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martedì 10 ottobre 2023
COMUNITA'...MA DE CHE?
In relazione ad ogni avvenimento più o meno grave che accade in qualche parte del mondo nelle dichiarazioni sia dei media, che dei politici si fa un costante riferimento alla cosiddetta Comunità Internazionale. Una Comunità che, a seconda delle circostanze, condanna, solidarizza o appoggia Tizio o Caio. Ma tradotto in soldoni chi e cosa è questa Comunità Internazionale?
Logica vorrebbe che tale entità sia rappresentata dal consesso internazionale più ampio possibile che si conosca, l'ONU. E che, conseguentemente, sia l'opinione espressa da tale istituzione o perlomeno, dalla maggioranza dei partecipanti. Però, leggendo anche molto superficialmente le notizie in merito, veniamo a scoprire che la stragrande maggioranza delle risoluzioni ONU approvate, sono rimaste lettera morta. Non hanno quasi mai, minimamente rappresentato un vincolo tale da condizionare o risolvere le questioni in oggetto. E pensiamo, tanto per non fare nomi e rimanere alla cronaca, alla questione palestinese e anche alla guerra in Ucraina.
All'ONU sono state votate risoluzioni, anche a grande maggioranza, esattamente contrarie e contrastanti con quelle che ci raccontano, espresse dalla Comunità Internazionale.
Quindi appare chiaro che la cosiddetta comunità è un concetto veicolato e valevole solo in alcuni paesi e porzioni del pianeta. Concetto che risale ad una presunzione di superiorità che, se già molto discutibile nei secoli scorsi, oggi appare totalmente fuori da ogni contesto e logica. Sembrano questioni di lana caprina, a fronte dei drammi e delle tragedie odierne. Ma è proprio dalla sottovalutazione dei linguaggi e dai messaggi meno esibiti, che passano i condizionamenti e e le distorsioni nelle letture degli accadimenti. Le stesse distorsioni e condizionamenti che i poteri, in ogni angolo del mondo, hanno sempre usato per distrarre e tenere divisi e sfruttabili interi popoli.
MIZIO
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domenica 16 luglio 2023
I PINI DI ROMA
I pini di Roma stanno morendo. Alcuni si seccano, altri collassano e si trasformano addirittura in un pericolo. Colpa di parassiti figli indesiderati della globalizzazione e dei cambiamenti climatici, ma anche di incuria, superficialità e ignoranza. Inutile indicare chi è più responsabile di chi. Tutti più o meno lo siamo stati, lo siamo e lo saremo, se non altro per il silenzio e il disinteresse complice. E questo non è neanche un aspetto che rappresenti chissà quale elemento di sorpresa e novità. Ormai siamo tutti compresi nelle nostre bolle esistenziali individuali. Convinti che tutto ciò che accade fuori di queste sia elemento che non ci riguardi o comunque, con una sua impossibilità a intervenire. Compreso quel legame storico, sociale, viscerale, esaltato retoricamente e apparentemente incrollabile con la propria città. Con le sue origine, la sua storia e i suoi simboli. E, tra questi, il pino (Pinus pinea) credo possa rientrarci a pieno titolo per chiunque sia nato, vissuto o semplicemente passato a Roma.
Il mio personale rapporto con i pini risale all' infanzia e alle pasquette trascorse nella pineta all'Appio Claudio. Accanto agli archi monumentali degli acquedotti. Pini oggi praticamente scomparsi e sostituiti da piccole piante che avranno bisogno di decenni per ricreare l'antica fascinosa atmosfera. Non posso dimenticare poi, un posticino, sempre da quelle parti, che chiamavamo tre pini. Nome decisamente poco originale visto che riguardava proprio la presenza di tre alberi di quel tipo. Alberi sotto o sopra i quali, passavamo alcuni dei noiosi pomeriggi estivi. Mi hanno poi accompagnato, facendo da silenzioso sfondo, alla scoperta progressiva della città nella sua interezza. Cosa non facile e non scontata in quei tempi per ragazzini dell'estrema periferia. Da quelli presenti nelle grandi ville, a quelli che fiancheggiano ancora, alcune grandi arterie stradali, o che circondavano, ad esempio la zona del Foro Italico e lo stadio Olimpico. Ovunque si andasse, ovunque si ponesse lo sguardo ci sono sempre stati pochi o tanti pini a fare da quinta teatrale o, più semplicemente da cornice. E come dimenticare, appena fuori la città, quelli della pineta di Castel Fusano. dove, Tappa obbligata dopo qualsiasi mattinata al mare sulle spiagge libere di Ostia (anche queste ormai solo un ricordo). Ci si spostava per consumare il pranzo e per la classica pennichella pomeridiana degli adulti, sotto le loro chiome.
Ma dove il mio personalissimo rapporto affettivo e confidenziale con i pini, raggiunse il top fu quando, nella nuova casa, del nuovo quartiere popolare in cui ci si trasferì, ne avevo alcuni praticamente sotto casa. Con le chiome e i rami che potevo addirittura sfiorare con le mani affacciandomi semplicemente al balcone. Dallo stesso balcone da cui, osservatore privilegiato, muovevo i primi passi in quella che è poi diventata, una passione che mi accompagna tutt'ora. Tra le loro chiome potevo osservare i comuni merli e passeri, spesso anche cince, codibugnoli e, più raramente anche qualche upupa o picchio. Di notte sui loro rami erano di casa le civette e, a volte, qualche allocco di passaggio.
Non potrei terminare questa esposizione del personale legame sentimentale con i pini, senza accennare anche ad un aspetto ludico-gastronomico. Durante l'estate ovunque ci trovassimo e qualsiasi fosse il motivo per cui fossimo in quel posto, bastava l loro presenza e la raccolta dei pinoli diventava un obbligo imperativo. Pochi se in un luogo casuale e frequentato. Tanti se cercati con intenzione e nei posti giusti. Con grida di giubilo e soddisfazione goduriosa quando se ne trovavano intere pigne aperte e piene. Bastava poi un sasso delle giuste dimensioni per assaporarne il gusto, praticamente subito. O portarli a casa per trasformarli in quella che chiamavamo la pignolata. Praticamente frittelle di caramello e pinoli. Bombette energetiche, forse non equilibratissime per i salutisti odierni, ma che, merendine scansatevi proprio.
Non posso neanche dimenticare che, in anni successivi, questo aspetto divenne più difficoltoso a causa dell' interesse economico che pigne e pinoli potevano rappresentare per i primi esuli dell' Est europeo. Persone che con la loro raccolta sistematica fatta direttamente sugli alberi, anche in giardini privati, prima che le pigne potessero cadere a terra, racimolavano qualche euro dalla loro vendita.
Questo rapido, ma significativo excursus sul mio personale rapporto, ma comune a tanti altri, con i pini è comunque esplicativo della loro importanza, oltre che naturalistica, paesaggistica, culturale anche emotiva e sentimentale.
“Quando il Colosseo cadrà, cadrà anche Roma...” senza arrivare a tali livelli di catastrofismo credo però, che anche quando l'ultimo pino romano cadrà, saranno caduti e persi per sempre tanti di quegli aspetti che fanno di questa città bella e dannata un unicum mondiale. Salvare i pini è un pò salvare anche Roma.
E i romani oltre che dannarsi per il traffico e i rifiuti per strada, qualche volta provino ad alzare lo sguardo e a immaginare quanto sarebbe triste e spoglia la città senza lo sfondo familiare ed eterno dei pini. E provino a riappropriarsene e difenderla da speculazione, disinteresse, ignoranza e incapacità, Roma e i suoi pini possono salvarsi. Basta volerlo.
MIZIO
giovedì 15 aprile 2021
LA VITA E' UN MISTERO, LA MORTE NON SEMPRE
L'altro giorno mi sono vaccinato e quindi credo di poter tranquillamente non essere considerato complottista o negazionista, anzi. Però, bypassando tutto quello che riguarda il come dove e perchè del virus, e della conseguente pandemia, argomenti su cui invidio le certezze granitiche di molti, appartenenti e schierati in campi anche diversi, alcune riflessioni sembrano, però doverose.
Perchè, ad esempio, dopo oltre un anno, a differenza di altri paesi simili, il numero dei decessi, da noi sia ancora inspiegabilmente e intollerabilmente troppo alto, sia in termini assoluti che percentuali?
Credo sia legittimo, se non obbligatorio, da parte di chi ha responsabilità in materia, porsi delle domande e cominciare anche pensare se l'approccio, con cui ci si è confrontati con la pandemia finora, sia stato e sia ancora quello più idoneo. Visti i risultati si comincia legittimamente a dubitare che lo sia.
Escludendo, al momento, quelle visioni utopiche e romantiche tra movimento hippy e new age, anche fascinose e potenzialmente valide, ma decisamente necessitanti di tempi storici lunghi per la loro permeabilità e presa di coscienza collettiva, rimane il lavorare se e come cambiare approccio. Cambiamento necessario per poter, almeno, ridurre nell'immediato, l'impatto più grave e pesante.
Detto che, attualmente, solo la vaccinazione di massa, pur se tra legittimi dubbi e timori, sembra essere in grado di tirarci fuori, in tempi ragionevolmente brevi dalla fase critica , non può, però la sua risoluzione definitiva essere affidata solo a questa opzione. Visto che, tra l'altro,a fronte delle numerose varianti del virus potrebbe risultare meno efficace delle aspettative.
Quindi, se all'inizio, a fronte di una situazione nuova e di un nemico al momento sconosciuto, ci si è mossi tra mille comprensibili tentativi emergenziali, dopo oltre un anno risulta inconcepibile che l'unico, o quasi, approccio con il virus sia rimasto quello, dimostratosi inefficace, della tachipirina e della vigile attesa. Attesa che, troppo spesso, si trasforma poi in ricovero in intensiva e successiva potenziale evoluzione nefasta. Si è colpevolmente, tolto alla medicina di prossimità (medici di base) la possibilità di autonomia e libertà di cura costringendo alla passività (che a molti non è dispiaciuta)e al rigido rispetto del protocollo. Tutto questo, nonostante, nel tempo, ci siano per fortuna e sempre più, esempi di approcci terapeutici tempestivi e diversi che portano ad abbattere enormemente il ricorso all'ospedalizzazione e i conseguenti minori decessi. E, non vogliamo, in questo ambito, considerare il benefico effetto sulle strutture ospedaliere e sulle altre patologie, attualmente meno “attenzionate” dal sistema sanitario (E' di oggi la notizia che nel Lazio sono sospesi tutti gli interventi non urgenti).
Col nuovo governo, da questo punto di vista sembra non essere cambiato molto. E' cambiato il responsabile della gestione logistica più per questioni di opportunità (viste le ombre su alcune operazioni) che di cambio di passo vero e proprio.
Il ministro è rimasto lo stesso e questo sembra confermare un giudizio, tutto sommato, positivo sulla gestione precedente. D'altra parte, riconosciamo che il ministro si è trovato calato all'improvviso, da uno stato di orgoglioso autocompiacimento per far parte di un governo, al doversi assumere responsabilità in una crisi epocale che mai, avrebbe pensato di dover affrontare neanche nei suoi peggiori incubi.
Adesso però, dopo oltre un anno e con evidenze non smentibili che alcune cose siano state affrontate in modo errato, credo ci si debba assumere anche la responsabilità politica di mettere alle strette le risultanze delle certezze, che tali finora, non sono sembrate, dell'ISS e dei vari comitati tecnici.
Nuovi protocolli più efficaci sono già attuati quotidianamente e con successo, da medici coraggiosi, responsabili disponibili e aperti. Medici, è bene prcisarlo, non negazionisti, non complottisti o no-vax.
Per fortuna alcune regioni, autonomamente, cominciano a riconoscere la validità di tale approccio diverso e, non sarebbe male che anche il governo, nella sua interezza, si assumesse la responsabilità, se non altro, di sperimentarne la validità. Certo, per fare questo non c'è bisogno di effetti spot, ma di un'organizzazione della sanità pubblica che riscopra la sua funzione di prevenzione e cura capillare sul territorio. A cominciare dal mettere effettivamente e finalmente in piedi le USCA che, con assunzioni e fondi mirati, permettano di avere una rete diffusa di assistenza domiciliare dei malati di Covid.
Per concludere, possiamo tranquillamente affermare che, a fronte delle cifre, forse non tutto è stato indovinato e fatto nel migliore dei modi. Diciamo che se possiamo riconoscere delle attenuanti, vista l'eccezionalità della situazione, quello che però, non si può e non si deve fare, è la sottovalutazione o mistificazione degli errori e il loro perpetuarsi per non smentirsi o riconoscere i limiti e gli errori commessi anche a livello politico, oltre che tecnico.
Perchè, parliamoci chiaro, questa pandemia e i morti, hanno messo prima di tutto in crisi il modello di sanità pubblica, visto sempre più non come servizio ma come azienda con dolorosi tagli epocali. Azienda messa in concorrenza diretta con quella privata che, al contrario, è finanziata sempre più con soldi pubblici e con l'altrettanto penalizzante delega della sua gestione, alle regioni.
Riconoscere questo vorrebbe dire ammettere il proprio fallimento in materia. E senza distinzioni percepibili tra destra e centrosinistra. Vorrebbe dire la fine dell'unico modello sociale che si sia in grado di immaginare nei diversi campi che si alternano e si contendono il potere. Il modello capitalista soprattutto nella sua ultima versione liberista e finanziaria. Modello in cui tutto, anche la vita umana è solo una questione economica.
Si tratta, evidentemente, solo di stabilire dove fissare l'asticella che renda accettabile o giustificabile il numero delle morti.
In Italia, attualmente, sembra essere fissata in alto.
MIZIO
mercoledì 11 novembre 2020
PER FARE UN UOMO..
Ci sono più cose tra gli spazi bianchi fra le righe che nelle parole scritte.
La regola del tre e la legge dell'equilibrio!
Ognuno di noi arriva, apre gli occhi al mondo e comincia a guardarlo dalla sua singola, unica e irripetibile visuale. Visuale che è tale, in quanto famiglia, habitat, condizione sociale sono unici e non sovrapponibili. Operazione impossibile anche tra fratelli, entrando in ballo, oltre le condizioni più o meno simili, anche la componente caratteriale. Insomma si viene al mondo come un vaso pieno solo in parte, ma quella parte è quella che condizionerà e renderà unica, filtrandola, tutta l'esperienza, la conoscenza, le gioie e i dolori dell'intero arco vitale. Ovviamente tale consapevolezza non ha la pretesa di rappresentare una verità assoluta ma, proprio per quello enunciato prima, ne rappresenta esclusivamente una testimonianza parziale e, proprio per questo senza altro valore che quello di affiancarsi alle milioni di altre che, collettivamente rappresentano il tutto variegato, unico, affascinante che abbiamo davanti ogni giorno.
Prima discriminante è, ovviamente, il dove e come si nasce. Le differenze saranno tanto più ampie quanto più differenti sono le condizioni iniziali. Chi nasce nella polvere degli ultimi, ovviamente sarà, fin dall'inizio sottoposto a esperienze e necessità diverse e opposte rispetto i figli del nobile o del ricco. Ma, nonostante le enormi differenze si avrà in comune, l'appartenenza allo stesso genere homo (benchè qualcuno provi a smentire anche tale verità. Questa si assoluta). Si condivide lo stesso habitat, vivendo nello stesso spazio su un pianeta vagante nell'universo. Si è assoggettati alle stesse esigenze e limiti derivanti da quelle che sono le necessità e caratteristiche fisiche comuni ad ogni corpo. Prime fra tutte quelle del nutrimento e delle funzioni fisiologiche, oltre quella che nella grande giostra della vita di ognuno inevitabilmente, ha una sua conclusione nella morte. Il tratto comune per eccellenza, anche se non arriverei a considerarla una livella, come piace raccontarla a tanti perchè, se è vero che la fine è comune, il come si ci arriva, cambia e di molto.
C'è anche un altro tratto condiviso, anche se con gradazioni e caratteristiche diverse. Quello che rappresenta l'innata, congenita, e direi anche necessaria, curiosità verso le eterne domande. Chi sono? Chi siamo? Dove andiamo? Da dove veniamo?
Domande, purtroppo destinate a rimanere senza risposta certa e a cui, sia collettivamente che singolarmente, si prova comunque a fornire visioni rassicuranti o, specularmente, disperanti. E hanno provato e provano a farlo le religioni e il loro opposto l'ateismo, la filosofia oltre la politica o la visione illuministica e scientifica.
Ci sono altri, come il sottoscritto, in cui arde, da sempre, il sacro fuoco della curiosità, della conoscenza che non sia limitata o inscatolata in un'unica visione e in un unico percorso cognitivo.
L' impegno politico contro le ingiustizie sociali, la sensibilità e attenzione all' ambiente, la ricerca spirituale sono i tre filoni principali attraverso i quali, il sottoscritto, ha cercato, magari maldestramente, in maniera disorganizzata ma, assolutamente priva di pregiudizi, di trovare un percorso per una comprensione che giustifichi e renda accettabile il proprio stare al mondo.
La componente e la curiosità politica era cosa respirata fin da piccolo in famiglia che ha reso più semplice la comprensione degli avvenimenti e gli incontri succedutesi negli anni. Fin da quello , il più qualificante in assoluto, con Don Roberto Sardelli che ha allargato gli orizzonti e le sensibilità politiche e sociali, fino al punto di renderli parte integrante del proprio essere e del proprio sentire. Comprensione e coscienza che ha sempre reso difficoltoso e poco comprensibili alcuni atteggiamenti che sono sempre sfuggiti a quella che era la militanza classica e della logica imperante che depotenzia il sentire personale sacrificandolo a quello generale che recita:”il partito ha sempre ragione”. Da qui, sempre con il massimo rispetto verso compagni e partiti, un percorso che è stato contrassegnato più da dolorose dimissioni (da incarichi di partito e istituzionali), che da luminosi successi e carriera personale e politica. D'altra parte, citando al contrario un concetto riferito a Don Abbondio, “Se uno la coscienza ce l'ha, non può ignorarla o allontanarla da sè”.
Nessuna logica di partito mi ha mai convinto al punto tale di dover mettere in discussione alcuni valori ideali e principi morali o giustificare eventuali ingiustizie Cosa che , comunque, è stata espressa sempre in modo estremamente rispettoso anche degli interessi del partito che avrebbe avuto, nel caso, un pessimo interprete della propria immagine. Meglio, molto meglio che a rappresentarla ci fosse qualcuno con un pochino di pelo in più sullo stomaco, meno scrupoli e maggiore capacità affabulatoria. La politica e i partiti in cui ho militato li ho sempre considerati non come un fine, ma come uno strumento per trasformare il naturale sentimento di giustizia in obbligato e utile spirito di servizi agli altri, soprattutto i più derelitti. Se l'avessi intesa come possibilità di carriera o promozione individuale avrei fatto tutt'altre scelte. Bastava tacitar la coscienza e la propria storia personale, accettando di condividere scelte, anche compromissorie. Per cui il filo rosso dell' impegno politico ha sempre segnato il mio percorso ma, spesso da semplice osservatore critico e piazzato di lato piuttosto che protagonista o comprimario interessato.
Anche l'altro aspetto, quello dell'attenzione all'ambiente e alla natura nasce nella primissima infanzia. Infanzia vissuta in una borgata romana agli estremi della sua smisurata periferia dove, in quei tempi, il confine tra campagna e città era ancora molto labile. Per cui prati, fossi, marrane e relativi abitanti erano i protagonisti delle scorribande da bambino. Scorribande anche segnate da una certa crudeltà (di cui mi sono pentito successivamente) come la caccia a lucertole, ramarri, farfalle ecc. ecc.
Ambiente simile a quello in cui passai la successiva adolescenza e la gioventù. Non più borgata, ma moderno quartiere periferico, sempre caratterizzato, però, da enormi spazi verdi. Spazi che appena a pochi passi nascondevano tesori naturalistici notevoli e quasi impensabili a un passo dai palazzoni della moderna piccola e media borghesia. Cinghiali, istrici, tassi, falchi e un milione di altre rarità e scoperte, quasi giornaliere botaniche e faunistiche facevano di quei posti la mia Amazzonia. I barbi che risalivano i fossi in primavera erano i miei salmoni, i biacchi e le natrici le mie anaconda, i nibbi i miei avvoltoi e le nutrie i miei castori. Cominciò allora, grazie a un paio di compagni, il lavoro di uno dei primi piccoli gruppi ecologici dell'epoca. Gruppo nato proprio per lo studio e la salvaguardia di quel paradiso naturale a cui aderii e diedi il mio piccolo contributo sia per lo studio ma, soprattutto per portarne in evidenza le prime battaglie e richieste protezionistiche, grazie anche, al mio ruolo istituzionale dell'epoca. Dopo il trasferimento da Roma continuai lo studio, l'amore e le sensibilità più da lontano e fui felice quando seppi che, quel territorio entrò a far parte del circuito di Roma Natura e che, da allora è conosciuto come Riserva naturale di Decima Malafede.
Territorio purtroppo che, nonostante l'istituzione della riserva, ha continuato ad essere oggetto di appetiti speculatori da parte di privati e istituzioni (Si pensi solo alla devastazione provocata dalla prossima autostrada Roma Latina). Il mio rapporto di curioso osservatore della natura e le sue meraviglie non ha mai, però, assunto l'aspetto che avrebbe preso piede con successo,successivamente. Non facevo trekking, né bird watching, né esplorazioni, né percorsi con mete obbligate o prefissate da raggiungere, che non fossero la pace interiore. Il mio ideale rapporto con la natura l'ho sempre vissuto al meglio e al massimo in compagnia, di me stesso. E, a volte, eravamo pure in troppi. Per dare un'immagine di facile lettura, ho sempre ricercato l'amore quasi fisico e la fusione col tutto. Nel bosco, sulle rive di un torrente, su un altopiano o sulla cima di un monte. Esperienze intrise quasi di un misticismo laico!
E, il misticismo ci porta diritti a considerare l' ultimo aspetto, quello della ricerca spirituale, quello delle grandi verità ricercate dall'essere umano di ogni tempo.
Per questo devo far riferimento a tre fasi ben distinte del percorso. In parte consapevole e in altra assolutamente casuale e fortuito, ma non meno vero o impattante.
Il primo approccio, ovviamente, come quasi tutti avvenne nella parrocchia del quartiere con l'oratorio e col catechismo. Arrivando, addirittura con il far parte del coro dei “Pueri cantores” locali e, anche servendo messa come chierichetto.
Periodo propedeutico, a prendere confidenza col concetto di divino, con il mistero non spiegato e scavallabile solo con la fede. Periodo pure sereno, tutto sommato. A parte le paure determinate quando, e succedeva spesso, ci si abbandonava a quei piccoli “peccati” possibili da parte di bambini. Crescendo con l'adolescenza apparve chiaro che rifugiarsi nella sola fede non bastava a oscurare tutte le incongruenze e i limiti che la religione comportava. Quindi ci fu il necessaro strappo dallla Chiesa, dai doveri che questa comportava, dalle visioni ormai troppo strette per essere condivise da un adolescente pieno di dubbi e curiosità.
In questa fase ci fu l'incontro con Don Roberto, già ricordato prima, che diede della religione, della figura stessa del prete, un'immagine completamente diversa. Immagine che, pur non avvicinandomi di più alla chiesa, mi permise, però di mettere la questione del rapporto col mistero in stand by. Nè credente, né ateo, ripromettendomi di riaffrontare l'argomento quando e se, ne avessi sentito la necessità. Di una cosa ero però, già sicuro. Non avrei mai fatto parte di una organizzazione religiosa precostituita che, per una visione personale ancora confusa, ma non modificabile, ai miei occhi avrebbe rappresentato la negazione stessa del concetto di divino. Quindi si aprì la fase in cui cominciai a definirmi agnostico, essendo quella la parola che più avrebbe potuto rappresentare la mia posizione sull'argomento. Sentivo chiaramente di non poter chiudere definitivamente la questione, ma neanche, di sposarne una versione oggettivamente limitata e limitante.
Complice anche una certa naturale sopravvalutazione del proprio punto di vista tipico della gioventù, tutto sommato riuscii, per diversi anni a convivere senza problemi con la questione. Probabilmente proprio grazie, a quella porticina lasciata volutamente socchiusa. E dalla quella porticina, come sempre accade, con le questioni messe da parte e quasi dimenticate, entrò con la violenza di uno tsunami tutto un corollario di avvenimenti, apparentemente inspiegabili, che mi posero per forza, nella condizione di dover riaffrontare la questione 0 rifiutarla definitivamente. Questione che, a quel punto, non riguardava solo un aspetto filosofico esistenziale, ma riguardava il vissuto quotidiano.
Questi avvenimenti scatenarono la curiosità che, fino a quel momento, era stata disciplinatamente tranquilla nel suo angolino. Insieme a quelli, cominciarono a verificarsi tutta una serie di episodi che, in altri tempi, avrei potuto tranquillamente considerare casuali e spiegabili in mille altri modi logici. Ma che in quel momento e con le caratteristiche con cui si presentavano ai miei occhi assumevano l'aspetto di un sentiero di conoscenza e di apertura di sentire che sembrava, e forse lo era, lì solo per me. Incontri casuali, letture suggerite, altre occasionali con libri addirittura trovati sui treni dove lavoravo. Percorsi rischiosi che ti portavano a conoscere, forzatamente, anche il lato oscuro e pericoloso del percorso, da cui allontanarsi rapidamente. Ma anche momenti di illuminazione improvvisa in cui alcune cose cominciavano ad apparire più chiare e ad avere una propria logica leggibile e comprensibile. E, soprattutto, la certezza che nessuna religione organizzata, con i suoi riti, i suoi precetti, i suoi limiti avrebbe potuto rappresentare la strada o la verità rispetto l'esistente. E di quanto il rapporto, con l'idea stessa del mistero e del divino, sia percorso intimo, solitario e non trasmettibile. Che lo stesso si presenta e si arricchisce solo se e quando, il singolo e il momento lo rendano utile o necessario alla personale evoluzione. Ovviamente, e proprio per i motivi sopra esposti, nessuno e, tantomeno il sottoscritto, può o deve sentirsi in dovere di trasmettere il proprio punto di vista come quello più giusto o idoneo per tutti. E, ancor meno potrebbe o dovrebbe, pensare minimamente a fare proseliti. Rappresenterebbe la fine stessa delle poche certezze in materia raggiunte con fatica. La solidarietà, l'equilibrio, quello che molti chiamano amore, si deve provare ad applicarli, almeno come tendenza, nella vita di tutti i giorni. Nei rapporti personali, nella vita politica e sociale, nel rapporto col resto dell'esistente. Ed è questo e solo questo a stabilire il grado evolutivo, non il credere o meno. Si può essere santi o demoni, pure in modo inconsapevole e lontano anni luce dal misticismo e dal sentimento religioso.
Così come si può essere umani, nel senso più compiuto del termine, pur senza attraversare e comprendere i tre aspetti fondanti della mia personale e, come si diceva prima, non replicabile esperienza. Per ognuno c'è un sentiero evolutivo che aspetta e, tranquilli, che ognuno, prima o poi, lo incrocia e lo percorrerà, anche se inconsapevolmente.
MIZIO
lunedì 4 maggio 2020
NULLA SARA' COME PRIMA
Questa
pandemia, oltre la paura, i lutti, i danni economici, la reclusione
forzata ha posto, o permesso che emergessero e che si facessero
strada interrogativi legati più intimamente ai destini singoli e
collettivi. Sarà possibile dopo questa esperienza, che tutto possa
tornare come prima?
Sarà
possibile far finta che tutto lo tsunami emotivo, esistenziale
vissuto in questi giorni, possa esaurirsi e considerarlo alla stregua
di un brutto sogno?
Al
momento possiamo tranquillamente affermare che per molti, già non
sia e non potrà essere così. Intanto per chi ha sofferto lutti e
sofferenze sarà impossibile dimenticare. Per intere classi
professionali, dal personale sanitario e a tutti quelli che per
scelta o obbligo hanno dovuto sfidare il contagio, oltre la
soddisfazione per il servizio svolto e la felicità per esserne
usciti indenni, risulterà difficile dimenticare. E, anche per chi
più semplicemente ha dovuto cambiare radicalmente il proprio stile
di vita chiudendosi in casa, non sarà semplice riprendere come
niente fosse.
La
scienza, la politica, la chiesa, il mondo del calcio, il mondo
industriale, le varie associazioni rappresentative ecc. ecc. in
questi giorni hanno offerto contemporaneamente il meglio e il peggio
di sé dando l'impressione di non essere gli strumenti più adeguati
e idonei per affrontare situazioni emergenziali come queste.
E anche
i singoli che, a questi soggetti delegano, o comunque volenti o
nolenti, demandano decisioni e responsabilità, non hanno dato grande
prova di maturità e serenità di giudizio. Più che a un cosciente e
responsabile atteggiamento improntato alla prudenza e alla
consapevolezza della gravità, abbiamo assistito alla discesa in
campo delle tifoserie più scalmanate e prive quasi di filtri. Quasi
l'importante non fosse limitare i danni se ma esprimere la soddisfazione
per gli errori e le pecche del “nemico”.
E non
solo la politica ha dato pessima prova di sé, ma anche tutti quei
soggetti elencati prima, compreso il mondo scientifico che dovrebbe
essere quello più asettico e meno incline a condizionamenti o a
speculazioni interessate.
Quasi
tutti, comunque hanno convenuto su una cosa, nulla potrà essere come
prima, nonostante i desideri e le nostalgie dei più.
La
questione, adesso, è capire in che modo e in quale direzione
dovranno essere indirizzati gli sforzi affinchè veramente, il
prossimo futuro, oltre che diverso, possa essere anche migliore di
prima.
Credo
che, nonostante,alcune buone intenzioni, il rapace mondo degli
affari, degli interessi, del profitto, della speculazione stia
affilando le armi affinchè il tutto cambi certo, ma se possibile in
peggio, e a proprio favore.
La
politica non promette nulla di buono avendo scelto, da una parte,
quella attualmente al governo, di continuare a legare i propri
destini a quelli di un'Europa che, se possibile, anche in questa
occasione ha dimostrato il peggio di sé. L' altra capace solo di
contrapporsi polemicamente, strumentalmente e a prescindere, al
governo, ma totalmente incapace di portare avanti un proposta
credibile e percorribile.
Poi
abbiamo alcuni tra coloro che potrebbero avere buone idee di
organizzazione e giustizia sociale e con motivazioni ideali sufficienti
per elevarne le azioni ma che comunque, continuano a preferire il
piccolo cabotaggio della critica ideologica, quasi fine a sé stessa
visto che viene espressa parcellizzata e ininfluente da ognuno dalla propria piccola torretta testimoniale. E, paradossalmente lo si fa quasi
coscientemente, argomentando le situazioni con gli stessi obiettivi e
addirittura gli stessi termini. Cosa, allora, impedisca il naturale, logico passaggio al riconoscimento e all'accettazione di ciò, sembra più argomento da
psicanalisi che politico.
Se la
sinistra vuole avere ancora una sua ragion d'essere che non può
essere limitata al solo ruolo di grillo parlante o di denuncia
critica. In questa prossima fase dovrà essere soprattutto
propositiva. Non certo, per arrivare ad avere un'ammucchiata di sigle
da spendere elettoralmente, ma per rappresentare visivamente e
realisticamente una proposta politica comprensibile e accettabile dai
più.
Per
quale motivo, ad esempio, qualsiasi esperienza di sinistra finisce
per raccogliere poche adesioni, e quelle poche quasi esclusivamente
all'interno di un mondo piccolo borghese, di autoreferenzialità
intellettuale o politica? Da decenni, ormai, non si riesce a
passare più attraverso il setaccio a maglie strette del giudizio e del favore delle masse
operaie o del sottoproletariato.
Eppure
l'habitat naturale della sinistra di classe dovrebbe essere quello,
non certo il salotto borghese dei talk show. Gli sforzi dei singoli,
ammirevoli quanto si vuole, ma se protagonisti in un teatro dalla platea
vuota, rappresentano un inspiegabile spreco di energie e competenze.
Dovremmo
saperlo, dovremmo averlo già capito da tempo con chi dovremmo
ritornare a parlare. Lo sport preferito, sembra essere ormai, anche
dalle nostre parti lo sprezzante giudizio da maestra di scuola
elementare, che si erge e si fa beffe dell'ignoranza diffusa
criticando e sottolineando con la penna rossa l'errato uso del
congiuntivo.
Cosa
giusta e importante, ma non al punto di farne una discriminante e un
fossato che divide le persone e gli ambienti sociali. Si è, al
massimo, ritornati a parlare di loro, anche sinceramente, ma non con
loro
Si
dovrebbe riscoprire nel poco di DNA popolare residuo rimasto degli
antichi legami, che in fondo è più necessario essere simili e
vicini al pensiero dell'operaio che vota Lega piuttosto che al
giovane, rampante, rappresentante della piccola media borghesia i cui
spazi o ambizioni sociali personali, trovano il proprio posto nei
salotti del politically correct.
Quindi ,
sembra chiaro, che, volenti o nolenti, da questa pandemia ne dovremmo
uscire profondamente cambiati. Lo sforzo che ci aspetta non è quello
di riannodare semplicemente il filo di un discorso interrotto, ma
proprio di provare a cambiarlo radicalmente quel discorso.
Già
oggi, la crisi economica conseguente, trascinerà nei gorghi della
povertà milioni di persone. L'abbiamo già visto nell'enorme
disparità di risorse cui è stato possibile far ricorso nei diversi
paesi. E quanto appaia insufficiente e minimo, il pur grande sforzo,
in proporzione, che il nostro paese ha potuto e potrà fare. Quante
spade di Damocle, oltre quelle già presenti sono puntate sulle
nostre teste, ultima quella del declassamento del rating, appena un
centimetro sopra il baratro del paese spazzatura. Abbiamo visto
quanto l'egoismo e le paure di questa Europa rappresenti più che
un'opportunità, una trappola a tempo ben congegnata, cui bisogna
opporsi con altri modi e tempistiche rispetto quelli usati finora. Ad
esempio, appare illogico e poco democratico che, a fronte di una
maggioranza di paesi che firmano un documento richiedendo alcune
cose, una minoranza di paesi (4) rappresentanti una minoranza, anche
di popolazione e di potenza economica, vi si opponga e abbia un potere di veto. In questi casi
non deve prevalere la motivazione del “E ma se usciamo dall'Europa
sarebbe peggio”, ma mettere quella minoranza con le spalle al muro
ed, eventualmente, mettere loro in condizione di valutare se è il
caso di rompere con la maggioranza dei paesi Euro con relativa exit.
Ribaltare,
con la coltivazione di alleanze stabili e convergenti, il paradigma
che vuole alcuni paesi nel ruolo d i censori ed esaminatori ed altri
in quello di scolaretti da mettere in riga. Non deve, non può e non
si può più permettere che funzioni così.
La
pandemia, quasi come una nemesi, parte proprio da quella Cina, paese
simbolo della nuova economia mondiale, che più e meglio di altri ha
saputo sfruttare quella globalizzazione voluta e attuata dalle
multinazionali per massimizzare i profitti, ma che si sta ritorcendo
contro gli stessi che l' hanno promossa e sponsorizzata.
La
politica, a partire da quella che viene vista come la nazione guida,
gli USA e il loro presidente Trump, figlia anch'essa di una visione
esclusivamente economicista di corto respiro e di ancor più limitata prospettiva, si è rivelata dove un po' di più dove un pò meno,
totalmente incapace e inadeguata al ruolo. Mancano leader capaci di
interpretare un ruolo che sia diverso da quello del ragioniere o dell'
architetto di equibri politici che, tropppo spesso diventano
equilibrismi inutili e incomprensibili. Recuperare una visione
umanistica e complessiva intorno ai valori, ai bisogni vitali e
primari della vita umana, sembra quanto mai indispensabile. Difficile
farlo partendo dalle sole parole d'ordine che ci hanno accompagnato
fino ad oggi poichè, almeno nella prima fase di proposizione, non ci
sarebbe tempo e modo per riportarle ad antichi valori e splendori.
Troppo il discredito e il disvalore che nel tempo si sono accostati,
a torto o ragione, a quei termini. Soprattutto per la stragrande
maggioranza dei giovani che, nel migliore dei casi, ne conoscono
appena il significato storico, legato però, ad un passato
decisamente non replicabile. Un'opera di ricostruzione senza mettersi
in discussione complessivamente, appare oltre che difficilmente
credibile, anche con una tempistica non adeguata alle esigenze del
momento.
Il
nemico era e rimane il capitalismo in ogni sua forma. La liberazione
dell'uomo dalla schiavitù del lavoro, dal bisogno e dallo
sfruttamento deve rimanere l'obiettivo, non solo sentimentalmente
utopico, ma praticato coerentemente e ostinatamente in ogni momento.
Esclusi e censurabili qualsiasi tipo di astuzie, tatticismi,
speculazioni, operazioni spregiudicate e poco comprensibili.
Linearità, chiarezza, coerenza, impegno, competenza dovranno essere
obbligatoriamente le linee guida che qualsiasi movimento, partito,
associazione voglia provare a proporsi per un cambiamento in senso
progressista, dovrà seguire. Ne saranno capaci? Dubito ma essendo
l'unica opzione valida, varrebbe la pena provarci. Prossimamente
cercheremo, anche di affrontare non solo il cosa, ma anche il come
sia possibile porci di fronte ai grandi temi che ci sono di fronte in
un'ottica di avanzamento sociale e ambientale complessivo.
Ad
maiora!
MIZIO
venerdì 24 aprile 2020
PANDEMIA - PANDETUA
In
questi giorni di lunga “prigionia” forzatamente ci si dedica di
più ad aspetti e interessi, se vogliamo secondari, rispetto quelli
che abitualmente si coltivano.
Si
sperimentano anche forme di pensiero più spontanee e anarchiche del
solito, lasciandole libere di avventurarsi anche su sentieri tanto
tortuosi quanto però, affascinanti. Inoltre questa pandemia sembra aver esaltato alla massima potenza tutte le visioni, reali,
verosimili, fantasiose, complottiste, esoteriche che hai frequentato
più o meno direttamente e più o meno condividendone lo spirito.
Quindi
ci si avventura in riflessioni che, normalmente, pur essendo già
tue, non si dedica loro. alcuna attenzione.
Quindi
ritorniamo al concetto di trinità e della sacralità derivante del
numero tre, già analizzata in altre occasioni. Cosa che non è appannaggio della sola visione cristiana,
anzi affonda le sue radici in culture e visioni sia religiose
che filosofiche diverse o, per guardare anche più vicino a noi, alla moderna
psicanalisi. La suddivisione una e trina della visione spirituale, corpo,
anima, spirito trova una naturale corrispondenza nella triplicità
istinto, intelligenza, coscienza della moderna e più condivisibile scienza.
Come
direbbe qualcuno verrebbe da pensare giustamente:”Ma che
c'azzecca?”
C'azzecca,
perchè questa pandemia, evento epocale e quasi unico nelle vita e
nella recente storia dell'umanità, ha liberato e reso, se non
accettabili e comprensibili, almeno degni di attenzione dubbi e
interpretazioni più o meno fantasiosi. Tutti aspetti che trovano,
poi, fertile terreno di diffusione e crescita nella debolezza figlia
della paura. O quanto sia deresponsabilizzante l'ingenua, ma
consolatoria sensazione, di essere nelle mani di oscuri manovratori
del nostro destino sia personale che collettivo. D'altra parte,
storicamente, pur di non ammettere la propria condizione di congenita
debolezza e precarietà legata al nostro essere umani, in viaggio
casuale su questa palletta spersa nello spazio, si preferisce
indirizzare strali e responsabilità su altro, meglio se oscuro e
mimetizzato abilmente.
Quindi
possiamo già cominciare a vedere come, visioni e atteggiamenti, già
presenti normalmente, vengano esaltati e coltivati in modo compulsivo
privo anche dei normali filtri censori dai più, e in modo
speculativo interessato da parte di altri.
Prego
chi abbia voglia di continuare a leggere di non provare eccessivo
stupore, né di coltivare dubbi sulla sanità mentale del
sottoscritto pur avendo, legittimamente, tutta la libertà di pensare
che siano solo fesserie. Cercheremo di camminare come novelli Dante e
senza alcun Virgilio, in equilibrio sulla stretta cengia che ci
divide dalle perigliose e dolorose esperienze delle anime del
Purgatorio. Cercando di non inibirci la possibilità,anche di leggere,
ascoltare e condividere riflessioni, punti di vista che, anche se
frutto di fantasie esasperate,possano rappresentare comunque, un
qualcosa degno d'attenzione se non altro perchè totalmente
disconnessi da interessi di alcun tipo.
La
nostra vita sociale da sempre è inquadrata e codificata in una
visione condivisa dell'esistente. Dalle verità scientifiche, alle
narrazioni storiche per finire alle regole morali e all'etica.
Partendo da queste basi il singolo e le comunità si rapportano tra
loro dando vita alle varie organizzazioni sociali, politiche,
religiose ecc. che conosciamo. Sulla giustizia, libertà o
composizioni di tali aspetti condivisi, si polarizzano,
conseguentemente, le varie forme di pensiero tese ad aggiudicarsi la
fetta più grande di potere, ricchezza e visibilità possibile.
Detta
questa prima banalità aggiungiamone un'altra. L'avventura della
vita, pur essendo costretta e forzatamente all'interno di regole collettive imposte, rimane sempre e comunque un' esperienza assolutamente
personale, non condivisibile e non comprensibile se non sommariamente
da nessun altro per quanto simile o anche empaticamente, legato.
Da
questa banale considerazione nasce ad esempio il famoso: “Non
giudicare”.
Nel caso, si cerchi di giudicare l'atto ma non chi lo compia. Non sapremo mai
se nelle stesse identiche condizioni sociali, familiari, culturali
noi avremmo agito diversamente. Ovviamente, questo, socialmente non
deve e non può essere concepito come una deresponsabilizzazione
assoluta, ma per immaginare l'eventuale sanzione o punizione
all'interno di una visione che ne preveda il recupero e la relativa comprensione della negatività dell'atto commesso.
Come si vede spesso, le grandi verità, possono essere di una semplicità disarmante potenzialmente condivise e comprensibili anche da soggettività diverse, ma prive di pregiudizi.
Come si vede spesso, le grandi verità, possono essere di una semplicità disarmante potenzialmente condivise e comprensibili anche da soggettività diverse, ma prive di pregiudizi.
Perciò
vediamo che abbiamo stabilito già una prima categoria di lettura.
Quella visibile, comunemente accettata e condivisa. Cosa utile, se
non necessaria, per la possibilità di concepire la vita sociale di
soggetti altrimenti troppo diversi. Ovviamente in questa visione tralascio volutamente,
perchè non funzionale a quello che vorrei dire, il giudizio sulla
giustizia o meno di tale organizzazione, che attiene ad un altro livello
di lettura e ragionamento.
Dobbiamo, quindi, considerare gli altri due livelli di lettura e percezione
che sono molto più del primo, legati al vissuto, alle visioni e
sensibilità personali.
Uno di
questi è legato strettamente al proprio livello intellettivo che,
come sappiamo non è uniformemente uguale ma, come le caratteristiche fisiche,
diverso per ognuno, unico e indivisibile. Ma come il fisico può
essere, però soggetto a cambiamenti evolutivi, compresi, però, in uno spazio
più-meno, limitato e riferito sempre al potenziale del singolo e diverso per ognuno.
In
genere è in questo spazio che, se solleticato e stimolato nel senso giusto, blandendo
l'intelligenza o l'ego degli interessati, si inviano, attecchiscono e
crescono i migliori o i peggiori messaggi. Messaggi più o meno interessati
della politica, delle religioni, dei potentati o, anche del
cosiddetto complottismo, tanto in voga recentemente. Cose che in assenza di un atteggiamento
laicamente critico facilmente si possono trasformare in verità
incontestabili, che necessitano e spingono ad atteggiamenti di fedeltà cieca e assoluta.
Da qui
nascono le necessità, da parte di alcuni, di trasformarsi, e anche con orgogliosa ostentazione, in megafoni viventi e difensori ad oltranza
di un'idea o visione. Ruolo che nobilita e gratifica facendo provare un
appagante senso di superiorità ed esclusività.. La convinzione di servire una verità
(sia pur quasi sempre soggettiva) ci dà un'appagante sensazione di aver trovato quella
posizione nel mondo, cui sentiamo di aver diritto-dovere.
Per
ritornare a bomba sulla questione pandemia e fare un esempio
leggibile. Avrete notato con quale facilità e con quale convinzione
ognuno difenda la propria posizione e quante di queste siano frutto
di assoluta fantasia e meno credibili anche delle più astruse convinzioni dei popoli più antichi. Abbiamo visto di tutto, da teorie con basi più o meno
scientifiche, ad altre più interessate politicamente ed economicamente o
addirittura al complottismo più o meno astruso,al servizio di chissà quale segretissimo piano di conquista del mondo e dell'universo intero.
Il terzo
livello è quello che, più di tutti gli altri risulta mimetizzato e
nascosto rispondendo, molto più dei precedenti ad una sensibilità
assolutamente personale e unica. Talmente unica nella sua originalità da sembrare priva dei normali filtri cognitivi, facendo appello ad altri intimi codici di giudizio.
Quelli che sono annidati nella parte più profonda e intima del nostro essere.
Spirito, coscienza, Es, super io, subconscio, ognuno lo identifica
con un nome diverso, ma, sostanzialmente ci si riferisce alla stessa
zona del nostro sentire.
Ed è,
fondamentalmente, quella con cui raramente, e quasi sempre con disagio,ci troviamo a confrontare il nostro agire pubblico rispetto quello che
avremmo sentito più naturalmente nostro.
Ora, a
fronte di questa situazione, sembra più che normale che, soprattutto
in situazioni estreme come questa pandemia, sentimenti più
epidermici come la paura prendano il sopravvento determinando giudizi
e atteggiamenti comprensibili ma censurabili. Una minoranza
sostanziosa fa dell'esercizio critico e si butta a capofitto nella
necessaria opera di conoscenza. Territorio in cui le notizie e le
informazioni passano senza un preliminare asettico e dovuto esame, ma
rispondendo in via prioritaria, alla propria visione. Comprensibile,
in quanto la cosa più complicata è ammettere che, forse, qualcosa
del nostro percorso sia da mettere in discussione.
Quelli,
purtroppo una minoranza, che riescono consapevolmente o meno, a
utilizzare anche il terzo livello e a raggiungere un equilibrio
stabile e duraturo dell'intero proprio essere, sono coloroi che
sembrano i più (e forse lo sono) equilibrati, i meno coinvolti apparentemente, dagli eventi al punto di dare l'impressione di avere
nel disinteresse l'aspetto prevalente del proprio carattere. Cosa,
ovviamente, non veritiera ma frutto di una costante ricerca di un
equilibrio interiore che, in mezzo a mille dubbi e difficoltà viene
però vissuto dagli interessati come un atteggiamento indispensabile
e non solo utile. Soprattutto a sé stessi prima che ad altri.
Sarebbero
poi, quei soggetti che spesso e involontariamente, vengono presi ad
esempio sia negli aspetti positivi, facendone un riferimento anche morale, quanto
in negativo per quanto in grado di scuotere le cattive coscienze altrui.
Tutto questo ragionamento per provare a capire, da un punto di vista originale e decentrato, il perchè l'enorme massa di informazioni, soprattutto in questi periodi nodali storici, ci travolga e, favorita dai moderni mezzi informatici passi, quando va bene, al vaglio solo del primo livello e raramente del secondo. Quasi mai si utilizza anche il terzo. Sia per una congenita disabitudine e difficoltà a farne uso, sia per il timore di apparire troppo fuori dal coro con relativo rischio di isolamento sociale.
In ultimo, ma non per rilevanza vorrei ricordare, soprattutto a tutti quelli che ingenuamente e inconsapevolmente si trasformano in spacciatori di fake, di bufale vere e proprie se non addirittura di falsità costruite ad arte per delegittimare l'esistente e spianare la strada a personaggi equivoci, interessati e pericolosi, di provare a sfilarsi dal loro ruolo di Ascari di costoro.
Per questi va bene qualsiasi cosa, politica, religione, complottismo, medicina, economia, l'importante è instillare il virus del dubbio, proponendo visioni e chiavi di lettura che spostano il punto di vista da quello più ovvio, banale ed efficace. Non perchè non ci siano piani o intenzioni subdole e segrete, ma se non usiamo la lettura (che vale sempre) del cui protest, ci allontaniamo da quello che dovrebbe essere il principale impegno personale e collettivo di battersi sempre e comunque per la giustizia, per seguire fantasie o depistaggi inutili e dannosi.
Quindi quando si leggono o si viene a conoscenza di qualcosa, si tenga sempre presente, prima di farle proprie e divulgarle, che raramente, per non dire mai, le informazioni e le grandi verità possono essere divulgate a tutti. Laddove comunque, dovessero arrivare, si avrebbe bisogno dei filtri cognitivi giusti per decodificarli nel modo giusto e, soprattutto per non darli in pasto a chiunque. Il risultato, lo vediamo, è un imbarbarimento progressivo che continuamente contribuiamo ad alimentare più o meno consapevolmente.
MIZIO
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domenica 12 aprile 2020
PASQUA DI QUARANTENA
Oltre i doverosi auguri a tutti per una serena Pasqua, per chi ha voglia, lascio alla corrente impetuosa di questo strumento di virtuale condivisione, qualche riflessione che mai, come in questo momento, mi sembrano attuali. La vita, diciamo una banalità, conosce le sue stagioni. Tutte ci appartengono, tutte competono a farne ciò che conosciamo. Di tutte ne conserviamo il ricordo, tranne dell'ultima. La vecchiaia lascia i propri ricordi ad altri, a chi rimane Per quello che sappiamo e per l'organizzazione sociale che ci circonda, ai singoli protagonisti non rimane nulla. Certo ci sono credenze, religioni, speranze che ci dicono altro, ma sono tutti convincimenti legati ad atti di fede o visioni personali non trasmettibili e non certificabili.
Rispetto questo argomento, vabbè chiamiamolo col suo nome, la morte, le generazioni che ci hanno preceduto avevano un rapporto diverso, diretto e quasi confidenziale, sia per il tipo di vita racchiuso quasi esclusivamente in un nucleo familiare allargato, in cui le generazioni convivendo si succedevano naturalmente sia, ovviamente, per la maggiore facilità con cui si moriva. Malattie, guerre, incidenti, fame, scarsa igiene o addirittura di parto erano solo alcune delle mille occasioni in cui si poteva morire molto più facilmente. Le nostre generazioni, parlo di quelle dei settantenni, più o meno e successive, sono le prime e uniche generazioni che, a memoria d'uomo, non hanno avuto bisogno finora, di confrontarsi collettivamente con questo aspetto della vita. La morte ha quasi sempre rappresentato un fatto privato e, comunque sempre riservato ad altri, da rinchiudere in una cornice d'ineluttabilità di cui meno se ne parla, meglio è. Ovviamente il tutto derivante da un aumentato benessere materiale, un progresso scientifico e tecnico che ha rafforzato in ognuno di noi il convincimento di invulnerabilità e di eternità.
L' attuale pandemia, perché è da questa che discende questa riflessione, ci rimette volenti o nolenti di fronte lo specchio delle nostre debolezze, paure e anche, responsabilità. Ci sta sbattendo brutalmente in faccia che basta una infinitesimale particella di materiale organico per far crollare tutte le certezze e mettere a nudo tutte le fragilità del nostro essere umani. Si è costretti forzatamente a confrontarci con tutto ciò che si è sempre cercato di allontanare con fastidio dal nostro orizzonte personale e collettivo. Tanto era malato, era vecchio, era destino. Tutte le banalità e frasi fatte usate fino ad oggi sull'argomento, dimostrano tutta la loro inadeguatezza, nel momento in cui si raggiunge la coscienza che la vita di ognuno è legata ad un imponderabile e sottile filo di casualità e non solo al potere, alle capacità o all'età. Da sempre si affronta la questione esorcizzandola con battute, scongiuri o ignorandola fino a quando, in maniera improvvisa non tocca, indirettamente, anche te come un'ondata di piena e ti mette in isolamento coatto. Ti costringe a confrontarti con quelli che non sono più solo numeri lontani o statistiche percentuali. Sono vite, persone, affetti, memorie spazzate via improvvisamente da un nuovo subdolo e apparentemente imbattibile nemico. Per sfuggirgli devi isolarti devi, forzatamente, rinchiuderti in te stesso.
E, se non sarai travolto dalla smania alimentare, tipica di questi giorni, ti ritroverai a riflettere più del normale, indirizzando i tuoi pensieri soprattutto verso qualcosa cui per scaramanzia, abitudine o semplice distrazione, difficilmente finora avevi fatto.
Questa pandemia ha riportato il fine vita, volenti o nolenti, al centro dell'attenzione, ricordandoci, anche brutalmente, quanto essa debba essere considerato con una valenza e un significato almeno pari a quello della nascita e del resto della vita.
Le innumerevoli morti di questi giorni lungi dal poter essere considerate una "livella", dimostrano quanto lontano e quanta indifferenza ci abbiano portato alcune visioni e molte delle droghe del cosiddetto benessere consumista.
Quale sarebbe allora l'eventuale morale della questione? Ritorno al passato? No, certo che no! Ma pensare ad una società solidale in cui il singolo non sia costretto a consumare una vita in competizione e magari morire, poi, da solo. Questo si può e si dovrebbe fare.
MIZIO
mercoledì 30 ottobre 2019
MIZIO, MI CHIAMO MIZIO
Ci sono più cose tra gli spazi bianchi tra le righe che nelle parole scritte.
Questo
autunno che resiste all'inverno e continua a strizzare l'occhio
all'estate, ha la caratteristica di addolcire e rendere piacevolmente
morbidi momenti che altrimenti,sarebbero intrisi solo della malinconica
attesa dei prossimi giorni di poca luce.
Non
sembra quindi fuori posto l'abbandonarsi al fluire dei pensieri che,
liberi come mille rivoli d'acqua montani, gocciolano, si cercano, si
rincorrono fra le rocce quasi anarchici, sfrontati, irriverenti fino
ad unirsi e fondersi in pensieri più grandi. Tutti di corsa verso
mete sconosciute ma terribilmente attraenti. Fino a dissolversi nei grandi fiumi, laghi o nell'immenso mare. Sempre se prima non si siano persi cadendo in fessure tra le rocce che li porteranno, dopo lunghi percorsi in tubi a dissetare intere
città. Il tutto con lo sguardo sognante, perso nell'infinito orizzonte, rappresentazione in cui l'universo tenta di rappresentare anche il tutto il tuo limitato mondo. L'attenzione
allentata, la ragione che sembra essersi messa di lato, lasciando
spazio e protagonismo all'anima, quella bella, pulita, sognante.
“Ciao”.
“Oh Madonna, e che diamine, mi hai fatto prendere un colpo!”
Sussultando
mi volto dalla parte della voce, senza però vedere nessuno, se non
dopo aver abbassato lo sguardo. Seduto su un sasso che, più o meno, poteva assolvere ad una funzione di seduta non troppo scomoda,
almeno per un bambino! E già, perchè all'improvviso era arrivato
questo bambino a rompere un momento che stava per diventare magico
nella sua dolcezza evocativa addirittura di stati prossimi
all'illuminazione mistica o alla follia allucinatoria.
“Ciao,
Maurizio” ripete,
“Ciao
piccolo ci conosciamo? Sei forse figlio di qualcuno che conosco?
Come ti chiami?”
“Mizio.
Mi chiamo Mizio”
“Mizio?
Ma tu guarda che combinazione! E'' un nome che mi è caro da sempre,
ma tu pensa! Comunque, non mi sembra di conoscere nessuno che
abbia dato questo nome al proprio figlio. Chi sei? Dove abiti? E'
quasi ora di cena, che fai in giro da solo a quest'ora?”
“Tranquillo, non sono mai solo, anche se troppo spesso ho la terribile sensazione di esserlo veramente”.
“Scusami,
che stai dicendo? Non hai una casa, una famiglia? Ti sei perso? Vuoi
che chiami i tuoi... o la polizia?”.
“No.
Ma quale polizia, mamma mia! Sempre tragico e portato
all'esasperazione eh? Non Sei mai cambiato molto, da questo punto di
vista!”
“Continuo
a non capire. Intanto cerca di dirmi chi sei altrimenti la polizia la
chiamo sul serio. Non lascio un bambino da solo in un posto così isolato, che col
buio potrebbe diventare anche pericoloso.
Dai, smettila di giocare e dammi
il numero dei tuoi, così li chiamo. O al limite, dimmi dove abiti
che ti accompagno.”
“Calmati
e cerca di ragionare. Mi vedi forse spaventato? Smarrito? Confuso? Non mi
sembra di averti dato questa impressione. In verità, mi sembri più confuso tu. Io sono tranquillo. Sono solo un po',
anzi di più, amareggiato e, ti dirò, anche un pelino arrabbiato.”
“Mi
dispiace per te, piccolo. Ehm, scusa, ma questo non cambia di una virgola le cose. Devi
dirmi chi sei, dove abiti e perchè sembri, o pensi, di conoscermi, mentre io
credo, anzi ne sono sicuro, di non averti mai visto”.
“Certo
che pensi e sei convinto di non avermi mai visto. Ti dirò, per maggiore precisione e per tua maggiore chiarezza, che tu
abbia dimenticato, non di avermi visto, perché questo potrebbe essere
vero, ma addirittura di conoscermi. Troppo spesso hai guardato e continui a guardare fuori,
altrove. Sei sempre stato preso da questioni di interesse relativo, dimenticando e lasciandoti alle spalle cose, forse più
importanti”.
“Ma
che stai dicendo. Ma come ti permetti!. Ma senti questo, arriva,
compare dal nulla, mai visto e conosciuto e spara sentenze. Le cose
importanti? La mia famiglia, i miei figli, mia moglie, anche se con
qualche errore, sono sempre stati in cima ai miei pensieri. A loro ho
dedicato gran parte della mia vita. Per quanto mi è stato possibile
ho cercato di non far mancare loro nulla. Se qualche volta non ci
sono riuscito non è stato per mancanza di volontà ma per l'
impossibilità a farlo. Ma...ma poi perchè dovrei dare spiegazioni
sulla mia vita privata a un....un cavolo di bambino signor nessuno,
figlio di nessuno, che non abita da nessuna parte. Ma falla finita su!
Senti io mi sono quasi stufato. Se fossi stato più grande già ti
avrei mandato a quel paese e ti avrei lasciato qui.”
“Tanto
non sarebbe certo la prima volta che lo faresti”
“Che
intendi? Che cosa avrei già fatto? Continui ancora con queste accuse
infondate e calunniose. Ma che diavolo vuoi da me? Senti, sta facendo
quasi buio. O ti decidi alla svelta, a dirmi chi sei e cosa vuoi o
chiamo la polizia e lascio che ci pensino loro. Anzi avrei dovuto già
farlo.”
“Mamma mia, capoccione eri e capoccione sei rimasto. Pensi di aver capito tante cose ma dimostri di non aver capito quasi nulla. Ti riconosco la capacità di
essere curioso, sincero nelle tue aspirazioni ideali e con la giusta
dose di ingenuità... L'ingenuità, si quella nobile, quella che la
maggior parte degli altri riconosce come la valenza negativa del
fesso. Quella che ti espone alle fregature, alle delusioni e ancor
più spesso alla solitudine, Quella peggiore, quella animica.”
“Aspetta,
aspetta, Ma che ragionamenti fai,? Non sono adatti alla
tua età... A proposito quanti anni hai?”
“A che
ti serve sapere la mia età? Comunque, se proprio vuoi conoscerla,
sappi che nessuno meglio di te la conosce”!
"Ma che
stai dicendo? Perchè mai dovrei conoscere la tua età. Non ti
conosco. Non conosco i tuoi. E' la prima volta che ti vedo. Ah, credo
d'aver capito! Non è che , per caso, tu voglia insinuare qualcosa di
infamante? Se fosse così, sappi che sono assolutamente sicuro di non
avere figli sparsi in giro. Anzi, se dovessi insistere sappi pure che
sono pronto a fare tutte le prove del DNA immaginabili e, subito dopo
a far partire denunce, querele e richieste di risarcimento danni per chi ti ha
messo in testa certe cose. Vai, vai, diglielo a chi ti manda. A
questo punto neanche mi interessa più sapere chi sei e di chi sei
figlio. Chiamo la polizia e amen.”
“Ma
smettila. Ma quale figlio! Ma che pensi di stare in una soap opera di
bassa lega? Ma vuoi che non sappia che nella tua visione di vita fedeltà e correttezza sono sempre state prioritarie? Che hai
sempre preferito un eventuale rimpianto al sicuro rimorso? Comunque, tranquillo,
non sono tuo figlio. Al massimo, parlando di parentela potrei
definirmi, forse, tuo fratello”.
“Fratello?
Eh certo, perchè così diventa tutto più chiaro. Un bel fratellino
di cinquant'anni più giovane fatto e concepito col pensiero da chi,
purtroppo non c'è più e tutto diventa comprensibile. L'unico
fratello che ho avuto, purtroppo se n'è andato anche lui molti anni
fa e, detto fra noi, neanche ti somigliava.”
“Oh
signur! Sembra proprio che stai perdendo la capacità di essere
attento e anche intuitivo. E' abbastanza ovvio che fratello fosse
un'iperbole. Ma avresti capito di più se ti avessi detto che sono una
parte di te? Che sono stato sempre con te? Che addirittura posso
quasi essere considerato te, che altrimenti saresti incompleto? Ovviamente, credo proprio di no.”
“No, no, aspetta aspetta! Fermiamoci un attimo. Credo di aver bisogno di
sedermi anch'io. Non so se comincia a mancare di più l'aria o la
ragione. Ripensandoci, già una volta anni fa, mi capitò di avere un
assurdo dialogo con quella che poi si qualificò come essere la mia
coscienza. Non ho mai saputo accettarlo razionalmente. L'ho messo e lasciato tra
le tante cose inspiegabili, senza spiegazione e risposta, che ci accompagnano nella vita fin dalla
nascita e che chiamiamo coincidenze, fortuna, caso o allucinazione.
Però diciamolo che forse, nella sua assurdità, era addirittura un
pochino più credibile rispetto quello che stai affermando tu. Lui
era uguale a me, praticamente un gemello. Tu, invece, che c'entri?
Sei un bambino. Un bambino molto particolare, anche molto sveglio e intrigante, te lo riconosco senza
fatica. Ma sei pur sempre un bambino...un...Mizio. Hai detto di chiamarti
Mizio, vero?”
“Sei
sveglio eh? Si mi chiamo Mizio. E indovina chi mi ha dato questo
nome? Dai anche con la tua lentezza di comprendonio e la tua
cocciutagine ci puoi arrivare. A questo punto non dovrebbe essere
troppo difficile persino per te”.
“Beh,
MIzio mi chiamavano da piccolo, Mizio mi chiama mia moglie. Come
Mizio firmavo le poesie e i disegni adolescenziali. E a Mizio lascio spesso l'onere di esprimere considerazioni quando ho la necessità di essere
più libero nell'esporre qualcosa. Quando voglio essere svincolato da
doveri e visioni condizionate e condizionanti.”
“Ecco
ci siamo! Io sono quel Mizio! In questo senso posso dire tranquillamente
che non solo sono un parte di te, ma che senza di me anche tu non
saresti completo. Menomato di una parte più che importante. Risponde al vero
che io senza te non potrei esistere, ma tu senza di me
semplicemente non saresti tu! Io sono la tua parte fanciullesca,
ingenua, sognatrice, utopista. Quella che tenta sempre, da una vita di condizionare e riequilibrare l'altra parte. Quella pubblica, seria, realista.
Quella legata a ruolo e posizione. Io sono quello che ti permette,
quando tu me lo permetti, di interpretare i vari ruoli della tua vita
in modo leggero, salvaguardando la serietà di fondo, ma senza
scivolare nella barbosa seriosità. Cosa non sempre, e non da tutti
capita e apprezzata. A te è toccata la scena pubblica, sei la parte
visibile di te... o, per meglio dire, di noi. Sei quello che cresce e adesso, quadrati, pure quello che comincia ad invecchiare. Sei quello obbligato dal ruolo a fare scelte e a interpretare un ruolo in questa gigantesca commedia
dell'assurdo che chiamiamo vita”.
“Ok,
credo di essere sufficientemente preparato anche alle cose più
improbabili. Credo che nulla, o quasi, mi possa sorprendere o
destabilizzare più di tanto. Però ti confesso che, se non è una
sorpresa in assoluto, non è neanche, ti assicuro, una cosa semplice
da capire e accettare. Spero tu mi possa capire.E a questo a questo punto
credo anche che mi si debbano alcune spiegazioni che
reputo dovute e obbligate.
Finora dov'eri? Perchè se sei parte di
me, io sto diventando anziano e tu sei rimasto bambino?
In che
rapporti sei con quell'altro tizio cui accennavo prima...la sedicente
mia coscienza?
Comincio ad essere decisamente a disagio pensando al
mio essere, che ormai sembra somigliare sempre più, una sorta di
affollato condominio. Perchè da quel che so dovrebbero, o potrebbero essere presenti anche la componente femminina e
l'ingombrante eredità del nostro ancestrale passato animalesco e
magari, chissà cos'altro.” Quasi quasi diventa più accettabile la classica divisione della chiesa corpo, anima, spirito almeno saremmo solo in tre
“Piano,
piano. Non correre, rischi di perderti. Io, essendo te, so esattamente tutto quello che potresti o
dovresti sapere anche tu. Quindi più di tanto, non posso dirti o
aiutarti nella comprensione. Ho il solo vantaggio di avere meno
sovrastrutture che mi permettono di avere una visione più chiara
delle cose, ma sempre limitatamente al nostro rapporto. Con la
coscienza non ho legami diversi o maggiori dei tuoi, cioè non
tangibili, ma ne avverto costantemente la presenza, a volte anche decisamente fastidiosa! Per quanto riguarda il mio essere rimasto
bambino credo te ne debba assumere pienamente la responsabilità.
Stavamo così bene insieme da bambini. Quello che interessava te a me
incuriosiva. Quello che era piacevole per te a me divertiva da matti.
Le tue amicizie erano le mie, le tue corse decidevo io dove
indirizzarle e quando fermarsi. Nostre erano le scoperte, nostre le
stesse passioni. Poi non so come o perchè, qualcosa è cominciato a
cambiare. Tutto è cominciato quando hai iniziato a guardare le
ragazzine con occhi diversi da quelli di solo pochi mesi prima. Ti
atteggiavi, cominciavi a perdere troppo tempo nel trovare la
pettinatura, i vestiti, e tutte quelle carinerie che potessero
catturare il loro interesse. E poi la scoperta della politica, il
calarsi nei ruoli che progressivamente la vita ti obbligava ad
interpretare. Progressivamente per sempre meno tempo e per meno volte, avevo la
possibilità di crescere e imparare con te. Rimanevano quei pochi
spazi che dedicavi alla scrittura, molto intima, crepuscolare e anche pallosa, lasciatelo dire, di quel periodo.
Ricordo
quando cominciasti ad interessarti di ambiente ed ecologia. Cominciasti a esplorare con lunghe giornate di full-immersion nella
natura tra prati, fossi, stagni e boschi cuocendo dal caldo d'estate e tremando dal freddo in inverno. In quei momenti, quasi
sempre vissuti in solitaria, sentivo di essere, e forse lo eravamo
veramente, una cosa sola. Anche se ognuno aveva un suo particolare
approccio. Tu cercavi, osservavi, annotavi. Cercavi le motivazioni che giustificassero anche agli occhi di chi non era interessato alla protezione ambientale, quali
fossero quelle per cui invece, fosse necessario farlo. Io , invece, vivevo lo
stupore, la magia della scoperta, la meraviglia di fronte a un fungo
dalla forma particolare o a un involo improvviso di un uccello. Tu
cercavi di fare un lavoro serio, mentre io guidavo la tua mano a
casa. Trasformando in scritti e disegni ciò che avevamo visto. Ma
quello fu quasi un'eccezione e, praticamente, il nostro canto del cigno. Così, fin
troppo presto, mi sono ritrovato rinchiuso nell'angolo più buio e
isolato del tuo animo. Senza più la possibilità di partecipare alla tua
(nostra) vita. Così mentre tu continuavi a crescere, e più crescevi
e più ti sclerotizzavi nella tua visione
limitata e monca della vita, ti avviavi senza rendertene conto anche
ad un lento, inesorabile invecchiamento. E mentre tu invecchiavi, io
restavo quello che ero, un bambino. Un bambino dimenticato, relegato
ai margini, impossibilitato ad attirare le tua attenzione, pur
avendoci provato milioni di volte. Un bambino che non cresceva ma in cui aumentavano sempre più rabbia e
frustrazione.
Riesci a seguirmi? Non voglio osare chiederti se mi
capisci. Forse per te, così insensibile e poco accorto sarebbe
chiedere troppo!”
“Uè,
ragazzino, Non offendere per favore. Se, come dici, sei parte di me
da sempre, conosci benissimo i miei limiti, ma anche i miei pregi. Sai
cosa ho fatto, quali mari e deserti animici e pratici ho dovuto
attraversare e sai, certamente quanto, pur essendo praticante
sistematico del dubbio, non sia chiuso o refrattario di
fronte a qualsiasi evenienza.
Quindi, prendendo per vero, in via ipotetica, ciò
che affermi, perchè ti saresti manifestato in maniera così
tangibile solo oggi? Se il tuo desiderio fosse stato veramente quello
di fare cose insieme a me, perchè non l'hai manifestato praticamente
molto tempo fa?”
“Ti ho
già detto prima che ci ho provato sempre. In ogni giorno e in ogni
notte ero lì vicino a te. Così vicino, eppure così lontano da non poter essere
ascoltato e, tantomeno visto. Le sovrastrutture che ti sei
costruito... no, per meglio dire quelle che hai permesso ti
fossero costruite intorno, ti mettevano nell'impossibilità di
percepire i livelli vibratori e sentimentali con cui avremmo potuto
comunicare e vivere esperienze condivise”.
“Asp...scusa
quali vibrazioni, che stai dicendo? Vai piano, fatico a seguirti.”
“Lo
sapevo che sarebbe stata dura ma ascoltami. Ti faccio un esempio
pratico. Hai presente le onde radio? Ad ogni frequenza corrisponde
una vibrazione diversa da tutte le altre. Incomunicabili e non sovrapponibili.
Per ascoltare una determinata stazione radio non è sufficiente avere uno strumento idoneo ed accenderlo. Bisogna anche sintonizzarlo sulla giusta
frequenza. Ecco tra noi per tantissimo tempo non è stato possibile
comunicare perchè abbiamo occupato frequenze diverse. Non so se
adesso ti può essere più chiaro.”
“Si, boh, cioè così sembra un po' più chiaro. Però di conseguenza diventa naturale
chiederti perchè proprio oggi e non prima? Ieri, l'anno scorso o ancora prima? Cavolo, hai avuto decenni a disposizione
“Semplice,
ricordi? Stavi guardando il tramonto. Non pensavi a nulla, eri quasi
in pace, o meglio in equilibrio con gran parte del tuo essere e, quasi quasi, anche con l'intero universo. Ecco in quel preciso momento la tua
vibrazione si è riconnessa sulla stessa lunghezza d'onda della mia
riaprendo un varco comunicativo tra noi. In quel momento,
anche se ero mezzo addormentato, sono riuscito ad approfittarne e a
sgusciare fuori da quel varco. Addirittura con la possibilità
di potermi rendere anche visibile. Sappi che è un privilegio raro e riservato a
pochi, non sottovalutarne l'enorme valore potenziale.”
“No,
certamente non potrei né sottovalutare né fare finta di nulla. Però
mi capirai se, decisamente, non sono del tutto lucido e presente a me stesso in
questo momento. Ammettendo che riesca a mantenere un minimo di lucidità. A questo punto che dovrei o vorresti che faccia per te...o meglio per
noi?”
"Niente
di più e niente di meno di quello che stavi facendo prima che ci
incontrassimo. Alza lo sguardo, libera l'anima, cerca sempre lo
stupore e l'ingenuità del fanciullino. Annega nel bello, ricerca la
giustizia, non essere severo con gli altri e soprattutto con te
stesso. Sii sempre pronto a portare il tuo peso col sorriso. È il modo migliore di renderlo più leggero, e io sarò lì ad
aiutarti in questo. Non chiudere i rubinetti delle valvole di sfogo o
uscite di sicurezza dalla seriosità e dalla monotonia. Ritorniamo
insieme, riportami per campi e per boschi. Emozioniamoci ancora alla vista del falco
o di una farfalla su un fiore. Portami con te sempre, anche nei
momenti più duri e prometto che farò del tutto per renderteli
più sopportabili. Non scegliere e non permetterti di invecchiare da
solo quando possiamo tranquillamente continuare a crescere insieme.
Qua la mano Maurizio!”
“Eccola
Mizio!”
MIZIO
sabato 28 settembre 2019
TERRA E GIOVENTU' BRUCIATA?
Ieri hanno manifestato per il clima milioni di giovani e meno giovani in
tutto il mondo e anche in Italia. E' comunque un fatto sempre
importante e di buon auspicio che, sopratutto i più giovani scendano
in piazza, prendano coscienza e cerchino di indirizzare le scelte per
il proprio futuro. Quindi la valutazione complessiva è,e rimane
estremamente positiva. Gli imbecilli che ironizzano su Greta e i
gretini, li lasciamo tranquillamente continuare a crogiolarsi nei loro
convincimenti. Li lasciamo nella loro presunzione di superiorità
stabilita da chissà quale cieca divinità che li ha scelti come
razza e come individui superiori. li lasciamo volentieri nelle loro
convinzioni di vivere su un pianeta dalle risorse inesauribili per le
quali sono giuste, sacrosante e giustificate anche le guerre. Li
lasciamo al loro unico punto di vista che la competizione e lo
sfruttamento dell'uomo sull' uomo e del pianeta siano l'unica forma
di convivenza possibile. Li lasciamo nel loro ostinato tener basso lo
sguardo capaci di guardare solo al piccolo meschino interesse
immediato, perchè se alzassero gli occhi al cielo e tutt' intorno,
vedrebbero la bellezza e la meraviglia dell' universo intero.
Universo che, se creato da un Dio o dal caos, poco importa, si attiene
a leggi universali che non prevedono eccezioni di sorta neanche per i
più potenti fra noi. La vita di tutto il pianeta è sì una cosa
meravigliosa ma anche stupendamente fragile, legata a equilibri
frutto di milioni di anni di evoluzione e in continuo, perenne
aggiornamento. Troppi di noi, pensano ancora che tali equilibri
possano essere tranquillamente rotti e violentati senza che ci siano
pesanti ritorni da pagare per chi ne è l'autore. Finora questi ritorni il sistema capitalista (che è stato il primo e maggiore
colpevole delle accelerazioni nel consumo e nello sfruttamento) li ha
dirottati sui popoli meno avanzati tecnologicamente del Terzo Mondo e
sulle classi subordinate dei propri paesi. Oggi gli equilibri
politici ed economici del mondo stanno cambiando molto rapidamente e
paesi un tempo arretrati, seguendo lo stesso modello di sviluppo,
hanno esponenzialmente aumentato la velocità di un rapido
esaurimento delle risorse naturali provocando altresì, enormi
cambiamenti del clima e sull'habitat dell'intero pianeta, comprese le
sue regioni più remote e considerate incontaminate. La
deforestazione e la desertificazione di enormi porzioni del pianeta
avanzano inesorabilmente privando di risorse e possibilità di vita
dignitose intere popolazioni, provocando anche una cospicua parte di
quel fenomeno migratorio che tanto preoccupa gli eletti del Signore
di cui sopra.
Quindi
che milioni di ragazzi e ragazze di tutto il mondo esprimano
pubblicamente e in modo prepotente le loro preoccupazioni è da
salutare sicuramente in modo non positivo, ma di più. Ma con
altrettanta decisione e chiarezza va detto loro e a tutti noi che la
battaglia per la salvezza del pianeta e della stessa vita che esso
permette, passa certamente anche da un uso più virtuoso o,
addirittura col divieto dell'uso del sacchetto o della cannuccia di
plastica, ma fondamentalmente dovrà passare attraverso un cambiamento totale del
nostro attuale stile di vita a cominciare dalla lotta al consumismo.
Boicottare i prodotti con package non riciclabile è utile ma non
quanto lottare contro il sistema che ne rende possibile o addirittura
necessaria, la produzione. Il pericolo maggiore che questa
generazione di ragazzi corre è quello, come altre precedenti, che si
convincano che si possa o si debba venire a patti col sistema, invece
che impegnarsi quotidianamente e senza condizionamenti per cambiarlo
fin dalla alla base. Questo non vuol certo essere un appello
all'insurrezione popolare adolescenziale, ma è indubbio che una
lotta per salvare il pianeta non possa che sposarsi con lotte
democratiche per cambiare l'intero sistema societario. Da me non
avrete appelli a votare o sposare la causa di questo o quel partito
ma un consiglio non posso fare a meno di darlo. Diffidate, diffidate
sempre da chi vi userà come un'icona laica da portare in giro a
coprire le proprie malefatte. Diffidate da chi vi offrirà una
candidatura o da chi vi osannerà in programmi televisivi, un attimo
prima di passare la linea alla pubblicità. Ascoltate tutti, non
seguite nessuno se non la vostra coscienza. Non fate della lotta per
salvezza del mondo un fatto esclusivamente generazionale, perchè siete giovani oggi
e lo sarete per un po', ma poi diventerete adulti, uomini e donne che
avranno il compito e la responsabilità di educare e formare altri
giovani. Per salvare il pianeta c' è bisogno di un ripensamento
generale del modello di vita e dei rapporti interpersonali o tra i
popoli. Faccio un esempio. Fino agli anni '80, in Italia la fauna
selvatica era considerata “res nullius” cioè cosa di nessuno.
Quindi gli eventuali danni o prelievi illeggittimi erano puniti in
maniera estremamente lieve proprio per la scarsa considerazione
giuridica. La situazione cambiò quando invece venne considerata non
più cosa di nessuno ma proprietà di tutti attraverso lo Stato, con
ricadute pesanti sul piano giuridico. Ecco questo sarebbe un primo
passo da pretendere dagli organismi sovranazionali come l'ONU.
Considerare Gaia (il bel nome dato alla Terra considerandola un unico
essere vivente) un bene universale il cui utilizzo, almeno per le
cose che rivestono importanza globale al di là dei confini
geopolitici, come le grandi foreste tropicali o delll'Artico non possono essere delegate ai singoli paesi. Parliamo degli oceani dei mari, della calotta polare, dell''Antartide e, comunque di tutti quegli ambienti che devono essere protetti e salvaguardati perchè
elementi garanti di un equilibrio globale. Mi sembra persino ovvio
sottolineare che questo senza una visione sociale completamente
diversa non sarebbe possibile, Non sarebbe né giusto né possibile
scaricare il costo e i limiti di tali scelte alle popolazioni locali
o, semplicemente più povere. Ci sarebbero da fare scelte che
spostino ricchezze da dove ce ne sono troppe e inutilmente accumulate
a favore di chi ne ha molte di meno. Si accennava prima all'equilibrio
necessario in tutto l'Universo. Ecco la ricerca di equilibrio anche
nel sociale deve essere il primo e pregiudiziale atto da
intraprendere per invertire il percorso distruttivo perseguito negli
ultimi secoli. Poi chiamatelo come volete socialismo, comunismo,
solidarismo, volemose bene, alla fine è il risultato che conterà.
Ovviamente,
e questo vale soprattutto per i giovani che hanno sfilato e
manifestato nei paesi più ricchi e privilegiati, come il nostro c'è
da saper che per salvare il pianeta sarà non solo utile, ma
indispensabile anche un cambio delle nostre abitudini di vita.
Spostare risorse per una mobilità collettiva più sostenibile, forse
dovremo dire addio all'aria condizionata dappertutto. Magari
bisognerà rinunciare a cambiare smartphone o abbigliamento tutti gli
anni. Riscoprire il concetto di uso delle cose sostituendolo a quello
di consumo. Non partecipare e non incentivare la corsa
all'arricchimento individuale, spendersi per il prossimo, lottare per
lavorare meno per lavorare tutti.
Se
si sarà disposti e convinti a fare tutto ciò(e io me lo auguro)
forse quella di ieri potrebbe essere solo la prima parte di
un'avventura straordinaria verso una magnifica utopia.
D'altra
parte la belleza e la forza dell'essere giovani è proprio la
capacità di sognare e credere nelle utopie.
MIZIO
lunedì 11 marzo 2019
"NON TACERE"
Film documentario di Fabio Grimaldi sulla straordinaria esperienza umana, politica e di testimonianza di Don Roberto Sardelli e della "Scuola 725" nel borghetto romano dell'Acquedotto Felice negli anni che vanno da 1968 al 1973.
giovedì 13 dicembre 2018
La Giunta Zingaretti favorisce la speculazione immobiliare nei parchi naturali del Lazio.
Lo scorso 12 settembre 2018 è stato approvato, con emendamenti, l’articolo 3 della proposta di legge regionale n. 55 del 2018 sulla semplificazione amministrativa effettuata dalla Giunta regionale del Lazio, presieduta da Nicola Zingaretti, che ha modificato l’art. 26 della legge regionale Lazio n. 29/1997 e s.m.i. sulle aree naturali protette.
La modifica riguarda la procedura di approvazione dei piani dell’area naturale protetta (parchi e riserve naturali), ora impera il silenzio – assenso: “trascorsi tre mesi dall’assegnazione della proposta di piano alla commissione consiliare competente la proposta è iscritta all’ordine del giorno dell’Aula … Il Consiglio regionale si esprime entro i successivi centoventi giorni, decorsi i quali il piano s’intende approvato”.
In precedenza, la Giunta regionale, entro 90 giorni, raccoglie i necessari pareri esterni e ne formula uno complessivo, poi assegna la proposta alla Commissione consiliare competente, che – sempre entro altri 90 giorni – invia la proposta di piano all’Aula per il pronunciamento definitivo.
In realtà, può mancare qualsiasi pronunciamento, perché è sempre previsto il silenzio – assenso. In complessivi sette mesi di silenzio – assenso il piano dell’area naturale protetta può esser approvato senza la benchè minima discussione.
Una vera e propria autostrada amministrativa per favorire le più devastanti speculazioni immobiliari anche nei parchi e nelle riserve naturali del Lazio.
Qualche esempio: la proposta di piano della riserva naturale “Tenuta dell’Acquafredda” prevede ben 180 mila metri cubi di volumetrie “a scopo socio-sanitario” per la “valorizzazione di terreni di proprietà dell’ente ecclesiastico” Amministrazione Patrimonio Sede Apostolica, il Vaticano, per capirci, mentre numerosi interventi di grave trasformazione del territorio avverranno mediante piani ambientali di miglioramento agricolo (PAMA) comprendenti impianti di compostaggio, centro di vendita ortofrutticola e nuove volumetrie (es. Quarto della Zolforatella).
L'operazione è decisamente grave sul piano politico-ambientale, ma rivela anche profili di incostituzionalità, visto che contrasta con gli articoli 12, 22 e 25 della legge n. 394/1991 e s.m.i. sulle aree naturali protette, legge quadro che vincola anche le normative regionali e che prevede la valenza di piani paesistici per i piani delle aree naturali protette, obbligando la Regione alla co-pianificazione con il Ministero dell’ambiente e con il Ministero per i beni e attività culturali.
Se la legge regionale, una volta approvata, conserverà tali aspetti, il Gruppo d’Intervento Giuridico onlus rivolgerà un’istanza al Governo perché la impugni (art. 127 cost.) davanti alla Corte costituzionale per lesione delle competenze statali in materia ambientale (art. 117, comma 2°, lettera s. cost.).
Come avvenuto per i tagli boschivi nella riserva naturale “Decima – Malafede” della primavera 2018, più volte denunciati dal Gruppo d’Intervento Giuridico onlus in tutte le sedi, emergono gravi omissioni e assordanti silenzi nell’attività gestionale delle aree naturali protette del Lazio e di Roma Capitale in particolare, segno evidente che la speculazione e la difesa degli interessi particolari sia amorevolmente considerata in via trasversale fra le forze politiche.
Gruppo d’Intervento Giuridico onlus
La modifica riguarda la procedura di approvazione dei piani dell’area naturale protetta (parchi e riserve naturali), ora impera il silenzio – assenso: “trascorsi tre mesi dall’assegnazione della proposta di piano alla commissione consiliare competente la proposta è iscritta all’ordine del giorno dell’Aula … Il Consiglio regionale si esprime entro i successivi centoventi giorni, decorsi i quali il piano s’intende approvato”.
In precedenza, la Giunta regionale, entro 90 giorni, raccoglie i necessari pareri esterni e ne formula uno complessivo, poi assegna la proposta alla Commissione consiliare competente, che – sempre entro altri 90 giorni – invia la proposta di piano all’Aula per il pronunciamento definitivo.
In realtà, può mancare qualsiasi pronunciamento, perché è sempre previsto il silenzio – assenso. In complessivi sette mesi di silenzio – assenso il piano dell’area naturale protetta può esser approvato senza la benchè minima discussione.
![]() |
L'antica torre dell'Acquafredda |
Una vera e propria autostrada amministrativa per favorire le più devastanti speculazioni immobiliari anche nei parchi e nelle riserve naturali del Lazio.
Qualche esempio: la proposta di piano della riserva naturale “Tenuta dell’Acquafredda” prevede ben 180 mila metri cubi di volumetrie “a scopo socio-sanitario” per la “valorizzazione di terreni di proprietà dell’ente ecclesiastico” Amministrazione Patrimonio Sede Apostolica, il Vaticano, per capirci, mentre numerosi interventi di grave trasformazione del territorio avverranno mediante piani ambientali di miglioramento agricolo (PAMA) comprendenti impianti di compostaggio, centro di vendita ortofrutticola e nuove volumetrie (es. Quarto della Zolforatella).
L'operazione è decisamente grave sul piano politico-ambientale, ma rivela anche profili di incostituzionalità, visto che contrasta con gli articoli 12, 22 e 25 della legge n. 394/1991 e s.m.i. sulle aree naturali protette, legge quadro che vincola anche le normative regionali e che prevede la valenza di piani paesistici per i piani delle aree naturali protette, obbligando la Regione alla co-pianificazione con il Ministero dell’ambiente e con il Ministero per i beni e attività culturali.
![]() |
Decima, Castello di Monte di Leva |
Se la legge regionale, una volta approvata, conserverà tali aspetti, il Gruppo d’Intervento Giuridico onlus rivolgerà un’istanza al Governo perché la impugni (art. 127 cost.) davanti alla Corte costituzionale per lesione delle competenze statali in materia ambientale (art. 117, comma 2°, lettera s. cost.).
Come avvenuto per i tagli boschivi nella riserva naturale “Decima – Malafede” della primavera 2018, più volte denunciati dal Gruppo d’Intervento Giuridico onlus in tutte le sedi, emergono gravi omissioni e assordanti silenzi nell’attività gestionale delle aree naturali protette del Lazio e di Roma Capitale in particolare, segno evidente che la speculazione e la difesa degli interessi particolari sia amorevolmente considerata in via trasversale fra le forze politiche.
Gruppo d’Intervento Giuridico onlus
Postato 18th October da Amici Riserva di Decima
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