martedì 30 giugno 2020

INCONTRI

Ci sono più cose tra gli spazi bianchi fra le righe che nelle parole scritte.




Ormai, sono tanti anni fa quando decisi di ripetere un'esperienza già fatta altre volte. Andare a pesca nel fiume Sangro, in pieno Parco Nazionale d'Abruzzo, ovviamente con i permessi previsti e limitatamente alla porzione di fiume in cui era possibile farlo, con il ferreo rispetto delle regole previste. A differenza delle altre volte, però decisi di andarci da solo e la pesca, alla fine era solo una scusa, soprattutto con me stesso. La realtà è che avevo bisogno di stare un po' da solo. Solo e immerso in un ambiente, che mi stava diventando abbastanza familiare, e che riservava sempre sorprese, ma soprattutto, permetteva il raggiungimento di uno stato d'animo, non so se equiparabile alla pace interiore, ma sicuramente estremamente gradevole. Stato d'animo di cui, a volte, si sente un estremo bisogno.
Partenza ovviamente, la mattina che era ancora buio, arrivo all'ufficio del Parco dopo un paio d'ore ma era ancora chiuso quindi, gradevole seconda colazione, quasi obbligatoria, in un bar appena aperto. Tutto era come lo ricordavo e come sarebbe dovuto essere. Un paesino di montagna, si sveglia presto, forse ancor più presto che in città, ma in modo totalmente diverso. Con calma, con discrezione. Verrebbe da dire, quasi con rispetto. Senza quella frenesia tipica della grande città. C'è il tempo per i saluti, per una carezza al cane che scodinzola, per guardare il fiume che scorre vivace sotto la strada e il cui gorgogliante scorrere fa da perenne colonna sonora. Il tempo di fare il permesso, indossare stivali, prendere lo stretto indispensabile e scendere giù sulle rive del fiume. Visti i limiti giustamente imposti dal regolamento, da quel punto potevo solo risalirlo per il breve tratto, forse poco più di un km, e poi, eventualmente ridiscenderlo. Mi immersi nel rumoroso silenzio del fiume che, allontanandosi dal paese, si trovava a scorrere in mezzo a boschi. Nel suo scorrere faceva risaltare quella ,casuale e precaria quanto si vuole, equilibrata armonia di suoni, colori e sfumature d'infinito.
Le piccole, guizzanti trotelle fario, tipiche del corso d'acqua non mancarono di mostrare il loro gradimento all'esca artificiale usata mostrandosi nei loro splendidi colori. Ero da solo, non intendevo mangiarle, quindi ritornavano tutte guizzanti nel loro liquido elemento naturale ma, ovviamente, con la raccomandazione di essere più attente la prossima volta.
Il periodo era di tipica primavera avanzata che a quell'altezza (1000 m circa) risultava essere quel periodo dell'anno in cui la natura si veste a festa col suo abito migliore. Impossibile resistere e essere indifferente alla sua bellezza, per cui la risalita di quel tratto di fiume fu dedicata più all'osservazione e alla meraviglia che alla pesca vera e propria. Fiori, piante, uccelli di ripa, natrici, insetti, farfalle. Ogni particolare era cosa degna di una sosta e di un attimo di rispettoso stupore. Non c'erano gli attuali smartphone, quindi quei momenti potevano e dovevano essere vissuti intensamente solo in quell'attimo, per poterne poi, serbarli nella memoria e nell'anima più a lungo possibile.
Ma come tutte le cose, anche quelle più piacevoli hanno una loro conclusone. Arrivai al punto limite oltre il quale non si poteva più pescare, che era il primo pomeriggio.
La fame cominciava a farsi sentire quindi, seduto comodamente al sole sulla riva del fiume, consumai i panini preparati la sera prima, mandandoli giù con l'acqua fresca che avevo preso nel fontanile del paese.
Mi guardai intorno e, tutto sommato, visto che era ancora presto e avevo, ormai soddisfatto la voglia di pescare, decisi di non tornare indietro per la stessa via acquatica. Per quel giorno avevo già disturbato abbastanza il fiume e i suoi legittimi abitanti. La zona la conoscevo, dato il periodo non c'era quasi nessuno e scelsi allora di effettuare un giro più lungo per ritornare al paese. Passando per quei luoghi che nel passato mi avevano visto scorazzare tra ruscelli e boschi insieme agli amici di sempre. Considerate che in quegli anni ancora non c'erano tutte le regole e le giuste limitazioni che ci sono state successivamente, quando il turismo ambientalista è diventato fenomeno di massa e fu necessario regolamentarlo. Quindi mi avviai per un sentiero che saliva dolcemente fino alla base del gruppo montuoso dove avrei preso l'altro che, con qualche saliscendi, mi avrebbe riportato in paese seppur dalla parte opposta rispetto a quella della mattina.
Mentre salivo, l'acqua fresca bevuta poco prima, fece sentire i suoi naturali effetti secondari. Per cui mi fermai e, per evitare eventuali ma possibili imbarazzi, cercai un angolo discreto e non in vista dal sentiero che potesse degnamente assolvere alla necessaria discrezione richiesta. Un piccolo avvallamento con una serie di cespugli rigogliosi si prestava magnificamente alla bisogna. C'era solo da scendere un pochino e fare un piccolo saltello.
Così feci e, nel momento stesso in cui atterrai facendo un po' di rumore, molto più rumore venne dalla mia sinistra. Da un cespuglio a pochi metri notai una massa scura di rispettevoli dimensioni che alzandosi in piedi emise un grugnito un po' strozzato e scappò nella direzione opposta alla mia. Ovviamente rimasi impietrito, non capendo subito, cosa fosse successo. Vedendolo allontanarsi anche se per pochissimi secondi, mi resi conto di aver incontrato, anzi disturbato, il più raro e prezioso abitante di quei luoghi. Un orso bruno marsicano sorpreso, impaurito e sicuramente infastidito giustamente dalla mia presenza. Magari mentre era impegnato a frugare tra i cespugli n cerca di bacche e frutti o, magari semplicemente stava per fatti suoi a casa sua. Inutile dire che se lui si era spaventato figuratevi io che dalla forte emozione (paura?), improvvisamente, non avvertivo nemmeno più alcun bisogno impellente. La sorte volle che lui si fosse avviato verso valle e io dovevo andare, invece, in direzione opposta. Perchè è vero che quell'incontro me lo auguravo da anni ma, essere da soli in sua compagnia e a distanza ravvicinata, sinceramente mi sembrava poco prudente e opportuno per entrambi.
Riprendendo a camminare, la visione di quel fulmineo e improvviso incontro mi fece compagnia sostituendo qualsiasi altro pensiero e distraendomi pure dalle bellezze circostanti, pur notevoli. Cercavo di ripassarne mentalmente i particolari anche i più minuti e insignificanti. Mi rimproveravo di non aver guardato con attenzione al cespuglio e nei suoi immediati pressi, per capire di più sul motivo della presenza proprio in quel posto. Ma erano pensieri sovrastati, comunque, dal piacere, ancora incredulo, di aver vissuto quel momento e poterlo raccontare. Arrivai nel punto in cui avrei dovuto prendere l'altro sentiero che mi avrebbe riportato in paese e per farlo avrei dovuto percorrere un tratto di strada asfaltata. Mentre la percorrevo vidi avvicinarsi un cane che traversava la strada stessa in senso obliquo. Non mi allarmai o sorpresi più di tanto. Il randagismo era, ed è ancora purtroppo, fenomeno frequente e comunque era uno solo. Se avesse avuto cattive intenzioni l'avrei potuto controllare facilmente . Non era neanche troppo grosso. Si non è grosso ma neanche piccolo e mi pare, non vorrei sbagliarmi. E no, cavolo! Quello che a distanza sembrava un cane, avvicinandosi, fermandosi un attimo a guardarmi distratto, no non potevo sbagliare era proprio lui, un lupo. A differenza dell'incontro con l'orso ho avuto tempo e modo di guardarlo con calma mentre sdegnosamente mi ignorava allontanandosi senza fretta dalla strada senza neanche voltarsi a guardare se mi fossi mosso verso di lui. Evidentemente mi considerava alla stessa stregua di come l'avevo considerato all'inizio io. Non pericoloso e decisamente alla sua portata se avessi fatto un qualsiasi tentativo di essere aggressivo o fastidioso.
Se la prima visione era stata semplicemente una sorpresa, enormemente piacevole, adesso era addirittura un cosa impensabile e statisticamente quasi impossibile. Un orso e un lupo, fino a quel momento visti solo nello zoo di Pescasseroli. I due re indiscussi delle montagne abruzzesi. Due tra i più elusivi, rari e preziosi animali dei nostri boschi mi si sono consegnati alla visione senza trappole, senza estenuanti ricerche e, praticamente senza condizioni. Per loro non avrà significato nulla più di un fastidio equiparabile a quello di un moscerino. Invece in me hanno lasciato un'impronta talmente profonda che, a distanza di decenni ancora ne rivivo l'emozione del momento. Anche perchè, nonostante, altri tentativi, non sono mai più riuscito a ripetere l'esperienza. Nè in quel posto né in altri luoghi. L'unica cosa vagamente assimilabile è aver sentito, un'unica volta, l'ululato di un lupo.
Inutile dirvi che l'ultimo tratto per tornare al paese e alla macchina fu percorso rapidamente perdendo qualsiasi altro interesse. Cosa di cui mi sarei dovuto anche scusare con Madre Natura. Ma talmente forti erano state le emozioni degli incontri di quel pomeriggio da non avere, forse, altro spazio negli occhi e nell'anima per ulteriori bellezze pur presenti in gran numero da quelle parti.
Perchè ho ritenuto di raccontare ciò? Intanto perchè, come detto sopra, è stata un'esperienza e una giornata talmente particolare, da sentire quasi il dovere di renderla fruibile, se non altro con la fantasia, anche da altri.
La seconda e forse più importante motivazione è quella di raccontare, in questo periodo in cui si parla di caccia agli orsi e ai lupi, quanto possa essere molto più appagante e soddisfacente l'incontro, anche casuale con questi animali. Incontri in cui dovrebbe prevalere il rispetto, la curiosità ma non la paura e, tantomeno, sentimenti di criminale vendetta. Come, invece purtroppo, avviene sempre più frequentemente nei loro riguardi. Io invece, non finirò mai di ringraziarli per l'onore, il piacere e il privilegio che mi hanno concesso. Sperando sempre che prima o poi si possa ripetere.

MIZIO