venerdì 19 agosto 2016

TEMPO AL TEMPO?


Sicuramente molti ricordano quella scena di uno dei tanti film di Fantozzi, in cui il megapresidente galattico si rivolge al sottoposto umiliato, con queste parole:”Non si preoccupi del tempo, Fantocci. Posso aspettare… Io!
Ecco, il tempo. Si dice che sia galantuomo e che alla fine agisca come una livella che tutti riporta alla stessa dimensione di miseri esseri umani naufraghi inconsapevoli dell’avventura della vita.
Una delle maggiori preoccupazioni dell’essere umano è stato quello della sua misurazione, necessaria per scandire e organizzare la vita sociale. In altro ambito filosofi, teologi e pensatori di ogni tipo e di ogni epoca ne  hanno fatto oggetto di riflessioni speculative,  di opere d’arte,  poetiche, letterarie.
In un mondo che negli ultimi decenni ha accelerato esponenzialmente i suoi ritmi il tempo è diventato sempre più un elemento relegato a funzioni statistiche relative alla velocità di produzione con parametri che sempre più si allontanano da quelli delle persone per essere adattati a quelli di una competizione produttiva globale.
L’anticipazione profetica di Villaggio trova attualmente la sua applicazione pratica non solo nella singola vessazione parodistica del povero impiegato, cui necessitava far percepire la distanza di classe con il padrone, ma è diventato un comune sentire condiviso, inconsapevolmente, pure dalle “vittime”.
Questo senza dubbio è da ascrivere come uno dei maggiori successi di manipolazione e condizionamento di massa da parte del “potere”. Sembra quasi di essere entrati in una dimensione atemporale o di tempo sospeso, in cui tutto viene sacrificato e rimandato ad un possibile, ma improbabile futuro ricco, oltre che di possibilità economiche, anche di tempo da dedicare a sè e ai propri cari e ai propri interessi.
Tutto questo, e cerco di riportare il tutto ad una dimensione più vicina a noi, è avvenuto nella consapevole o meno, della (non) azione delle forze politiche e sindacali. Quella politica (in particolare di sinistra) e quel sindacato il cui compito storico sarebbe quello di rappresentanza e di salvaguardia della vita di tutti, in particolare dei milioni di Fantozzi è rimasta alla finestra, testimone muta, distratta e, per certi aspetti, complice
La politica per sua natura spesso diventa retorica e immaginifica, prospettando futuri meravigliosi a fronte di sacrifici immediati. Ma mentre prima il sogno del Sol dell’avvenire (sia pur utopico), segnava percorsi di lotte e conquiste con ricadute positive e tangibili nel quotidiano delle persone, oggi le scelte fatte “responsabilmente” lo peggiorano a fronte di improbabili miglioramenti , il cui confine, come l’utopia, viene spostato sempre più in avanti. I tempi della politica non sono più in lento ma progressivo avvicinamento a quelli della vita ma sempre più velocemente se ne stanno allontanando. I giovani, magari  laureati, i precari, i disoccupati del Sud, ma non solo, gli esodati, le donne e uomini separati senza sostegno hanno i loro bisogni vitali oggi! Non domani, dopodomani o chissà quando. E’ un attimo passare da giovane precario di belle speranze a precario cronico. Ancor meno tempo ci vuole per passare da disperato di mezza età a clochard o suicida. Una società che invecchia senza preoccuparsi di provvedere al proprio ricambio è una società destinata ad estinguersi ma sembra, che questo aspetto nel dibattito politico, sia totalmente assente e non percepito.
Sono partito dal tempo come valore messo in discussione per arrivare all’azione politica non casualmente ma attraverso un ragionamento che  ha una sua logica e importanza fondamentale (ovviamente per me). Frutto forse dell’età che avanza ma, soprattutto di un’analisi oggettiva condivisa da molti, e di una presa d’atto di una qualità di vita enormemente peggiorata, sia nell’immediato che nelle realistiche prospettive.
Chi mi conosce sa che non sono un nostalgico. Sono teneramente e sentimentalmente legato a quelle che erano idee, lotte, forme d’organizzazione della mia gioventù, ma anche realisticamente cosciente che sono improponibili oggi nelle stesse forme.
Ma sono anche coscientemente convinto che la politica a sinistra deve riprendere il suo ruolo che non può essere quello di mediatore e pacificatore sociale in nome di un luminoso, ipotetico  futuro.  Deve ricominciare a tessere la trama per un vestito e una politica che, pur in un’ottica utopica (necessaria per motivazioni, adesioni e fidelizzazioni), venga cucito sulle misure dei bisogni attuali, in particolare dei soggetti più disagiati.
Chi ha tempo non aspetti tempo! E a noi non ne è rimasto molto.
Ad maiora


MIZIO

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