domenica 12 aprile 2020

PASQUA DI QUARANTENA



Oltre i doverosi auguri a tutti per una serena Pasqua, per chi ha voglia, lascio alla corrente impetuosa di questo strumento di virtuale condivisione, qualche riflessione che mai, come in questo momento, mi sembrano attuali. La vita, diciamo una banalità, conosce le sue stagioni. Tutte ci appartengono, tutte competono a farne ciò che conosciamo. Di tutte ne conserviamo il ricordo, tranne dell'ultima. La vecchiaia lascia i propri ricordi ad altri, a chi rimane Per quello che sappiamo e per l'organizzazione sociale che ci circonda, ai singoli protagonisti non rimane nulla. Certo ci sono credenze, religioni, speranze che ci dicono altro, ma sono tutti convincimenti legati ad atti di fede o visioni personali non trasmettibili e non certificabili.
Rispetto questo argomento, vabbè chiamiamolo col suo nome, la morte, le generazioni che ci hanno preceduto avevano un rapporto diverso, diretto e quasi confidenziale, sia per il tipo di vita racchiuso quasi esclusivamente in un nucleo familiare allargato, in cui le generazioni convivendo si succedevano naturalmente sia, ovviamente, per la maggiore facilità con cui si moriva. Malattie, guerre, incidenti, fame, scarsa igiene o addirittura di parto erano solo alcune delle mille occasioni in cui si poteva morire molto più facilmente. Le nostre generazioni, parlo di quelle dei settantenni, più o meno e successive, sono le prime e uniche generazioni che, a memoria d'uomo, non hanno avuto bisogno finora, di confrontarsi collettivamente con questo aspetto della vita. La morte ha quasi sempre rappresentato un fatto privato e, comunque sempre riservato ad altri, da rinchiudere in una cornice d'ineluttabilità di cui meno se ne parla, meglio è. Ovviamente il tutto derivante da un aumentato benessere materiale, un progresso scientifico e tecnico che ha rafforzato in ognuno di noi il convincimento di invulnerabilità e di eternità.
L' attuale pandemia, perché è da questa che discende questa riflessione, ci rimette volenti o nolenti di fronte lo specchio delle nostre debolezze, paure e anche, responsabilità. Ci sta sbattendo brutalmente in faccia che basta una infinitesimale particella di materiale organico per far crollare tutte le certezze e mettere a nudo tutte le fragilità del nostro essere umani. Si è costretti forzatamente a confrontarci con tutto ciò che si è sempre cercato di allontanare con fastidio dal nostro orizzonte personale e collettivo. Tanto era malato, era vecchio, era destino. Tutte le banalità e frasi fatte usate fino ad oggi sull'argomento, dimostrano tutta la loro inadeguatezza, nel momento in cui si raggiunge la coscienza che la vita di ognuno è legata ad un imponderabile e sottile filo di casualità e non solo al potere, alle capacità o all'età. Da sempre si affronta la questione esorcizzandola con battute, scongiuri o ignorandola fino a quando, in maniera improvvisa non tocca, indirettamente, anche te come un'ondata di piena e ti mette in isolamento coatto. Ti costringe a confrontarti con quelli che non sono più solo numeri lontani o statistiche percentuali. Sono vite, persone, affetti, memorie spazzate via improvvisamente da un nuovo subdolo e apparentemente imbattibile nemico. Per sfuggirgli devi isolarti devi, forzatamente, rinchiuderti in te stesso.
E, se non sarai travolto dalla smania alimentare, tipica di questi giorni, ti ritroverai a riflettere più del normale, indirizzando i tuoi pensieri soprattutto verso qualcosa cui per scaramanzia, abitudine o semplice distrazione, difficilmente finora avevi fatto.
Questa pandemia ha riportato il fine vita, volenti o nolenti, al centro dell'attenzione, ricordandoci, anche brutalmente, quanto essa debba essere considerato con una valenza e un significato almeno pari a quello della nascita e del resto della vita.
Le innumerevoli morti di questi giorni lungi dal poter essere considerate una "livella", dimostrano quanto lontano e quanta indifferenza ci abbiano portato alcune visioni e molte delle droghe del cosiddetto benessere consumista.
Quale sarebbe allora l'eventuale morale della questione? Ritorno al passato? No, certo che no! Ma pensare ad una società solidale in cui il singolo non sia costretto a consumare una vita in competizione e magari morire, poi, da solo. Questo si può e si dovrebbe fare.

MIZIO


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