domenica 26 luglio 2015

SINISTRA ASPETTA! RAGIONIAMOCI UN PO'.


C’è bisogno di unità, il partito unico è una necessità, c’è uno spazio enorme da occupare. Sono mesi ormai che questo è il leitmotiv che ci accompagna nella nostra pratica di militanti politici. Partecipiamo, organizziamo, ci informiamo quotidianamente con la stessa riposta speranza del tifoso durante il calcio mercato. Ecco ci siamo, si parte.. con chi, per far cosa? Non lo so, intanto Sel il mio partito ha deciso di sciogliersi. Cosa che auspicavamo o temevamo da tempo, ma, decisione, comunque, strettamente legata ad alcune condizioni ben precise. Prima fra tutte la costruzione di qualcosa di più grande e aperto. Invece nelle modalità e nella tempistica, più che una decisione meditata, discussa, condivisa e approvata dalla maggioranza del partito sembra un inevitabile, lento scivolare su un piano inclinato che ci sta portando inesorabilmente in un’unica direzione. La fuoriuscita di Civati e altre personalità di rilievo dal PD è stata indubbiamente uno degli motivi dell’accelerata sul tema dell’unità a sinistra, ma il mettere in piedi con un instant time perfetto un progetto già pronto all’uso, preconfezionato e praticamente già strutturato nell’organizzazione, nei temi, nelle finalità appare fortemente limitativo e penalizzante per la forza che più di tutte ha perseguito il terreno di una sinistra alternativa al PD e all’identitarietà velleitaria.
Mi pare persino ovvio sottolineare che tra i naturali alleati di un progetto alternativo ci possano essere anche i fuoriusciti dal PD ma delegare a questi la guida, la rappresentanza e l’identità del cambiamento appare decisamente limitato e penalizzante per Sel, i suoi militanti e chiunque si stia spendendo per questo progetto. Quello di cui si discuteva, si ragionava, si ipotizzava non era esattamente quello che si sta prefigurando. Intanto una composizione di tal genere non avrebbe assolutamente quel taglio di rottura e di alternatività rispetto le scelte del neo liberismo economico e politico portato avanti anche dalle forze socialdemocratiche e socialiste europee. Si parla di apertura al sociale, all’associazionismo in gran parte formato però da soggetti che già operano e lavorano in modo contiguo e parallelo alle forze di sinistra. Inoltre, venendo a situazioni più interne, mi pare che sia cominciata una lenta ma decisa operazione di posizionamento da parte di molti compagni che non vorrei fosse finalizzata a garantirsi rendite di posizione futuribili a dispetto dei bei, generosi e apprezzabili impegni “ufficiali”. La vicenda delle dimissioni e della nomina del nuovo coordinatore romano, da quello che ho letto non essendo di quella federazione, fa venire qualche dubbio. Sentire accennare a decisioni prese nella logica spartitoria tra componenti interne, nel momento in cui si decide di sciogliersi e ci si avventura in cerca di altri orizzonti appare perlomeno preoccupante. Ritornando comunque, al tema principale, siamo sicuri che una nuova forza che ha nell’asse ex PD ex Sel e parte diex RC il suo target abbia quella forza innovatrice e possa apparire come di rottura e alternativa al punto tale di far ipotizzare ipotesi di governo?
Se l’obiettivo è quello di recuperare qualche voto da elettori PD delusi, diciamo che potrebbe essere raggiunto abbastanza facilmente ma in termini percentuali sicuramente non esaltanti. Se, invece, l’obiettivo è (e, secondo me, deve essere) quello di ridare rappresentanza alla massa di delusi, rassegnati che non si riconoscono più nell’attuale politica o di dare voce e speranza a chi voce e speranza non ha più e, magari, recuperare ad un progetto sociale alternativo anche chi adesso ingrossa le file del M5S convinto che sia un movimento assimilabile ai valori della sinistra, beh, credo che il fallimento sia già scritto in partenza.
La nostra capacità di ascolto e di analisi deve essere indirizzata più al corpo vivo della società che alle nostre rappresentanze interne ed è da questa capacità che deve partire la proposta e l’iniziativa conseguente.
Un progetto nuovo non può essere rappresentato dalla sommatoria di due o più esperienze fallimentari anche se proposte in modo innovativo. Non può essere, ad esempio, la rottamazione e il conflitto generazionale, anche se necessari, a rappresentare il nuovo. Operazioni cavalcando questi temi sono già stati fatte da molti con risultati perlomeno deludenti. Podemos in Spagna ha portato alla carica di sindaco una ragazza dei movimenti a Barcellona e una distinta anche se impegnata professionista settantenne a Madrid a dimostrazione che possono convivere innovazione ed esperienza.
Oggi tutti si riempiono la bocca con le stesse parole: nuovo, ricambio, alternativo mentre quelle da usare come metro di giudizio e discriminatorie per qualunque forza voglia rappresentare la sinistra sono giusto o non giusto. E la misura della giustizia e dell’ingiustizia presente nella società la si ha immergendosi e sporcandosi le scarpe in essa e non soltanto nei ristretti circoli nostrani fatti di buona volontà, impegno e speranza.
Ad esempio laddove (io dico purtroppo) ancora si governa nelle amministrazioni locali insieme al PD si nota decisamente questo limite. A Roma, per citarne una, si sono ascoltate a suo tempo le ragioni degli occupanti e dei frequentatori dei centri sociali sgomberati? Se si fosse fatto, probabilmente, si sarebbero fatte altre scelte o, le stesse, gestite, comunque, in modo diverso. Additare al pubblico disprezzo intere categorie di lavoratori, come sta succedendo per i macchinisti della metro e prima ancora con i vigili urbani, non è quello che ha sempre fatto il padrone e l’avversario di classe? Con questo non dico che non ci possano essere ragioni e torti dall’una e dall’altra parte ma, adottare le stesse scelte e le stesse modalità di lettura di una qualsiasi giunta di centro destra all’interno di uno schemino politico che tiene conto solo di parametri economico finanziari non è certo il modo per apparire alternativi. Se non si riesce a fare questo laddove siamo presenti l’unica opzione condivisibile sarebbe  quella di uscirne.
Detto questo, credo che, allo stato attuale lo scioglimento di Sel alla luce dei tentativi dei Civati, dei Fassina, dei Cofferati, Landini ecc. sia operazione da meditare a lungo e senza infatuazioni di sorta, la cui scelta definitiva debba essere affidata agli iscritti attraverso un’operazione di tipo congressuale. Facendo i conti della serva dei pro e dei contro credo che un rilancio dell’immagine e del ruolo di Sel accompagnato da una  naturale e doverosa opera di rinnovamento dei quadri dirigenti e dallo sganciamento chiaro e definitivo da accordi, sia pur locali, che possano apparire figli di logiche di opportunismo o convenienza, sia un’opzione tutto sommato da tener presente e i cui frutti in termini di riscontro elettorale non sarebbero di molto diversi da qualsiasi altra operazione di collage come sembra si stia provando a fare.

Ad maiora

MIZIO

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