lunedì 19 novembre 2018

IL TEMPO DEI RESTI!


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C'è qualcosa di indefinito, di non esattamente inquadrato e inquadrabile e che porta questi tempi ad essere difficilmente catalogabili o definiti in modo preciso e significativo. Sono i tempi delle grandi paure e della temuta fine delle speranze. Delle grandi conquiste e delle ancor più grandi ingiustizie. Delle grandi prospettive fantasticate e delle miserie effettivamente vissute. Delle grandi promesse, delle grandi potenzialità e del nulla possibile. Del grande ingombrante passato e dell'imbarazzante limitato presente. In mancanza di chiavi di lettura più convincenti e chiarificatrici credo di non essere blasfemo e troppo lontano dalla realtà se, senza paura di essere criticato, mi sento di definirlo come il “tempo dei resti”. Perchè dei resti? Perchè nell'incapacità acclarata di elaborare nuovi modi e nuovi pensieri, siamo talmente immersi nel nulla esistenziale contemporaneo capace di sterilizzare e rendere meritevole di sbeffeggio qualsiasi tentativo di rilettura o di arricchimento originale del presente. Quindi, per costrizione o per scelta, ci si trova a contentarsi dei resti. Per incapacità o timore dell'ignoto nei nostri resti ci illudiamo di ritrovare il tutto.Resti o briciole di un cosiddetto benessere consumista elevato a modello unico e possibile dell'umana esistenza la cui torta sempre più grande ma sempre più riservata a una platea ancora più ridotta e privilegiata. A fronte del sempre più tangibile e sempre più probabile rottura degli ultramillenari equilibri naturali del pianeta, ci contentiamo di godere dei resti di una natura ridotta a mera testimonianza e considerata, al massimo, come fonte di guadagno e non elemento insostituibile e imprescindibile della vita stessa. Nel migliore dei casi difendiamo quei resti rinchiudendoli in riserve e parchi come isole assediate e circondate dal marciume.
Su un piano decisamente meno materiale, avventurandoci nell'intimo di ognuno vediamo che spesso, ci si contenta dei resti emotivi ed emozionali derivanti dagli scoop del pomeriggio trash della tv o del Web. Nei rapporti interpersonali ci si fa bastare i resti sentimentali in cui, progressivamente l'io prevale decisamente sul noi. L'altro visto come fattore limitante e concorrenziale piuttosto che come completamento e arricchimento.
In questi tempi di resti e di incompitezza dove sono le speranze? Dove si manifestano le potenzialità di riscatto, di maturazione complessiva e di presa di coscienza?
Fino ad oggi abbiamo dovuto assistere ad un'azione ideale, filosofica, religiosa e politica (non scandalizzi l'accostamento di questi elementi) che tenta di sopravvivere grazie all'uso dei resti. Resti di ideali e ideologie cui non sono stati forniti i necessari aggiornamenti e le imprescindibili mutate condizioni d'essere. Facendosi bastare troppo spesso l'uso retorico dei resti di slogan e simbologie che, gratificano, purtroppo, quasi esclusivamente chi le espone orgogliosamente.
L'incapacità, ormai acclarata di analisi, di incisione sul presente, di rappresentanza, ha lasciato ampio spazio a quelli che possiamo definire i resti più deleteri del dibattito.
Rabbia, rancore, spirito di vendetta conditi da ignoranza e la presunzione tipica dei pensieri corti e asfittici sono ormai i tratti predominanti dei rapporti, non solo politici, ma sociali e collettivi.
Prima o poi i resti non basteranno neanche più.
Cosa ci dobbiamo aspettare allora? Un imbarbarimento ancora più devastante che ci riporti a tempi ancora più bui o un'improvviso, e ad oggi non preventivabile, scatto d'orgoglio che riscatti le attuali miserie?
Qualunque sia o sarà il domani, chiunque ne abbia coscienza ha il dovere di provare a cambiare prima di tutto sé stesso e integralmente, con la coscienza che i resti nella vita spesso andranno a finire nell'indifferenziato.
Ad maiora

MIZIO

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