venerdì 24 aprile 2020

PANDEMIA - PANDETUA


CORONAVIRUS, PANDEMIA DI EGOISMO ED IGNORANZA. A chi la tocca, la ...


In questi giorni di lunga “prigionia” forzatamente ci si dedica di più ad aspetti e interessi, se vogliamo secondari, rispetto quelli che abitualmente si coltivano.
Si sperimentano anche forme di pensiero più spontanee e anarchiche del solito, lasciandole libere di avventurarsi anche su sentieri tanto tortuosi quanto però, affascinanti. Inoltre questa pandemia sembra aver esaltato alla massima potenza tutte le visioni, reali, verosimili, fantasiose, complottiste, esoteriche che hai frequentato più o meno direttamente e più o meno condividendone lo spirito.
Quindi ci si avventura in riflessioni che, normalmente, pur essendo già tue, non si dedica loro. alcuna attenzione.
Quindi ritorniamo al concetto di trinità e della sacralità derivante del numero tre, già analizzata in altre occasioni. Cosa che non è appannaggio della sola visione cristiana, anzi affonda le sue radici in  culture e visioni sia religiose che filosofiche diverse o, per guardare anche più vicino a noi, alla moderna psicanalisi. La suddivisione una e trina della visione spirituale, corpo, anima, spirito trova una naturale corrispondenza nella triplicità istinto, intelligenza, coscienza della moderna e più condivisibile scienza.
Come direbbe qualcuno verrebbe da pensare giustamente:”Ma che c'azzecca?”
C'azzecca, perchè questa pandemia, evento epocale e quasi unico nelle vita e nella recente storia dell'umanità, ha liberato e reso, se non accettabili e comprensibili, almeno degni di attenzione dubbi e interpretazioni più o meno fantasiosi. Tutti aspetti che trovano, poi, fertile terreno di diffusione e crescita nella debolezza figlia della paura. O quanto sia deresponsabilizzante l'ingenua, ma consolatoria sensazione, di essere nelle mani di oscuri manovratori del nostro destino sia personale che collettivo. D'altra parte, storicamente, pur di non ammettere la propria condizione di congenita debolezza e precarietà legata al nostro essere umani, in viaggio casuale su questa palletta spersa nello spazio, si preferisce indirizzare strali e responsabilità su altro, meglio se oscuro e mimetizzato abilmente.
Quindi possiamo già cominciare a vedere come, visioni e atteggiamenti, già presenti normalmente, vengano esaltati e coltivati in modo compulsivo privo anche dei normali filtri censori dai più, e in modo speculativo interessato da parte di altri.
Prego chi abbia voglia di continuare a leggere di non provare eccessivo stupore, né di coltivare dubbi sulla sanità mentale del sottoscritto pur avendo, legittimamente, tutta la libertà di pensare che siano solo fesserie. Cercheremo di camminare come novelli Dante e senza alcun Virgilio, in equilibrio sulla stretta cengia che ci divide dalle perigliose e dolorose esperienze delle anime del Purgatorio. Cercando di non inibirci la possibilità,anche di leggere, ascoltare e condividere riflessioni, punti di vista che, anche se frutto di fantasie esasperate,possano rappresentare comunque, un qualcosa degno d'attenzione se non altro perchè totalmente disconnessi da interessi di alcun tipo.
La nostra vita sociale da sempre è inquadrata e codificata in una visione condivisa dell'esistente. Dalle verità scientifiche, alle narrazioni storiche per finire alle regole morali e all'etica. Partendo da queste basi il singolo e le comunità si rapportano tra loro dando vita alle varie organizzazioni sociali, politiche, religiose ecc. che conosciamo. Sulla giustizia, libertà o composizioni di tali aspetti condivisi, si polarizzano, conseguentemente, le varie forme di pensiero tese ad aggiudicarsi la fetta più grande di potere, ricchezza e visibilità possibile.
Detta questa prima banalità aggiungiamone un'altra. L'avventura della vita, pur essendo costretta e forzatamente all'interno di regole collettive imposte, rimane sempre e comunque un' esperienza assolutamente personale, non condivisibile e non comprensibile se non sommariamente da nessun altro per quanto simile o anche empaticamente, legato.
Da questa banale considerazione nasce ad esempio il famoso: “Non giudicare”.
Nel caso, si cerchi di giudicare l'atto ma non chi lo compia. Non sapremo mai se nelle stesse identiche condizioni sociali, familiari, culturali noi avremmo agito diversamente. Ovviamente, questo, socialmente non deve e non può essere concepito come una deresponsabilizzazione assoluta, ma per immaginare l'eventuale sanzione o punizione all'interno di una visione che ne preveda il recupero e la relativa comprensione della negatività dell'atto commesso. 
Come si vede spesso, le grandi verità, possono essere di una semplicità disarmante potenzialmente condivise e comprensibili anche da soggettività diverse, ma prive di pregiudizi.
Perciò vediamo che abbiamo stabilito già una prima categoria di lettura. Quella visibile, comunemente accettata e condivisa. Cosa utile, se non necessaria, per la possibilità di concepire la vita sociale di soggetti altrimenti troppo diversi. Ovviamente in questa visione tralascio volutamente, perchè non funzionale a quello che vorrei dire, il giudizio sulla giustizia o meno di tale organizzazione, che attiene ad un altro livello di lettura e ragionamento.
Dobbiamo, quindi, considerare gli altri due livelli di lettura e percezione che sono molto più del primo, legati al vissuto, alle visioni e sensibilità personali.
Uno di questi è legato strettamente al proprio livello intellettivo che, come sappiamo non è uniformemente uguale ma, come le caratteristiche fisiche, diverso per ognuno, unico e indivisibile. Ma come il fisico può essere, però soggetto a cambiamenti evolutivi, compresi, però, in uno spazio più-meno, limitato e riferito sempre al potenziale del singolo e diverso per ognuno.
In genere è in questo spazio che, se solleticato e stimolato nel senso giusto, blandendo l'intelligenza o l'ego degli interessati, si inviano, attecchiscono e crescono i migliori o i peggiori messaggi. Messaggi più o meno interessati della politica, delle religioni, dei potentati o, anche del cosiddetto complottismo, tanto in voga recentemente. Cose che in assenza di un atteggiamento laicamente critico facilmente si possono trasformare in verità incontestabili, che necessitano e spingono ad atteggiamenti di fedeltà cieca e assoluta.
Da qui nascono le necessità, da parte di alcuni, di trasformarsi, e anche con orgogliosa ostentazione, in megafoni viventi e difensori ad oltranza di un'idea o visione. Ruolo che nobilita e gratifica facendo provare un appagante senso di superiorità ed esclusività.. La convinzione di servire una verità (sia pur quasi sempre soggettiva) ci dà un'appagante sensazione di aver trovato  quella posizione nel mondo, cui sentiamo di aver diritto-dovere.
Per ritornare a bomba sulla questione pandemia e fare un esempio leggibile. Avrete notato con quale facilità e con quale convinzione ognuno difenda la propria posizione e quante di queste siano frutto di assoluta fantasia e meno credibili anche delle più astruse convinzioni dei popoli più antichi. Abbiamo visto di tutto, da teorie con basi più o meno scientifiche, ad altre più interessate politicamente ed economicamente o addirittura al complottismo più o meno astruso,al servizio di chissà quale segretissimo piano di conquista del mondo e dell'universo intero.
Il terzo livello è quello che, più di tutti gli altri risulta mimetizzato e nascosto rispondendo, molto più dei precedenti ad una sensibilità assolutamente personale e unica. Talmente unica nella sua originalità da sembrare priva dei normali  filtri cognitivi, facendo appello ad altri intimi codici di giudizio.
Quelli che sono annidati nella parte più profonda e intima del nostro essere. Spirito, coscienza, Es, super io, subconscio, ognuno lo identifica con un nome diverso, ma, sostanzialmente ci si riferisce alla stessa zona del nostro sentire.
Ed è, fondamentalmente, quella con cui raramente, e quasi sempre con disagio,ci troviamo a confrontare il nostro agire pubblico rispetto quello che avremmo sentito più naturalmente nostro.
Ora, a fronte di questa situazione, sembra più che normale che, soprattutto in situazioni estreme come questa pandemia, sentimenti più epidermici come la paura prendano il sopravvento determinando giudizi e atteggiamenti comprensibili ma censurabili. Una minoranza sostanziosa fa dell'esercizio critico e si butta a capofitto nella necessaria opera di conoscenza. Territorio in cui le notizie e le informazioni passano senza un preliminare asettico e dovuto esame, ma rispondendo in via prioritaria, alla propria visione. Comprensibile, in quanto la cosa più complicata è ammettere che, forse, qualcosa del nostro percorso sia da mettere in discussione.
Quelli, purtroppo una minoranza, che riescono consapevolmente o meno, a utilizzare anche il terzo livello e a raggiungere un equilibrio stabile e duraturo dell'intero proprio essere, sono coloroi che sembrano i più (e forse lo sono) equilibrati, i meno coinvolti apparentemente, dagli eventi al punto di dare l'impressione di avere nel disinteresse l'aspetto prevalente del proprio carattere. Cosa, ovviamente, non veritiera ma frutto di una costante ricerca di un equilibrio interiore che, in mezzo a mille dubbi e difficoltà viene però vissuto dagli interessati come un atteggiamento indispensabile e non solo utile. Soprattutto a sé stessi prima che ad altri.
Sarebbero poi, quei soggetti che spesso e involontariamente, vengono presi ad esempio sia negli aspetti positivi, facendone un riferimento anche morale, quanto in negativo per quanto in grado di scuotere le cattive coscienze altrui.
Tutto questo ragionamento per provare a capire, da un punto di vista originale e decentrato, il perchè l'enorme massa di informazioni, soprattutto in questi periodi nodali storici, ci travolga e, favorita dai moderni mezzi informatici passi, quando va bene, al vaglio solo del primo livello e raramente del secondo. Quasi mai si utilizza anche il terzo. Sia per una congenita disabitudine e difficoltà a farne uso, sia per il timore di apparire troppo fuori dal coro con relativo rischio di isolamento sociale.
In ultimo, ma non per rilevanza vorrei ricordare, soprattutto a tutti quelli che ingenuamente e inconsapevolmente si trasformano in spacciatori di fake, di bufale vere e proprie se non addirittura di falsità costruite ad arte per delegittimare l'esistente e spianare la strada a personaggi equivoci, interessati e pericolosi, di provare a sfilarsi dal loro ruolo di Ascari di costoro.
Per questi va bene qualsiasi cosa, politica, religione, complottismo, medicina, economia, l'importante è instillare il virus del dubbio, proponendo visioni e chiavi di lettura che spostano il punto di vista da quello più ovvio, banale ed efficace. Non perchè non ci siano piani o intenzioni subdole e segrete, ma se non usiamo la lettura (che vale sempre) del cui protest, ci allontaniamo da quello che dovrebbe essere il principale impegno personale e collettivo di battersi sempre e comunque per la giustizia, per seguire fantasie o depistaggi inutili e dannosi.
Quindi quando si leggono o si viene a conoscenza di qualcosa, si tenga sempre presente, prima di farle proprie e divulgarle, che raramente, per non dire mai, le informazioni e le grandi verità possono essere divulgate a tutti. Laddove comunque, dovessero arrivare, si avrebbe bisogno dei filtri cognitivi giusti per decodificarli nel modo giusto e, soprattutto per non darli in pasto a chiunque. Il risultato, lo vediamo, è un imbarbarimento progressivo che continuamente contribuiamo ad alimentare più o meno consapevolmente.

MIZIO


domenica 12 aprile 2020

PASQUA DI QUARANTENA



Oltre i doverosi auguri a tutti per una serena Pasqua, per chi ha voglia, lascio alla corrente impetuosa di questo strumento di virtuale condivisione, qualche riflessione che mai, come in questo momento, mi sembrano attuali. La vita, diciamo una banalità, conosce le sue stagioni. Tutte ci appartengono, tutte competono a farne ciò che conosciamo. Di tutte ne conserviamo il ricordo, tranne dell'ultima. La vecchiaia lascia i propri ricordi ad altri, a chi rimane Per quello che sappiamo e per l'organizzazione sociale che ci circonda, ai singoli protagonisti non rimane nulla. Certo ci sono credenze, religioni, speranze che ci dicono altro, ma sono tutti convincimenti legati ad atti di fede o visioni personali non trasmettibili e non certificabili.
Rispetto questo argomento, vabbè chiamiamolo col suo nome, la morte, le generazioni che ci hanno preceduto avevano un rapporto diverso, diretto e quasi confidenziale, sia per il tipo di vita racchiuso quasi esclusivamente in un nucleo familiare allargato, in cui le generazioni convivendo si succedevano naturalmente sia, ovviamente, per la maggiore facilità con cui si moriva. Malattie, guerre, incidenti, fame, scarsa igiene o addirittura di parto erano solo alcune delle mille occasioni in cui si poteva morire molto più facilmente. Le nostre generazioni, parlo di quelle dei settantenni, più o meno e successive, sono le prime e uniche generazioni che, a memoria d'uomo, non hanno avuto bisogno finora, di confrontarsi collettivamente con questo aspetto della vita. La morte ha quasi sempre rappresentato un fatto privato e, comunque sempre riservato ad altri, da rinchiudere in una cornice d'ineluttabilità di cui meno se ne parla, meglio è. Ovviamente il tutto derivante da un aumentato benessere materiale, un progresso scientifico e tecnico che ha rafforzato in ognuno di noi il convincimento di invulnerabilità e di eternità.
L' attuale pandemia, perché è da questa che discende questa riflessione, ci rimette volenti o nolenti di fronte lo specchio delle nostre debolezze, paure e anche, responsabilità. Ci sta sbattendo brutalmente in faccia che basta una infinitesimale particella di materiale organico per far crollare tutte le certezze e mettere a nudo tutte le fragilità del nostro essere umani. Si è costretti forzatamente a confrontarci con tutto ciò che si è sempre cercato di allontanare con fastidio dal nostro orizzonte personale e collettivo. Tanto era malato, era vecchio, era destino. Tutte le banalità e frasi fatte usate fino ad oggi sull'argomento, dimostrano tutta la loro inadeguatezza, nel momento in cui si raggiunge la coscienza che la vita di ognuno è legata ad un imponderabile e sottile filo di casualità e non solo al potere, alle capacità o all'età. Da sempre si affronta la questione esorcizzandola con battute, scongiuri o ignorandola fino a quando, in maniera improvvisa non tocca, indirettamente, anche te come un'ondata di piena e ti mette in isolamento coatto. Ti costringe a confrontarti con quelli che non sono più solo numeri lontani o statistiche percentuali. Sono vite, persone, affetti, memorie spazzate via improvvisamente da un nuovo subdolo e apparentemente imbattibile nemico. Per sfuggirgli devi isolarti devi, forzatamente, rinchiuderti in te stesso.
E, se non sarai travolto dalla smania alimentare, tipica di questi giorni, ti ritroverai a riflettere più del normale, indirizzando i tuoi pensieri soprattutto verso qualcosa cui per scaramanzia, abitudine o semplice distrazione, difficilmente finora avevi fatto.
Questa pandemia ha riportato il fine vita, volenti o nolenti, al centro dell'attenzione, ricordandoci, anche brutalmente, quanto essa debba essere considerato con una valenza e un significato almeno pari a quello della nascita e del resto della vita.
Le innumerevoli morti di questi giorni lungi dal poter essere considerate una "livella", dimostrano quanto lontano e quanta indifferenza ci abbiano portato alcune visioni e molte delle droghe del cosiddetto benessere consumista.
Quale sarebbe allora l'eventuale morale della questione? Ritorno al passato? No, certo che no! Ma pensare ad una società solidale in cui il singolo non sia costretto a consumare una vita in competizione e magari morire, poi, da solo. Questo si può e si dovrebbe fare.

MIZIO