mercoledì 18 maggio 2016

IL MURO E IL COLTELLINO



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Quando, ormai moltissimi anni fa, andavo alle superiori avevo un professore d'italiano con il quale spesso ci si confrontava polemicamente con la tipica e fastidiosa spocchia adolescenziale sul valore e l'utilità della cultura, allora considerata "borghese" e poco utile agli interessi di noi figli di proletari e potenziali proletari a nostra volta. Lui uomo di profonda cultura e di ancor più profonde capacità umane e professionali ci portava sempre un esempio per convincerci dell'utilità, comunque, della conoscenza. E ci parlava del coltellino che, con il suo insegnamento e la trasmissione di nozioni, apparentemente noiose e inutili, metteva nelle nostri giovani mani. Ci ricordava che la vita, specialmente per noi che partivamo un passo indietro gli altri, sarebbe stata come un muro e di quanto sarebbe stato meglio, per quanto apparentemente limitato avere un coltellino per cominciare a eroderlo, piuttosto che contare solo sulle mani nude. E, soprattutto, quanto sarebbe stato importante che non fossimo soli a cercare di abbattere il muro perchè tanti coltellini che scavano insieme possono, alla lunga, abbattere anche il muro apparentemente più solido.
Crescendo non ho mai finito di ringraziarlo per quel suo impegno nei nostri confronti.
Perchè ho ritenuto meritevole di attenzione questo ricordo giovanile in questo particolare momento.
Non sarò il primo a dirlo, neanche l'ultimo e neanche quello che lo dice nella maniera migliore, però quelle parole e quell'insegnamento mantengono un valore che attraversa i tempi e le situazioni portandomi a riflettere su ciò che è importante, valido e giusto nelle nostre azioni. Troppo spesso di fronte a problematiche o cose che non condividiamo al cento per cento reagiamo in maniera scomposta e irosa, come se una differente opinione potesse in qualche maniera ledere la nostra granitica certezza di essere nel giusto. Lo facciamo per difesa ideologica, di schieramento, di appartenenza, per convinzione ma in ogni caso dimentichiamo quanto sia, non importante, ma fondamentale, metter insieme tutti i coltellini che abbiamo a disposizione per abbattere il muro dell'ingiustizia, dello sfruttamento, dell'interesse egoistico e di classe.
In fondo, non credo che sia impossibile, almeno tra persone che si ritengano simili, ritornare al parlare, a confrontarsi,, a discutere senza fare ricorso a sospetti, trabocchetti, giudizi preventivi e sprezzanti avendo come unico obiettivo comune cambiare l'esistente e per questo lavorare insieme ognuno mettendo a disposizione il proprio coltellino.
Scendiamo dai nostri piedistalli di certezze, di sicurezze dimostratesi, spesso, non proprio tali, e impariamo (o reimpariamo) l'importanza dell condivisione, della solidarietà e della comunanza.

Qualcuno senz'altro giudicherà tale impostazione buonista e velleitaria ma vi assicuro, anche se può sembrare strano, che ancora ci sono molti per cui l'impegno politico o sociale non rappresenta un trampolino o una vetrina per la propria affermazione ma un sincero convincimento.

mercoledì 4 maggio 2016

IL LEICESTER E NOI


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La favola del Leicester ( per chi non fosse appassionato di calcio è la squadra inglese che, partita per non retrocedere, ha vinto il campionato superando squadroni imbottiti di soldi e campioni allenata dall’ italiano Ranieri) oltre che un bella  storia, buona per film e romanzi, si presta a tutta una serie di letture in cui possiamo  ritrovare molti aspetti della nostra attuale situazione. Ci chiediamo, tutto quanto è successo in Inghilterra e una simile avventura sarebbe stata possibile in Italia?
Nell’Italia della rottamazione in salsa renziana (e non solo) che guarda solo alla carta d’identità e non alle capacità come elemento discriminante, l’allenatore sessantacinquenne Ranieri era già stato messo in naftalina in quanto vecchio.
Senza scomporsi il suddetto (ovviamente rapportiamo il tutto alle diverse condizioni socio economiche) se n’è andato a cercar fortuna all’estero, prima in Grecia e poi in Inghilterra. Non è forse quello che sono costretti a fare anche migliaia di giovani, cui il nostro paese non offre più prospettive oltre una vita precaria e di pura sopravvivenza? E dando di questo colpe e responsabilità alle generazioni precedenti spostando il piano del conflitto da quello politico-sociale a quello generazionale?
Cosa che, d’altra parte, è sempre stato presente nell’avvicendarsi delle generazioni, con la differenza che , questo però, in un quadro di pseudo benessere diffuso, non veniva cavalcato in maniera populista e distrattiva rispetto i reali motivi delle ingiustizie sociali.
Altro aspetto dell’avventura della squadra inglese da prendere in considerazione è il riproporre, in salsa sportiva, la storia di Davide che sconfigge Golia. Anche questo in Italia sarebbe stato possibile?
Nell’Italia calcistica dove ci sono stati fenomeni diffusi di corruzione, “calciopoli” e non solo, una squadra come il Frosinone, ad esempio, potrebbe mai ambire a vincere lo scudetto? Nella patria dove si è stati costretti a inventare la “sudditanza psicologica” degli arbitri per giustificare l’ingiustizia, dove si toglie ai poveri per non toccare i privilegi dei ricchi siamo portati a pensare che ciò non sarebbe potuto avvenire.
Cosa imparare, allora, dalla bella avventura della squadra inglese?
Che il rinnovamento e il cambiamento, naturalmente e logicamente necessari, non passano esclusivamente attraverso il dato anagrafico.
Che la passione, l’impegno, il lavoro svolto in un ambiente idoneo e rispettoso dell’etica e della giustizia, a volte,  riescono ad emergere anche laddove sembrerebbero prevalere i soldi e il potere.
Che la rassegnazione e l’accettazione dello status quo non è la strada da perseguire, che la speranza da sola non basta, che l’impegno e la passione di giovani e meno giovani possono cambiare veramente le cose senza calcoli algoritmici sull’età media.
Che la giustizia sociale e una società più giusta ed equilibrata è un obiettivo difficile ma raggiungibile. Ranieri, Simeone,Sanders, Mujica, Iglesias, Tsipras età diverse stesse capacità propositive e comunicative 
Quindi al lavoro e alla lotta senza alibi e senza steccati!


MIZIO