responsabili della quota più elevata di tutte le forme di violenza fisica rilevate, e sono responsabili in misura maggiore anche di alcuni tipi di violenza sessuale come lo stupro nonché‚ i rapporti sessuali non desiderati, ma subiti per paura delle conseguenze. Il 69,7% degli stupri, infatti, è opera di partner, il 17,4% di un conoscente e solo il 6,2% è stato opera di estranei. Il rischio di subire uno stupro o un tentativo di stupro è, QUINDI, tanto più elevato quanto più è stretta la relazione tra autore e vittima. Gli sconosciuti commettono soprattutto molestie fisiche sessuali, stupri solo nello 0,9% dei casi e tentati stupri nel 3,6% contro, rispettivamente, l'11,4% e il 9,1% dei partner.
VIOLENZA PSICOLOGICA - La subiscono 7 milioni 134 mila donne: le forme più diffuse sono l'isolamento o il tentativo di isolamento (46,7%), il controllo (40,7%), la violenza economica (30,7%) e la svalorizzazione (23,8%), seguono le intimidazioni (7,8%). Il 43,2% delle donne ha subito violenza psicologica dal partner attuale; 1 milione 42 mila donne hanno subito oltre alla violenza psicologica, anche violenza fisica o sessuale, il 90,5% delle vittime di violenza fisica o sessuale.
PRIMA DEI 16 ANNI - Un milione 400 mila donne hanno subito violenza sessuale prima dei 16 anni, il 6,6% del totale. Gli autori delle violenze sono vari e in maggioranza conosciuti, solo nel 24,8% la violenza è stata ad opera di uno sconosciuto. Un quarto delle donne vittime prima dei 16 anni ha segnalato un conoscente (24,7%), un altro quarto un parente (23,8%), il 9,7% un amico di famiglia, il 5,3% un amico. Tra i parenti gli autori più frequenti sono stati gli zii. Il silenzio è stato la risposta maggioritaria: il 53% delle donne ha dichiarato di non aver parlato con nessuno dell'accaduto.
L'Istat presenta i risultati di una nuova indagine per la prima volta interamente dedicata al fenomeno delle violenza fisica e sessuale contro le donne.
Il campione comprende 25 mila donne tra i 16 e i 70 anni, intervistate da gennaio a ottobre 2006 con tecnica telefonica.
L'indagine è frutto di una convenzione tra l'Istat - che l'ha condotta - e il Ministero per i Diritti e le Pari Opportunità - che l'ha finanziata con i fondi del Programma Operativo Nazionale "Sicurezza" e "Azioni di sistema" del Fondo Sociale Europeo.
La violenza contro le donne è formalmente ritenuta una violazione dei DIRITTI UMANI
Termine analogo a quello di violenza contro le donne è il termine violenza di genere che in una accezione più ampia abbraccia oltre che la violenza contro le donne anche quella contro i minori. Questa terminologia è largamente usata sia a livello istituzionale che da persone e associazioni di donne che operano nel settore.
Vari aspetti  del “fenomeno” in ambito sociale
«Parlare di violenza di genere in relazione alla diffusa violenza su donne e minori significa mettere in luce la dimensione “sessuata” del fenomeno in quanto […] manifestazione di un rapporto tra uomini e donne storicamente diseguali che ha condotto gli uomini a prevaricare e discriminare le donne» e quindi come «[…] uno dei meccanismi sociali decisivi che costringono le donne a una posizione subordinata agli uomini», così come viene rilevato nell'introduzione della Dichiarazione delle Nazioni Unite sull'eliminazione della violenza contro le donne del 1993 che, nell'art.1, descrive la violenza contro le donne come «Qualsiasi atto di violenza per motivi di genere che provochi o possa verosimilmente provocare danno fisico, sessuale o psicologico, comprese le minacce di violenza, la coercizione o privazione arbitraria della libertà personale, sia nella vita pubblica che privata».
La violenza alle donne solo da pochi anni è diventato tema e dibattito pubblico, mancano politiche in contrasto alla violenza alle donne, ricerche, progetti di sensibilizzazione e di formazione. Le ricerche compiute negli ultimi dieci anni dimostrano che la violenza contro le donne è endemica, nei paesi industrializzati come in quelli in via di sviluppo. Le vittime e i loro aggressori appartengono a tutte le classi sociali o culturali, e a tutti i ceti economici. Secondo l'Organizzazione mondiale della sanità, almeno una donna su cinque ha subito abusi fisici o sessuali da parte di un uomo nel corso della sua vita. E il rischio maggiore sono i familiari, mariti e padri, seguiti dagli amici: vicini di casa, conoscenti stretti e colleghi di lavoro o di studio
Da diverse ricerche emerge che la violenza di genere si esprime su donne e minori in vari modi ed in tutti i paesi del mondo. Esiste la violenza domestica esercitata soprattutto nell'ambito familiare o nella cerchia di conoscenti, attraverso minacce, maltrattamenti fisici e psicologici, atteggiamenti persecutori, percosse, abusi sessuali, delitti d'onore, uxoricidi passionali o premeditati. I bambini, gli adolescenti, ma in primo luogo le bambine e le ragazze adolescenti sono sottoposte all'incesto.
Le donne sono esposte nei luoghi pubblici e sul posto di lavoro a molestie ed abusi sessuali, a stupri e a ricatti sessuali. In particolare verso le lesbiche sono agiti i cosiddetti "stupri correttivi". In molti paesi le ragazze giovani sono vittime di matrimoni coatti, matrimoni riparatori e/o costrette alla schiavitù sessuale, mentre altre vengono indotte alla prostituzione forzata e/o sono vittime di tratta. Altre forme di violenza sono le mutilazioni genitali femminili o altri tipi di mutilazioni come in un recente passato le fasciature dei piedi, le cosiddette "dowry death" (morte a causa della dote), l'uso dell'acido per sfigurare, lo stupro di guerra ed etnico].
Va citato il femminicidio che in alcuni paesi, come in India e in Cina, si concretizza nell'aborto selettivo (le donne vengono indotte a partorire solo figli maschi, perché più riconosciuti e accettati socialmente) mentre in altri addirittura nell'uccisione sistematica di donne adulte. Esistono infine violenze relative alla riproduzione (aborto forzato, sterilizzazione forzata, contraccezione negata, gravidanza forzata).

Conseguenze della violenza


Nell'ambito del World report on violence and health l'OMS (Organizzazione mondiale della sanità), esaminando esclusivamente la violenza da parte del partner, ha pubblicato il seguente elenco di possibili conseguenze sulla salute delle donne


FISICHE                        SESSUALI E                               PSICOLOGICHE                     CONSEGUENZE
                                     RIPRODUTTIVE                          COMPORTAMENTALI             MORTALI

-Lesioni addominali    -Disturbi                                 -Abuso droghe e alcool               -Mortalità per AIDS
-Lividi                              ginecologici                       -Ansia e depressione                  -Mortalità materna
-Dolore cronico          -Sterilità                                  -Disturbi del sonno                     -Omicidio                            
-Disabilità                    -Infiammazioni pelviche           e alimentari                                -Suicidio
-Fibromalgie                -Complicazioni                       -Sensi di colpa e vergogna         
-Fratture                      gravidanza, aborto               -Fobie e attacchi
-Disturbi                      -Disfunzioni sessuali               panico               
 gastrointestinali        -Malattie sessualmente          -Inattività fisica          
-Lacerazioni e             trasmettibili (HIV/AIDS)       -Scarsa autostima
 abrasioni                   -Rischio gravidanze               -Stress post-traumatico
-Danni oculari              indesiderate                         -Disturbi psicosomatici
-Funzione fisica         -Aborto in condizioni             -Fumo
 ridotta                         di rischio                              -Comportamento suicida
                                                                                   autolesionista
                                                                                -Comportamenti sessuali
                                                                                   a rischio


I "Centri antiviolenza" e le "Case delle donne"

A partire dagli anni Settanta del XX secolo il movimento delle donne e il femminismo in Occidente hanno iniziato a mobilitarsi contro la violenza di genere, sia per quanto riguarda lo stupro sia per quanto riguarda il maltrattamento e la violenza domestica. Il movimento ha messo in discussione la famiglia patriarcale e il ruolo dell'uomo nella sua funzione di "marito/padre-padrone", non volendo più accettare alcuna forma di violenza esercitata sulla donna fuori o dentro la famiglia.
La violenza alle donne - in qualunque forma si presenti, e in particolare quando si tratta di violenza intrafamiliare - è uno dei fenomeni sociali più nascosti; è considerato come punta dell'iceberg dell'esercizio di potere e controllo dell'uomo sulla donna e si estrinseca in diverse forme come violenza fisica, psicologica e sessuale, fuori e dentro la famiglia.
Già negli anni Settanta le donne hanno istituito i primi Centri antiviolenza e le Case delle donne per ospitare donne che hanno subito violenza e che potevano trovare ospitalità nelle case rifugio gestite dalle associazioni di donne.
Diverse associazioni operano in questo settore, tra cui la D.i.Re, Donne in Rete contro la violenza, nata nel 2009, che vanta 60 centri antiviolenza in tutto il Paese, ma purtroppo non ancora equamente distribuiti su tutto il territorio, né presenti in ogni regione. Nel 2010 presso le sue sedi si sono presentate 13.696 donne vittime di violenze domestiche di cui il 71% italiane. "Il problema del nostro Paese" spiega Concetta Carrano, Presidente dell'associazione, "è culturale. Si tratta della mentalità maschilista da sempre accettata in Italia. Il maltrattamento, di qualsiasi tipo, è infatti un abuso di potere e l'uomo che lo compie non è in grado o non vuole mettersi in discussione, anzi, proprio il contrario: spesso incolpa la donna delle botte che le sta dando. Questa piaga sociale ha sempre trovato terreno fertile nel nostro Paese e non si può pensare di risolverla solo con la repressione, ci vuole un'educazione al rispetto della donna e di sè stessi, che deve essere trasmessa in famiglia, a scuola e attraverso i media.

Un'altra associazione molto attiva in Italia è la Cooperativa Sociale Cerchi d'Acqua, ovvero un centro antiviolenza nato nel 2000 dall'Associazione Casa di Accoglienza delle Donne Maltrattate di Milano. […]

Alcune riflessioni
Interessanti sono le percentuali rilevati dagli enti di cui sopra che riguardano vittime e carnefici, perché sfatano dei pregiudizi sia sulle donne che sugli uomini. Le fasce d'età sono simili: il 57% delle vittime che si sono rivolte alla Cooperativa Sociale Cerchi d'Acqua nel 2010 ha un'età compresa tra i 28 e i 47 anni, mentre il 51% dei carnefici coinvolti comprende uomini tra i 28 e i 47 anni. Entrambe sono fasce d'età intermedie molto indicative e presumibilmente le vittime più giovani sono anche quelle più deboli che si vergognano maggiormente e che sono più succubi di padri o fidanzati che le maltrattano. Lo stesso discorso vale per le donne straniere che abitano in Italia: l'omertà la fa da padrona quasi interamente, per religione e cultura. Le statistiche, infatti, parlano di un 80% di donne italiane che si sono rivolte ai centri d'aiuto e gli uomini italiani coinvolti sono l'81%. E anche per quanto concerne il lavoro di vittime e carnefici le percentuali sono simili: il 66% delle donne sono occupate (il 66% di loro con ruoli professionali di medio-alto livello) e gli uomini occupati raggiungono il 73% (di cui il 65% in lavori di medio-alto livello).

Il problema, quindi, sfata tanti luoghi comuni propagandati spesso anche dalle forze politiche: la paura dello "straniero" o il parallelo tra violenza e povertà o bassa istruzione. Anzi è vero proprio il contrario: uomini con grandi responsabilità sul lavoro sono soggetti a forte stress che poi spostano (sfogano) a casa con la propria donna o figlia, non potendo farlo coi superiori o colleghi in ufficio. Anche i disagi come causa della violenza sono meno influenti di quanto si creda: solo il 26% dei carnefici ha dimostrato problematiche legate ad alcolismo, a tossicodipendenza e a disagio psicologico.
Il maltrattamento quindi è un fenomeno trasversale e avviene soprattutto all'interno della famiglia: nell'82% dei casi il colpevole è il partner e nel 16% dei casi lo è un familiare. I percorsi di recupero proposti dalla Cooperativa Cerchi d'Acqua sono vari e, sempre nel 2010, hanno raggiunto cifre molto alte come adesione: le telefonate giunte sono state 1226, i colloqui d'accoglienza 414, le consulenze legali 161, quelle psicologiche 936, la psicoterapia è stata fornita in 428 casi, e i gruppi di auto-aiuto sono intervenuti in 1456 vicende.

La situazione italiana è stata analizzata anche dal Comitato Onu che, dopo aver riscontrato forti ritardi nelle politiche di genere, ha dato i seguenti consigli perché il nostro Paese affronti in modo diverso e più efficace questa piaga:

- modificare stereotipi e immagine della donna, veicolati non solo dai mass-media, che sono accettati a causa del maschilismo da sempre imperante in Italia

- focalizzare in primo luogo l'attenzione sulla violenza domestica

- assicurare protezione alle vittime

- assicurare la formazione delle personalità coinvolte, come medici, assistenti sociale e funzionari

Infine, tra tutti questi dati agghiaccianti, una nota positiva c'è: la comunicazione rispetto alla violenza domestica negli ultimi 20 anni ha avuto uno straordinario incremento ed è cambiata. I miglioramenti non sono stati solo quantitativi (basti pensare alla diffusione dell'informazione e sensibilizzazione grazie a internet e ai social media), ma anche qualitativi: la donna è percepita non più solo come "vittima" ma soprattutto come "sopravvissuta" e la figura maschile è vista anche come "testimone positivo" che può aiutare, perché non solo identificato come carnefice.

II scopo: creazione di un protocollo di prevenzione
Da un punto di vista strettamente tecnico, l’auspicio sarebbe quello di impostare una ricerca psico-sociale su larga scala di un campione rappresentativo di storie di molestia e di femminicidio da cui si possa rilevare eventuali costanze, spie anticipatorie, quali segnali preventivi di riconoscimento, e, immediatamente, comunicarle in maniera diffusa alle potenziali vittime del pericolo in corso che stanno correndo, fornendo loro un “protocollo d’uscita” da eseguire. La riduzione di sofferenze individuali e familiari, di costi umani ed economici potrebbe spingere le autorità politiche ad accelerare i lavori necessari per il raggiungimento dell’obiettivo sopara descritto!. (Maurizio Santopietro)
L’arte come denuncia
La casa di Ester, un cortometraggio che si occupa proprio di questo tema.

Diretto e sceneggiato dal regista toscano Stefano Chiodini (già vincitore di diversi festival con altri lavori) e interpretato da Sergio Albelli e Cecilia Dazzi, il corto è stato prodotto da Mood Film e realizzato in collaborazione con Olympia de Gouges, un centro antiviolenza con sede a Grosseto. In 15 minuti, il regista racconta la storia di una donna maltrattata dal partner.Olympia de Gouges. Spero davvero che La casa di Ester possa aiutare chi lo guarda a riflettere su quest'emergenza».

Violenza su donne, rapporto Nazioni Unite
"In Italia buone leggi, ma poca protezione"


A Ginevra viene presentato il documento stilato dal relatore speciale Rashida Manjoo sui dati raccolti nel nostro Paese. Nel 2011 le donne uccise sono state 127. La violenza domestica è la forma più diffusa. Le raccomandazioni per eliminare le discriminazioni





Femminicidio

ROMA - Le leggi per tutelare le donne vittime di violenza in Italia ci sono, ma non sempre vengono applicate nel modo adeguato. L'allarme arriva dal rapporto elaborato da Rashida Manjoo, relatore speciale sulla violenza contro le donne delle Nazioni unite che, su invito del governo, ha visitato ufficialmente il nostro Paese lo scorso gennaio, incontrando i rappresentanti delle istituzioni italiane, gli esponenti della fondazione Pangea e le associazioni della piattaforma CEDAW, e ha stilato un documento che presenta oggi a Ginevra.

SPECIALE Fermiamo il femminicidio 1

"Il femmicidio è l'estrema conseguenza delle forme di violenza esistenti contro le donne. Queste morti non sono isolati incidenti che arrivano in maniera inaspettata e immediata, ma sono l'ultimo efferato atto di violenza che pone fine ad una serie di violenze continuative nel tempo", ha detto Manjoo che sottolinea come la violenza in casa sia la forma più ampia che affligge le donne nel Paese e riflette un crescente numero di vittime di femicidio da parte di partner, mariti, ex fidanzati. "Purtroppo, la maggioranza delle manifestazioni di violenza non è denunciata - ha aggiunto il relatore - perché le vittime vivono in un contesto culturale maschilista dove la violenza in casa non è sempre percepita come un crimine dove le vittime sono economicamente dipendenti dai responsabili della violenza; e persiste la
percezione che le risposte fornite dallo Stato non sono appropriate e di protezione. Inoltre il report sottolinea la questione della responsabilità dello Stato nella risposta data al contrasto della violenza, si analizza l'impunità e l'aspetto della violenza istituzionale in merito agli omicidi di donne (femicidio) causati da azioni o omissioni dello Stato". Ha concluso Manjoo "Femmicidio e femminicidio sono crimini di Stato tollerati dalle pubbliche istituzioni per incapacità di prevenire, proteggere e tutelare la vita delle donne, che vivono diverse forme di discriminazioni e di violenza durante la loro vita. In Italia, sono stati fatti sforzi da parte del Governo, attraverso l'adozione di leggi e politiche, incluso il Piano di Azione Nazionale contro la violenza, questi risultati non hanno però portato ad una diminuzione di femicidi o sono stati tradotti in un miglioramento della condizione di vita delle donne e delle bambine."

"Ci auguriamo che le raccomandazioni della special rapporteur assieme a quelle del comitato CEADW del 2011 rappresentino i pilastri guida su cui il Dipartimento Pari Opportunità costruirà il prossimo Piano di Azione Nazionale contro al violenza sulle donne nel 2013 assieme alla società civile e DIRE la rete dei centri antiviolenza", ha detto durante la conferenza Simona Lanzoni, direttrice progetti di Fondazione Pangea e parte della Piattaforma CEDAW. "Chiediamo un'immediata ratifica della convenzione di Istambul al governo e invitiamo la ministra Fornero a esporsi su questo tema. Anche la violenza sulle donne incide sul Pil italiano! Azioni di prevenzione aiuterebbero le donne ed il Pil verso uno sviluppo della società italiana sul piano economico oltre che sul piano culturale".
Dott. Maurizio Santopietro



Fonti: Internet: Wikipedia, Corriere della Sera, La Repubblica , Istat: dati del 2011
Bibliografia

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