domenica 6 marzo 2016

SCIOLGO, ROMPO OPPURE......



In alcuni rari momenti liberi che la vita mi concede amo, a volte, andare a pesca. L’intento principale di tale attività non è tanto quello della cattura, in verità non troppo frequente e quasi sempre restituita al suo elemento naturale con l’avvertenza di essere più accorta la prossima volta, ma il piacere quasi zen di passare qualche ora a contatto con la natura e, fondamentalmente, con se stessi.
Comunque uno degli eventi più frequenti nell’attività piscatoria con la canna e la lenza è il formarsi di quell’inestricabile groviglio di fili piombi e ami che, nel gergo, viene chiamato parrucco o parrucca. Può verificarsi per l’imperizia del pescatore, per un colpo di vento improvviso per la presenza di rami e alberi sommersi, il risultato comunque è qualcosa che mette a dura prova la nostra pur proverbiale pazienza
Di fronte al parrucco ci sono due alternative principali, più una terza che illustrerò in seguito. Una prevede il paziente lavoro di scioglimento dell'apparentemente inestricabile susseguirsi di nodi, teso soprattutto alla salvaguardia del materiale ed evitare un inutile spreco di attrezzatura e soldi. L’altro, più radicale prevede di rompere il tutto e ricostruire la lenza daccapo. La scelta tra le due ipotesi dipende molto dalla difficoltà nello sciogliere, dalla sensibilità individuale allo spreco, ma soprattutto dall’esperienza pregressa maturata in situazioni simili e cui si risponde fondamentalmente con le proprie caratteristiche caratteriali.
Quindi l’alternativa è in genere tra rompere e buttare il tutto o tentare di recuperare e salvare il salvabile.
Vi chiederete il perché di questo esempio apparentemente senza senso, ma perché c’è racchiuso gran parte di quella che può essere la vita dell’essere umano in qualsiasi ambito della stessa. Quante volte ci si trova di fronte ai bivi difficili, faticosi da districare della nostra esistenza. in cui dobbiamo scegliere se cambiare tutto o se mantenere valorizzandolo il buono che rimane di ogni cosa. La scelta in questi casi non può che dipendere dal carattere, dalla visione, dall’esperienza che fa di ognuno di noi un essere assolutamente unico e non replicabile.
Ovviamente questo vale anche in politica, quante volte si ha la voglia di fronte all’incapacità di capire o di farsi capire di scegliere la via più facile e diretta del buttare tutto  a mare o, al contrario, di ostinarsi a voler ricucire e salvare il più possibile di esperienze precedenti anche a fronte di un’indiscutibile impossibilità a farlo?
Quale delle due strade è la migliore o la più praticabile?
Non sarò certo io a indicare la strada migliore e valida in ogni occasione o per ognuno, le valutazioni le potrà fare solo il singolo in base alle  risultanze della sua esperienza, della sua visione, delle sue aspettative. Ma qualsiasi essa sia non può essere sottoposta alla critica e alla condanna preventiva, soprattutto  se fatta in mala fede.
Dicevo prima che c’è anche una terza possibilità ed è quella che in molti, decisamente troppi, hanno fatto e fanno in questi anni, quella di smettere di pescare. E’ la più radicale, forse anche la più comprensibile ma quella che sicuramente non permetterà di pescare nulla, accontentandosi, nel migliore dei casi di restare sulla riva a guardare.
Anche questa, ovviamente, al pari delle altre due, è una scelta rispettabile nella misura in cui non si ponga come elemento di disturbo e di boicottaggio  per chi sceglie, nonostante tutto di continuare a pescare sciogliendo con pazienza i nodi o, al limite, anche spezzando tutto e ricominciando da capo.
Ad maiora


MIZIO

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