giovedì 26 dicembre 2013

IL CAPITALISMO E' IL PROBLEMA, NON LA SOLUZIONE!



Nel suo libro Ebano, dedicato all’Africa, il giornalista polacco Ryszard Kapuscinski racconta la storia di un quartiere a diversi chilometri di distanza dalla località nigeriana di Onitsha, dove nel mezzo della strada c’era un enorme fosso nel quale i veicoli finivano inghiottiti. Quella borgata aveva sviluppato un sistema di diverse squadre di salvataggio che si guadagnavano la vita aiutando a uscire dal buco tutti i veicoli, specialmente camion. L’ostacolo determinava ore e giorni di ritardo per tutti quelli che dovevano passare da li, ed era ormai un dato di fatto. Come conseguenza –spiega Kapuscinski- numerosi negozi vivevano grazie ai clienti che rimanevano bloccati e che consumavano cibo, bevande e tabacco.

Addirittura, in alcune case vicine veniva annunciata, su pezzi di cartoni, la parola “Hotel”, dove alloggiavano molti dei viaggiatori obbligati a passare li la notte. Si erano anche moltiplicate le officine locali di riparazioni, in modo che gli autisti approfittassero dell’attesa per rimediare a piccole avarie che si erano prolungate nel tempo. C’erano anche altri lavori professionali come sarti, calzolai e parrucchieri che consentivano di approfittare del tempo morto. In questo modo la maledizione degli autisti era diventata la benedizione degli abitanti e dei commercianti del quartiere. Non c’è bisogno di dire che la gente impediva con tutte le sue forze che si riparasse il fosso, poiché era la salvezza della sua economia.

Il curioso paradosso del buco di Onitsha non è un caso isolato. Nel 1992 scrissi riguardo a dei bambini di 9 anni che scoprii sull’autostrada panamericana nel suo tratto passante per l’Honduras, i quali si occupavano di tappare con la sabbia piccole buche della strada in cambio di alcune monete date dagli autisti. Questi ultimi non sapevano che gli stessi bambini, a fine giornata, tornavano per togliere la sabbia e poter continuare con la loro attività il giorno dopo.

Questi semplici aneddoti mi fanno pensare che questi buchi- in Nigeria o in Honduras- sono la migliore metafora per il capitalismo. Un sistema che basa il suo sviluppo e la sua esistenza sui problemi degli altri, e la cui soluzione è la peggiore delle notizie. Già Charlie Chaplin, nel suo film Il Monello, fa vedere il bimbo di strada, che si è visto obbligato ad adottare, mentre rompe vetrine a pietrate e la provvidenziale apparizione di Charlot immediatamente dopo, come riparatore di vetrine. Mio padre mi raccontava la storia di un muratore che riparava le perdite d'acqua dai tetti e che un giorno, indisposto, mandò il figlio. Al ritorno gli chiese come era andata e il giovane disse che aveva aggiustato perfettamente il danno. Il padre, allarmato, gli rinfacciò che non gli era venuto in mente di approfittare della sua presenza sul tetto per muovere un’altra tegola e provocare un’altra perdita, in modo da garantirsi un’altra chiamata di lavoro.

In tutti questi casi si compie il principio capitalista di non risolvere i problemi perché sono il motore del funzionamento del mercato. Per esempio, la cosa peggiore che possa fare una casa farmaceutica sarebbe curare in maniera definitiva una certa malattia, poiché in questo modo andrebbe in rovina. Così si spiega che qualche anno fa, le autorità spagnole arrestarono una guardia forestale accusata di provocare gli incendi. L’uomo temeva di rimanere senza lavoro e, come nel film di Chaplin, era arrivato alla logica conclusione che, nel capitalismo, il miglior modo per garantirsi un lavoro è moltiplicare quel problema che motiva la tua assunzione.

E’ curioso che si sia dedicata tanta letteratura per esporre l’inefficacia del socialismo o del ruolo dello Stato, quando chi porta con sé il virus di non risolvere i problemi è il capitalismo e il mercato.


Pascual Serrano

http://www.comedonchisciotte.net/

giovedì 12 dicembre 2013

CAPIRE LA RABBIA



La rabbia, come la fame, quand’è troppa, non ha cultura.
Non ha colore, né statistica che la misura.
La rabbia quand’è troppa brucia libri e ragione,
e il suono più forte è sempre quello del trombone.
Troppe le idee che come foglie son cadute
troppe le coscienze che l’han guardate mute.
Si pieghi la supponenza a sporcarsi le mani,
ascolti il grido di oggi, sennò sarà più forte domani.


MIZIO

martedì 10 dicembre 2013

COINCIDENZE: I FORCONI E L' INCOSTITUZIONALITA' DEL PORCELLUM




Si sono svolte oggi 9/12/2013 in tutta Italia delle manifestazioni di protesta contro il governo e il sistema politico, indette dal movimento dei Forconi, dagli autotrasportatori e da diversi gruppi e associazioni, a cui hanno aderito migliaia di cittadini. Sono state bloccate strade e autostrade e organizzati presidi e cortei un po’ in tutte le città italiane.
Questa iniziativa sembra diversa da altre proteste che hanno avuto luogo in questi anni. Innanzitutto gli organizzatori hanno tenuto a sottolineare che la protesta è apartitica. Infatti, sebbene dei movimenti politici come Forza Nuova abbiano deciso di aderire, nelle foto e nei video che stanno circolando in rete non si vedono bandiere o simboli di partiti.
Il comitato che ha coordinato la protesta si è anche dato un codice etico, in cui auspica una rivoluzione non violenta e invita i partecipanti a non usare la violenza, in particolar modo nei confronti delle Forze dell’Ordine. Vedremo poi perché questo punto è importante nella nostra analisi.

Apparentemente, tutto questo è molto bello. Verrebbe da dire: finalmente il popolo italiano prende coscienza del sistema, si ribella e fa qualcosa anziché continuare a subire passivamente. Ma è davvero così?
Nei giorni scorsi ho seguito il tam tam su internet e in particolare su Facebook. Quello che ho letto, visto e sentito sono solo tanti slogan. “Mandiamoli tutti a casa”, “la gente non ne può più di questa classe politica”, “se ne devono andare”, “cacciamo via tutta la casta”. Sempre gli stessi slogan. Che possono anche essere condivisibili: è un dato di fatto che questa classe politica è indegna e corrotta. E allora mandiamoli tutti a casa. Va bene, e poi? Una volta ottenute le dimissioni del governo, una volta mandati a casa tutti i parlamentari, una volta spazzati via tutti, che si fa? Chi mettiamo al loro posto? Come governiamo questo Paese? Non ho sentito da parte degli organizzatori proposte concrete e costruttive. Solo tanti slogan e tanta rabbia nei confronti della classe politica. Il progetto è solo quello di mandarli via; ma – ripeto – una volta mandati via tutti, cosa facciamo?
Le posizioni contro la casta politica non sono nuove: lo stesso Grillo e il Movimento 5 Stelle fanno ampiamente uso di questi concetti. Ma come abbiamo spiegato più volte sul blog, i politici sono un falso obiettivo: non solo loro che decidono veramente, essendo solo gli esecutori di poteri che stanno sopra alla politica. Scagliarsi contro la “casta” è fuorviante: il vero problema è il sistema nel suo insieme, non certo i politici che sono seduti ora in parlamento.

Ciò che però mi ha colpito è una singolare coincidenza: proprio a ridosso di questa protesta, qualche giorno fa la Corte costituzionale si è espressa sulla legge elettorale Calderoli, detta Porcellum, dichiarandola incostituzionale.
La legge n. 270/2005 ha modificato il sistema elettorale italiano (prima era in vigore il Mattarellum): caratteristiche principali del Porcellum sono le liste bloccate senza la possibilità per l’elettore di esprimere una preferenza, e l’attribuzione del premio di maggioranza alla coalizione vincente. E sono proprio questi due punti ad essere illegittimi, secondo la Corte.
La sentenza è di importanza storica, soprattutto se si considerano le ripercussioni sulla vita politica e istituzionale italiana. Di fatto, questa sentenza rende illegittimo il parlamento, che è stato eletto con la legge in questione. In questi giorni si sta infatti sviluppando un intenso dibattito tra coloro che sostengono che il parlamento è comunque legittimo e deve andare avanti, e coloro – Beppe Grillo in primis – che affermano che il parlamento è incostituzionale, che lo stesso presidente della repubblica Napolitano è incostituzionale (essendo stato eletto da questo parlamento) e che dovrebbe sciogliere le Camere.
Tutto questo cosa c’entra con la protesta nazionale del 9 dicembre? C’entra e ora vediamo perché. La pronuncia della Corte costituzionale sul Porcellum è del 4 dicembre. Il giorno prima si era diffusa la notizia che la Corte, riunitasi in udienza pubblica, avesse rinviato la decisione al 2014. In serata però arriva l’annuncio del presidente della Corte: dal giorno dopo si sarebbe affrontata la questione in camera di consiglio. E infatti la sera del giorno successivo viene fatto l’annuncio di incostituzionalità.
Ricapitolando: il 4 dicembre la Corte costituzionale dichiara illegittima la legge Porcellum, di fatto delegittimando anche il parlamento che è stato eletto con quella legge. Il tutto pochissimi giorni prima del grande sciopero nazionale a oltranza iniziato oggi, che ha come obiettivo proprio l’eliminazione degli attuali parlamentari (“tutti a casa”) e della classe politica.
Una singolare coincidenza. Un tempismo perfetto, che sembra quasi... voluto e programmato.

A questo si aggiunga anche lo strano comportamento delle Forze dell’Ordine durante le proteste di oggi.
In diverse città italiane, infatti, i poliziotti si sono tolti il casco, e sembra che qualcuno abbia anche sfilato insieme ai manifestanti. Questi gesti sono stati salutati con grande entusiasmo dal popolo del web, che ha diffuso i video su Facebook e su molti siti. In serata è arrivato un comunicato della questura, che afferma che i poliziotti si sono tolti il casco perché “erano venute meno le esigenze operative che ne avevano imposto l’utilizzo”. Non era quindi un gesto di solidarietà e condivisione nei confronti dei manifestanti, come invece era stato interpretato. Ma anche se lo fosse, anche se davvero i poliziotti appoggiassero la protesta, non è a mio parere un buon segno, almeno non con queste modalità.
Ho notato che sui social network (quasi) tutti hanno pubblicato foto e video con grande gioia, perché “i poliziotti stanno dalla nostra parte”. Io invece guardavo quei video e quelle foto con una certa preoccupazione, proprio perché i poliziotti sembravano stare dalla parte dei manifestanti. E il tutto mi sembrava voluto, programmato e preparatorio ad un colpo di stato.

Ricordiamo anche che l’operazione che culminò nel Golpe cileno del 1973 ebbe inizio con uno sciopero dei camionisti: proprio come lo sciopero nazionale di oggi, che è per l’appunto partito con il blocco delle autostrade da parte dei camionisti.
Anche questa è un’altra, singolare coincidenza che dovrebbe farci riflettere su questa protesta e in generale su tutte le rivolte che mirano solo a stravolgere il potere, senza però dare delle alternative concrete e valide. Cambiare tutto per non cambiare nulla.

di Stefania Nicoletti

http://paolofranceschetti.blogspot.it/

lunedì 2 dicembre 2013

LE CASALINGHE DI VOGHERA



Qualche anno fa, alcuni lo fanno ancora oggi, si indicava con l’espressione "Casalinghe di Voghera" quella fascia della popolazione  popolare e piccolo-borghese, dal basso livello di istruzione e generalmente molto semplice o umile. In pratica serve ad indicare il livello di comprensione dei fenomeni politici e sociali, un barometro del sentire comune.
Bene, questo barometro sono già molti anni che percepisce alcuni aspetti della nostra società in maniera più aderente al vero e tempestiva,, non solo rispettto la  politica, e questo non ci stupisce, ma anche di organismi, nazionali e internazionali che si avvalgono del gotha del sapere e delle indagini socio-economiche.
Chiunque viva del proprio lavoro, abbia una famiglia, dei figli  e sia mediamente dotato dal punto di vista intellettivo e percettivo, ha vissuto sulla propria pelle il progressivo impoverimento economico e l’altrettanto progressivo aumento dell’intromissione del lavoro nella propria vita (si lavora di più per essere pagati meno). La mancanza di posti di lavoro per i giovani, l’espulsione dei lavoratori over 50 dal tessuto produttivo, l’aumento indiscriminato di tasse, balzelli, tariffe a fronte di servizi sempre più scadenti.
Orbene, quando si affermava ciò, il minimo che poteva capitare era di essere tacciati di populismo e catastrofismo, e, qualora si fosse deciso, di esprimerlo in piazza, si veniva democraticamente manganellati.
Nei giorni scorsi questi erano i titoli dei giornali e le notizie d’apertura dei tg:
”Ocse: nel 2014 in Italia più disoccupati. ..Il 53% dei giovani lavoratori è precario”,
“Istat: la disoccupazione al 12,5% Tra i giovani arriva al 41,2%: record...”;
Povertà in aumento, salari fermi, donne disoccupate. I primati dell’Italia;
Il 43& delle famiglie non arriva a fine mese;
e potremmo continuare a lungo con altri dati statistici, ponderosi studi e asettici numeri.
Ma davvero abbiamo bisogno ogni volta per certificare qualcosa che è già abbondantemente patrimonio di tutti e, soprattutto delle casalinghe di Voghera, di ricorrere agli allarmi degli istituti preposti? Ma una delle caratteristiche di un buona politica non dovrebbe essere quella di saper leggere la realtà e ascoltare la pancia e il cuore dei propri cittadini? Già ma la buona politica dov’è?
Rinchiusi nelle loro auto blu e nel loro mondo fatto di autorefenzialità, in cui il rapporto con i loro rappresentati è al massimo fatto attraverso uno studio televisivo o da un palco con folle di prezzolati o ingenue comparse, cosa volete che ne sappiano.
La politica deve ritornare ad essere militante, deve riscoprire il valore dell’immersione nella quotidianità, lanciare ponti attraverso questo canyon formatesi tra il sentire della società e la cecità delle istituzioni.
E questo è un richiamo soprattutto a coloro che intendono rappresentare i valori di una sinistra sbiadita che si è repentinamente adeguata a standard comportamentali propri dell’avversario storico. Lontananza, supponenza, distacco anche dal proprio elettorato sono ormai comuni anche tra i nostri.  Sempre più spesso il loro sguardo e la loro attenzione va a chi gli sta affianco non a chi dovrebbero rappresentare.
Quindi se le casalinghe di Voghera seguiranno poi Grillo e i suoi deliri o addirittura qualcuno di ancor più pericoloso, non fate troppe analisi socio.politiche guardatevi allo specchio.
Ad maiora


MIZIO