domenica 10 maggio 2020

UMANITA' 2.0




Tempo fa lessi una frase,  non ricordo neanche dove e come, di un dialogo tra un politico preoccupato per le sorti del suo paese e un investitore straniero interessato ad acquisire imprese e fare investimenti. (Non erano italiani). La frase era più o meno: "Ma volete comprarvi  l' intero paese? E perché?"
"Noi compriamo solo perché siete voi che vendete. Nessun piano, solo interessi."
Perché mi è ritornata in mente e mi ha portato a riflettere questa frase? Troppo facile e scontato pensare alla preoccupazioni e alle sorti di alcuni paesi tra cui il nostro, che ovviamente, non mancano. No, ancor più di questo, mi ha portato a pensare al singolo, all'essere umano, all'individuo di qualsiasi sesso, colore, razza, nazionalità. Il 90% di queste persone (vi siamo dentro anche noi) non ha altro possedimento che se stesso. Praticamente non ha nulla da vendere. Allora, in un sistema basato  sulla compravendita e la competizione, quale interesse potrebbe  suscitare chi non può esporre nulla sulle bancarelle di questo mercato? C'è una sola cosa che si possa vendere, sé stessi e la propria forza lavoro, o il proprio corpo. Solo in rarissimi casi, le proprie capacità e competenze. In un mondo che si avvia a superare la fase industriale classica del primo capitalismo e sta entrando nell'era della produzione 4.0 con la massiccia presenza della robotica e la contestuale espulsione di milioni di addetti dalla produzione, la questione diventa fondamentale. Nel momento in cui l'unico prodotto (sé stessi) potenzialmente vendibile non è più appetibile, perché non serve, cosa accadrà? In parte, anche se per motivi diversi, lo stiamo già vedendo. Masse sempre più consistenti si spostano da luoghi senza prospettive per trovare maggior fortuna altrove. In quell'altrove però, proprio per quello che si diceva prima, sempre più individui sono messi ai margini della società ed espulsi dal mondo del lavoro. Lavoro, tra l'altro, reso sempre più schiavizzato e legato alla ruota del profitto piuttosto che delle umane necessità.
Non stiamo parlando di situazioni ipotizzabili o futuribili, ma che si possono già toccare con mano adesso. Quindi è adesso che bisogna farne già una questione sovranazionale ed esistenziale cui puntare lo sguardo. Fra pochissimo, le moderne società saranno caratterizzate da un alto numero di individui utilizzabili solo, quando va bene, per lavori di fatica, non effettuabili, da macchine. O magari, nei servizi per i più preparati, ma sempre meno pagati, facilmente ricattabili e sostituibili, vista la platea dei  potenziali  pretendenti. Non stupisce che, in questo quadro, ci sia qualcuno che si porti avanti e progetti forme, anche estreme, di difesa degli interessi dei privilegiati. Non stupisce che la piccola media borghesia venga arruolata un po' dappertutto  soprattutto da forze nostalgiche, facendo leva sulla paura del diverso e anche, di scivolare socialmente più in basso, a difesa degli interessi dei potenti.
E non stupisce pure che, ci sia qualcuno che per depistare e distrarre, infila piani catastrofici e complottisti che puntano ad una rapida diminuzione della popolazione mondiale.
Abbiamo accennato prima, alla sovranazionalita' della questione ma, sembrerà assurdo, la ricerca della soluzione dovrà passare obbligatoriamente attraverso la distruzione degli attuali assetti e relazioni internazionali, a cominciare da quelle dell'Unione Europea. Alt, già sento le accuse di sovranismo, no assolutamente! L'obiettivo deve essere proprio l'opposto che il rinchiudersi all'interno dei propri confini. Deve essere la coscienza delle masse popolari dell'intero globo a prenderne consapevolezza ma partendo obbligatoriamente, dal proprio singolo territorio.
Chi dovrebbe o potrebbe cominciare a portare avanti questa visione e questa presa di coscienza, con la pazienza e la consapevolezza necessaria, se non una sinistra 2.0? Ovviamente cominciando dalle situazioni che si vivono e si conoscono meglio cui adattare e proporre, oltre gli ideali e i valori fondanti, anche la possibilità utopica ma possibile di contribuire a costruire una società più giusta e solidale, che si sviluppi in rapporti sempre più orizzontali che non verticali

lunedì 4 maggio 2020

NULLA SARA' COME PRIMA




Questa pandemia, oltre la paura, i lutti, i danni economici, la reclusione forzata ha posto, o permesso che emergessero e che si facessero strada interrogativi legati più intimamente ai destini singoli e collettivi. Sarà possibile dopo questa esperienza, che tutto possa tornare come prima?
Sarà possibile far finta che tutto lo tsunami emotivo, esistenziale vissuto in questi giorni, possa esaurirsi e considerarlo alla stregua di un brutto sogno?
Al momento possiamo tranquillamente affermare che per molti, già non sia e non potrà essere così. Intanto per chi ha sofferto lutti e sofferenze sarà impossibile dimenticare. Per intere classi professionali, dal personale sanitario e a tutti quelli che per scelta o obbligo hanno dovuto sfidare il contagio, oltre la soddisfazione per il servizio svolto e la felicità per esserne usciti indenni, risulterà difficile dimenticare. E, anche per chi più semplicemente ha dovuto cambiare radicalmente il proprio stile di vita chiudendosi in casa, non sarà semplice riprendere come niente fosse.
La scienza, la politica, la chiesa, il mondo del calcio, il mondo industriale, le varie associazioni rappresentative ecc. ecc. in questi giorni hanno offerto contemporaneamente il meglio e il peggio di sé dando l'impressione di non essere gli strumenti più adeguati e idonei per affrontare situazioni emergenziali come queste.
E anche i singoli che, a questi soggetti delegano, o comunque volenti o nolenti, demandano decisioni e responsabilità, non hanno dato grande prova di maturità e serenità di giudizio. Più che a un cosciente e responsabile atteggiamento improntato alla prudenza e alla consapevolezza della gravità, abbiamo assistito alla discesa in campo delle tifoserie più scalmanate e prive quasi di filtri. Quasi l'importante non fosse limitare i danni se ma esprimere la soddisfazione per gli errori e le pecche del “nemico”.
E non solo la politica ha dato pessima prova di sé, ma anche tutti quei soggetti elencati prima, compreso il mondo scientifico che dovrebbe essere quello più asettico e meno incline a condizionamenti o a speculazioni interessate.
Quasi tutti, comunque hanno convenuto su una cosa, nulla potrà essere come prima, nonostante i desideri e le nostalgie dei più.
La questione, adesso, è capire in che modo e in quale direzione dovranno essere indirizzati gli sforzi affinchè veramente, il prossimo futuro, oltre che diverso, possa essere anche migliore di prima.
Credo che, nonostante,alcune buone intenzioni, il rapace mondo degli affari, degli interessi, del profitto, della speculazione stia affilando le armi affinchè il tutto cambi certo, ma se possibile in peggio, e a proprio favore.
La politica non promette nulla di buono avendo scelto, da una parte, quella attualmente al governo, di continuare a legare i propri destini a quelli di un'Europa che, se possibile, anche in questa occasione ha dimostrato il peggio di sé. L' altra capace solo di contrapporsi polemicamente, strumentalmente e a prescindere, al governo, ma totalmente incapace di portare avanti un proposta credibile e percorribile.
Poi abbiamo alcuni tra coloro che potrebbero avere buone idee di organizzazione e giustizia sociale e con motivazioni ideali sufficienti per elevarne le azioni ma che comunque, continuano a preferire il piccolo cabotaggio della critica ideologica, quasi fine a sé stessa visto che viene espressa parcellizzata e ininfluente da ognuno dalla propria piccola torretta testimoniale. E, paradossalmente lo si fa quasi coscientemente, argomentando le situazioni con gli stessi obiettivi e addirittura gli stessi termini. Cosa, allora, impedisca il naturale, logico passaggio al riconoscimento e all'accettazione di ciò, sembra più argomento da psicanalisi che politico.
Se la sinistra vuole avere ancora una sua ragion d'essere che non può essere limitata al solo ruolo di grillo parlante o di denuncia critica. In questa prossima fase dovrà essere soprattutto propositiva. Non certo, per arrivare ad avere un'ammucchiata di sigle da spendere elettoralmente, ma per rappresentare visivamente e realisticamente una proposta politica comprensibile e accettabile dai più.
Per quale motivo, ad esempio, qualsiasi esperienza di sinistra finisce per raccogliere poche adesioni, e quelle poche quasi esclusivamente all'interno di un mondo piccolo borghese, di autoreferenzialità intellettuale o politica? Da decenni, ormai, non si riesce a passare più attraverso il setaccio a maglie strette del giudizio e del favore delle masse operaie o del sottoproletariato.
Eppure l'habitat naturale della sinistra di classe dovrebbe essere quello, non certo il salotto borghese dei talk show. Gli sforzi dei singoli, ammirevoli quanto si vuole, ma se protagonisti in un teatro dalla platea vuota, rappresentano un inspiegabile spreco di energie e competenze.
Dovremmo saperlo, dovremmo averlo già capito da tempo con chi dovremmo ritornare a parlare. Lo sport preferito, sembra essere ormai, anche dalle nostre parti lo sprezzante giudizio da maestra di scuola elementare, che si erge e si fa beffe dell'ignoranza diffusa criticando e sottolineando con la penna rossa l'errato uso del congiuntivo.
Cosa giusta e importante, ma non al punto di farne una discriminante e un fossato che divide le persone e gli ambienti sociali. Si è, al massimo, ritornati a parlare di loro, anche sinceramente, ma non con loro
Si dovrebbe riscoprire nel poco di DNA popolare residuo rimasto degli antichi legami, che in fondo è più necessario essere simili e vicini al pensiero dell'operaio che vota Lega piuttosto che al giovane, rampante, rappresentante della piccola media borghesia i cui spazi o ambizioni sociali personali, trovano il proprio posto nei salotti del politically correct.
Quindi , sembra chiaro, che, volenti o nolenti, da questa pandemia ne dovremmo uscire profondamente cambiati. Lo sforzo che ci aspetta non è quello di riannodare semplicemente il filo di un discorso interrotto, ma proprio di provare a cambiarlo radicalmente quel discorso.
Già oggi, la crisi economica conseguente, trascinerà nei gorghi della povertà milioni di persone. L'abbiamo già visto nell'enorme disparità di risorse cui è stato possibile far ricorso nei diversi paesi. E quanto appaia insufficiente e minimo, il pur grande sforzo, in proporzione, che il nostro paese ha potuto e potrà fare. Quante spade di Damocle, oltre quelle già presenti sono puntate sulle nostre teste, ultima quella del declassamento del rating, appena un centimetro sopra il baratro del paese spazzatura. Abbiamo visto quanto l'egoismo e le paure di questa Europa rappresenti più che un'opportunità, una trappola a tempo ben congegnata, cui bisogna opporsi con altri modi e tempistiche rispetto quelli usati finora. Ad esempio, appare illogico e poco democratico che, a fronte di una maggioranza di paesi che firmano un documento richiedendo alcune cose, una minoranza di paesi (4) rappresentanti una minoranza, anche di popolazione e di potenza economica, vi si opponga e abbia un potere di veto. In questi casi non deve prevalere la motivazione del “E ma se usciamo dall'Europa sarebbe peggio”, ma mettere quella minoranza con le spalle al muro ed, eventualmente, mettere loro in condizione di valutare se è il caso di rompere con la maggioranza dei paesi Euro con relativa exit.
Ribaltare, con la coltivazione di alleanze stabili e convergenti, il paradigma che vuole alcuni paesi nel ruolo d i censori ed esaminatori ed altri in quello di scolaretti da mettere in riga. Non deve, non può e non si può più permettere che funzioni così.
La pandemia, quasi come una nemesi, parte proprio da quella Cina, paese simbolo della nuova economia mondiale, che più e meglio di altri ha saputo sfruttare quella globalizzazione voluta e attuata dalle multinazionali per massimizzare i profitti, ma che si sta ritorcendo contro gli stessi che l' hanno promossa e sponsorizzata.
La politica, a partire da quella che viene vista come la nazione guida, gli USA e il loro presidente Trump, figlia anch'essa di una visione esclusivamente economicista di corto respiro e di ancor più limitata prospettiva, si è rivelata dove un po' di più dove un pò meno, totalmente incapace e inadeguata al ruolo. Mancano leader capaci di interpretare un ruolo che sia diverso da quello del ragioniere o dell' architetto di equibri politici che, tropppo spesso diventano equilibrismi inutili e incomprensibili. Recuperare una visione umanistica e complessiva intorno ai valori, ai bisogni vitali e primari della vita umana, sembra quanto mai indispensabile. Difficile farlo partendo dalle sole parole d'ordine che ci hanno accompagnato fino ad oggi poichè, almeno nella prima fase di proposizione, non ci sarebbe tempo e modo per riportarle ad antichi valori e splendori. Troppo il discredito e il disvalore che nel tempo si sono accostati, a torto o ragione, a quei termini. Soprattutto per la stragrande maggioranza dei giovani che, nel migliore dei casi, ne conoscono appena il significato storico, legato però, ad un passato decisamente non replicabile. Un'opera di ricostruzione senza mettersi in discussione complessivamente, appare oltre che difficilmente credibile, anche con una tempistica non adeguata alle esigenze del momento.
Il nemico era e rimane il capitalismo in ogni sua forma. La liberazione dell'uomo dalla schiavitù del lavoro, dal bisogno e dallo sfruttamento deve rimanere l'obiettivo, non solo sentimentalmente utopico, ma praticato coerentemente e ostinatamente in ogni momento. Esclusi e censurabili qualsiasi tipo di astuzie, tatticismi, speculazioni, operazioni spregiudicate e poco comprensibili. Linearità, chiarezza, coerenza, impegno, competenza dovranno essere obbligatoriamente le linee guida che qualsiasi movimento, partito, associazione voglia provare a proporsi per un cambiamento in senso progressista, dovrà seguire. Ne saranno capaci? Dubito ma essendo l'unica opzione valida, varrebbe la pena provarci. Prossimamente cercheremo, anche di affrontare non solo il cosa, ma anche il come sia possibile porci di fronte ai grandi temi che ci sono di fronte in un'ottica di avanzamento sociale e ambientale complessivo.
Ad maiora!

MIZIO