mercoledì 29 febbraio 2012

COSA SUCCEDE SE USCIAMO DALL'EURO?








Risposta alla domanda:"Cosa succede se usciamo dall' Euro? Risponde Marshall Auerback, 28 anni di esperienza nel management degli investimenti. 















LA COSPIRAZIONE SPIRITUALE: L’ESERCITO DEI CONSAPEVOLI



"Sulla superficie del mondo proprio ora c’è Guerra e violenza e le cose sembrano oscure. Ma con calma e in silenzio, allo stesso modo, qualcosa d’altro sta accadendo  dietro le quinte. Sta avendo luogo una rivoluzione interiore ed alcuni individui sono chiamati verso una luce superiore.

E’ una rivoluzione silente. Dall’interiorità verso l’esterno. Dal basso verso l’alto. E’ l’operazione globale: una cospirazione spirituale. Ci sono cellule dormenti in ogni nazione sul pianeta. Non ci vedrete in TV. Non ci leggerete sui giornali. Non ci sentirete in radio. Non cerchiamo gloria. Non vestiamo uniformi. Veniamo in tutte le forme e misure, colori e stili.Molti di noi lavorano in modo anonimo. Lavoriamo  in silenzio dietro le quinte. In ogni Paese e cultura del mondo, in ogni città piccola o grande, in montagne e vallate, in fattorie e villaggi, in tribu’ e isole remote. Potreste passare accanto ad uno di noi per strada, e non notarci affatto.

Ci muoviamo in segreto. Restiamo dietro le quinte. A noi non interessa a chi va il credito finale, ma ci interessa semplicemente che il lavoro venga fatto. A volte ci incrociamo per strada . Ci facciamo un cenno in silenzio e continuiamo sul nostro cammino.

Durante il giorno molti di noi fingono di avere delle occupazioni normali, ma dietro la falsa facciata, di notte è dove avviene  il vero lavoro. Alcuni ci chiamano l’Esercito dei Coscienti. Stiamo lentamente creando il nuovo mondo con il potere delle nostre menti e dei nostri cuori.

Seguiamo con passione e gioia. I nostri  ordini giungono dall’Intelligenza Spirituale Centrale. Lanciamo bombe di amore delicate e segrete quando nessuno guarda. Poesie, abbracci, musica, fotografia, film, parole gentile, sorrisi, meditazione e preghiera, danza, attivismo sociale, casuali atti di gentilezza, siti, blogs…

Ognuno di noi esprime se stessi nel suo modo esclusivo, con i suoi propri talenti e doni. Sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo: questo il motto che colma i nostri cuori. Sappiamo che questo è il solo modo in cui la vera trasformazione accade. Sappiamo che in silenzio e umilmente abbiamo il potere di tutti gli oceani messi insieme. Il nostro lavoro è lento e meticoloso, come la formazione delle montagne. Non è nemmeno visibile a primo acchito.

Tuttavia, in questo modo si muoveranno intere placche tettoniche nei prossimi secoli.L’amore è la nuova religione del 21° secolo. Non dovete essere una persona particolarmente colta o avere una conoscenza eccezionale per comprenderlo. Giunge dall’intelligenza del cuore, incastrata nel battito evolutivo senza tempo, di tutti gli esseri umani. Sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo. Nessun altro puo’ farlo per te.

Stiamo assumendo nuove leve… Forse ti unirai a noi o lo hai già fatto. Tutti sono i benvenuti. La porta è aperta. " Autore sconosciuto

LOGOS

solitudine




Ora te lo scrivo, senza alcuna pretesa. tutto è legato, tutto è connesso. la realtà non è altro che una sottile trama, una ragnatela invisibile che ci avvolge e che ci unisce.
La ragione prima sta nelle connessioni di reti. Questa è la legge di natura, il motore primo, il senso. Non puoi capirlo, devi sentirlo. Non puoi spiegarlo, devi viverlo. Non puoi osservarlo, devi immergerti. Non puoi ragionarlo, devi crederci. Uomini di ogni secolo hanno percepito questa verità. Uomini che hanno capito che siamo parte di un tutto e che tutto è sempre maggiore della somma delle parti. Tu sai di cosa sto parlando, è dentro di te. Tu sai, nel tuo intimo, che non può essere che così. Perché ti ostini a cercare un senso fuori di te, quando ciò che è fuori corrisponde a ciò che è dentro. Perchè ti affanni a cercare un luogo per le tue verità quando la verità è un non luogo, dove tutto si unisce. Per una volta, rinuncia alle tue spiegazioni razionali e comincia a sentire. Segui Siddartha.
Ascolta il fiume che ti parla eppure non è mai lo stesso. Ascolta l’onda del mare che si prende beffa della nostra alterigia. Ascolta crescere un albero o morire una pietra…
E smettila di pensare, almeno una volta…

DI NUCCIO CANTELMI

martedì 28 febbraio 2012



ITALIA

Paese di terre come donne da amare
gioia per molti  ma da altri violentate,
gettato nel mare senza saper nuotare.

Terra dai cento passati e mille campanili,
non legge il presente, non scrive il futuro,
branco di cani randagi con  pochi canili.

Non più santi, poeti e navigatori
memoria dei vecchi sulle panchine,
presenti di escort, papponi ed evasori.

Tra chi non si arrende e chi, invece, se ne frega,
guardando le stesse albe e gli stessi tramonti
ripartiamo da noi stessi e da  quel che ancor ci lega.

MIZIO

ANIMALI ALL' ANTIBIOTICO.


Mucche

Animali ingozzati con gli antibiotici per accelerarne la loro crescita, e spuntano batteri resistenti che finiscono nei nostri piatti. Provocano infezioni talvolta mortali che rappresentano un alto costo per il sistema sanitario. Ma il sovraconsumo di antibiotici rappresenta un guadagno di produttività per l'industria agroalimentare che, negli Stati Uniti, si rallegra della recente decisione dell'Agenzia dell'alimentazione di autorizzare il loro massiccio utilizzo nell'allevamento.
Il consumo di antibiotici prescritti dai medici non è nulla se paragonato alla quantità ingerita con l'alimentazione. Secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), la metà degli antibiotici prodotti nel mondo è destinata agli animali. Una somma che si alza all’80%negli Stati Uniti! Un rapportodella Food and Drug Administrationstatunitense(FDA) stima che gli animali da allevamento consumano 13.000 tonnellate di antibiotici l’anno anno [1]. Questo sovraconsumo favorisce lo sviluppo di batteri resistenti che possono essere rintracciati nei cibi in caso di cottura insufficiente. Alcuni ricercatori hanno mostrato, peraltro, che gli antibiotici non sono presenti solamente nella carne, ma anche nei cereali o nei legumi coltivate nel terreno
Un studio pubblicato dalla rivista medica Clinical Infectious Diseases nel 2011 rivela che la metà della carne di bue, di pollo, di maiale e di tacchino venduta nei grandi magazzini degli Stati Uniti contiene germi resistenti agli antibiotici (lo stafilococco MRSA). Lo scorso agosto 16.000 tonnellate di tacchino contaminate dalla salmonella – resistente ai medicinali - sono state ritirate dal gigante agroalimentare Cargill. Bilancio: un morto e un centinaio di ricoveri.
La Francia detiene il record di resistenza agli antibiotici
Si sta sviluppando una resistenza agli antibiotici. "Ogni anno 100.000 americani muoiono in ospedale per un'infezione batterica, e non è che la punta dell'iceberg. Il 70% di queste infezioni è resistente ai trattamenti utilizzati abitualmente", ha affermato la deputata democratica Louise Slaughter [2], intervistata dal Guardian. La Francia detiene il record di resistenza agli antibiotici in Europa: il 50% per la penicillina e il 28% per la meticillina [3]. L'Unione Europea ha reagito nel 2006, vietando il consumo di antibiotici per aumentare la crescita degli animali. Negli allevamenti francesi vengono ancora consumate più di mille tonnellate di antibiotici ogni anno. Un studio dell'agenzia nazionale della medicina veterinaria ha valutato la presenza degli antibiotici in 67,7 mg per chilo di carne prodotta. Ha ricordato che gli "antibiotici recenti sono generalmente più attivi ed è sufficiente una somministrazione più ridotta". La Germania non fa eccezione, con i polli industriali ingozzati di "antibiotici".
Malgrado questa inquietante constatazione, negli Stati Uniti l'agenzia per l'alimentazione (Food and Drug Administration) potrebbe operare un’inversione di marcia “preoccupante". Alla fine di dicembre, ha ritirato la promessa – che risale agli anni ’70 - di controllare l’utilizzo di due degli antibiotici più utilizzati: la penicillina e la tetraciclina. I produttori potranno continuare a somministrarla a piacimento ai loro animali. La FDA preferisce, invece, concentrare gli sforzi sulla "possibilità di riforma volontaria" da parte degli agricoltori. Questa decisione - pubblicata con discrezione nel registro federale (Gazzetta ufficiale) alla vigilia di Natale - "non deve essere interpretata come il segno che la FDA non ha alcuna preoccupazione sanitaria" sull'argomento, si è sentita obbligata di precisare. Un simpatico ";regalo di Natale dell’FDA alle fattorie industriali", hanno ironizzato alcuni commentatori.
Venti miliardi di dollari l’anno a carico del sistema sanitario
Questa sovradosaggio di antibiotici ha un suo costo: ogni anno l’MRSA (stafilococco resistente alla meticillina) è responsabile del decesso di 19.000 pazienti negli Stati Uniti, e provoca sette milioni di visite dal medico o nei pronto soccorso, ha stimato Maryn McKenna, giornalista specializzata in salute pubblica: "Ogni volta che una persona contrae l’MRSA, i costi sanitari sono moltiplicati per quattro. La resistenza agli antibiotici è un peso enorme per la salute pubblica nella nostra società." Un costostimato in venti miliardi di dollari l’anno per il sistema sanitario statunitense.
Ma la lobby agroalimentare combatte anche la battaglia delle cifre: per la National Turkey Federation, gli antibiotici permettono di diminuire di un terzo il costo di produzione [4]. Gli antibiotici diminuiscono il tempo di crescita e sono necessari perché gli animali possono riuscire a vivere ammucchiati a migliaia nei porcili e nei pollai. Senza antibiotici, ci vorrebbero più infrastrutture agricole. E 175.000 tonnellate di cibo in più, un grosso danno per la produzione del tacchino negli Stati Uniti, affermano i professionisti del settore.
Sono gli argomenti che sembrano avere convinto la FDA a respingere ogni decisione per regolamentare il consumo di antibiotici. Probabilmente - in periodo elettorale -, per evitare un finanziamento massiccio da parte della lobby agroalimentare della campagna repubblicana. In gennaio, dopo aver subito una caterva di critiche, la FDA ha annunciato di voler limitare da aprile l'utilizzo di una categoria di antibiotici, le cefalosporine, per i bovini, i maiali e il pollame. Una buona iniziativa di comunicazione: i media hanno ripreso all'unisono questa decisione, sottolineando gli sforzi della FDA per "limitare l'uso degli antibiotici”. Ma si sono dimenticati di precisare che le cefalosporine rappresentano solo lo 0,5% degli antibiotici utilizzati nell'allevamento. I consumatori non hanno molto da rallegrarsi. E neppure potrà risolvere questo grave problema sanitario.
Note:
[1] Nel 2000 l'Istituto per la Salute animale, in rappresentanza dei produttori di medicinali veterinari, ha valutato il consumo di antibiotici nell'allevamento in 8.000 l’anno negli Stati Uniti.
[2] Autore di un testo di legge sulla resistenza agli antibiotici: “Preservation of Antibiotics for Medical Treatment Act”.
[3] Utilizzate rispettivamente contro il pneumococco e lo stafilococco dorato, i principali batteri all'origine degli infezioni nosocomiali. Fonte: Rapporto parlamentare, Ufficio parlamentare di valutazione delle politiche sanitarie, depositato il 22 giugno 2006.
[4] "Today at retail outlets here in the D.C. market, a conventionally raised turkey costs $1.29 per pound. A similar whole turkey that was produced without antibiotics costs $2.29 per pound. With the average consumer purchasing a 15 pound whole turkey, that would mean there would be $15 tacked on to their grocery bill", Michael Rybolt, National Turkey Federation, audizione alla sottocommissione per l'allevamento della Camera dei Rappresentanti.

IL FLOP DELL' ALTA VELOCITA'



Tratto da “Altreconomia
Al secondo piano di un edificio del Politecnico di Milano, Paolo Beria e Raffaele Grimaldi hanno preparato una “bomba”. Ricercatori per il Dipartimento di architettura e pianificazione (diap.polimi.it), hanno confezionato l’ordigno nella prima metà del 2011, per lanciarlo a settembre. La bomba -tutta mediatica- di cui parliamo è una ricerca che riguarda l’Alta velocità in Italia. Si intitola “An early evaluation of italian high speed projects” e dimostra che, salvo (forse) la tratta Milano-Roma, finora la Tav italiana è costata di gran lunga troppo (32 miliardi di euro in 20 anni, vedi Ae 134) rispetto ai benefici che ha portato. E qualcosa di simile vale anche per le tratte future, Torino-Lione in testa. 
“Si tratta di una ricerca indipendente, che abbiamo pubblicato sul trimestrale del laboratorio ‘Mobilità e Ambiente’ dell’Università di Napoli (tema.unina.it/index.php/tema/article/view/486). Abbiamo preso i pochissimi dati che le Fs hanno messo a disposizione, e da lì ci siamo mossi per analizzare la domanda delle ‘Frecce’ sulla rete. Non abbiamo considerato nel conto degli investimenti la tratta Firenze-Roma, che già esisteva prima del 1992”. Beria e Grimaldi, a dispetto della competenza e della professionalità con cui snocciolano i dati, sono molto giovani: 34 anni il primo, 28 il secondo. 
“Abbiamo fatto una valutazione ex post delle linee realizzate, attraverso un’analisi ‘costi benefici’, e sulla base di questa abbiamo dato un giudizio sulle singole tratte dell’Alta velocità”.
La metodologia usata deriva dalla letteratura sull’argomento, che è consolidata. “Ciò ha permesso di svolgere l’analisi con pochi dati: i costi di investimento, i costi di esercizio e di manutenzione (attuali e senza queste strutture) e dall’altra parte i benefici in termini di risparmi di costi e risparmio di tempo per i passeggeri. Gli indicatori non li abbiamo scelti arbitrariamente: abbiamo utilizzato standard internazionali”. 
Tradotto, la domanda che Beria e Grimaldi si sono fatti è stata: quanti passeggeri sono necessari per giustificare la spesa di realizzazione per ogni singola tratta di Alta Velocità? E la risposta è la bomba: “La Milano-Bologna è costata poco meno di 7 miliardi di euro, per un risparmio rispetto al 1999 di 37 minuti. A queste condizioni, secondo i nostri calcoli l’investimento è giustificato con  circa 9 milioni di passeggeri all’anno. Oggi siamo tra i 6 e i 7 milioni di passeggeri. Abbiamo l’impressione che questo tratto quindi sia giustificabile, tenendo conto di una crescita della domanda. Diverse le cose per le altre tratte.
Ad esempio la Torino-Milano, costata 7,7 miliardi di euro per risparmiare 32 minuti, avrebbe bisogno di 14 milioni di passeggeri. Oggi sono al massimo un milione e mezzo, e Trenitalia ne stimava, nel 2007, 2,1 milioni. Qui il problema sono stati i costi sproporzionati, dovuti alla progettazione in affiancamento all’autostrada. Basta percorrerla per capire che si tratta di un progetto sovradimensionato. Senza contare i sovracosti dovuti ai meccanismi di affidamento esterno, di cui anche la stampa si è occupata”. La Bologna-Firenze merita un discorso a parte: “È la tratta che ha più domanda in assoluto, poiché si somma a quella che proviene da Milano e poi da Venezia. Nel 2010 ha avuto più di 10 milioni di passeggeri, ma anche in questo caso la domanda necessaria per coprire l’investimento era di 20 milioni. Per risparmiare soli 14 minuti”. 
Infine, la Roma-Napoli (35 minuti di risparmio di tempo): “Oggi conta 3 milioni di passeggeri, l’obiettivo di Trenitalia, non raggiunto, è di 4,6 milioni. Ma ne servirebbero 8 milioni”. 
Quindi c’è qualcosa che non va nell’intero progetto, o quantomeno nella valutazione che ne è stata fatta. “L’Alta Velocità italiana è una rete costruita su uno standard europeo -ovvero quello delle ferrovie francesi- che ha caratteristiche particolari. Utilizza corrente alternata: un treno normale non può andarci sopra. Ovvero, sulle linee Av sarebbe più costoso fare servizi di tipo Intercity, perché servirebbero per forza treni nuovi. Ciò significa che oggi alcune linee in particolare sono sottoutilizzate. Tra l’altro, il progetto iniziale prevedeva interconnessioni con la linea storica: sono state realizzate ma non rese operative. Ad esempio: sulla Milano-Bologna sarebbe utile uscire dalla rete e servire, ad esempio, Reggio Emilia e poi rientrare.
Nella realtà questo non avviene, perché si è scelto di privilegiare la velocità. Forse gli emiliani non sono contenti di veder passare un ‘proiettile’ che ferma solo nei centri maggiori. In Germania e Svizzera ad esempio hanno reso solo alcune tratte ad alta velocità, e, soprattutto, adeguato alcuni nodi per avere migliori collegamenti in ottica di rete. I tedeschi distinguono tra Intercity e Intercity Express, ma non esiste un ‘prodotto’ che si chiama alta velocità”. Non solo. “All’estero si fa l’analisi costi benefici in via preventiva, e la scelta su quali opere fare -e come- si basa sulla comparazione tra le varie opzioni e i vari progetti. Da noi si è fatto il contrario: prima si progetta, poi si valuta quanto i benefici superano -se li superano- i costi. Si prenda il traffico merci: ad oggi nessun treno merci ha mai viaggiato sull’Alta velocità italiana, né mai accadrà. Non è conveniente.
Tuttavia la rete è stata costruita anche per il trasporto merci. Il che l’ha resa più costosa, senza che vi fosse alcuna previsione che giustificasse neanche lontanamente l’investimento”. 
La ricerca si occupa anche di linee progettate. “Ci siamo limitati a confrontare i pochi dati disponibili sulla domanda. L’impressione è che siano delle stime di crescita di passeggeri e merci davvero rilevanti, che appaiono piuttosto ottimistiche. La Torino-Lione, in particolare, nasce come linea per passeggeri, poi diventa anche merci perché si capisce che la domanda di passeggeri non c’è.
È un dato presente anche negli studi ufficiali a favore della linea. Se si dovesse partire da zero, sarebbe una linea su cui proprio non investire, se non sul nodo di Torino e sulla tratta della valle col trasporto dei pendolari. Per come è andato il progetto e l’aspettativa che ha prodotto, una soluzione poteva essere di spezzare in fasi i lavori, iniziando dalla zona più problematica (ovvero la zona di Torino) e solo alla fine valutare la necessità di un tunnel in Val Susa. Che al momento non è dimostrata”. —

La Tav sotto FirenzeTutti i passeggeri delle “Frecce”, anche quelli che mancano, sentono il bisogno di nuove stazioni “ad Alta velocità”. A Firenze, il progetto è firmato dall’archistar Norman Foster (vedi Ae 131), e si accompagna all’esigenza di realizzare un tunnel da 7 chilometri sotto la città, per saltare il collo di bottiglia di Santa Maria Novella, stazione di testa, e proseguire la corsa verso Roma risparmiando un quarto d’ora. Servono almeno 1,3 miliardi di euro, dalle 5 alle 8 volte in più rispetto al progetto alternativo, elaborato volontariamente da architetti, geologi, ingegneri e urbanisti del Comitato contro il sottoattraversamento Tav (www.notavfirenze.blogspot.com), oggi raccolto in un corposo volume pubblicato da Alinea editrice.
“Tav sotto Firenze” (368 pp., 28,50 euro) che racconta  impatti, problemi, disastri, affari ma dà soprattutto conto dell’alternativa possibile

domenica 26 febbraio 2012

VIVISEZIONE, 900 SCIMMIE CONDANNATE A MORTE IN BRIANZA




Sono 900, "impacchettate" e spedite dalla Cina all'Italia. Dove, nella ridente cittadina brianzola di Correzzana, arriveranno per morire tra atroci sofferenze "sacrificandosi" per la scienza. Quello in arrivo nei laboratori della Harlan è uno dei più grossi carichi di scimmie da vivisezione importati nel nostro Paese, e immediatamente è scattata la rivolta degli animalisti, che chiedono di fermare una volta per tutte il massacro.

Spediti per posta aerea via Fiumicino, gli animali arriveranno dalla Capitale a contingenti di 150 "pezzi" alla volta, rivela un servizio di Repubblica. Che spiega come l'allevamento brianzolo della multinazionale americana sia un punto di smistamento che offre i propri servizi di sperimentazione per conto terzi a un'infinità di laboratori, ospedali, università e aziende farmaceutiche di tutto il mondo.

Le povere bestie arrivano in Brianza e qui vengono uccise su commissione. "La vivisezione sui primati in Italia - spiega al quotidiano Paolo Mocavero, presidente dell'associazione Cento per cento animalisti - è molto restrittiva, ma le normative vengono regolarmente aggirate con autorizzazioni di veterinari compiacenti". E quindi le associazioni che da ieri hanno organizzato sit-in di protesta davanti alla sede della multinazionale chiedono alle autorità di effettuare controlli più stringenti.








Perché quello della vivisezione è un business da decine di miliardi, e dietro la facciata della ricerca scientifica si nascondono spesso situazioni che vanno oltre il limite dell'immaginazione, con animali uccisi tra sofferenze indicibili tra torture che non hanno nulla da invidiare a quelle riservate nella storia ai peggiori criminali.

Tanto per fare un esempio, proprio il laboratorio Harlan di Correzzana fu teatro, nel 2006, di un'incursione dei militanti del Fronte Liberazione Animale, che fotografarono l'interno dello "stabilimento della morte": migliaia di roditori in pile di gabbie di plexiglass, decine di carogne nei frigoriferi dei laboratori, alcune delle quali impalate con stuzzicadenti, e decine di macachi costretti a vivere tra sangue e feci.

Ora, memori di quell'episodio, gli animalisti chiedono che le autorità intervengano per controllare che cosa succede all'interno del laboratorio al quale sono state destinate le 900 scimmie. "In Italia - spiega a Repubblica Susanna Chiesa, di Freccia45 - vengono sottoposti a sperimentazione 3mila animali al giorno. La vivisezione è una falsa scienza, inutile e arcaica, attuata da persone che si arrogano il potere assoluto di decidere se e come seviziare e porre fine alla vita di altri esseri viventi. Continueremo a batterci perché questo vergognoso atto di atrocità venga definitivamente vietato".


http://www.nocensura.com

sabato 25 febbraio 2012

LA SINISTRA E L'EUROPA (1° PARTE)



L’Italia aderendo nel 2002 all’Eurozona con altri paesi aderenti alla UE ha di fatto sancito la sua rinuncia alla emissione di moneta nazionale. Per fare questo chi ha memoria sa quanto è costato in termini di sacrifici alla popolazione italiana, che aggiunta alla privatizzazione delle industrie e dei servizi di Stato facendo inziare un lento ma inesorabile declino alla economia nazionale. Era un sacrificio da affrontare perché l’Euro ci avrebbe resi più forti. Dall’entrata dell’Italia nell’Euro abbiamo perso il 40% della ricchezza nazionale. Gli Italiani non sono stati per nulla informati di cosa in effetti era l’Euro. Volutamente non informati.


 

L’Euro è una Moneta Privata (unico caso al Mondo) che viene emessa da una Banca Centrale Europea che è di proprietà di 16 banche centrali (che sono private) dei paesi aderenti all’Eurozona + la Banca d’Inghilterra che come tutti sappiamo non ha adottato l’Euro come sua moneta nazionale.Strano ma vero.
Ogni Stato che per sue necessità ha bisogno di moneta se la deve andare a cercare sul Mercato ai costi che essi stabiliscono. Creando un rapporto tra creditore e debitore di tipo privatistico. Per cui lo Stato perde totalmente le sue prerogative di poter pagare attraverso l’emissione di moneta sovrana nazionale e addebitando ai cittadini tutto il debito contratto.

Quando il tasso degli interessi sui titoli emessi dagli Stati è superiore al tasso di crescita economica lo Stato in questione è destinato ad un declino fino al totale fallimento,questo dopo aver prosciugato le risorse destinate ai suoi cittadini. Tagli a pensioni, salari, sanità, istruzione, trasporti, aumento delle imposizioni fiscali nazionali, regionali, provinciali, comunali. su tutto quello che è tassabile: auto, casa, tv, acqua, rifiuti, energia, gas, benzina, acqua, elettricità.

Con il Pareggio di bilancio (fiscal compact) che si vuole introdurre nella Costituzione, lo Stato non potrà più spendere moneta per i propri cittadini di quella che i cittadini stessi gli danno sotto forma di tasse.

In un quadro così composto si ha un duplice aspetto economico e democrazia.

Il primo la perdita di sovranità nazionale sia in materia monetaria che in quella di bilancio svuotano la Carta Costituzionale sui diritti/doveri che lo Stato ha nei confronti dei cittadini e viceversa. Oggi la Nostra Costituzione è Carta Straccia. La seconda che in questo processo di cessioni delle sovranità nazionali il popolo non è chiamato ad esprimersi né gli si dà la possibilitàdi farlo. Perchè? Semplice! In una democrazia ci sono in genere due fronti contrapposti storicamente divisi: Destra e Sinistra con un Centro diviso tra i due, che sono  portatori di idee e di concenzioni di governo quasi sempre in antitesi. In Italia è avvenuto che le due maggiori forze politiche si sono accordate per avere una sola linea politica economica che è il liberismo è l’accettazione del libero mercato privo di regolamentazione pubblica. Rinunciando di fatto alle prerogative della Politica che governa anche l’economia. Il Popolo giunti a questo punto non ha più una sovranità anche se gliela fanno esercitare con le elezioni ma di fatto non avendo nessuna possibilità di scelta se non quella di essere arrostiti da una parte o fritti in padella dall’altro.

Sottoposto ad una informazione totalmente fuorviante e di rincretinimento totale dovendosi accontentare delle falsità fatte passare per verità ad opera di giornalisti, economisti, politici, professori, ed esperti vari i quali pagati per mentire in Italia lo hanno saputo fare bene facendo del Liberismo l’unico orizzonte possibile,facendo leva sulla  paura “se succede sarà la fine saremo in brutte acque ecc” si lascia convincere e condotto come agnello all’altare sacrificale senza speranze. In tutto questo il CentroSinistra italiano è stato la punta di diamante del pensiero liberista. Il CentroDestra troppo populista per i gusti dell’economia liberista.

Una cosa mi piaceva essere di Sinistra ed era la capacità che essa aveva di fare autocritica quando si rendeva conto che qualche cosa non andava nella sua politica. Oggi questa non c’è più anzi c’è un processo di assolute verità (altro dramma che la sinistra ha prodotto tra i suoi militanti) “Uscire dall’Europa sia mai!” “L’Euro? Non si tocca” “I sacrifici sono necessari”

Scusate il disturbo.

Ma chi ha detto che dobbiamo uscire dall’Europa?
Basterebbe uscire dall’Eurozona. Tornare ad una moneta sovrana e non di proprietà della Banca d’Italia spa. Trasformare ciò che ci hanno fatto credere che il debito pubblico per lo Stato è un grande problema è farlo invece diventare un debito pubblico positivo per lo Stato che spende a favore dei suoi cittadini. Bisognerà rivedere i trattati e le direttive che cozzano contro le Costituzioni nazionali perché essere cittadini dell’Europa significa che dall’Irlanda alla Grecia  esistono le stesse norme di tutele della libertà della dignità della persona. Come lavoratore, disoccupato, ammalato, viaggiatore, consumatore e non dove c’è il lavoratore tedesco di serie A e il lavoratore di Irlanda, Portogallo di serie b, c, d, dove il Disoccupato tedesco è uguale al disoccupato italiano, spagnolo ecc. Dove c’è un governo che non lascia indietro nessuno anziché come ora salti chi può.

“Ha! Ma ci deprezzeranno la nostra moneta”

L’Italia è una delle prime economie al mondo ed anche se la sua moneta sarebbe svalutata né beneficeranno le nostre esportazioni e questa volta saranno Germania e Francia ha rimetterci le penne prima ancora di rimettercele con un crollo dell’Euro che progettato per distruggerci e ci  distruggerà a partire dallo Stato più piccolo economicamente a quello più grande.

C’è una frase che mi ha sempre colpito sull’onesta e sulla disonesta che viene riportata da un sito  come donchisciotte che recita:
    “Onesto è colui che cambia il proprio pensiero per accordarlo alla verità Disonesto è colui che cambia la verità per accordarla al proprio pensiero”
Sarà in grado la Sinistra di fare autocritica e di praticare una strada diversa da quella fino ad ora avuta? Continuerà la Sinistra  ad essere amica del Giaguaro Liberista nello spolpare la ricchezza nazionale riducendoci ad una sola scodella di riso?

Concludendo

Se la Sinistra vuole continuare a restare nell’eurozona e vuole continuare a credere nell’Euro allora non ci resta che come uomini liberi dare vita ad un nuovo soggetto politico che riporti la Sovranità nelle mani del Popolo con uno Stato a Moneta Sovrana per una nuova riscrittura della più bella Costituzione del Mondo. Che i CRIMINALI LIBERISTI hanno STRACCIATO. Grazie ai loro complici nazionali di Centrodestra e  Centrosinistra che per i crimini contro il Popolo saranno giudicati. La Storia già lo ha fatto.
Di Domenico Ferraioli 
Terrapagana

venerdì 24 febbraio 2012

SE FOSSI LAUREATO IN ECONOMIA.....



Dopo avere letto il post “La decrescita totalitaria”, di Stefano Feltri, ho immaginato di essere un “economista”, ed ho fatto un paio di considerazioni. Ad esempio, se fossi laureato in economia e non in lettere, mi domanderei: chi ha governato l’economia e la finanza nei decenni passati, chi la sta governando, chi ha la responsabilità della crisi che sta sconvolgendo i paesi industrializzati, chi è incapace di trovare le misure di politica economica adeguate per uscirne: i laureati in economia o i laureati in lettere?
Se fossi laureato in economia e non in lettere, mi domanderei se è veramente desiderabile, ammesso che sia possibile, uscire dalla crisi con la ripresa della crescita di un prodotto interno lordo in cui incidono in misura significativa gli sprechi di cibo (il 3 per cento del pil), gli sprechi di energia (il 70 per cento dei consumi), gli incidenti automobilistici, il consumo di medicine, le spese di riparazione e di ripristino dei danni ambientali causati da processi produttivi finalizzati alla crescita del prodotto interno lordo, la cura delle malattie causate dalla crescita delle emissioni e delle produzioni inquinanti, la produzione di armi e le guerre.
Se fossi laureato in economia e non in lettere, non eviterei comunque di ripassare la differenza tra la congiunzione “e” e il verbo “è”, perché un conto è dire “meno e meglio” e un altro è dire “meno è meglio”. Se per i talebani della crescita più è sempre meglio, anche quando è peggio (es.: gli sprechi di energia in un edificio mal costruito), i sostenitori della decrescita felice non pensano, né scrivono, che meno è sempre meglio, ma sanno distinguere quando lo è (es.: la riduzione dei consumi di energia in un edificio ben costruito). I talebani della crescita si limitano a usare grossolani criteri di valutazione quantitativi, i sostenitori della decrescita felice utilizzano parametri qualitativi.
Se fossi laureato in economia e non in lettere terrei in una certa considerazione l’insegnamento di un economista tra i più importanti del Novecento, John Kenneth Galbraith, che nel 1968 ha suggerito a Robert Kennedy di rivelare l’inganno dell’equazione tra crescita del Pil e crescita del benessere, perché il Pil cresce anche quando cresce la produzione di merci che peggiorano la nostra vita, come le armi, il tabacco, la riparazione delle automobili incidentate, mentre non può misurare il benessere generato da attività che non generano una compravendita, come le relazioni umane, l’autoproduzione di beni, l’economia del dono e della reciprocità.
Se fossi laureato in economia e non in lettere mi domanderei: se basta il banale buon senso per decidere di produrre cose utili invece di cose inutili o dannose, di utilizzare processi non inquinanti anziché processi inquinanti, di ridurre gli sprechi invece di incentivare un consumo dissipativo delle risorse, come mai i laureati in economia che governano l’economia e la finanza non indirizzano su questa strada gli investimenti per superare la crisi? I laureati in economia sono privi del banale buon senso?
Se fossi laureato in economia e non in lettere mi domanderei se la scelta di aumentare la produttività per far crescere il Pil e rendere le aziende più competitive sul mercato mondiale non comporti una riduzione dell’incidenza del lavoro umano per unità di prodotto e quindi una riduzione dell’occupazione e della domanda a fronte di un aumento dell’offerta; se cioè non aggravi la crisi invece di attenuarla (per non parlare della sofferenza umana di chi non ha occupazione, ma gli esseri umani per chi è laureato in economia sono semplici fattori della produzione, quello che conta è la crescita).
Se fossi laureato in economia e non in lettere, non avrei comunque nessuna ritrosia a leggere ciò che scrivono quelli che la pensano diversamente da me, perché il vero fondamento di una deriva totalitaria è proprio l’intolleranza, soprattutto quando assume l’aspetto di un tabù inviolabile da difendere con tutti i mezzi.
di Maurizio Pallante

giovedì 23 febbraio 2012

GOVERNO MONTI, ART.18, CRISI GRECA: L'ALLARME DI L. UNDIEMI A LINEA NOTTE


Lidia Undiemi santa subito!

NOI ABBIAMO SALVATO LE PERSONE, NON LE BANCHE



L'ex ministro dell’Economia argentino, Roberto Lavagna, 69 anni, è il principale artefice del risanamento dell’Argentina, invischiata in una terribile crisi economica dieci anni fa. Quando entra in carica, nell’aprile 2002, il peso è appena stato svalutato del 70%, il paese è insolvente, il debito privato è pari a oltre 72 miliardi di euro, la disoccupazione dilaga, i piccoli risparmiatori sono in rovina e i disordini sociali hanno già fatto più di 30 morti nel paese. L’ex ambasciatore presso l’Unione Europea decide immediatamente di fare a meno dell’ “aiuto” del Fondo Monetario Internazionale e dei mercati finanziari. Qualche pista da seguire per la Grecia.

Roberto Lavagna




Quali sono le grandi similitudini tra la crisi argentina del 2001-2002 e la crisi greca?

A livello economico sono molto simili. L’Argentina aveva stabilito una parità fissa tra il peso e il dollaro, la Grecia è legata all’euro, perdendo così il controllo della sua valuta. Un tasso di cambio fisso che associa paesi a forte produttività ad altri la cui competitività è molto più debole non può che generare una crisi. La Grecia è già al suo quarto anno di recessione, anche l’Argentina lo era. Il deficit fiscale, il deficit dei conti correnti, la caduta vertiginosa del PIL, l’indebitamento, l’esplosione della disoccupazione…tutti i grandi dati macro-economici sono simili. Tuttavia, la situazione sociale della Grecia è molto migliore di quella dell’Argentina all’epoca. Sul piano istituzionale, l’Argentina era un paese isolato mentre la Grecia fa parte del complesso economico più potente al mondo.

Come è riuscito a portare l’Argentina fuori dal caos?

Una volta assunto l’incarico, nell’aprile 2002, ho deciso di cambiare radicalmente il nostro modo di pensare all’uscita dalla crisi…Il mese successivo ero a Washington per incontrare i dirigenti del Fondo Monetario Internazionale e spiegargli che i nostri rapporti ne avrebbero risentito. Dall’inizio del marasma economico, nel 1998, avevamo già avuto due programmi del Fondo per un totale di 51 miliardi di euro. Entrambi sono stati dei sonori fallimenti e alcune voci si sono levate per chiedere una terza tornata di circa 17 miliardi supplementari.
Io non ho voluto seguire questa strada e ho spiegato al Fondo che non volevamo più prestiti e che saremmo usciti da soli dalla crisi. La sola cosa che ho chiesto è stato un roll over parziale di tutte le scadenze. Mi sono comunque impegnato a pagare gli interessi del debito e una parte del capitale. Ma non tutto e non subito. Questa posizione era semplicemente impensabile per il FMI poiché noi abbiamo affermato la nostra volontà di stabilire da soli la nostra politica economica. Ho dovuto spiegare loro tre volte di seguito la mia posizione prima che riuscissero a capire. A quel punto abbiamo smesso di sostenere finanziariamente le banche come ci imponeva il FMI, esigendo anche che privatizzassimo la Banca della Nazione. Ma appena siamo usciti dal gioco, il Fondo non ha più avuto strumenti per far pressione sull’Argentina!

Avete dunque agito contro il FMI e i vostri principali creditori?

Le uscite dalla crisi si fanno al di fuori dei percorsi tracciati dal FMI. Questa istituzione propone sempre lo stesso tipo di contratto di aggiustamento fiscale che consiste nel diminuire il denaro che spetta alla gente – i salari, le pensioni, gli aiuti pubblici, ma anche i grandi lavori pubblici che generano occupazione – per destinare il denaro risparmiato al pagamento dei creditori. È assurdo. Dopo 4 anni di crisi non si può continuare a togliere il denaro alle stesse persone. Ora questo è esattamente ciò che si vuole imporre alla Grecia! Diminuire tutto per dare alle banche. Il FMI si è trasformato in una istituzione incaricata di proteggere i soli interessi finanziari. Quando si è in una situazione disperata, come lo era l’Argentina nel 2001, bisogna saper cambiare le carte.

Secondo lei i piani di austerità e di rigore non sono necessari, tuttavia questo è ciò che viene imposto alla Grecia…

A torto, poiché il denaro prestato rischia di non essere mai rimborsato e il deficit fiscale greco è più elevato oggi di quanto non fosse prima della prima iniezione di nuova moneta. Sono gli stessi errori di sempre. È il settore finanziario che impone il suo modo di vedere le cose al mondo intero. Si preferisce salvare le banche piuttosto che le persone che hanno dei mutui da pagare. La prima cosa che abbiamo fatto noi è stata estendere i termini per i proprietari indebitati. I funzionari del FMI ci dissero allora che violavamo le regole essenziali del capitalismo! Dimenticavano semplicemente che le persone in rovina non consumano più, il che paralizza lo stimolo per la crescita. Invece di pagare le banche, la Grecia dovrebbe investire nell’istruzione, nella scienza, nella tecnologia, finanziare delle infrastrutture e recuperare così una certa produttività, almeno nel settore dei servizi e nel turismo.

Deve avere molti nemici tra i banchieri…

Mi odiano! Ma questo non gli ha impedito di bussare alla nostra porta per prestare denaro esattamente 48 ore dopo che avevamo completato la ristrutturazione del nostro debito nel 2005! Ebbene, io ho rifiutato queste offerte interessate rispondendo loro che non saremmo tornati nel mercato finanziario prima del 2014 perché non ne avevamo più bisogno. Peché il 2014? Semplicemente perché allora il debito sarà solamente il 30% del PIL, la metà dei parametri europei di Maastricht! Penso che un paese come l’Argentina non debba essere sempre presente sul mercato finanziario. È un rischio troppo grande far crescere di nuovo il debito. Il problema è che sono gli stessi banchieri che pensano che sia positivo per l’immagine di un paese chiedere un prestito internazionale. È ovvio che se vendessi pomodori, mi piacerebbe che qualcuno li mangiasse! E loro vendono denaro.
tradotto da Antonella Recchia per PeaceLink