venerdì 22 maggio 2015

IL VERO MERITO E’ LA FORTUNA




Quanto si parla di merito e meritocrazia in questi ultimi tempi, sembra quasi che all’improvviso si sia caduti tutti contemporaneamente dal pero e ci si sia resi conto che non è sufficiente essere capaci, competenti, onesti per andare ad occupare posti di responsabilità.
Pur tuttavia non è di questo aspetto, sia pur importante, che voglio parlare perché alla fin fine si tratta comunque di una diatriba quasi fine a se stessa in quanto è quasi impossibile partire da dati sicuramente oggettivi (a parte alcuni rari casi) per cui le conoscenze, l’appartenenza, la difesa d’interessi particolari, entrano a far parte dei criteri di valutazione al pari, quasi, di quelli del merito vero e proprio.
Cosa indubbiamente grave e da censurare ma che non tiene conto del fattore che più di tutti rende limitato e superficiale il dibattito sulla meritocrazia.
Tra un ragazzo/a che nasce in una favelas brasiliana e il fglio/a di un benestante professionista di un paese occidentale pensiamo che sia la valutazione di merito la vera discriminante?
Quante possibilità avrà il primo rispetto al secondo, non dico di andare ad occupare un posto di responsabilità, ma di avere appena la possibilità di pensarlo possibile?
Chi riesce anche solo a mettersi in competizione è già all’interno di un sistema che premia fortuna e caso prima che la competenza e fa parte già di una elite che “merita” a prescindere.
Ovviamente, non mancherà, sicuramente, chi porterà il proprio o altrui singolo esempio di qualcuno che ce l’ha fatta pur partendo da posizioni sociali svantaggiate.
Difatti è talmente poco probabile che viene indicato come evento possibile non certo frequente, al pari della famosa mosca bianca.
In altri ambienti invece, quanti figli, non dico di politici, ma di imprenditori, professionisti, appartenenti alla ricca borghesia rimangono tagliati fuori da posti di uguale o superiore prestigio? Un numero sicuramente assimilabile a quello dello stesso concetto della mosca bianca di prima.
Quindi, quando sento parlare di meritocrazia sono portato a considerarlo un mero esercizio di autopromozione, pur legittimo e comprensibile, legato a doppio filo e funzionale alla logica della competizione compresa nell’ideologia liberista imperante.
Fino a che non ci sarà una vera giustizia sociale il discorso sulla meritocrazia sarà comunque limitato e indirizzato per il 90% dal caso e dalla fortuna e, per il restante 10% ,dalle proprie capacità e dalle influenze esterne.
Chi nasce in certi ristretti ambienti privilegiati ha già vinto, al di là del merito.


MIZIO

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