lunedì 29 ottobre 2012

LETTERA A UN FIGLIO PRECARIO


Caro figlio,
ti diranno che è colpa mia. Di quelli della mia età. Ti diranno che siamo noi a rubare il futuro a te e a quelli della tua generazione. Ti diranno che sono un privilegiato, un garantito, e che se lo sono il prezzo da pagare oggi è la tua flessibilità perenne (precarietà è la parola giusta). Te lo diranno ancora, e te lo stanno raccontando da almeno venti anni. Per questo tu oggi ce l’hai con me e mi guardi con lo sguardo severo. Vedi, ci hanno fatto il lavaggio del cervello, usando parole appiccicate sui significati sbagliati. Io e l’articolo 18 che mi porto appresso non sono un “garantito”. Sono una persona che lavora, e che nel lavoro viene trattato con la giusta dignità: poter progettare la mia vita è un diritto, non un privilegio; stare a casa se sono malato è un diritto, non un privilegio. E se sul lavoro non mi comporto seriamente, se vengo scoperto a rubare ad esempio, posso essere licenziato. Non verrò mai licenziato “senza giusta causa o giustificato motivo”, dice la legge, e non mi pare un privilegio ma un diritto. Quanto ai licenziamenti per motivi economici -cioè perché l’azienda è in difficoltà – si possono fare eccome, come tutti purtroppo hanno potuto constatare specialmente da quando è scoppiata questa ultima crisi.


Parliamo di te, piuttosto. Della tua condizione che al solo pensiero non riesco a dormirci la notte, molto spesso. A me fa male sapere che non godiamo degli stessi diritti (non privilegi, ricordalo sempre). Ma tu sbagli tiro se fai la guerra alla mia generazione. Vogliono farti credere che il problema siamo noi col nostro vituperato articolo 18, e invece i cattivi sono sempre loro. Quelli che una volta mettevano contro gli operai e gli impiegati, ora fanno lo stesso tra giovani e vecchi. Adesso li chiamano “datori di lavoro”, “imprenditori”, quasi fossero benefattori dell’umanità, per me restano quel che sono davvero: padroni. Ti hanno detto che “abbiamo vissuto al di sopra delle nostre possibilità” per troppi anni. Sai bene che non è mai stato così per noi, che tutto quello che abbiamo è costato sacrifici, risparmi, vacanze brevi e mai all’estero, pizzerie invece di ristoranti, sabati miei al lavoro piuttosto che in famiglia, due etti di mortadella ma non di prosciutto. Nessuno ci ha regalato nulla. Nessuno. Tutto ci è costato qualcosa. Non sei precario a caso, figlio mio. Lo sei perché prima il centrosinistra e poi il centrodestra hanno “riformato” il mercato del lavoro dando la possibilità alle aziende di fare di voi giovani ciò che vogliono. E ora ti raccontano che il problema sarei io, tuo padre. E’ assurdo, sai? Siccome il virus della precarietà ha contagiato buona parte di voi giovani, iniettiamolo a tutti, anche a quelli che si potrebbe salvare! Il “riformismo” si traduce in “mal comune mezzo gaudio”: se la modernità è questa, preferisco restare vecchio. Insomma, ti diranno che è colpa mia. E allora lasciati dire che io una colpa me la sono data davvero. Ed è un’altra. A noi, giovani 30-40 anni fa, l’articolo 18 non ci è stato regalato perché eravamo belli e simpatici. Ce lo siamo guadagnato. Abbiamo lottato. Abbiamo invaso le fabbriche, le piazze, le città. La polizia a volte ha sparato, e alcuni di noi ci sono rimasti secchi. Ma noi abbiamo lo stesso continuato a lottare, a credere nel cambiamento, a impegnarci quotidianamento per conquistare consapevolezze e quindi diritti. Ecco, figlio mio, non ti ho insegnato a fare la stessa cosa. Ti ho fatto crescere dandoti tutto ciò che desideravi, privandoti di niente. Sei venuto su senza il giusto mordente. Non avevi il tempo di sentire lo stimolo della fame che ti avevo già nutrito. Per questo oggi è più facile rivoltarsi contro i padri piuttosto che contro un sistema ingiusto.
Chiamala rivolta, chiamala rivoluzione, chiamala come vuoi: trova, insieme ai tuoi amici, la forza per ribellarti e riconquistarti ciò che vi è stato tolto. Un futuro dignitoso. E se cambi idea e domani vorrai festeggiare con me la mia pensione dopo 37 anni di lavoro da insegnante, ne sarò molto felice.
Tuo Babbo

domenica 28 ottobre 2012





FIGLI

Le braccia al collo e i baci dei tre anni,
e poi da grandi li vedi solo di spalle,
quando piangono da soli,per i primi affanni.
Figli come acqua che trattieni nelle mani,
ma scappa via tra le dita e scorre a valle.

Figli cui hai insegnato ad usare le ali,
e adesso che cominciano a volare,
vorresti non partissero mai.
Figli che scriveranno la loro storia
che, forse, tu non leggerai.

MIZIO

sabato 27 ottobre 2012

ADDIO CONTANTE, ADESSO TOCCA AL CHIP


L'operazione mediatica per l'introduzione del chip sottocutaneo è cominciata!


“Perchè il contante ha finalmente avuto il suo chip.”

Questo è il titolo di una delle notizie in evidenza su YahooUk di pochi giorni fa.
L’articolo prosegue dicendo che ormai girare coi contanti non ha più senso e afferma che: “Il contante è il re, ci veniva detto. Bene oggi il re è morto”  e parte poi con un elenco di tutti i vantaggi della moneta elettronica.
Grazie alla carta potremo aver traccia di tutte le nostre spese, la qual cosa è utile per gestire i nostri budget, poi bisogna considerare che alcune carte ti fanno guadagnare punti ogni volta che spendi un pound, oltre a tutta una serie di sicurezze che da la carta rispetto i contanti.

Bisogna dire che in Inghilterra, in USA e in altri paesi come la Svezia pagare con la carta anche il caffè è ormai un’usanza acquisita, quindi un articolo di questo tipo viene digerito dalla gente senza troppi sospetti.
Il fatto che per noi italiani non sia ancora così naturale ci permette di leggere il tutto con uno spirito più critico: vi ricordate la storia della rana immersa in una pentola piena d’acqua che non si accorge dell’aumentare progressivo della temperatura fino a quanto diventa troppo alta e muore? Bene per una volta noi italiani siamo fuori dall’acqua e possiamo osservare i nostri fratelli inglesi cuocere senza accorgersene.


Torniamo indietro: la questione dei chip sottocutanei per il controllo delle masse è ormai un tema molto dibattuto.  Non voglio aggiungere altro se non elencare alcuni dati di fatto
La promozione mediatica verso la moneta elettronica è sempre più spinta: questo articolo ne è un esempio come le recenti dichiarazioni di Monti.
In alcune scuole americane vengono dati grembiuli con chip RFID per controllare la posizione dei bambini. (Qui un recente articolo sul tema uscito su Wired: http://www.wired.com/politics/security/news/2005/02/66554 )
C’è un’azienda inglese, la PositiveID corporation nata nel 2009 dalla fusione tra la Verichip Corporation e la Steel Vault corporation che produce sistemi a base di chip RFID sottocutanei per misurare alcuni parametri fisiologici come la glicemia e comunicare istantaneamente con macchinari ed ospedali qualora ci fossero anomalie.
In alcune università, tra cui l’italiana montiana Bocconi, il tesserino universitario può fare anche da bancomat. Quindi i giovani iniziano a familiarizzare con l’idea di avere dati anagrafici e carta di credito in un unico oggetto.
Ormai a quasi tutti i cani si fa mettere il chip di riconoscimento.


Ci sarebbero molte altre cose ma per ora fermiamoci qua.

Se anche solo 5 anni fa qualcuno avesse parlato della possibilità impianto di un chip sottocutaneo per avere insieme carta di identità, tessera sanitaria, patente, bancomat, controllo parametri vitali, etc… non solo pochi ci avrebbero creduto, ma molti si sarebbero scandalizzati. Come la rana insegna, il tempo passa, la temperatura sale e nessuno più si scandalizza all’idea. Provate a sondare in giro, a parlare alla gente cercando di illustrare tutti i vantaggi di avere tutto ciò che ci serve in un unico dispositivo e magari proteggerlo sottocute: vedrete che il numero di persone a favore aumenta di mese in mese.

Altre informazioni un po’ più approfondite: la sopramenzionata PositiveID come detto nasce nel 2009 dalla fusione della VeriChip Corporation con la Steel Vault Corpoation.
La VeriChip Corporation era, e quindi ora lo è la PositiveID, l’unica società autorizzata dal massimo organo di sanità americano, l’FDA, a produrre chip RFID impiantabili nell’essere umano.

 
A sua volta la VeriChip è una società controllata dalla Digital Angel Corporation. Non ve la faccio lunga, ma se scartabellaste in mezzo alle numerose carte burocratiche tra i principali finanziatori del progetto trovereste i Rothschild. Giusto per non essere avaro di prove se leggete in questo sito ( http://www.mwe.com/jeffrey-rothschild/ ) il profilo di Jeffrey Rotschild troverete (consiglio di cercare con lo strumento trova del browser internet) i collegamenti con la DigitalAngel, nello specifico si parla di 82 milioni di sterline.

Quante informazioni! Inutile ricamarci troppo attorno, a ciascuno unire i puntini come meglio preferisce.   di Semmut




giovedì 25 ottobre 2012

MONETA ELETTRONICA E CONTROLLO DI MASSA




I contanti hanno le ore contate. Già, perché dal primo luglio del 2013, per gli importi superiori a 50 euro potrebbe diventare obbligatorio il pagamento con il bancomat.

E’ una misura a cui sta lavorando il governo Monti da inserire nel decreto Sviluppo due a cui sta lavorando l’esecutivo. Lo scopo del provvedimento sarebbe quello di semplificare la vita della gente e tenere sotto controllo l’illegalità, anche perché con la moneta elettronica si pagheranno pure le prestazioni professionali, occasione principe di evasione fiscale.

“Spingeremo per una diffusione sempre più ampia della moneta elettronica perchè poche cose contrastano illegalità ed evasione, però naturalmente questa diffusione dev’essere tollerabile in termini di costi e gestita in maniera saggia in termini di tempistica“, ha spiegato il ministro dello Sviluppo economico Corrado Passera rispondendo in commissione Finanze della Camera a una domanda sul tema.

Il pagamento obbligatorio col bancomat per spese superiori a 50 euro è la misura principale di un pacchetto che prevede anche l’introduzione della ricetta medica elettronica, della tessera unica per dati d’identità e sanitari e l’intensificazione della banda larga.


Pecunia non olet, il denaro non ha odore, dicevano i romani. E’ una classica locuzione latina, che riesce a riassumere perfettamente i concetti più astrusi. Secondo Svetonio, questa frase fu pronunciata da Vespasiano a cui il figlio Tito avrebbe rimproverato di avere messo una tassa sull’urina raccolta nelle latrine gestite dai privati. Tito, in segno di protesta, avrebbe tirato alcune monete in uno dei bagni. Il padre le avrebbe raccolte e, avvicinatele al naso, avrebbe pronunciato le fatidiche parole.

Insomma, per i romani il denaro era sempre il denaro, e diciamolo sinceramente, è così anche per noi. Invero, l’antico detto non vale più, o almeno vale in parte. I molti non lo sanno, ma in Italia è in corso un violento quanto silenzioso attacco al denaro contante a colpi di norme. Difatti, l’oligarchia tecnica al potere, denominata “Governo Monti”, ha decretato ufficialmente guerra al denaro contante. Con la scusa dell’evasione fiscale si aprono le porte alla moneta elettronica.

Il governo Monti non è nuovo a questo tipo di proposte. Anzi, dallo scorso Febbraio, grazie ad una nuova legge varata dai tecnici illuminati, sono illegali i pagamenti in contante (e gli assegni liberi) sopra i 1.000 euro.

Insomma una imposizione per gradi. Fino all’obiettivo finale di convertirci definitivamente alla moneta elettronica.
Tutti i governi precedenti, da Prodi a Berlusconi, burattini del vero potere, hanno dato il loro contributo nella lotta liquido. In un brevissimo lasso di tempo la soglia dei pagamenti cash è scesa rapidamente da 12.500 euro agli attuali 1.000 euro, ultimo diktat dalla “bancocrazia Monti”.
E’ utile e necessario ricordare che il Governo in carica non è stato legittimamente eletto dal popolo, ma imposto dai poteri finanziari internazionali, per traghettare l’Italia nel prossimo futuro regime tecnocratico europea. A questo proposito, vi invito a leggere uno sfacciato e nauseabondo articolo di Curzio Maltese, uscito il 13 Aprile 2012 su Repubblica: “L’Italia laboratorio della tecnocrazia che guiderà l’Europa”.

La schiettezza con cui si incita alla “classe tecnocratica” come guida illuminata di un super stato europeo è spudorata. Risalta ancor più su un giornale come Repubblica, che si è sempre vantanto attraverso i suoi maggiori esponenti di essere in prima linea, a difesa del libero pensiero, contro l’autoritarismo del precedente governo Berlusconi. Ora abbiamo capito, almeno spero, che sia solo un fatto di padroni.
La strada è tracciata. Ora i cani di regime guideranno il gregge verso la dittatura europeista.
Da anni, io e prima di me tantissimi altri studiosi, docenti, giornalisti e blogger vanno dicendo che uno dei punti cardini della prossima dittatura mondiale sarà la moneta elettronica. Tali tesi sono state spesso etichettate come “complottiste”, quindi derise, ma oggi sembrano divenire realtà con una velocità e una facilità disarmante.
Ancora in molti si chiedono quali sarebbero i vantaggi che questa fantomatica dittatura orwelliana avrebbe nell’imporre una moneta elettronica. Presto detto.

A) Il costo del denaro. E’ bene rammentare che stampare e gestire il denaro ha un costo per le banche. Solo per l’Italia si parla di cifre attorno ai 10 miliardi di euro l’anno. In Europa sono in circolazione oltre 14 miliardi e 418 milioni di banconote per un valore di 857 miliardi di euro. Eliminato il denaro cartaceo le banche eliminerebbero anche il valore intrinseco delle banconote, ovvero il costo di produzione.

B) Il diritto di signoraggio. Come ovvio gli introiti derivati dal signoraggio bancario saranno ancora più cospicui e rimarranno nelle tasche dei grandi usurai che controlleranno molto più facilmente il flusso monetario.

C) Il controllo della massa. La vita dei consumatori sarà registrata in appositi database. Con il denaro elettronico sarà possibile spiare ogni acquisto, capire i gusti delle persone, seguire i movimenti sul territorio, studiare le preferenze, tutto il loro agire, semplicemente grazie alla tracciabilità dei pagamenti. Questi dati saranno oro colato per le società dedite alle ricerche di marketing, che potranno scegliere l’apposita strategia da adottare per ogni singolo consumatore.

D) Il controllo dell’individuo. Semplicemente premendo un bottone potranno bloccare le nostre fonti di sostentamento (la carte di credito), per qualsiasi motivo da loro ritenuto valido, impedendoci di acquistare i beni di prima necessità
Vi sembra poco? Credete non sia uno straordinario sistema di controllo? Siete disposti a sacrificare una parte consistente della vostra libertà per risolvere un falso problema creato ad arte? Procediamo per gradi.
Secondo una ricerca del KRLS Network of Business Ethics, effettuata per conto di Contribuenti.it – Associazione Contribuenti Italiani, la maggior parte dell’evasione fiscale non riguarda le piccole-medie imprese, che hanno un giro di affari modesto (8,2 miliardi di euro l’anno), bensì le grandi corporation. Parlo della grandi società per azioni, che attraverso transazioni segrete o fondi speculativi nei paradisi fiscali, nascondono al fisco la bellezza di 60,4 miliardi di euro l’anno (22,4 le Spa e Srl e 38 le Big Company).
Insomma, aziende già abituate a trattare con denaro virtuale. Mentre programmi di regime come Report lasciano passare un messaggio pericoloso, ovvero che gli evasori fiscali potrebbero essere i tuoi vicini di casa, l’idraulico, il tassista, il fruttivendolo etc.. “Divide et impera”, si da il via a una guerra tra poveri, dove tutti sono controllati e tutti sono controllori. Ricorda tremendamente la trama della distopia orwelliana “1984”.

Il governo dei banchieri tira gli interessi della banche da cui sono lautamente stipendiati. La moneta elettronica è lo strumento definitivo per il controllo di massa.
Se un domani perderete il vostro lavoro, non potrete rifinanziare il vostro conto in banca (o la carta di credito) e di conseguenza non potrete più acquistare il necessario, poichè anche il piccolo spaccio alimentare sotto casa sarà obbligato ad accettare solo pagamenti elettronici. Non ci saranno alternative, l’unica via sarà richiedere un prestito in banca, ipotecando beni reali, per chi avrà la fortuna di possederne ancora.
Spaventoso! Nessuno si indigna, nessuno protesta e nessuno grida al regime. Dove sono finiti gli alfieri della libertà? Sparito il fantoccio berlusconiano si sono dileguati come neve al sole.



Stanno per far sparire definitivamente il denaro contante, un domani chissà, per non essere considerati “evasori”, e non essere esposti alla gogna mediatica, dovremmo accettare di farci impiantare un microchip sottocutaneo per effettuare qualsiasi pagamento. Fantasie deliranti? Ripeto, fino a pochi anni fa lo erano anche le teorie che profetizzavano la scomparsa del denaro cartaceo, e invece…
In un ipotetico domani, chi non avrà il microchip sarà considerato automaticamente un “evasore”. Se questa non è dittatura, spiegatemi voi cos’è!
La moneta elettronica, che adesso spacciano come soluzione all’evasione fiscale, sarà l’ennessima vittoria dell’oligarchia bancaria sui cittadini, l’ennesimo passo verso un nuovo ordine mondiale, l’ultimo verso l’abisso.

Ma andiamo alla fonte. Immaginiamo un rubinetto che rovescia acqua in una vasca, questa dopo poco traboccherà dalla stessa. Come fare per impedirlo? Prendiamo un secchio e svuotiamo l’acqua che riusciamo a prendere nel lavandino, oppure chiudiamo semplicemente il rubinetto? Questo piccolo esempio dimostra che l’unica risoluzione reale di un problema si attua alla fonte.
Oggi noi viviamo schiacciati da un debito illegale. A causa di ciò, la pressione fiscale ha raggiunto vette per la maggior parte insormontabili. I veri padroni del mondo sono coloro i quali gestiscono la moneta, ovvero le banche. Gli Stati nazionali hanno ceduto la sovranità monetaria e si indebitano quotidianamente per poter mandare avanti la baracca. L’attuale sistema di tassazione è illegale perché perpetra e sorregge un sistema fraudolento e dittatoriale. Lo scopo ultimo è il servaggio sociale totale. L’obiettivo è creare un popolo ricattabile e soggiogabile, schiavo e fiero di esserlo, in perenne adorazione, completamente dipendente.

E’ chiaro che la macchina della propaganda non farà cenno alla vera truffa. Lautamente ricompensati, essi dispensano “panem et circenses”, plagiando le già poveri e banali menti del popolo italiota. Il loro mestiere è mentire, e lo fanno spudoratamente.
Le soluzioni per uscire da questa crisi sistemica indotta ci sono. Ma se aspettiamo che gli stessi creatori della crisi, o i loro valletti, ci diano la soluzione ad essa, sbagliamo di grosso. Le crisi economiche sono golpe sociali preparati a tavolino, atti a schiavizzare le masse, per imporre il dominio totalitario.
La nostra economia è ferma non per assenza di opportunità o pigrizia, ne tanto meno a causa dell’evasione fiscale, ma per mancanza di denaro. Mancando questo vengono meno i beni e i servizi necessari per i cittadini, lo stato sociale viene smantellato, le aziende falliscono o vengono vendute. Il futuro di intere generazioni, che cresceranno all’ombra dell’incertezza, sarà sotto il giogo asfissiante della dittatura del nuovo ordine mondiale.

L’imposizione mondialista diventa ogni giorno più sfacciata e dichiarata, ci vogliono abituare lentamente che tutto quello che sta accadendo sia la normalità, inarrestabile e fatale.
Non facciamoci abbindolare dai falsi portatori di verità. Informiamoci in altro modo, è l’unica strada. di Italo Romano

martedì 23 ottobre 2012

NOVITA' DALL' ISLANDA



Di fronte alla crisi economica, mentre l'Unione europea ha scelto la strada di austerità e ha deciso di salvare le banche, l'Islanda ha invece provveduto a nazionalizzare le istituzioni finanziarie e respinto politiche di rigore fiscale. Con un tasso di crescita del 2,7% nel 2012, anche il Fondo monetario internazionale (FMI) ha lodato la ripresa economica del paese.
Quando, nel settembre 2008, la crisi economica e finanziaria ha colpito l'Islanda, un piccolo arcipelago nel nord Europa abitata da 320.000 persone, l'impatto è stato disastroso, come nell resto del continente. La speculazione finanziaria ha portato le tre maggiori banche al fallimento, le attività rappresentavano una somma dieci volte superiore al PIL della nazione, con una perdita netta di $ 85 miliardi di dollari. Il tasso di disoccupazione è aumentato del 9 tra il 2008 e il 2010, mentre il paese un tempo godeva della piena occupazione. Il debito dell'Islanda rappresentava il 900% del PIL e la moneta nazionale è stata svalutata del 80% nei confronti dell'euro. Il paese era immerso in una profonda recessione, con un calo del PIL del 11% in due anni.

Di fronte alla crisi
Nel 2009, quando il governo ha voluto attuare le misure di austerità richieste dal FMI in cambio di assistenza finanziaria di 2,1 miliardi di euro, una forte mobilitazione popolare lo costrinse alle dimissioni. Durante le elezioni, la sinistra ha conquistato la maggioranza assoluta in Parlamento.
Il nuovo governo ha comunque dovuto  adottare la legge Ice save - il nome della banca on-line che andata in bancarotta per rimborsare gli investitori privati che erano in gran parte olandesi e britannici. Questa legge avrebbe costretto tutti gli  islandesi per ripagare un debito di 3,5 miliardi di euro (40% del PIL)  a un debito di 9000 euro pro capite - più di quindici anni ad un tasso del 5%. Di fronte a nuove proteste popolari, il presidente ha rifiutato di ratificare il testo parlamentare e sottoposto a referendum. Nel marzo 2010, il 93% degli islandesi ha respinto la legge sul rimborso dei danni causati da Ice save. Ripresentata a un referendum nel mese di aprile 2011, è stata di nuovo respinta schiacciante 63%.
Una nuova costituzione, redatta dall'Assemblea Costituente di 25 persone elette a suffragio universale tra 522 candidati, composta da 9 capitoli e 114 articoli, è stata adottata nel 2011. Questo prevede un diritto di informazione, l'accesso del pubblico ai documenti ufficiali (articolo 15), la creazione di un Organismo di Vigilanza la responsabilità del governo (articolo 63), il diritto di consultazione diretta (articolo 65) - il 10% degli elettori possono richiedere un referendum sulle leggi approvate dal Parlamento - e la nomina del presidente del Consiglio da parte del Parlamento.
Così, a differenza delle altre nazioni dell'Unione europea nella stessa situazione che hannoseguito  alla lettera le raccomandazioni del Fondo monetario internazionale che  ha chiesto l'attuazione di misure di austerità severe, come in Grecia, Irlanda, Italia e Spagna,
l'Islanda ha scelto un percorso alternativo. Quando nel 2008, le tre banche principali, Glitnir, Kaupthing e Landsbankinn falliscono, lo stato islandese ha rifiutato di iniettare fondi pubblici, come nel resto d'Europa. Invece, ha proceduto alla nazionalizzazione .
Allo stesso modo, le banche private sono state costrette a cancellare tutti i debiti a tassi variabili superiori al 110% del valore della proprietà, in modo da evitare una crisi del subprime come negli Stati Uniti. Inoltre, la Corte Suprema ha dichiarato illegale tutti i prestiti indicizzati a valute estere che sono stati concessi a persone fisiche, costringendo le banche a rinunciare a beneficio della popolazione  .
I responsabili del disastro - i banchieri speculatori che hanno causato il crollo del sistema finanziario islandese - non hanno beneficiato della clemenza verso di loro, molto  popolare nel resto d'Europa. In realtà, essi venivano processati e incarcerati da Olafur Thor Hauksson, procuratore speciale nominato dal Parlamento. Anche il primo ministro Geir Haarde, accusato di negligenza nella gestione della crisi, non ha potuto evitare un processo

Un'alternativa alla austerità
I risultati della politica islandese economica e sociale sono stati spettacolari. Mentre l'Unione europea è in una fase di recessione, l'Islanda goduto di un tasso di crescita del 2,1% nel 2011 e prevede un tasso del 2,7% per il 2012, e un tasso di disoccupazione si aggirano intorno 6%. Il paese si è ha anche offerto il lusso di fare il rimborso anticipato dei suoi debiti al FMI .
Il presidente islandese Olafur Grimsson ha detto del miracolo economico: "La differenza è che in Islanda abbiamo permesso alle banche di fallire. Erano istituzioni private. Non abbiamo iniettato denaro per tenerle a galla. Lo Stato non si é assunto tale responsabilità. "
Contro ogni previsione, il Fondo monetario internazionale ha accolto con favore la politica del governo islandese - che ha messo in atto misure in contrasto con quelle che lui stesso sosteneva". Prezioso modello nordico del benessere" che ha contribuito a preservare un indice di sviluppo umano molto alto". Il FMI ha detto che il piano di salvataggio  islandese offre lezioni per i tempi di crisi." L'organizzazione ha aggiunto che "il fatto che l'Islanda è riuscita a conservare il benessere sociale delle famiglie e ottenere un consolidamento importante fiscale è uno dei più grandi successi del programma del governo islandese." Il FMI, tuttavia, non è riuscito a ricordare che questi risultati sono stati possibili solo perché l'Islanda ha rifiutato la terapia neoliberista shock e ha attuato un piano di recupero alternativo a quello proposto. 
Il caso dell'Islanda dimostra che vi è un'alternativa credibile alle politiche di austerità attuate in tutta Europa. Queste, oltre ad essere economicamente inutili, sono politicamente costose e socialmente insostenibili. Con la scelta di mettere l'interesse pubblico sopra a quello del mercato, l'Islanda mostra il modo in cui il resto del continente può uscire dalla crisi finanziaria senza strangolare i cittadini.

Salim Lamrani

LORO SANNO CHE IL DEBITO PUBBLICO SI PUO’ CANCELLARE


Questo mese le pubblicazioni economiche più importanti al mondo parlano della semplice e radicale soluzione del debito pubblico che qui si propone da due anni, cioè SEMPLICEMENTE DI CANCELLARLO, di farlo sparire nel bilancio della Banca Centrale (per sempre).


Niente finanziarie di tasse, sacrifici, aumenti di IVA e accise, posti di blocco della G.di F, vendite di beni pubblici... una semplice MANOVRA CONTABILE CHE NON COSTA UN EURO.
Non è questione di una teoria "MMT" e Mosler, lo sanno tutti, sotto sotto, a Londra e a New York, al Fondo Monetario, al Wall Street Journal, al Telegraph, al Financial Times, alla City di Londra che il debito pubblico è un gioco di prestigio, un imbroglio e il governo lo potrebbe cancellare quando vuole. Alcuni pensano che proponga "teorie". Errore: qui mi limito ad informare il popolo di quello che si sa nei piani alti.

Il 16 ottobre sul Wall Street Journal: "La Tentazione della Gran Bretagna: cosa succederebbe se la Banca di Inghilterra cancellasse semplicemente i 400 miliardi di debito pubblico che ora detiene.." ("..What would happen if the Bank of England simply canceled the nearly £400 billion of government debt that it holds?..")

Qualche giorno fa Gavyn Davies sul Financial Times, editoriale titolato: "La Banca Centrale cancellerà il debito pubblico ?" (Will central banks cancel government debt?). Questo Davies è l'ex capo economista di Goldman Sachs e cita Lord Turner (capo della FSA, la Consob inglese, che avrebbe detto in privato che una soluzione fattibile (Tuner ha poi cercato di smentire quando è apparso riportato sul Guardian)

Oggi sul Telegraph Ambrose Evans-Pritchard cita il report di due ricercatori al Fondo Monetario uscito ad agosto (di cui avevo parlato) che dimostra anche matematicamente che se lo stato stampa moneta in misura sufficiente, può eliminare sia il debito pubblico che il credito bancario e il risultato come PIL, reddito e il resto sarebbe ottimo.

Oggi su BusinessInsider.com Joe Weisenthal cita un trader a Londra che gli parla della possibilità che la Banca di Inghilterra, che ha già comprato 1/4 del debito pubblico inglese, semplicemente lo mandi al macero e dica al governo che non le deve più niente. People Are Talking About A National Debt Solution That Might Actually Make Your Brain Hurt.

Come ha scritto Warren Mosler e spiegato al convegno di Rimini ieri, lo stato non ha bisogno di finanziarsi emettendo debito, la prova è che in Inghilterra da cinque anni stanno quatti quatti ritirando il debito pubblico con una pura manovra contabile, senza aumentare tasse e fare austerità, senza vendere beni pubblici, semplicemente scambiando Gilt con Sterline. E negli ultimi giorni Wall Street Journal, Financial Times e Telegraph parlano del fatto la Bank of England può ora semplicemente cancellarli con un colpo di tastiera...paf !... e 400 miliardi di titoli di stato non esistono più...

Nonostante sia ovvio che funzioni così e sia facile da spiegare, nonostante che qui si riportino esempi su esempi nella storia, nella letteratura economica e persino nell'establishment finanziario attuale del fatto che funzioni così, lo stesso tanta gente ha paura di pensare con la propria testa e accetta un idea solo quando appare su Repubblica, Corriere e in TV. Come titola Joe Weisenthal "...una soluzione al problema del debito che fa sì che il tuo cervello ti faccia male"

LO SANNO TUTTI A QUEL LIVELLO, ma il pueblo italiano e spagnolo va menato per il naso con la favola del "dobbiamo pagare i debiti" (dello stato)

LORO SANNO CHE IL DEBITO PUBBLICO SI PUO’ CANCELLARE II

Tutti gli articoli citati qui sopra si riferivano al fatto che DOPO CHE LA BANCA DI INGHILTERRA O LA FED HANNO RICOMPRATO TITOLI DI STATO (dal pubblico, da istituzioni finanziarie o da chiunque glieli venda) li possono ora cancellare e cominciano a circolare rumors che alla fine facciano proprio questo (è scritto negli articoli citati sotto, ma come al solito arrivano commenti di chi non li legge e mi tocca riassumerli)

1) le Banche centrali stanno comprando tonnellate titoli di stato dal 2009 o sul mercato secondario come la FED e la Bank of Japan o anche direttamente in asta (come la Banca di Inghilterra (e come faceva la Banca d'Italia ai bei tempi)

2) dopodichè la la Banca centrale in teoria dovrebbe tenerli fino alla scadenza e alla fine ricevere indietro i soldi dallo stato, quando appunto tra 3 o 5 o 10 anni i titoli scadono. Finora Ben Bernanke e Mervyn King hanno dato da intendere che era così, che si comportavano come un normale investitore che compra titoli di stato e poi quando scadono riceve i soldi del loro ammontare. Cioè finora avevano detto che compravano migliaia di miliardi di bonds solo per abbassarne il costo (vedi anche Draghi negli ultimi due mesi).

3) Ma in realtà la Banca Centrale è lei stessa parte dello stato, è lei che garantisce tutti gli assegni e passa tutti i bonifici dello stato, perchè può accreditare qualunque somma senza limiti e senza vincoli e i soldi" li crea con il computer quando le pare, per cui se alla scadenza dei titoli di stato si accreditasse l'importo sarebbe solo una finzione contabile tra lei e il Tesoro. Le passività nel bilancio del Tesoro diventano attività nel bilancio della Banca Centrale e viceversa, ma non ci sono vincoli, possono fare come vogliono, 100 miliardi a destra e -100 miliardi a sinistra E' SOLO CONTABILITA'

Di conseguenza, ora che sono passati 4 anni dall'inizio dell'Alleggerimento Quantitativo cominciano a far circolare l'ipotesi che in realtà alla Banca centrale alla fine non si faranno riaccreditare l'importo dei bonds dal Tesoro che poi dovrebbe tornare in asta a venderne un altro importo equivalente per essere in grado di fare l'accredito sul conto della Banca Centrale. Ma dato appunto che possono farlo senza alcun costo e senza alcun problema, possono alla fine far cancellare tutti questi 4 o 5 mila miliardi di titoli.

Come spiegato dozzine di volte non creerebbe inflazione, perchè i soldi lo stato li ha già spesi e non cambia l'ammontare della spesa pubblica. Il fatto che continui a finanziarsi con debito oppure che di fatto (come questi articoli implicano) si finanzi semplicemente con moneta cambia solo i rendimenti sul mercato del reddito fisso (cioè la gente che vuole investire si ritrova meno titoli governativi e metterà i soldi in qualcosa d'altro).
di GZ


lunedì 22 ottobre 2012

OPPORTUNISTI, FURBI, BLAIR , CLINTON, RENZI...





Per chi abbia seguito cosa è avvenuto con Bill Clinton nel 1992 e poi con Tony Blair nel 1996 ora con Matteo Renzi vedi ora una stupefacente replica esatta del copione che era stato seguito nel portarli al potere. "..la cena per la raccolta fondi a sostegno del ‘rottamatore’ Renzi , organizzata dal finanziere Davide Serra...in 150 tra banchieri, imprenditori, manager, operatori finanziari: contributi tra 500 e 5.000 euro per ascoltare Renzi consumando un piatto di risotto..."

Selezioni un giovane aspirante leader dal partito di sinistra (Democratico, Laburista, ex-partito comunista...) che da segno di fare la "svolta liberale" e poi il mondo della finanza si coagula intorno a lui.

Nel caso di Clinton la sua amministrazione da Bob Rubin (ex-capo di Goldman Sachs) in giù era targata Wall Street. Nel caso di Tony Blair da Lord Levy (il suo grande raccoglitore di fondi) in giù erano banchieri, (private equity, gestori) della City o amici sponsorizzati dai medesimi. Con Matteo Renzi, dopo che un mese fa Bill Clinton lo ha "battezzato" ufficialmente come l'uomo giusto in Italia, ora intorno a lui vedi materializzarsi Roger Abravanel ex gran capo di McKinsey-Banche, che per 25 anni è stato l'eminenza grigia che ha orchestrato tutte le ristrutturazioni delle banche e piazzato gli uomini McKinsey da Profumo in giù ai loro vertici, Matteo Arpe ex capo di Banca di Roma, Nagel capo di Mediobanca, il nipote di Bazoli (da 30 anni eminenza grigia di Banca Intesa), Pagliaro presidente di Mediobanca, Giorgio Gori, Davide Serra che il fondo hedge Algebris da qualche miliardo (Cayman)..., incontra anche Francesco Micheli... ("Renzi ignorava il paradiso fiscale in Cayman di Serra").

Questa è la politica vera nel XXI secolo. Devi incontrarti e capirti con l'elite finanziaria globale per la quale l'ideale è che vieni dal partito di sinistra e poi fai la svolta "liberale". Per Renzi è stata "il discorso di Verona"(?), in cui ha dato il segnale che è un amico della finanza e della banche (parola in codice "liberale"). Subito dopo è stato riconosciuto dai suoi rappresentati in Inghilterra e America (Clinton o Blair ad esempio) e ha ricevuto l'investitura ufficiale quando in settembre Clinton è venuto a Firenze apposta per incontrare Renzi (anche se a causa dell'ambaradan che ha suscitato questa sponsorizzazione troppo smaccata all'ultimo momento a Firenze ha preferito non farsi vedere assieme). Questo è l'equivalente di Giovanni Battista che battezza Gesù diciamo. E ora se leggi le cronache degli ultimi giorni per Renzi si è aperta la strada della "sotto-elite" finanziaria a Milano che gli ha aperto le porte.

Altro che i Meet-Up, il Blog, la "rete" e le nuotate di Grillo... questo è il vero potere, perchè è quello dove ci sono i milioni (e i miliardi se occorre)
....quel Matteo Renzi che piace ai giornali raffinati, agli economisti eleganti, agli scrittori impegnati e che a poco a poco comincia ad avere consensi anche nei così detti salotti buoni ...ad esempio gli ambienti della finanza milanese. Renzi, si sa, ha scelto di mettere al centro della sua rincorsa elettorale l'idea di andare a conquistare e a rappresentare il mondo dei piccoli imprenditori "che fanno andare avanti il paese" e finora non ha mostrato molta dimestichezza con i pezzi grossi dell'establishment (il dossier, comunque, è affidato a uno dei bracci operativi della macchina renziana: Marco Carrai, amministratore delegato di Firenze Parcheggi e da poco membro del board dell'Ente cassa di risparmio di Firenze, fondazione azionista di Intesa Sanpaolo con il 3,3 per cento). Eppure, dopo il discorso di Verona, in questo universo il sindaco ha visto improvvisamente aumentare le sue quotazioni e si è ritrovato a fare i conti con una serie di inaspettate dichiarazioni di interesse di alcuni volti importanti della finanza lombarda; e nello specifico Renzi negli ultimi giorni ha ricevuto alcuni attestati di stima, diretti o indiretti, da parte di Matteo Arpe
(numero uno di Sator), Alberto Nagel (amministratore delegato di Mediobanca) e Renato Pagliaro (presidente di Mediobanca).
L'interesse discreto di Nagel, Arpe e Pagliaro - con i quali ha un rapporto diretto un altro volto in ascesa dell'universo renziano, Davide Serra, capo del fondo di investimento Algebris (fondo che in Italia ha partecipazioni importanti in Intesa, Unicredit e Generali) - nasce soprattutto per ragioni legate ai contenuti della piattaforma liberale proposta da Renzi a Verona, e da questo punto di vista si può dire che i manager condividono l'analisi fatta domenica scorsa sulla Stampa dal professor Luca Ricolfi ("Con Renzi la posta in gioco non è conquistare o mantenere una piccola voce in capitolo nelle scelte del partito, ma di spostare il Pd su posizioni di sinistra liberale").
D'altra parte l'interesse di un pezzo significativo della finanza non solo milanese per il sindaco trentasettenne nasce anche per ragioni differenti e in particolare per una certa sensibilità dei Nagel, degli Arpe e dei Pagliaro (e non solo loro naturalmente) per il tema "rottamare le vecchie classi dirigenti".
Nagel, Pagliaro e Arpe - che per una ragione o per un'altra, nel recente passato, hanno provato a rottamare i capi più anziani nelle proprie rispettive aziende, e a qualcuno è andata anche bene - vedono infatti in Renzi un buon "detonatore", un candidato utile non solo a rinnovare il paese ma a innescare in futuro, anche in mondi lontani dalla politica, un processo virtuoso di ricambio generazionale.
"Nell'establishment di sinistra - ci spiega un importante uomo della finanza milanese con buone entrature nel Pd - si sta andando a consolidare un ragionamento preciso riguardo a Renzi e oggi la verità è che chi sogna di non interrompere l'emozione del montismo si sta interessando al sindaco di Firenze almeno per due ragioni".
"La prima ragione - continua la nostra fonte - è ovvia: in caso di vittoria di Renzi le possibilità che l'agenda Monti venga rispettata anche dopo Monti sono oggettivamente maggiori rispetto all'ipotesi di una vittoria di Bersani. La seconda ragione è invece più contorta ma ugualmente elementare: chi tifa per il montismo sa che in caso di vittoria di Bersani un'affermazione importante di Renzi contribuirebbe a indebolire il segretario del Pd e di fatto consentirebbe al partito del ‘Monti dopo Monti' di avere qualche speranza in più di affermarsi subito dopo le elezioni".
Come sarà facile intuire, all'eccitazione dei "rottamatori della finanza" corrisponde quasi di riflesso un sentimento uguale e contrario di diffidenza di alcuni mostri sacri dell'establishment lombardo. E così, per esempio, sia Giovanni Bazoli, numero uno di Intesa Sanpaolo, sia Giuseppe Guzzetti, capo della Fondazione Cariplo, entrambi pilastri della vecchia finanza bianca, recentemente, seppur in privato, non hanno risparmiato critiche al sindaco di Firenze ed elogi (che in questo caso corrispondono a qualcosa in più di un pre-endorsement) a Pier Luigi Bersani (Bazoli) e a Pier Ferdinando Casini (Guzzetti).
Spostandoci da Milano, poi, e restando nel mondo della finanza, diffidenze sostanziali nei confronti di Renzi sono state registrate anche in zona Monte dei Paschi e in zona Della Valle. Alessandro Profumo, amministratore delegato di Mps, insieme con la moglie (Sabina Ratti) è da tempo sostenitore di Rosy Bindi (che con Matteo Renzi, diciamo, ha un rapporto dialettico) e nonostante alcuni contatti avuti anche recentemente con Carrai al momento, pur non essendo un fan di Bersani, non ha intenzione di sostenere il sindaco di Firenze. Quanto a Della Valle, invece, il discorso è più articolato
Con Diego, proprietario delle Tod's e tra le altre cose azionista di Rcs, il sindaco condivide l'amore per il calcio, il tifo per la Fiorentina (famosa, ormai, la foto di Renzi e Della Valle esultanti uno accanto all'altro allo stadio Artemio Franchi alla prima di campionato) e la
passione per la pratica del rottamare i vecchi e rincitrulliti arnesi della classe dirigente italiana.  
Dunque, apparentemente, si potrebbe almanaccare eccome sulla liaison tra lo Scarparo e il Rottamatore; ma le cose sono più complicate di quanto sembra e i rapporti tra i due in
realtà non sono particolarmente buoni: cordiali, sì, amichevoli (il fratello di Diego, Andrea, due giorni fa ha persino detto che "Renzi ha grandi qualità e potrebbe essere la sorpresa del prossimo anno"), ma in verità Della Valle non ha ancora digerito del tutto "lo sgarbo" che il comune gli avrebbe fatto due anni fa quando il sindaco, secondo la versione di mister Tod's, "si sarebbe comportato male ostacolando il rinnovo per la convenzione di affitto dello stadio della Fiorentina", e dunque per ricucire lo strappo ancora un po' di tempo ci vorrà (Renzi e compagnia ci stanno comunque lavorando).
Così, per varie ragioni, accanto a piccole e significative manifestazioni di interesse per Renzi (oltre a Pagliaro, Arpe e Nagel, il sindaco ha incuriosito anche i vertici dell'Eni e di Telecom, che, a quanto risulta al Foglio, nutrono simpatia nei confronti del sindaco di Firenze) bisogna registrare verso il Rottamatore diverse e pesanti bocciature.
Bazoli, Profumo ma non solo. Perché, a guardar bene, anche in Confindustria, per dire, il sindaco di Firenze viene osservato con diffidenza e scetticismo: e dunque non può sorprendere se nelle stanze che contano di Viale dell'Astronomia si sostiene che "in una fase drammatica come quella in cui si troverà l'Italia nel 2013 immaginarsi un giovane inesperto come Renzi a contrattare il futuro del nostro paese con i giganti dell'Europa francamente fa un po' impressione, per non dire paura".



ALESSANDRO PROFUMO E MOGLIE SABINA RATTI
Sentite cosa dice Bazoli jr. La situazione, come si vede, è liquida e sfuggente, e ancora oggi risulta difficile registrare e inquadrare in modo preciso lo spostamento dell'establishment verso questo o quel candidato. E allora, in questo piccolo marasma, chissà che per fotografare al meglio l'incertezza che regna nelle classi dirigenti di fronte allo scenario della sfida Renzi-Bersani non siano utili le parole di un esponente del Pd piuttosto particolare che vive e lavora in una delle terre chiave dell'intreccio tra sinistra, politica e finanza.

La città, naturalmente, è quella di Brescia, e l'esponente del Pd in questione è stato uno dei fondatori dell'Ulivo in città e oggi è consigliere municipale del Pd e vicepresidente della commissione Economia e commercio in comune. Il suo nome è Alfredo Bazoli, ha 44 anni, è stato presidente della direzione provinciale del Pd di Brescia e, tra le altre cose, è nipote di Giovanni Bazoli, numero uno di Intesa Sanpaolo. Sentite cosa dice: "Qui a Brescia - racconta Bazoli jr. al Foglio - sia nel mondo politico sia nel mondo extrapolitico c'è grande attenzione e cautela rispetto alle primarie.
Tutti sono alla finestra a studiare i percorsi e i progetti e tutti sanno che Renzi e Bersani rappresentano due alternative vere per guidare il Pd e magari un domani il paese. Il paradosso della sfida, a mio avviso, è che Bersani, dal punto di vista dell'unità del partito, è forse la persona giusta per guidare il centrosinistra mentre Renzi forse è la persona giusta con cui vincere le elezioni, pur avendo meno possibilità di Bersani di vincere le primarie.
Detto questo confesso che, personalmente, il discorso di Renzi a Verona mi ha molto affascinato. Mi sono riconosciuto in quelle parole e in quei riferimenti espliciti alla rivoluzione blairiana e non escludo che, anche per questo, alla fine alle primarie potrei scegliere di votare proprio per il sindaco di Firenze".
da GZ

giovedì 18 ottobre 2012

MA DOVE STIAMO ANDANDO



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Per un errore di interpretazione di un testo latino che attribuiva agli amalfitani l’invenzione della bussola, per secoli si è dimenticato che la scoperta dell’asse magnetico terrestre è da attribuirsi ai cinesi e ai vichinghi, mentre è da attribuire agli arabi la diffusione della bussola nel Mediterraneo.
Al massimo l’amalfitano Flavio Gioia l’avrebbe perfezionata, rendendola più stabile.
E’ la solita storia italiana: nazione di eroi, santi, navigatori, inventori e falsificatori.

Certo la bussola della politica italiana, dalla nascita dello stato nazionale in avanti, un’importante modifica l’ha subita.
L’ago è stato sostituito da un manganello che, a seconda delle epoche, può variare lunghezza, dimensione e materiale di cui è fatto, ma non la sua funzione: quella di indicare dove stanno andando l’economia e la società nazionali.

Se gli operai provano a chiedere : ”Dove stiamo andando? Che fine faremo? Che avverrà del nostro lavoro e del nostro salario?” La risposta esatta è: cariche e manganellate.
Se gli studenti e i giovani chiedono: “Dove stiamo andando? Che fine farà l’istruzione pubblica? Che ne sarà del nostro futuro?” Ancora una volta la risposta sarà data dalle manganellate e dalle cariche della polizia.


Provate a chiederlo per qualsiasi altro settore della vita sociale ed economica (ambiente, risorse, pensioni, diritti) e vedrete che la risposta sarà sempre quella.
Botte, manganellate, fermi ed arresti spesso accompagnati dall’ipocrita annuncio: “Scusate il disagio, ma stiamo lavorando per voi”.
Il manganello è stato benedetto con l’acqua santa e il perdono arriverà nei secoli a venire (come per Galileo o gli Ebrei).
E allora: dove stiamo andando?
Il manganello delle brame capitalistiche non ha dubbi: punta dritto, dritto su un Monti bis.
Ma come, dirà qualcuno, non si stanno tutti i politici dando da fare per scongiurarlo? O, almeno, non stanno tutti chiedendo una sua “investitura” politica? Sveglia gente!
Lo spettacolo della democrazia partecipativo-mediatica non demorde dalla sua funzione, mentre Guy Debord, dall’aldilà, se la ride, ma i giochi sono già fatti. Rien ne va plus!

L’investitura c’è già stata.
Hanno promosso il continuum spazio temporale montiano tutte le maledette forze che governano davvero questo paese: la conferenza episcopale in primis, la famiglia Agnelli attraverso Luca Cordero di Montezemolo e Sergio Marchionne, Confindustria, le banche già abbondantemente rappresentate nel governo e la finanza americana ed internazionale.
Partiamo dall’ultimo soggetto perché, non c’ è dubbio, dopo la cena newyorkese di fine settembre con il Gotha della finanza, il presidente del Consiglio è tornato ben deciso a continuare il suo ruolo di “salvatore della patria”, mascherato da novello Cincinnato. Ruolo che il premier ha ribadito ancora, oltre il 2013, sulle pagine dei quotidiani degli ultimi giorni.

A New York Monti ha incontrato Jack Welch, storico amministratore delegato di General Electric, quindi Henry Kravis alla sede di Bloomberg, e prima di una cena con il segretario al Tesoro americano Timothy Geithner e il finanziere George Soros. L'incontro con Geithner è avvenuto dopo che Monti ha avuto un colloquio con il presidente Obama.
Alla cena d’affari che è seguita erano presenti il presidente della FED di New York, William Dudley; l'amministratore delegato di Neuberger Berman, George Herbert Walker; il numero uno di Esteé Lauder Fabrizio Freda; e il capo economista di Moody's Analyticts Mark Zandi. Inoltre Frank Bisignano di JPMorgan, Zubaid Ahmad di Citigroup e il chief operating officer di Nyse-Euronext Larry Leibowitz.


Si noti che quest’”ultima cena” si è svolta pochi mesi dopo l’incontro di Sun Valley, nell’Idaho, avvenuto a metà luglio, dove già lo avevano accolto personaggi come Mike Bloomberg, Warren Buffett, Mark Zuckerberg, Rupert Murdoch, e industriali italiani come Elkann e Zoppas.
Lucio Quinzio Monti ha dunque le spalle ben coperte a livello internazionale, anzi sembra essere proprio l’asso nella manica di chi vuole scardinare non solo quello che rimane del sistema di welfare italiano, ma anche di quello europeo (Germania inclusa).

Monti all inclusive dunque, compresa la successiva investitura delle massime gerarchie cattoliche, attraverso la voce della CEI, avvenuta esattamente due giorni dopo la cena al “Cirque” (un nome un programma) di New York.
Non stupiamoci dunque, se pochi giorni dopo il cardinale Ruini si è presentato a dettar legge attraverso il programma di Mr. Fabio”PD” Fazio. Il do ut des,di stampo democristiano e fascista, in Italia funziona ancora benissimo. “Io garantisco l’appoggio al tuo governo, tu mi lasci ridefinire ogni aspetto della vita sociale e civile di questo paese e non mi fai pagare l’IMU sugli immobili della Chiesa!” Come dire: patti chiari, amicizia lunga.

Squinzi, Confindustria, famiglia Agnelli, Montezemolo e Marchionne possono essere divisi sulla spartizione del bottino e delle spoglie, ogni volta che se ne presenti l’occasione, ma su un punto sono indubbiamente uniti: il paese deve essere svecchiato.
E cos’è che va rimosso, qual è il lifting di cui ha bisogno la nostra economia? Gli scarsi investimenti nella ricerca e nella tecnologia? No, figuratevi... Sono i diritti dei lavoratori, la normativa contrattuale, il sistema di assistenza e di istruzione pubblica e, soprattutto, la scarsa produttività del lavoro, anzi, meglio, l’orario di lavoro troppo ridotto ad invecchiare lo stivale dal punto di vista economico.
Ok, l’articolo 18 l’hanno già praticamente eliminato. Quel brutto tumore che impediva lo sviluppo economico di imprese sane e competitive come la FIAT è stato rimosso chirurgicamente dalla dott.ssa Fornero e dai suoi competentissimi assistenti. Ma non è bastato; d’altra parte si sa che dopo l’operazione è meglio un po’ di chemioterapia. E cosa importa se fa stare un po’ male...poi ci sarà il miracolo. Invece di radioterapia non se ne parla, quella la stanno già facendo, con ottimi risultati, i soldati delle missioni militari all’estero, con la prolungata esposizione agli armamenti ricchi di uranio impoverito.

E allora ecco che Passera (il ministro di Intesa Sanpaolo) tira fuori il coniglio dal cappello, la novità assoluta: un bel patto per la produttività. Una bella flebo di aumento d’orario a parità di salario perché “tra il 2008 e il 2009 l’Italia è l’unico paese tra i Pigs ad aver registrato un aumento del costo del lavoro nominale per unità di prodotto, mentre Portogallo, Irlanda, Grecia e Spagna hanno proseguito sulla via della deflazione salariale”, parola di Jp Morgan!

Chiaro che il tutto sarà presentato con più eleganza di quanto qui volgarmente esposto, basti pensare alla deflazione salariale appena citata: mica si può più dire (soprattutto sulle pagine di Repubblica) riduzione del salario. Così come la detassazione del salario di produttività che, detta così, sa molto di accordi industriali in salsa tedesca, dimenticando, però, che in Germania i lavoratori hanno una rappresentanza diretta nei consigli di amministrazione delle grandi aziende. Mentre qui si tratterà, al massimo e dal 2014, di veder ridotte le tasse sugli straordinari o sulle ore aggiuntive. Peccato che pochi giorni or sono un’inchiesta a livello europeo abbia dimostrato come i salari italiani siano già tra i più bassi tra quelli della UE. Ma chi se ne frega, qui le leggi le dettano Jp Morgan, Bloomberg & Co.

Che in questo frangente l’infinita deriva della catastrofe politica berlusconiana produca una serie di tentativi di ricostituire una nuova DC (Casini, una parte del Pdl e una parte del Pd) oppure una destra “pulita” (Fini da un lato e Alemanno dall’altro) oppure, ancora, una ripresa del populismo leghista falsamente anti-montiano non fa altro che aumentare la forza del governo tecnico che può, fin da ora, farsi beffe di qualsiasi proposta di appoggio o opposizione politica da parte di queste forze. Ci penserà sempre la ministra Fornero a vigilare attentamente per rendere vane tutte le promesse elettorali di tali forze, sia in un senso che nell’altro. Esodati e studenti? Più bastone e meno carota! Più ore agli insegnanti a parità di salario, in attesa che ciò avvenga anche in tutti gli altri settori! Parola di Profumo, altro ministro del fetido governo tecnico. Scritto ben chiaro nell'art.42 del DL di Stabilità attualmente in approvazione.


E la Sinistra? Il PD lo ha già detto: manterremo gli impegni presi a livello europeo ovvero continueremo l’agenda Monti anche senza di lui. Quindi che si chiami Bersani o Renzi il governo col PD sarà comunque un Monti bis, in attesa del tris, etc. Senza dimenticare che a lanciare Mario Monti come salvatore della patria, nell’autunno dello scorso anno, fu proprio il PD. Così come fu per Draghi alla banca d’Italia, prima, e alla BCE, dopo. Se poi si pensa che il massimo sponsor di un PD totalmente migliorista è proprio La Repubblica che affida ormai le sue analisi economico-finanziarie all’agenzia Bloomberg...beh è tutto detto, no?!

E Nicky Vendola? Con i suoi discorsi roboanti su poveri e ricchi, donne e gay, Sud e Nord...eh? Belli vero? Vuoti come una zucca secca però. Come si fa a sparare una tale prosopopea di intenti candidandosi alle primarie di un partito dove non potrà mai vincere e da cui, al massimo, potrà ottenere un rientro in parlamento di qualche rappresentante di Sel? Non è che poi alla fine non si sia di nuovo davanti al solito “do ut des”: io ti copro a sinistra e tu mi farai avere qualche posto in parlamento e qualche poltrona da sottosegretario?

L’unica novità sostanziale “a sinistra” potrebbe essere rappresentato dallo stritolamento elettorale del PD messo in opera dalla stessa macchina che i suoi dirigenti e le sue correnti hanno messo disordinatamente all’opera. Schiacciato quindi, come un novello apprendista stregone, tra le istanze finanziarie dell’ala “migliorista” e quelle demagogico-populiste di Bersani, che l’attuale alleanza con PSI e Sel non contribuirà a salvare dalla catastrofe di più di ottant’anni di storia veramente mal spesi. Dove, nel miserabile finale, il dibattito sulle primarie ha sostituito qualsiasi riferimento a programmi ed intenti (tutti, naturalmente, inconfessabili).

Sì, ma che bello, in compenso stiamo facendo fuori i corrotti: Polverini , er Batman, qualche giunta regionale, provinciale e comunale; magari anche il “celeste” Formigoni! L’appello anti-corruzione, che capolavoro di ipocrisia! Che magnifico manifesto affinché i tecnici continuino a governare e a tagliare la spesa pubblica. Ma nessuno ha notato che tra le centinaia di migliaia di firme ce ne sono alcune che veramente stonano? Per esempio quella di Renzo Piano che, nel disastro dell’Aquila, è riuscito ad accaparrarsi la costruzione dell’auditorium cittadino recentemente inaugurato dal migliorista Napolitano, oltre che progettista del contestato grattacielo torinese e di altre infinite opere inutili e costosissime.
Tutti ammaliati dal populismo di origine grillesca e dipietrista, ormai sventolato da tutti contro tutti ed in particolare contro Berlusconi e gli avanzi miserabili del suo regime, senza cogliere mai lo spreco che sta alla base di tutti gli altri sprechi : quello causato dal disastro e dalla voracità del capitale finanziario nell’epoca della sua agonia.
E che si manifesta in tutta la sua potenza politica proprio attraverso la vera e propria dittatura imposta sui parlamenti, sui partiti e sulle nazioni che ne hanno accettato le regole attraverso i governi dei tecnici o degli uomini legati alle grandi società finanziarie. Non soltanto con i diktat di Fornero, Passera e Profumo, ma anche con quelli di Clini nei confronti delle decisioni prese dai magistrati di Taranto o di Napolitano nei confronti dei giudici di Palermo. Altro che divisione dei tre poteri: ne resta uno solo, unificato nelle mani dei personaggi suddetti. Quello dell’assolutismo finanziario.

Fermi tutti però, ci sono ancora i leader dei movimenti per la difesa dei beni comuni a vigilare! Ma, a parte il fatto che anche il comune di Torino ha chiamato “Beni Comuni Torino” la Srl con cui, in realtà, ha messo in vendita una parte delle società di servizi, non vi sembra che ispirarsi ai movimenti arancioni, per istituire delle liste elettorali, sia un po’ mefitico? Diciamo, con termine desueto, un po’ troppo interclassista? Come l’altro: “moltitudini” che, forse, ai tempi di Machiavelli poteva ancora andar bene (in fin dei conti si parlerà per almeno altri due secoli di Terzo Stato), ma certamente non più oggi, al tempo di una crisi che sta proletarizzando a forza le classi medie. Quel ceto medio in cui si cerca da tempo di inquadrare sociologicamente anche la classe operaia.

Eh sì, perché questa fissa della lotta di classe qualcuno ce l’ha ancora in testa. Concetto vecchio, superato, come Alfredo Reichlin ha sostenuto recentemente su L’Unità, inutile, controproducente, pericolosa.
Eppure, eppure... qualcosa in proposito ci sarebbe ancora da dire.
Ci sarebbe ancora la possibilità di rilanciare le lotte dal basso, unificando quelle già esistenti sui territori e nei luoghi di lavoro o di ex-lavoro. Approfittando anche del fatto che l'idrovora finanziaria ha già di fatto abbattuto i confini nazionali e i particolarismi che ne derivano.

Con parole d’ordine semplici, ma efficaci e condivisibili. Parole su cui costruire una vera alternativa antagonista, a livello nazionale ed internazionale, che veda davvero protagonisti i lavoratori, i giovani e i diseredati di ogni sesso, età, religione e nazionalità. Utopia, magia, ubriacatura ideologica oppure unica possibilità per la costruzione di un comune fronte di lotta contro il governo Monti, i suoi cloni futuri e tutti gli altri governi della finanza? I giochi sono aperti ed occorrerà partecipare per vincere.

E non si sta, qui, parlando di partecipazione e di vittoria alla farsa “elettorale”. Perché, a dispetto delle apparenze e della frammentazione delle lotte, da Nord a Sud, oggi si sta aprendo davvero una fase di doppio potere. Da una parte quello, pienamente manifesto e programmato, del capitale finanziario e dei suoi agenti, dall’altra quello, ancora confuso incerto e timoroso, di chi con tutto ciò dovrà fare i conti per poter continuare a vivere. Mentre in mezzo non esistono quasi più spazi di mediazione.
Li hanno spazzati via la crisi economica e l’arroganza dei vampiri al potere che intendono ormai bere fino all’ultima goccia il sangue di milioni di persone, prosciugandone totalmente ogni riserva di valore, ogni ricchezza, ogni speranza. Tornare alla rivendicazione degli spazi parlamentari sarebbe, oggi, soltanto una transazione al ribasso sulle reali necessità di chi è governato e di chi deve accettare, ancora, le regole del modo di produzione capitalistico.
Se un potere, oggi, sta nei palazzi e nelle banche, l’altro sta solo nelle piazze, nelle strade e nelle assemblee ed iniziative di lotta.
Da una parte la morte, dall’altra la vita.
La terza via può essere solo quella di un mondo di zombi decerebrati e costretti a lavorare contro la propria volontà e condizione fisica. Svuotata di ogni funzione, l’azione parlamentare* non può che continuare a sussistere in una serie di riti voodoo finalizzati a mantenere in vita ciò che è già storicamente morto. Spezzare, insieme, le catene della schiavitù e della superstizione politica sono oggi un tutt’uno, necessario ed inevitabile.

*Compresa quella di cassa di risonanza per le lotte che Lenin difendeva nell'Internazionale Comunista contro i partiti comunisti astensionisti, come il Partito Comunista d'Italia. Oggi gli sbarramenti al 4 o più per cento limitano la presenza antagonista tra i seggi parlamentari, mentre la rete mette a disposizione uno spazio di comunicazione e risonanza sicuramente, per ora, più vasto ed efficace (come dimostra il recente appello contro le 24 ore a parità di salario, proposte dal ministro Profumo per gli insegnanti, che ha raccolto circa trentamila firme in pochi giorni, costringendo, per la prima volta in Italia, tutti i sindacati della scuola a dichiarare uno sciopero generale unitario per il 24 novembre).  di Sandro Moiso

martedì 16 ottobre 2012

PARTITI SULL’ORLO DI UNA CRISI DI NERVI




Gli scandali e le ruberie venute alla luce negli ultimi mesi rappresentano uno dei punti più bassi mai toccato dalla politica e dai suoi rappresentanti in Italia (e sì che non c’eravamo fatti mancare nulla nel recente e meno recente passato). Questi signori di fronte alle proprie responsabilità, non sanno far altro che difendersi accusando tutti gli altri, seguendo il principio attuato da sempre: tutti colpevoli, nessun colpevole. Questo denota, oltre che un disprezzo totale verso il proprio ruolo e ciò che avrebbero dovuto rappresentare nel momento in cui erano stati eletti, una vera e propria incapacità e stupidità (politica o cognitiva non sappiamo) nell’interpretare il contingente. Basta rileggersi le dichiarazioni dei suddetti dopo essere stati trovati con le mani nella marmellata, si va dalla spocchia di un Formigoni che parla di sfigati a proposito delle proprie vacanze pagate (a sua insaputa?) dal maggior fornitore della sanità lombarda minacciando querele a destra e a manca, all’indignazione sospetta e tardiva della governatrice del Lazio che tenta un recupero di credibilità in extremis promettendo di armarsi di ramazza (epigono casalingo del vecchio e caro manganello) e di fare pulizia nella casa di cui lei era tenutaria.
C’è, allora da chiedersi cosa stia succedendo. Davvero solo ora ci si accorge che anche gli enti locali erano sacche di mala politica e di malaffare? Ingenuità o complicità, interesse o colpevole silenzio.
Qualunque sia la risposta un dato è inequivocabile, ormai fare politica in Italia a livello percettivo equivale a sporcarsi le mani per i propri interessi tanto da far pensare che si tratti di un difetto congenito presente da sempre nel nostro DNA.
Tenendo, anche presente che, a fronte di tutto ciò appare perlomeno inadeguata e limitata l’indignazione e la ribellione delle coscienze singole e collettive.
Ci si limita a qualche sfottò indignato o satirico sul web, una sparuta minoranza se ne ha l’occasione scende in piazza per dare visibilità al proprio malcontento, ma tutto rimane come sospeso a mezz’aria al pari di spiriti evocati in sedute medianiche che non riescono a trovare un canale per manifestarsi.
E allora c’è spazio per tutto e il contrario di tutto, si va dalle dichiarazioni vaticane che auspicano una maggior presenza dei cattolici nella vita politica italiana, considerando evidentemente i Formigoni, i Casini, I Berlusconi, i Letta, le Bindi, rappresentanti degli Avventisti del 7°giorno anziché assidui e fedeli (in tutti i sensi) frequentatori di sacrestie e family day, passando attraverso la nascita di numerosi movimenti di protesta (primo fra tutti il 5 stelle di Grillo) che cercano di incanalare e rappresentare l’indignazione popolare, glissando, però in genere, sul dove ci porterebbero una volta ottenuto il potere.
I partiti storici (se si possono definire tali partiti che nati negli ultimi 20 anni dalle ceneri dell’altra Tangentopoli hanno cambiato nome e posizioni innumerevoli volte) non sanno a che santo o demone appellarsi.
Il centrodestra balla sta ballando sull’amletico dubbio Berlusconi si, Berlusconi no (tanto decide lui, come al solito), con gli ex An, ex MSI, ex fascisti pronti a fare le valigie e a posizionarsi in postazioni meno compromettenti, orfani nel frattempo del proprio mentore Fini che, folgorato sulla via di Damasco, ha scelto il centro (di che?) con Casini, Rutelli e contorno di Montezemoli vari.
Alla fine, tutti questi sceglieranno per la loro rappresentanza il rassicurante ombrello di Monti e dei suoi tecnici
La Lega sta cercando di ricostruirsi una verginità dopo il terremoto degli scandali della famiglia bossiana e del cerchio magico, con un’opposizione tanto sterile quanto strumentale al governo Monti e, per le prossime elezioni, probabilmente terrà un profilo defilato accentuando il proprio distacco dalla politica centrale, essendo l’unico argomento capace di tenere unito il malcontento nordista, e, andando ad accordi locali separati e svincolati  negli enti locali.
L’IDV di Di Pietro fatica a trovare una sua collocazione essendosi legato a doppio filo a quella foto di Vasto di cui gli altri due soggetti  pare ne abbiano cancellato la memoria.
Arriviamo così a parlare di quella che si autodefinisce ancora, con molto senso dell’humor, sinistra ed entriamo nello psicodramma da  cui Pirandello avrebbe potuto attingere a piene mani per le sue opere e il dott. Freud avrebbe potuto aggiungere  volumi  e studi su nuove categorie psicologiche. E’ di queste ultimi giorni l’accordo tra il Pd di Bersani e il SEL di Vendola forzatamente fumoso e generico in un ardito esercizio di equilibrismo ( vedi post: http://mmizio.blogspot.it/2012/10/carta-d-intenti-pd-sel-psi-mi-pare-che.html), tanto per dire tutto e dire niente, se non che si ricercherà un governo di larghe intese con aperura alle forze liberali (in Italia sappiamo quali siano queste forze. Vero Casini?) e conseguente chiusura a quel poco residuale che è rimasto della sinistra ancora e sempre intenta a rimirare il proprio ombelico. Naturalmente anche qui si dichiara di non buttare a mare l’esperienza entusiasmante, soprattutto per i lavoratori, del Prof. Monti, che tanto bene ha fatto all’Italia e agli italiani. Non dimentichiamo poi, l’opera rottamatoria dell’ Obama dell’Oltrarno, il giovin virgulto Matteo Renzi  (http://mmizio.blogspot.it/2012/10/matteo-renzi-e-il-nulla-che-avanza.html)  che, in maniche di camicia va offrendo la sua visione  di società in camper, fotocopiata pari pari dal Berlusconi di 20 anni fa (e anche lui ha il coraggio di dichiararsi di sinistra!). Da annotare nelle ultime ore l’ autoesclusione dell’ex tutto Veltroni, ovviamente dichiarazione resa nella disinteressata presentazione televisiva del suo ennesimo inutile libro (se, per assurdo, dovesse dar seguito alla sua minaccia di andare a fare il missionario in Africa, non possiamo fare a meno di fare tanti auguri ai fratelli africani che, non hanno fatto nulla , per meritarsi ciò), e la probabile esclusione, a meno di non aver capito male le dichiarazioni di Bersani,  del Richelieu del PD D’Alema.
Tutto questo bailamme in un totale e assordante silenzio su quegli argomenti che interessano più da vicino i cittadini:  lavoro, giustizia, scuola, sanità, precariato. Viene il sospetto, più che giustificato che Monti sia per tutti una ciambella cui aggrapparsi per nascondere la propria impotenza e la propria incapacità di proporre soluzioni e letture della società diverse da quelle imposte dal pensiero unico dominante.
Oltretutto sembrano tutti, nessuno escluso, non accorgersi del disinteresse e del non coinvolgimento del popolo nelle loro questioni, viste ormai, a ragione, lontane anni luce dai propri problemi che stanno diventando di pura e disperante sopravvivenza.
Si accontenteranno alle prossime elezioni di festeggiare un eventuale 2 o 3% in più o, al contrario, di dimostrare che il 2 0 3% in meno non sarà stata una sconfitta, facendo finta di non vedere la massa che non andrà proprio a votare perchè schifata dai loro comportamenti, tanto finchè c’è Monti c’è speranza!

MIZIO