venerdì 31 luglio 2015

AZZOLINI E I PESCI DI ORBETELLO

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A Orbetello nella laguna decine di tonnellate di pesci morti a causa della mancanza d’ossigeno derivante dalle alte prolungate alte temperature.
Al senato il sen. Azzolini salvato dall’arresto da quella che, ormai, si prefigura come una compagnia di giro bipartisan: “se io do una mano a te, tu poi dai una mano a me”.
Per entrambi gli accadimenti titoli e articoli hanno invaso tutte le testate e le tv (ad onor del vero molto più per il senatore che per i poveri pesci), ma cosa accomuna due fatti così distanti tra loro nelle modalità e nella percezione? Entrambi, come molti altri, sono vissuti con l’emotività legata al momento e alle conseguenti reazioni indignate, dispiaciute o rassegnate. Entrambe, però, rispondono a quella che definisco ‘”l’impotentia coendi” (impotenza, per i non frequentatori del latino o dell’andrologo) che caratterizza la nostra recente era politica e sociale. Fin dai tempi dell’avvento dei primi governi Berlusconi e seguenti il giudizio e il tiro della comunicazione, favorevole o contraria, si è puntata su aspetti che possiamo considerare tutto sommato secondari andando a spulciare sempre più nel folklore e nello  scandalo piuttosto che nella sostanza. Caratteristica che è diventata sempre più evidente con il diffondersi di massa dei social e della conseguente mole d’informazioni vere, verosimili o false che si aggirano per la rete.
Quindi l’informazione, la cultura politica, la sensibilità in questi anni è stata basata sempre più su aspetti di “colore” e megafonati ad arte piuttosto che su serie proposte alternative e di cambiamento. Con l’avvento, poi del M5S, maestri nell’uso del media informatico è diventato un vero e proprio modus operandi. Intendiamoci, io non nego che ci sia anche una funzione pedagogica nell’evidenziare aspetti perlomeno discutibili della vita pubblica, ma quello che si nota è che, difficilmente, accanto a questa si manifestano con la stessa intensità e la stessa visibilità proposte che siano veramente alternative.
Che i cambiamenti climatici siano un dato di fatto quasi incontrovertibile è patrimonio comune, così come è patrimonio comune che le forze politiche alternatesi al governo ultimamente non rappresentino più un diverso modo di organizzazione della società ma tutte condividono lo stesso sistema, le sue storture e contraddizioni.
Come al solito qualcuno si starà chiedendo :”Si vabbè, e allora?”.
Come tutti penso sappiate, sono un uomo di sinistra, la mia visione del mondo è inficiata e condizionata da idee comuniste, socialiste, ambientaliste ed è proprio alla mia parte, alla nostra coscienza e sensibilità e a quella dei suoi rappresentanti che mi rivolgo. Credo che non sia più né sufficiente né utile denunciare le malefatte di Renzi & co., ormai le conosciamo e le conoscono tutti abbondantemente e non sarà su questo che passeranno e si ingrosseranno le file di forze alternative. Il risultato più evidente che si ottiene è solo quello di contribuire ad ingrossare le fila degli schifati e sfiduciati dalla politica portando acqua al mulino delle forze più populiste e qualunquiste. Oltre la denuncia si deve passare ad una fase propositiva, non caratterizzata dal “faremo”, “ci impegneremo” fumosi e rimandati sempre ad un auspicabile ma ipotetico futuro. Qui, adesso, oggi bisogna cominciare a cambiare ottica, metodo e prospettiva. Non è più tempo di speculare sugli errori e le aberrazioni altrui per aumentare consensi futuri, ma bisogna essere in grado di formulare idee, proposte, iniziative che siano visibili e percepibili oggi. Nella situazione attuale il sol dell’avvenire, lo sappiamo tutti, non sorgerà a breve per nessuno e continuare a coltivare questa pia illusione serve solo a consolarci e a riconoscersi tra di noi.
Quello che si può e si deve fare, superando la fase della denuncia scandalizzata e scandalistica, è proporre alternative praticabili (stavo per scrivere possibili, mi sono trattenuto in tempo, onde evitare maliziosi retropensieri).
Condividere, ad esempio le motivazioni delle proteste, anche quelle che possono sembrare estreme, ad esempio nel campo della politica ambientale sapendo che non può esserci spazio per trattative e posizioni di compromesso perché sono in gioco valori e interessi che vanno a ledere la possibilità e la qualità della vita stessa, così come noi la conosciamo.
Esempio pratico, in alcune amministrazioni locali, dalla regione in giù, sono presenti anche forze di sinistra sulla base di programmi condivisi con il Pd. Se escludiamo la Puglia esempio quasi unico, anche se con qualche naturale limite e ombra, da altre parti non si riconosce minimamente il cambio di passo nel campo delle politiche ambientali. Non è sufficiente, ad esempio, che la Regione Lazio riveda il piano casa della giunta precedente, abbassando le cubature previste precedentemente ma continuando, comunque, a permettere di costruire laddove, la situazione del consumo del territorio e della massa di immobili presenti, non consentirebbe neanche la posa di un singolo mattone.
Le trivelle che lo “Sblocca Italia” ha praticamente liberalizzato nei mari e nel territorio italiano, non possono essere combattute a colpi di comunicati stampa ma vanno contrastate con azioni di visibilità e impatto mediatico e a colpi di informazioni e proposte alternative schierando in campo tutte le forze presenti e utilizzando il potere delle amministrazioni locali, che non possono e non devono rifugiarsi dietro un comodo e tranquillizzante “non possumus”.
Altro esempio, abbiamo giustamente sposato il concetto di legalità contrapponendolo a quello opposto caratterizzato dal non rispetto della legge e delle norme, anche non scritte, del convivere civile, ma abbracciandola con troppa enfasi, si è forse dimenticato che esiste anche un altro fattore discriminante quello relativo al concetto di giustizia che non sempre corrisponde a quello di legalità. Se un provvedimento o una legge è palesemente ingiusta anche il concetto di rispetto della stessa non può essere uguale. Pensiamo a Rosa Parks e al suo gesto (illegale all’epoca) che ha dato il via alla pacifica rivoluzione degli afroamericani contro le leggi razziste degli Stati Uniti.
Ovviamente parlando di eventuale non rispetto della legge ingiusta, non mi riferisco certo ad azioni violente o dannose, ma soprattutto a forme di resistenza e trasgressione finalizzate alla denuncia e alla visibilità da queste data alla contestuale presentazione di proposte alternative.
Questo principio è applicabile per tutte le leggi e regolamenti approvati nel corso degli ultimi anni che hanno ristretto notevolmente il recinto dei diritti sia personali che collettivi. A volte, a scopo dimostrativo e di denuncia, non è sbagliato o censurabile infrangerli.
Ritornando all’inizio, lo stupore, lo scandalo e gli allarmi per i pesci di Orbetello e per il salvataggio di Azzolini in Senato sono figli della stessa ipocrita visione legata al momento specifico ma che non cambia di una virgola l’esistente e  tantomeno quello futuro.
Mi auguro che la (le) neonate nuove forze della sinistra che si formeranno, auspicabilmente a breve, siano in grado di smarcarsi da questa visione limitata e limitativa ma sappiano proporre e proporsi come forze in grado di interpretare un cambiamento reale e alternativo alla penosa impotenza attuale. 
Per concludere, il fatto che Azzolini sia stato salvato e i pesci della laguna di Orbetello siano invece morti è una significativa, anche se orrenda, metafora del'attuale momento storico. 
Ad maiora


MIZIO 

domenica 26 luglio 2015

SINISTRA ASPETTA! RAGIONIAMOCI UN PO'.


C’è bisogno di unità, il partito unico è una necessità, c’è uno spazio enorme da occupare. Sono mesi ormai che questo è il leitmotiv che ci accompagna nella nostra pratica di militanti politici. Partecipiamo, organizziamo, ci informiamo quotidianamente con la stessa riposta speranza del tifoso durante il calcio mercato. Ecco ci siamo, si parte.. con chi, per far cosa? Non lo so, intanto Sel il mio partito ha deciso di sciogliersi. Cosa che auspicavamo o temevamo da tempo, ma, decisione, comunque, strettamente legata ad alcune condizioni ben precise. Prima fra tutte la costruzione di qualcosa di più grande e aperto. Invece nelle modalità e nella tempistica, più che una decisione meditata, discussa, condivisa e approvata dalla maggioranza del partito sembra un inevitabile, lento scivolare su un piano inclinato che ci sta portando inesorabilmente in un’unica direzione. La fuoriuscita di Civati e altre personalità di rilievo dal PD è stata indubbiamente uno degli motivi dell’accelerata sul tema dell’unità a sinistra, ma il mettere in piedi con un instant time perfetto un progetto già pronto all’uso, preconfezionato e praticamente già strutturato nell’organizzazione, nei temi, nelle finalità appare fortemente limitativo e penalizzante per la forza che più di tutte ha perseguito il terreno di una sinistra alternativa al PD e all’identitarietà velleitaria.
Mi pare persino ovvio sottolineare che tra i naturali alleati di un progetto alternativo ci possano essere anche i fuoriusciti dal PD ma delegare a questi la guida, la rappresentanza e l’identità del cambiamento appare decisamente limitato e penalizzante per Sel, i suoi militanti e chiunque si stia spendendo per questo progetto. Quello di cui si discuteva, si ragionava, si ipotizzava non era esattamente quello che si sta prefigurando. Intanto una composizione di tal genere non avrebbe assolutamente quel taglio di rottura e di alternatività rispetto le scelte del neo liberismo economico e politico portato avanti anche dalle forze socialdemocratiche e socialiste europee. Si parla di apertura al sociale, all’associazionismo in gran parte formato però da soggetti che già operano e lavorano in modo contiguo e parallelo alle forze di sinistra. Inoltre, venendo a situazioni più interne, mi pare che sia cominciata una lenta ma decisa operazione di posizionamento da parte di molti compagni che non vorrei fosse finalizzata a garantirsi rendite di posizione futuribili a dispetto dei bei, generosi e apprezzabili impegni “ufficiali”. La vicenda delle dimissioni e della nomina del nuovo coordinatore romano, da quello che ho letto non essendo di quella federazione, fa venire qualche dubbio. Sentire accennare a decisioni prese nella logica spartitoria tra componenti interne, nel momento in cui si decide di sciogliersi e ci si avventura in cerca di altri orizzonti appare perlomeno preoccupante. Ritornando comunque, al tema principale, siamo sicuri che una nuova forza che ha nell’asse ex PD ex Sel e parte diex RC il suo target abbia quella forza innovatrice e possa apparire come di rottura e alternativa al punto tale di far ipotizzare ipotesi di governo?
Se l’obiettivo è quello di recuperare qualche voto da elettori PD delusi, diciamo che potrebbe essere raggiunto abbastanza facilmente ma in termini percentuali sicuramente non esaltanti. Se, invece, l’obiettivo è (e, secondo me, deve essere) quello di ridare rappresentanza alla massa di delusi, rassegnati che non si riconoscono più nell’attuale politica o di dare voce e speranza a chi voce e speranza non ha più e, magari, recuperare ad un progetto sociale alternativo anche chi adesso ingrossa le file del M5S convinto che sia un movimento assimilabile ai valori della sinistra, beh, credo che il fallimento sia già scritto in partenza.
La nostra capacità di ascolto e di analisi deve essere indirizzata più al corpo vivo della società che alle nostre rappresentanze interne ed è da questa capacità che deve partire la proposta e l’iniziativa conseguente.
Un progetto nuovo non può essere rappresentato dalla sommatoria di due o più esperienze fallimentari anche se proposte in modo innovativo. Non può essere, ad esempio, la rottamazione e il conflitto generazionale, anche se necessari, a rappresentare il nuovo. Operazioni cavalcando questi temi sono già stati fatte da molti con risultati perlomeno deludenti. Podemos in Spagna ha portato alla carica di sindaco una ragazza dei movimenti a Barcellona e una distinta anche se impegnata professionista settantenne a Madrid a dimostrazione che possono convivere innovazione ed esperienza.
Oggi tutti si riempiono la bocca con le stesse parole: nuovo, ricambio, alternativo mentre quelle da usare come metro di giudizio e discriminatorie per qualunque forza voglia rappresentare la sinistra sono giusto o non giusto. E la misura della giustizia e dell’ingiustizia presente nella società la si ha immergendosi e sporcandosi le scarpe in essa e non soltanto nei ristretti circoli nostrani fatti di buona volontà, impegno e speranza.
Ad esempio laddove (io dico purtroppo) ancora si governa nelle amministrazioni locali insieme al PD si nota decisamente questo limite. A Roma, per citarne una, si sono ascoltate a suo tempo le ragioni degli occupanti e dei frequentatori dei centri sociali sgomberati? Se si fosse fatto, probabilmente, si sarebbero fatte altre scelte o, le stesse, gestite, comunque, in modo diverso. Additare al pubblico disprezzo intere categorie di lavoratori, come sta succedendo per i macchinisti della metro e prima ancora con i vigili urbani, non è quello che ha sempre fatto il padrone e l’avversario di classe? Con questo non dico che non ci possano essere ragioni e torti dall’una e dall’altra parte ma, adottare le stesse scelte e le stesse modalità di lettura di una qualsiasi giunta di centro destra all’interno di uno schemino politico che tiene conto solo di parametri economico finanziari non è certo il modo per apparire alternativi. Se non si riesce a fare questo laddove siamo presenti l’unica opzione condivisibile sarebbe  quella di uscirne.
Detto questo, credo che, allo stato attuale lo scioglimento di Sel alla luce dei tentativi dei Civati, dei Fassina, dei Cofferati, Landini ecc. sia operazione da meditare a lungo e senza infatuazioni di sorta, la cui scelta definitiva debba essere affidata agli iscritti attraverso un’operazione di tipo congressuale. Facendo i conti della serva dei pro e dei contro credo che un rilancio dell’immagine e del ruolo di Sel accompagnato da una  naturale e doverosa opera di rinnovamento dei quadri dirigenti e dallo sganciamento chiaro e definitivo da accordi, sia pur locali, che possano apparire figli di logiche di opportunismo o convenienza, sia un’opzione tutto sommato da tener presente e i cui frutti in termini di riscontro elettorale non sarebbero di molto diversi da qualsiasi altra operazione di collage come sembra si stia provando a fare.

Ad maiora

MIZIO

lunedì 20 luglio 2015

LE SIGNORE IN GIALLO DELLA POSTA


Ma quale “Chi l’ha visto”, ma quale “Quarto grado”, “Misteri e segreti”.
Ma quale investigatore, criminologo, psicologo, sociologo, giornalista di nera. 
La soluzione dei più efferati delitti, dei più intricati misteri trova la sua logica, naturale spiegazione nei raffinati, argomentati particolari a conoscenza delle nostre Jessica Fletcher della posta.
Età media più vicina ai settanta che ai sessanta, normalmente vedove (i pochi mariti superstiti, relegati al ruolo di silenti accompagnatori), accanite frequentatrici dei programmi sopracitati di nera, gossip e reality alla de Filippi, traggono, da questi, spunti  preziosi per elaborati ragionamenti tesi a dimostrare verità, a loro dire, così palesi, che sembra strana o sospetta l’incapacità degli investigatori a trovare i colpevoli.
Donna sparita a Pisa? Marito colpevole! Movente? Nascondere la sua infedeltà! Ma non può aver fatto tutto da solo, sicuramente il complice sarà un altro porco come lui, magari amante della stessa con cui la tradiva. Il corpo non si trova? L’avrà bruciato.
La tabaccaia uccisa nel suo negozio ad Asti? Sicuramente il colpevole è un parente o conoscente, forse addirittura un’amante respinto. Per non parlare del delitto di Avetrana o del sempre valido delitto di Cogne, passando per Parolisi e Via Poma. Nell’ ora scarsa di fila sono stati affrontati e risolti i più intrigati e complessi casi giudiziari degli ultimi decenni. Casi che hanno appassionato, coinvolto, commosso e emozionato il paese intero, sono stati razionalizzati e portati ad una loro logica soluzione da un manipolo di investigatrici in gonnella. Il loro habitat, oltre la posta, lo spazio compreso tra la cucina, la tv e il telefono. Il giorno clou, la domenica, giorno in cui, volenti o nolenti figli, nuore, generi e nipoti sono comandati al rito del pranzo settimanale da mammà.
Mentre vado via colgo un’ultima riflessione: “Ma come mai ammazzano quasi sempre donne?”. Risposta anonima: ”Me sa che semo troppe, signò!”:


MIZIO 

martedì 14 luglio 2015

I PADRONI CI HANNO SEMPRE FREGATO!

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Il chimico studia la composizione della materia, il fisico studia i fenomeni naturali, il biologo studia ciò che riguarda la vita, insieme al geologo, botanico, allo zoologo. Questi sono tutti scienziati,cioè che studiano, ricercano attraverso metodi organizzati e rigorosi (scientifici) al fine di descrivere in modo oggettivo e verosimile la realtà e le leggi che la regolano. Tutti lavorano sull'esistente e su quello applicano leggi, formule e postulati atti a comprenderne il funzionamento.
Oltre queste c'è un'altra branca della conoscenza chiamata impropriamente scienza: l'economia.
L'economia si basa su dati non preesistenti ma indotti e promossi con l'intento di regolare e distribuire le risorse, siano esse materiali o finanziarie.
Ora se le leggi fisiche o chimiche sono immutabili e come tali da rispettare a prescindere, quelle dell'economia sono create ad arte in genere dai potenti di turno per loro interesse. Nel momento in cui sappiamo ed abbiamo coscienza che le risorse sul pianeta, sarebbero sufficienti a garantire il necessario alla totalità degli esseri umani, se usate in modo razionale e non finalizzate al consumo e al profitto, quale sarebbe il motivo per cui non si riesca o non si voglia applicare questo semplice assunto?
Qui entra in ballo la politica che scienza non è ma che dovrebbe rappresentare, in democrazia, i cittadini e stabilire le regole entro cui le famose risorse di cui sopra vadano a soddisfare il maggior numero di persone possibili. Soprattutto di quelli più poveri e fragili. Chiamatelo comunismo, socialismo, solidarismo, volemose bene, non è certo il nome a fare la differenza, ma questo dovrebbe essere il solo, unico, insostituibile compito della politica.
Laddove, come in questo periodo storico, ciò non si fa, anzi, si va in direzione contraria a tutte quelle leggi "naturali". Quelle stesse che dovrebbero essere alla base dell'esistenza umana, privilegiando una "psudoscienza" come l'economia. Riconoscendo a quest'ultima un primato innaturale, si condanna alla povertà e alla fame gran parte dell'umanità.
Tutto troppo semplice? Conosco le perplessità e i facili appunti a tali banali considerazioni. Lo so, siamo abituati a confrontarci con sistemi, teorie, problematiche artatamente rese complesse ( ricordate l'Azzeccagarbugli di manzoniana memoria?).
Però invito comunque tutti a rifletterci un attimo su. Ci si renderà conto che non è poi così difficile sganciarsi dai pregiudizi, dai condizionamenti e dalle interessate narrazioni. Superato questo scalino, più apparente che reale, si vedrà che tutto si può leggere con una luce diversa. Rendendo il tutto decisamente più chiaro.
Diversi anni fa lessi una frase in un documento elaborati da giovanissimi figli di sottoproletari di una borgata romana il cui incipit era: " I padroni ci hanno sempre fregato":
Nella sua semplice esposizione era racchiusa una grande verità.
Ad maiora

MIZIO

venerdì 10 luglio 2015

DI RETORICA NON SI MUORE, MA NON SI VIVE BENE


 

Viviamo immersi nella retorica, la retorica della buona politica, della buona scuola, del buon lavoro, della crisi che non è solo economica ma di valori.
Ci immergiamo nella retorica e ci adagiamo come fossimo nella piscina dell’acqua miracolosa di Lourdes, trovando in essa se non la soluzione ai problemi, comunque un temporaneo sollievo che ci conferma ancor di più la bontà della cosa.
La retorica è consolatoria, ci permette di trovare sempre e comunque un habitat idoneo in cui trovare conferma alle nostre convinzioni e di identificare chiaramente il nemico o avversario. Nemico che, quasi sempre non è diverso da noi seppur immerso in una retorica di stampo differente: “La retorica, a quanto pare, è artefice di quella persuasione che induce a credere ma che non insegna nulla intorno al giusto e all'ingiusto” (Socrate).
Il giusto e non giusto sono le uniche categorie che l’essere umano da qualsiasi punto parta può e dovrebbe considerare discriminanti. La retorica fine a se stessa è spesso autocelebrativa e induce a valutare il mondo intorno in maniera manichea e limitata. Scompaiono i chiaroscuri, i dubbi, le incertezze, rimangono le convinzioni, i giudizi tranchant, che non lasciano spazio ad altro che alla propria visione. Di retorica è imbevuta la storia dell’uomo fin dagli albori, raccontati, spiegati in modo romanzato e inverosimile con la storiella di Adamo ed Eva o similari ma, comunemente accettato per secoli,  in nome del conformismo.
Ecco l’altro frutto della retorica: Il conformismo, che non è solo quello della massa ignorante veicolata e inconsapevole di esserlo (ovviamente il più insidioso), ma anche dell’esatto contrario quando, da parte di minoranze, orgogliose di esserlo, ci si aggrappa in maniera quasi disperata alla propria visione, frutto spesso di letture di vita ed esperienze del tutto soggettive e non la si mette in discussione per timore di compromettersi ed essere giudicato, o autogiudicato.

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"Non sarei sincero se dicessi a voi che sono rimasto persuaso" (cit.Pietro Ingrao) l’eretico, che sosteneva la necessità di prendere atto d'un cambiamento necessario in quel momento storico.
Ecco l’ antitodo alla retorica e al conformismo: l’eresia, quella lucida, ragionata, ostinata nella ricerca del meglio a prescindere e non per salvare sè o la propria coscienza.
“…andare a un'alleanza non già fra Pci e Psi ma con le sinistre dei socialisti e dei cattolici, politiche e sindacali….” Quando Ingrao disse nella direzione nazionale del PCI nel 1969 queste parole sapeva di uscire dall’ortodossia e dalla retorica del “il partito ha sempre ragione” ma, grazie a quelle parole e a ciò che hanno comportato, il partito stesso e coloro che ne erano rappresentati scrissero alcune delle pagine più belle, anche se tormentate, della storia del movimento operaio italiano.
La retorica e il suo figlio legittimo il conformismo (che può essere di vari colori anche se in genere ne vediamo uno solo) sono il freno più potente alla storia e al progresso umano. Compito dell’essere umano illuminato, o che si ritenga tale, è il mettersi in discussione sempre. E’ fare dell’esercizio critico e dell’eresia il proprio modus vivendi e operandi. Solo così potremo chiedere ad altri di essere diversi e convincerli della necessità del cambiamento, perché, solo così, saremo capaci di dimostrare praticamente la non sudditanza ad un  pensiero unico sia esso piattamente maggioritario o orgogliosamente minoritario.
La vita, la ricerca della giustizia sono cantieri aperti, sono viaggi nell’ignoto senza nessuna di quelle certezze che la retorica rende consolatorie nell’affrontare il mare aperto su rotte e itinerari prefissati.
Il coraggio si dimostra anche nel rischiare di incorrere nell’errore e nella perdita della rotta, ma potendo sempre dire di averci comunque provato. Il rimanere in porto per paura o convenienza ci avrebbe messo al sicuro da errori e delusioni, ma avremmo mancato, magari per l’ennesima volta, l’occasione con la storia per vedere se ci sono nuove terre e nuovi mondi.
Ad maiora


MIZIO

martedì 7 luglio 2015

HAI SBAGLIATO? PROMOSSO!

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Civati esce dal PD (finalmente) e subito lancia la sua personale area politica, ampia, aperta, propositiva ma, soprattutto, sua. Fassina segue a ruota anche lui nell’abbandono del Pd ,con la naturale e comprensibile sofferenza che questo comporta, e subito lancia l’ipotesi di un nuovo partito a sinistra. Prima di loro Pastorino e Cofferati in Liguria hanno guidato e sponsorizzato una lista alle regionali da fuoriusciti dal PD.
Ora, io mi chiedo, se la leadership della nuova sinistra viene affidata a chi, fondamentalmente, ha sbagliato lettura politica negli ultimi anni e diventa una promozione politica l’averlo riconosciuto e certificato, allora io che non sono mai stato iscritto al PD e neanche l’ho mai votato sono un gigante politico e meriterei di essere riconosciuto come leader maximo, o no?
Ovviamente è un’iperbole, ma veramente mi chiedo se l’essersi accorti tardi della reale natura del PD non sia diventato un titolo di merito anziché una presa d’atto di un fallimento  e di un’ingenuità (?) politica?
Lo stesso discorso, anche se in misura diversa, può essere applicato ai dirigenti Sel che quel partito hanno inseguito per anni sperando e pensando di condizionarne da “sinistra” le scelte che, invece, abbastanza chiaramente, portavano da tutt’altra parte. Ci si è accontentati per troppo tempo del semplice riconoscersi nell’ antiberlusconismo.
Si diceva, ora tutti in fila a progettare nuovi movimenti, nuovi partiti e non si riesce a capire che il primo e unico atto veramente decisivo per tale ipotesi è mettersi con dignità, generosità e umiltà  da parte, permettendo a forze, potenzialità e proposte nuove di avere il giusto spazio e la doverosa visibilità. Il vostro apporto e la vostra esperienza saranno, comunque, preziosi ma, un esercito non si serve solo da generali, ci sono tanti e tali altre
funzioni e posizioni da non rischiare certo di rimanere senza ruolo e di annoiarsi.
Magari solo un pochino dietro la prima fila!

Ad maiora

MIZIO