venerdì 14 febbraio 2014

VOLA L’ENRICO, ARRIVA RENZINO



Fino a qualche anno fa quando un governo non aveva più la maggioranza e non rappresentava più, quindi la volontà popolare, veniva sfiduciato dal Parlamento.
Parlamento formato da eletti e non da nominati, questo è vero, e nello stesso Parlamento si discuteva, si decideva eventualmente un nuovo governo o si tornava al voto.
Ora tutto questo sembra appartenere alla preistoria, i governi si decidono in incontri a due, a tre o con decisioni personali come è successo per gli ultimi esecutivi.
Ieri, ad esempio, Il governo Letta non è stato sfiduciato dal Parlamento (benchè scarsamente, rappresentativo), ma dalla “smisurata ambizione” di un singolo che, evidentemente rapito dal sacro furore di investitura divina (ricorda un altro unto dal signore), ha deciso di soprassedere a tutte quelle fastidiose formalità che prevedono le normali regole di una democrazia rappresentativa.
Non a caso, infatti, il programma di governo che sarà presentato, riguarda quasi esclusivamente aspetti di ingegneria istituzionale: riforma elettorale, riforme costituzionali,  riforma del mercato del lavoro, ovviamente, tutte, con la formula del prendere o lasciare.
Beh, forse sarò un nostalgico, ma credo fermamente che un paese non possa essere riformato e governato sull’onda dell’emotività e dell’umoralità del momento e del singolo. Che una Costituzione, pensata e ponderata accuratamente in momenti in cui la libertà e la democrazia rappresentavano un valore da difendere e preservare per le generazioni future
possa essere cambiata a colpi di maggioranza parlamentare senza coinvolgimento del popolo e dei suoi rappresentanti si profila, senz’altro, come un pericolo e un attentato alla democrazia stessa.
Si dice il momento è grave (lo sento dire da qualche decennio, ormai), le vecchie regole non valgono più.
Bene posso anche essere d’accordo, ma le nuove regole vanno riscritte insieme. Non si può pensare ad una legge elettorale che non tenga più conto, ad esempio, della rappresentatività, che era uno dei principi alla  base del sistema  elettorale con il sistema proporzionale prevista dalla costituente. E’ vero i piccoli partiti possono essere un intralcio per alcune azioni di governo, possono esercitare pressioni per ottenere più vantaggi di quelli che spetterebbero, ma rappresentano, anche e soprattutto, fette di società che altrimenti non avrebbero visibilità.
Ovviamente ci riferiamo a quei partiti e movimenti che hanno una loro storia e motivazioni sociali, non certo alle liste create “ad personam” per squallidi interessi di bottega.
Leggiamo, inoltre, che la lista dei ministri dell’autocandidato premier è stata sottoposta al vaglio del presidente di Confindustria, o addirittura che sia stata concordata con questi.
Fosse anche solo questo ci troveremmo di fronte a un fatto gravissimo di fronte al quale qualunque persona abbia a cuore la democrazia e la libertà (e si, anche la libertà) ha il dovere di indignarsi e di prendere posizione.
Ad maiora


MIZIO

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