giovedì 28 settembre 2023

In passato avevo scritto di momenti di silenzio necessari e di frammenti di utopia altrettanto necessari. Oggi sempre nel solco di una riflessione più generale non legata a momenti o situazioni specifiche, cerco di approfondire il concetto. Cosa vuol dire, in pratica, oggi inseguire l'utopia? Significa forse riannodare i fili spezzati con un passato che, al contrario di oggi, faceva intravedere luminose prospettive? Certo, ma non solo e non prevalentemente. Non solo perchè altri e troppi sono i soggetti, poco o nulla coinvolti o affascinati da un'operazione nostalgia. Operazione relativa a fatti e accadimenti spesso vissuti, al massimo, come elementi storici non dissimili da tanti altri studiati (poco e male) a scuola. Ma soprattutto perchè difficilmente inquadrabili in una lettura manichea e banalizzata delle problematiche attuali. Tantomeno possono affascinare le politiche e le posizioni tanto care ai cultori della realpolitik o dell'altrettanto anestetizzante politically correct. Logiche che hanno fatto letteralmente terra bruciata di ogni elemento utopico, sterilizzando il dibattito e le prospettive in un disegno dai confini castranti e limitati che ha aumentato differenze, conflitti sociali e paure. Quindi sgomberiamo il campo, pur non dimenticandolo o accantonandolo, da visioni che si rifanno a un mondo che non c'è più e ragionevolmente non ci sarà neanche nel prossimo futuro. Il conflitto capitale lavoro è sempre d'attualità anzi, per certi versi in maniera ancor più netta e brutale. Ma oggi, si inserisce in una frammentazione di sensibilità dovute alla mancanza di un tessuto connettivo idoneo, in cui non sono presenti solo il buono e il cattivo. Ma soprattutto, il cui punto d'osservazione va obbligatoriamente spostato a un livello superiore e sovranazionale. In un certo senso rispolverare il vecchio “Proletari di tutto il mondo unitevi” anche se in forma 2.0. Perchè sovranazionali e trasversale sono gli interessi in gioco sia economici che di strategia relativa. L'idea di rinchiudersi in un'ottica locale, seppur attrattiva, non sarebbe in grado di spostare quasi nulla, se non inserita in una visione più complessiva, che tenga conto non solo del bianco e nero di cui sopra , ma anche di tutte le sfumature di grigio comprese fra loro. I cambiamenti climatici, ad esempio, ci esporranno sempre più a fenomeni di migrazione per miseria e fame, oltre ai sempre più frequenti fenomeni estremi e disastrosi sul nostro territorio. La desertificazione dell'Africa e di parte dei paesi mediterranei, non è stata certo fermata prima dai decreti Minniti o Salvini. Tantomeno lo sarà dall'attivismo più mediatico che sostanziale della Meloni o di qualsiasi altro soggetto. Azioni buone al massimo, per limitare i flussi nell'immediato. A questo non si possono non aggiungere i devastanti effetti della robotizzazione, dell'Intelligenza artificiale che ci proietteranno rapidamente e nella cosiddetta industria 4.0, prossima ventura. Cosa che creerà, presumibilmente, milioni di nuovi poveri anche tra quelle classi sociali che finora erano state appena sfiorate dalla crisi. Aspetto che le classiche letture e ricette non saranno certo sufficienti a interpretare e a dare risposte. L'affacciarsi di paesi, fino ad oggi ai margini dell'economia mondiale e che a grandi balzi si stanno riappropriando di ricchezze e risorse finora limitate ai soli paesi avanzati, fa presagire scenari inquietanti non solo in termini economici, ma di utilizzo e gestione di quei beni che diventeranno sempre più rari e preziosi. Gli USA lo stanno capendo prima di altri e, grazie alla guerra in Ucraina (non entro nel merito delle responsabilità), stano usando la debole e prona Unione Europea come serbatoio di risorse da cui drenare ricchezza e su cui scaricarne i costi. Pare ci sia, da parte dei paesi europei, una cecità genetica a calcolare i rischi derivanti dal nuovo scacchiere mondiale che si va a prospettare. I paesi BRICS, volenti o nolenti saranno sempre più presenti e decisivi negli equilibri futuri. Rimanere arroccati a difesa del signorotto rinchiuso nel suo castello (USA), quando l'evoluzione dei processi appare di facile lettura e' scelta stupidamente suicida. Quindi se è vero che la causa prima dei problemi, fondamentalmente sia sempre la stessa, cioè lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo, in nome del profitto e del potere, da sola non è più sufficiente nel cercare e proporre soluzioni. Sarà necessario, soprattutto a sinistra avventurarsi in campi probabilmente anche inesplorati e nuovi, correndo il rischio di incappare anche in errori, incomprensioni e rischiando anche di pestare qualche sensibilità poco incline ai cambiamenti. Coscienti che, per muoversi nel nuovo mondo prossimo futuro sia necessaria sia la vecchia mappa cartacea che il nuovo navigatore satellitare. Tornando rapidamente a noi e all'immediato, se ci si rinchiudesse nel classico recinto identitario o se si scegliesse di riproporre il giochino e schema dell'accordo "necessario" contro le destre o altro ci si condannerebbe all' inconsistenza e fondamentalmente, all'inutilità della nostra presenza. Le utopie si coltivano e crescono certamente nel coraggio e nella coerenza delle scelte, molto meno nelle acrobazie dialettiche o nel rifiuto del cambiamento necessario. Cambiamento, tra l'altro, che non può limitarsi ad essere tale, purchessia, ma che deve essere prospetticamente e significativamente migliorativo della vita degli esseri umani (e non solo).