mercoledì 29 agosto 2012

E' L’ISLANDA CHE MOSTRA LA VIA




FONTE: WASHINGTONSBLOG

L’economista, premio Nobel, Joe Stiglitz ha scritto su "Information Clearing House" : Quello che ha fatto l'Islanda è stata la scelta giusta. Sarebbe stato sbagliato lasciare alle generazioni future tutti gli oneri degli errori del sistema finanziario.

E il Premio Nobel Paul Krugman :
- Come il recupero dell'Islanda ha dimostrato questo caso, ha fatto infervorare i creditori delle banche private che, però,  si sono dovuti ingoiare le perdite.

E’ successa una cosa divertente sulla strada per l’Apocalisse economica: la grande disperazione dell'Islanda ha reso impossibile qualsiasi comportamento convenzionale, lasciando libera la nazione di infrangere le regole.   Mentre tutti gli altri hanno salvato i banchieri e hanno fatto pagare il conto alla popolazione, l'Islanda ha lasciato fallire  le banche e, di fatto, ha allargato la propria protezione sociale. Mentre tutti gli altri si sono fissati nel  cercare di placare gli investitori internazionali, l'Islanda ha messo  dei controlli temporanei su tutti i movimenti di capitali per darsi uno spazio di manovra.


Krugman ha ragione - questa è la strada giusta da percorrere.   Abbiamo già detto in precedenza :

 L'Islanda ha detto alle banche di prendersela … in quel posto, e l'economia islandese sta andando molto meglio di quasi tutti i paesi che si sono lasciati prendere in giro dalle  banche.
Bloomberg scrive :
- L’Islanda ha dato  delle lezioni fondamentali alle nazioni che cercano di sopravvivere al sacrificio del salvataggio dopo che l’ approccio dell'isola al suo salvataggio ha portato a una ripresa “sorprendentemente" forte–così ha detto il capo della missione del Fondo Monetario Internazionale.
-  L' impegno dell'Islanda a sviluppare un suo programma, la decisione di lasciare le perdite agli obbligazionisti invece che farle pagare ai contribuenti e la tutela del sistema di welfare, come scudo per i disoccupati dalla miseria,  ha contribuito a riportare la nazione dal collasso verso la guarigione - secondo il fondo con sede a Washington.

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L'Islanda ha rifiutato di tutelare i creditori delle sue banche, che sono fallite nel 2008, dopo che i loro debiti si erano gonfiati fino a 10 volte la dimensione dell'intera economia.  L’osservazione del FMI sugli obbligazionisti è molto importante : il voler garantire le perdite degli obbligazionisti ha condannato gli Stati Uniti e l'Europa alla depressione economica.

Il FMI annota : 
- La decisione di non rendere i contribuenti responsabili per le perdite delle banche è stata giusta, dicono gli economisti.
 - La chiave per la ripresa dell'Islanda era un programma che ha cercato di garantire che la ristrutturazione delle banche non richiedesse ai contribuenti islandesi di assumersi eccessive perdite del settore privato.
Icenews sottolinea:

-  Gli esperti continuano a lodare il successo di recupero dell'Islanda dopo il piano di salvataggio delle banche del paese del 2008.-  A differenza degli Stati Uniti e di diversi paesi della zona euro, l'Islanda ha permesso il suo sistema bancario di fallire nella fase di recessione economica mondiale lasciando l'onere ai creditori del settore piuttosto che ai contribuenti.
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La ripresa continua a conquistare i funzionari, tra cui il capo del Fondo monetario internazionaleChristine Lagarde, che recentemente ha fatto riferimento alla ripresa islandese, definendola "impressionante". E gli esperti continuano a ribadire che i funzionari europei dovrebbero guardare all’ Islanda per studiare le misure di austerità e altre questioni simili.

Barry Ritholtz ha detto l'anno scorso :

- Piuttosto che salvare le banche - l'Islanda non avrebbe potuto farlo, anche se lo avesse voluto - ha garantito i depositi  e ha lasciato  che il normale processo capitalistico del fallimento facesse il suo corso.  Ora stanno molto, molto meglio rispetto a come stanno paesi come gli Stati Uniti e l'Irlanda che non l’hanno fatto.
Bloomberg ha sottolineato a febbraio 2011:

- A differenza di altre nazioni, compresi gli Stati Uniti e l'Irlanda, che iniettato miliardi di dollari di capitale nelle loro istituzioni finanziarie per tenerle a galla, l’Islanda ha messo i suoi maggiori finanziatori in amministrazione controllata. Ha scelto di non tutelare i creditori delle banche del paese, il cui patrimonio era esploso a 209 miliardi di dollari, 11 volte il prodotto interno lordo.

"L'Islanda ha fatto la cosa giusta ... sulle spalle dei creditori, non dei contribuenti,  devono andare le perdite delle banche", dice il premio Nobel Joseph Stiglitz, professore di economia alla Columbia University di New York. "L'Irlanda invece ha fatto tutte le cose sbagliate, tutto a rovescio. Questo è probabilmente il peggior modello. "

L’Irlanda ha garantito tutte le passività delle sue banche fino a quando si è messa nei guai ed ha avuto bisogno di  una iniezione di capitale - 46 miliardi di euro (64 miliardi dollari) finora – per restare a galla. Questo ha portato il paese sull'orlo della rovina, costringendolo ad accettare un pacchetto di salvataggio da parte dell'Unione europea nel mese di dicembre.

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I paesi con sistemi bancari più grandi possono seguire l'esempio dell'Islanda, dice Adriaan van der Knaap, managing director di UBS AG.  "Non avrebbero sconvolto il sistema finanziario", dice Van der Knaap, che è stato consulente dei comitati di risoluzione della Banca d'Islanda.

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 Arni Pall Arnason, il Ministro islandese degli affari economici, spiega la decisione di far ricadere l’onere del debito sui creditori per  salvare il futuro del paese.
 - "Se avessimo garantito tutte le passività delle banche, saremmo nella stessa situazione dell'Irlanda",
 - "All'inizio, le banche e altri istituti finanziari in Europa, ci dicevano, 'Non vi daremo mai più una lira'", dice Einarsdottir. "Poi hanno detto 10 anni,  poi  5. Ora dicono che presto potrebbero essere pronti a nuovi prestiti. "

E anche la denuncia dell’Islanda  di truffa ai colletti bianchi  ha giocato un ruolo importante nel suo recupero :

Gli Stati Uniti e l'Europa hanno ostacolato le indagini sulle truffe ai colletti bianchi ... mentre ,l'Islanda ha denunciato anche i Capi-delle Banche, i Fraudster e il loro ex Primo Ministro: e la loro economia si sta riprendendo bene ... perché la fiducia sta tornando  nel sistema finanziario.

CHE GUEVARA E JOHN LENNON. IMAGINE


martedì 28 agosto 2012

ASTINENZA DA DEMOCRAZIA




Diciamocelo francamente chi ha vissuto gli ultimi venti anni di vita politica in Italia non può fare a meno di notare che, nonostante gli sproloqui e l'abbondanza di termini come democrazia, libertà ripetuti ad ogni piè sospinto da lor signori e dai loro lacchè, gli spazi d'espressione e di libertà si siano notevolmente ristretti. E non parlo, certo, della libertà tanto cara ai neo liberisti, cioè quella di fare il proprio comodo e i propri interessi senza regole e senza rendere conto a nessuno. Parlo di quella democrazia e libertà per le quali i nostri padri e, per i più giovani, i nostri nonni hanno lottato e spesso pagato di persona con la vita o con la prigione. Personalmente avverto da molto tempo i sintomi d'astinenza da democrazia che, da troppo tempo è rimasta solo una parola vuota di significato senza riscontro pratico. Cerchiamo di capire, in maniera sintetica, quando e perché tutto ciò é potuto avvenire e cosa si può fare per riconquistarne pienamente il valore.
Forse tutto si può far risalire al referendum abrogativo della legge elettorale in Italia dell'aprile del 1993, quando sotto l'onda emotiva di Tangentopoli, la stragrande maggioranza degli italiani votò per l'abrogazione della vecchia legge elettorale basata sul sistema proporzionale e delegò la classe politica a fare una nuova legge che si ispirasse a un sistema maggioritario, convinti (da quasi tutti gli schieramenti politici e sociali) che la governabilità e la stabilità di un governo fosse preferibile alla rappresentanza democratica di tutti i soggetti  della società. Quindi non più Parlamento e Governo che rappresentano e mediano le loro posizioni, ma un concetto molto più semplice: chi vince prende tutto. Con il premio di maggioranza il 35% dei votanti (non degli italiani) governa e decide per tutti, e in culo la democrazia. Tale sistema in 20 anni ha dimostrato tutti i propri limiti in tema di rappresentanza e democrazia e non ha risolto il problema della stabilità e della governabilità, ha permesso a personaggi come Berlusconi e la sua accozzaglia di lecchini ed ex fascisti di fare i propri interessi e, in nome di questi, tessere accordi portando al governo forze che di democratico avevano ben poco (Lega Nord)che, in una democrazia normale sarebbero state da tempo fuori legge.Le brevi e sterili alternanze al governo della pseudo sinistra non hanno certo rappresentato un ritorno alla democrazia, anzi, spesso ne hanno accentuato la distanza con leggi che definire devastanti è poco. Basti pensare alla legge sul precariato che ha legalizzato lo sfruttamento del lavoro giovanile in cambio di niente, o le privatizzazioni di servizi, prima fra tutte quella del trasporto ferroviario che ha eliminato il concetto di servizio introducendo quello d'impresa, andando molto al di là degli indirizzi comunitari e indirizzando ad un  modello di trasporto d'elite a scapito di quello sociale. E più si è andati avanti e più si è radicalizzato questo concetto introducendo  con le varie riforme elettorali, la necessità del voto utile (a chi?) e non del voto di coscienza, fino ad arrivare all'ultima (ancora per poco) definita dallo stesso autore "Porcellum".
Non bastasse tutto ciò anche sul fronte sindacale, con la scelta (anche lì "responsabile") della concertazione si limitava fortemente la presenza dei lavoratori nelle questioni che li riguardavano, venendo chiamati (e non sempre) a dire sì o no in maniera ricattatoria a scelte già operate sulle loro teste.
Ultimo capitolo dell'attacco alla democrazia e alla libertà è la scelta del Governo Tecnico di fronte alla crisi finanziaria ed economica che, neanche fossimo in guerra, ha azzerato completamente con la complicità dei partiti e dei sindacati, tutti i diritti dei lavoratori riportando indietro l'orologio della storia.
In tutti questi anni c'è stato, grazie anche ad errori propri, un progressivo sfaldarsi del fronte che si sarebbe potuto opporre a tutto ciò, e si sono affacciati  nuovi soggetti che rappresentano il malcontento e l'indignazione come l'IdV di Di Pietro e il movimento 5 Stelle di Grillo.
Ed è per questi che adesso siamo di fronte a un nuovo capitolo della storia: è giunta quasi all'approvazione una nuova legge elettorale che, per arginare i sentimenti di anti-politica largamente diffusi nel paese, prevede ancora più libertà d'azione per chi verrà eletto: Premio di maggioranza del 15%, nessun vincolo su alleanze e programmi, da definire eventualmente poi, nessuna possibilità di scegliere i candidati, sbarramento elettorale al 5 o 6 %, con l'esclusione di quel poco che rimane di forze d'opposizione realmente alternative.
Che fare di fronte a tutto ciò?
Utilizzare tutti gli strumenti che ancora legalmente possiamo usare, non smettere di schierarci a costo di sembrare come i soldati giapponesi ancora nella giungla a combattere nemici inesistenti, testimoniare sempre e comunque il proprio dissenso e difendere sempre la libertà in tutte le sue forme, non solo quelle riconosciute come tali dal potere.
Difendere senza se e senza ma (scusate la citazione) i diritti dei più indifesi, dei lavoratori dei giovani, delle donne, degli anziani, combattere sempre il potere sia esso politico, economico o religioso.
Mantenere la propria libertà di giudizio, non seguire i ragionamenti e le logiche dei potenti, convincere i nostri cari, i nostri amici, o nostri compagnia ad essere più attivi e partecipi.
Porca miseria sto facendo l'imbonitore e il populista (vero Bersani?), ma la politica e la democrazia secondo me si fa soprattutto così e non solo con una croce nell'anonimato dell'urna, in fondo sono rimasto un romantico idealista comunista.

MIZIO.

venerdì 24 agosto 2012

ITALIA: ESTATE 2012. FUOCO A VOLONTA'



L’Italia avvampa nelle fiamme, ma dovrebbe bruciare soprattutto di vergogna…” La protesta dei naturalisti è chiara e decisa, e arriva dal Centro Parchi di Roma e dalle molte Associazioni che vi aderiscono, in prima linea Maremma Viva e i Lupi dell’Appennino. Perché? Ma perché, malgrado i disastri del passato, non abbiamo imparato la lezione, e continuiamo a trascurare gli interventi fondamentali, poco costosi e molto efficaci. Quali? Educazione, prevenzione e risanamento.
A parlare è Franco Tassi, Coordinatore del Comitato Parchi ed Ecologo di fama internazionale. Cosa si sarebbe dovuto fare? “Sono anni che lo stiamo predicando, ma purtroppo sembra voce nel deserto. Non ripeteremo ancora una volta il famoso “Decalogo contro il Fuoco”, che stiamo diffondendo da anni (si veda Allegato). Preferiamo invece soffermarci per un attimo sui sette punti essenziali, semplici e poco dispendiosi, ma proprio per questo meno graditi a certi politici” . Eccoli in breve:

1.- Educazione: la cultura antincendio dovrebbe partire anzitutto dalle scuole, anche con visite, discussioni ed esercitazioni in natura. Avevamo proposto un Museo, o Centro del Fuoco, e una serie di Itinerari nei luoghi percorsi dagli incendi: ma come sempre si sono preferite cementificazioni e cattedrali nel deserto.
2.- Segnaletica: al principio del caldo, il pericolo va segnalato nel modo più visibile, e fatto oggetto di spot promozionali ripetuti. Meno tabelloni pubblicitari antiestetici e pubblicità radiotelevisiva invadente, e più attenzione alla natura e all’ambiente.
3.- Controllo sociale: è l’arma vincente contro l’idiozia dilagante, che va rappresentata dal un elegante fumatore griffato che, dalla sua lussuosa auto, getta nella siepe il mozzicone di sigaretta. Chi lo vede dovrebbe segnalarlo alla Protezione Civile, che non potrà sanzionarlo, ma dovrà inviargli un cortese ammonimento accompagnato dal pieghevole su rischi e conseguenze. Non si tratta di delazione, ma di civile autodifesa. O sarebbe meglio far finta di non vedere?
4.- Volontariato: squadre di giovani volontari italiani e stranieri che perlustrano il territorio nei periodi critici rappresentano il miglior investimento per tutti, offrendo anche periodi di attività, socialità e cultura a tanti disoccupati, per una missione alta: perché,come afferma Don Ciotti, “così ci si sporcano le mani, ma si pulisce la mente”.
5.- Ricerca scientifica: da anni ricordiamo che esistono insetti capaci di percepire il calore del fuoco e le radiazioni del legno che brucia a chilometri di distanza, grazie a speciali “sensori”. Da loro la scienza biomimetica potrebbe ricavare tecnologie robotiche di enorme valore, all’estero ci stanno provando. Perché non da noi? Alle nostre proposte, risalenti a decenni fa, si è risposto nel modo più elegante: con barbari tagli alla ricerca, e poi con la soppressione del Centro Studi Ecologici Appenninici.
6.- Catasto: alla favola che spento il fuoco per quindici anni non si potrà costruire, in un Paese come l’Italia, non crede ormai più nessuno: circola invece la barzelletta del catasto che non si vede perché non c’è. Meglio allora creare un Libro nero dei terreni bruciati e restituiti per sempre a madre terra, consultabile e scaricabile da chiunque e in ogni momento. Sommando le superfici massacrate dalla criminalità e poi recuperate, si otterrebbero immense aree protette a beneficio della collettività.
7.- Rigenerazione: la chiave di soluzione finale del problema sta proprio in questo: recintare e/o tabellare subito i terreni bruciati e lasciarli alla spontanea rinnovazione, senza nessun intervento. In pochi anni la natura stessa farà il resto, e questo diventerà un campo di studio ideale sulle capacità di rigenerazione dell’ecosistema danneggiato, con semi portati dal vento o dagli animali selvatici. Anni or sono eravamo riusciti a ottenere qualcosa del genere al Monte Salviano nella Marsica e in parte anche nella Pineta di Castelfusano. E oggi i risultati ottenuti sono evidenti.
Cosa fa invece la nostra società civile, come reagiscono le nostre istituzioni? Piangono, si disperano, minacciano tuoni e fulmini… Seguirà qualche intervista o passerella, ma poi ben poco cambierà. Il linguaggio resterà lo stesso: si parlerà di piromani anziché di criminali ecologici, o eco-criminali, come sarebbe giusto. Si invocheranno altre flotte di Canadair (che sono utilissimi, non c’è dubbio, al pari degli elicotteri; come eroici sono i loro piloti, e tutti coloro che intervengono contro il fuoco, a volte restandone vittime: ma rappresentano soltanto l’estremo rimedio). L’alluvione di parole inutili e la scarsità di fatti concreti dopo ogni catastrofe costituiscono invece la costante della nostra storia recente, e sembra di risentire le concioni che in Abruzzo seguivano a ogni massacro degli ultimi orsi marsicani.
Perché in fondo quella che deve cambiare davvero è la cultura di fondo: svegliarsi dal sonno della ragione e dalla droga dell’egoismo, uscire dall’analfabetismo ecologico, e aprire gli occhi e il cuore alla natura. Senza la quale non potremmo vivere, né respirare.
Roma – Maremma Toscana, 21 agosto 2012

GLI ANAKITI - I GIGANTI ANTICHI


Forse la storia non è solo quella conosciuta, forse il mistero avvolge parti più consistenti e sconosciute dell'evoluzione del nostro pianeta. Sicuramente non siamo stati i primi sulla Terra....probabilmente non saremo gli ultimi!

CAPITA.... GIU' AL NORD1




Storie di sfruttamento, di vero e proprio schiavismo attraversano tutta l’Italia e non solo in quella parte da sempre indicata come inutile zavorra…il meridione.
Tocca al profondo Nord fare la sua parte in quella pratica dello sfruttamento della manodopera che la grossa parte delle aziende italiane agricole, e non solo, utilizza.
Siamo in provincia di Alessandria, i lavoratori immigrati, “regolarmente” al nero, lavorano ininterrottamente dalle 6 di mattina alle otto di sera….compenso?….1 euro l’ora !
La ditta è quella della famiglia Lazzaro, la Cia è la confederazione Italiana Agricoltori, lo sfruttamento è noto sia alle forze dell’ordine sia di conseguenza allo Stato…le misure prese?…nessuna !
Capita che gli immigrati siano stanchi di farsi trattare da schiavi e di non essere pagati neanche il misero compenso ed organizzino una protesta in cui chiedono il boicottaggio di quei supermercati che vendono i prodotti da loro raccolti.
Capita che lo Stato e il ministro del lavoro Fornero, siano in vacanza e che non sappiano che in Italia esistano situazioni di tal sorta….vivendo nel loro modo di privilegi…la vita dei terreni non li tocca…e quindi non facciano nulla.
Capita che la legge non sia eguale per tutti e che non intervenga, come deve, in queste situazioni, tergiversi, prenda tempo…giri l’occhio da un’altra parte e permetta, ad un padroncino italiota, di sfruttare la vita di decine di migranti.
Capita che i migranti non mollino, come invece hanno fatto gli italiani davanti alle assurde leggi imposte da un governo non eletto…e rivendichino i loro diritti.
Capita che i migranti siano soli, il solo Prc appoggia la loro protesta…sui giornali poche notizie….almeno sino al licenziamento.
Capita che i padroncini dell’azienda agricola giustifichino i licenziamenti con la crisi e con il boicottaggio dei loro prodotti richiesto nelle manifestazioni disertate da quasi tutti i media e che la Cia (Confederazione Italiana Agricoltori) li appoggi…e assumano, nel frattempo, pari numero di immigrati indiani per coprire i vuoti lasciati dai marocchini…nel silenzio di Cisl e Uil…e del solito Stato in vacanza.
Capita…che giù al Nord…come su al Sud…ci siano bestie a cui lo Stato permette lo sfruttamento, a cui la legge permette l’impunità.
Capita che giù al Nord italiano e su al Sud italiano il lavoro non è più un diritto…ma una concessione che padroncini da galera concedono…e che il ministro del lavoro, la signora Fornero, fa finta di non vedere e non conoscere.
Capita…e può capitare…che la gente, di qualsiasi colore sia, cominci a capire…a capire che le differenze non le fanno i colori né le culture…a capire che le culture e i colori siano arricchimento…a capire che il nemico non è il nero, né il giallo, né il rosso…e nemmeno il bianco…che il nemico si vede da dove siede e cosa dice…da quanti morti provoca ogni sua decisione…da quante disperazioni siano derivate dai suoi privilegi…capita che la gente…il mondo capisca…e quando non ci sarà né più nord né più sud, né più nero né più bianco…mi sa che non ci sarete neanche più voi!


giovedì 23 agosto 2012

SACCO E VANZETTI



IL 23 agosto del 1927 nel penitenziario di Charlestwon .presso Dedham ( Massachusetts,) vennero giustiziati sulla sedia elettrica ( benchè fossero innocenti), Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti.A cinquant'anni esatti dalla loro morte, il 23 agosto 1977 Michael Dukakis, governatore dello Stato del Massachusetts, riconobbe ufficialmente gli errori commessi nel processo e riabilitò completamente la memoria di Sacco e Vanzetti.

venerdì 17 agosto 2012

PARCO D’ABRUZZO, VACCHE SACRE O ORSI?




Alla vigilia di Ferragosto 2012, perviene una allarmata e dettagliata denuncia sulla grave situazione reale del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, diffusa dal Gruppo Lupi dell’Appennino, particolarmente attivo nella difesa della natura del Mezzogiorno.
Senza riportarne il preoccupante contenuto parola per parola, possiamo confermare che purtroppo continua incontrastata la più volte segnalata invasione delle “vacche sacre” portatrici di pericolose infezioni e drammatici conflitti con la fauna protetta. Risulta infatti che non lontano da Pescasseroli sono stati sparsi nella macchia resti di capre avvelenate per sterminare i lupi, e si sa pure che negli orsi morti erano state individuate tracce di un micidiale pesticida, il Fenthion della Bayer. Forse per meglio allevare e vendere carni bovine pregiate nei rigogliosi pascoli dell’area protetta? Uno scandaloso abuso dilagante da almeno un decennio, ma che in precedenza aveva dato luogo a decise azioni di prevenzione, contrasto e repressione, con numerose condanne degli allevatori responsabili, provenienti dai villaggi limitrofi, talvolta lontani.
L’annunciata prossima soppressione dei Tribunali di Avezzano e Sulmona non favorirà certo una rapida eliminazione di questa piaga, che con la ricerca “invasiva” risulta la maggiore responsabile del collasso dell’Orso marsicano, e dello stesso declino del Parco un tempo più famoso, importante e amato dagli italiani.
In conclusione: tutti piangono per l’orso, proclamano Patom e soluzioni efficaci, ma nessuno fa nulla di concreto. Una vicenda tipicamente italiana, che ricorda la telenovela dell’ILVA di Taranto, dove bisognava intervenire con decisione e lungimiranza una decina d’anni fa, ma nessuno si mosse…[COMITATO PARCHI - Comunicato stampa n. 83 / Agosto 2012]
vacche-sacreFoto: Estate 2012 - Bovini allo stato semibrado e senza targa auricolare di riconoscimento pascolanti in Val Fondillo ( La targa serve ad individuare il proprietario, accertando lo stato di salute del bovino per evitare ulteriori pericolose infezioni ).

ANIMA, PONTE TRA DENSO E SOTTILE



L’Anima: un ponte tra denso e sottile


Il nostro modo di pensare moderno ci ha consegnato il concetto di personalità come capacità di spiccare sugli altri, di imporre le proprie idee. Così facendo siamo stati necessariamente indotti a separare ed allontanare il mondo circostante. Ma il concetto della nostra personalità così sorto in modo oggettivo e limitato non risponde a verità. E’ pacifico che la realtà del mio IO si estende, di fatto, dove arriva il mio stato di coscienza; ma essa sconfina, come sappiamo, anche oltre e cioè agli stati di incoscienza, come quelli onirici, di trance e via dicendo. Non solo. Il mio IO si diffonde pure nel mio corpo, ove avverte di essere presente fin nei minimi capillari sanguigni, fino alle ultime cellule. La recente scoperta della scienza epigenetica ci ha tolto gli ultimi dubbi sulla possibilità di trasmettere ai nostri discendenti anche i cambiamenti ambientali e climatici che viviamo, facendo in modo che il nostro algoritmo riproduttivo, il DNA, si attivi ad hoc in funzione delle modificazioni della realtà circostante.
E’ poi scientificamente provato che il mio corpo è saldato interamente a tutti gli altri corpi che lo circondano in un fluire incessante che mi fa estendere attraverso tutto l’universo, senza che nessuno possa ontologicamente separarsi da me e nel quale io esisto. La concezione di vuoto, come nulla del nulla, frattura insanabile tra gli oggetti e le energie, non regge più. Con la scoperta del fenomeno dell’entanglement abbiamo avuto la prova definitiva che qualsiasi particella atomica è collegata l’una con l’altra e questo fenomeno si può estendere anche al mondo macroscopico.
Il vuoto dunque è, al contrario del senso comune, pienezza di onde, di informazione, che talvolta emerge per sconfinare nel nostro mondo visibile. La nozione di esistenza va pertanto riconsiderata dalle fondamenta; ed anche quello di coscienza, che deve necessariamente abbracciare dimensioni a noi ignote. E va rivista dalle fondamenta anche la concezione di soffio vitale, di Anima che non deve essere più considerata distinta dagli stessi elementi costitutivi la materia.
Sappiamo per certo che la vita è venuta dagli spazi profondi, da immani esplosioni di stelle che, collassando, hanno scagliato nello spazio gli elementi necessari affinché diventassimo materia vivente che, grazie ad un meccanismo auto-organizzativo, ha prodotto frammenti cellulari in grado di replicarsi. Lo hanno dimostrato recentemente due ricercatori dell’Università di Hong Kong, Sun Kwok e Yong Zhang, dopo aver osservato stelle che, in diverse fasi della loro evoluzione, diventano autentiche fucine di molecole organiche complesse che poi immettono nello spazio interstellare.
Quando la nostra mente riesce a sintonizzarsi su frequenze compatibili con quelle presenti nel cosmo si vivono momenti di natura mistica e la coscienza può farsi strada ed allargarsi fino alle più lontane propaggini considerate impenetrabili. Ogni cosa collocata nell’universo è, di conseguenza, costitutiva della mia stessa realtà ed in essa mi ritrovo. Vi sono dunque diverse esperienze dell’IO a seconda della maggiore o minore vastità della coscienza. Certo è che l’esperienza corrente è quella di ritenere la persona un complesso ben individualizzato di pensieri, di attribuzioni, di emozioni, ire, gelosie ecc. e la scienza afferma con certezza che “ è convinzione precisa che esista un mondo esterno le cui proprietà sono ben definite ed indipendenti dall’osservatore che le percepisce”, come scrivono scienziati del calibro di Hawking e Mlodinow. In filosofia questa convinzione si chiama realismo.
La mente crea la realtà
Ma i recenti sviluppi della fisica iniziano a manifestare un progressivo incrinamento di questa concezione optando per la seguente ipotesi alternativa: il mondo che conosciamo, che sta là fuori, è costituito dalla mente umana usando come materiale grezzo i dati sensoriali ed è plasmato dalla struttura interpretativa del nostro cervello. Dunque entriamo in contrasto con la nostra idea quotidiana di Realtà. Lewontin, famoso genetista, ha detto che: “Non esiste un ambiente in qualche modo astratto ed indipendente: così come non c’è un organismo senza ambiente, così non c’è ambiente senza organismo. Gli organismi non esperiscono gli ambienti, ma li creano! Basta pensare all’uomo che crea il proprio ambiente con ospedali, case, strade, chiese, e tutto quello che volete aggiungere, anche l’inquinamento. Tutto questo sistema-ambiente che l’uomo crea, permette a sua volta la vita dell’uomo stesso; c’è quindi una doppia creazione, l’uomo che crea l’ambiente e l’ambiente che permette la vita dell’uomo… Come il ragno che si costruisce la tela, ma poi è la tela che determina totalmente l’essenza del ragno”. Vale la pena anche di ricordare il profondo contributo dato da F. Varela, neuroscienziato ed ideatore del concetto di autopoiesi; nel suo libro The embodied mind ci ricorda che esiste una unità essenziale tra struttura organica e la mente, una complementarità che può arrivare fino al livello di coscienza: “Non ha infatti molto senso parlare di vita come noi la intendiamo, a livello umano, senza che ci sia una coscienza e non appena c’è una coscienza dovete avere un posto dove ospitarla. Le due cose non possono essere astratte e separate l’una dall’altra ma sono abbracciate”.

Nella scuola di Santiago, di Maturana e Varela, l’assunzione dell’equivalenza tra struttura organica e cognizione del processo della vita, ha tatto sì che il cervello non diventasse più necessario per spiegare o meglio giustificare l’atto di cognizione: i batteri e le piante non hanno un cervello, ma posseggono capacità cognitive anche se non in senso antropomorfo. Nel 1994 R. Penrose pubblica il libro Shadows of the Mind, discusso testo in cui afferma che il cervello elabora quantisticamente l’informazione grazie alla presenza di microscopiche molecole di tubulina situate all’interno dei neuroni. L’idea fondamentale di Penrose deriva dall’osservazione che anche gli organismi unicellulari hanno un comportamento finalizzato, reagiscono alla luce, evitano ostacoli, hanno una forma di memoria, pur senza avere neuroni. Se prima si pensava che il neurone fosse la condizione necessaria per un essere “intelligente” ora si scopre che l’intuizione di Varela sembra avere una dimostrazione: probabilmente l’elemento fondamentale dell’intelligenza cellulare è il microtubulo. Il paramecio e gli organismi unicellulari, la coda dello spermatozoo e via dicendo ripongono “l’intelligenza” nei microtuboli, una sorta di computer cellulare che trasmette forze fluttuanti mantenendo tutta la struttura vitale in equilibrio dinamico. Il microtubulo funziona quindi come un cavo intelligente autoadattativo. In questo caso la rete neurale del cervello è abbinata alla rete dei microtubuli e viceversa. Un gruppo di scienziati della Wayne State University sta simulando un computer molecolare basato su microtubuli, che apprende come una rete di Hopfield (è una classe di reti che riescono ad elaborare complesse informazioni) e si basa sulla natura oscillatoria dei suoi elementi. I processi che regolano la trasmissione dell’informazione seguono le leggi quantistiche secondo il cosiddetto effetto tunnel.
Dunque il concetto di persona, di entità fisica diventa instabile e relativo. Sotto il fluire delle nostre esperienze vi è una “sostanza” che lega tutte le cose come in un fascio, in una trama nascosta a noi invisibile. In altre parole la coscienza del sé sorge concatenandosi alle percezioni sensorie; solo se noi escludiamo queste percezioni, la personalità non sorge, ed avremo allora l’esatta misura del nulla, della illusorietà ed arbitrarietà nella nostra personalità. Colui che “ha Anima” ha dunque la capacità di cogliere, e perché no, di comprendere, l’esistenza di questi legami invisibili, di riconoscere la vastità nella quale è immersa la sua coscienza. La parola Anima assume pertanto un valore che travalica quello della psicoanalisi junghiana, acquisendo un’immagine particolarmente evoluta: quella di “principio”, che determina il movimento e la vita che per maturazione, divenendo cosciente del suo stesso movimento acquista qualcosa di più: il principio vitale che conosce.

Anima: rapporto tra denso e sottile
Vi è dunque una vastità dell’Anima e vi è altresì un suo rapporto reale, funzionale e vitale con tutte le cose, così da costruire una vasta unitarietà. Dunque possiamo affermare che ciò che sentiamo dentro di noi come spinta vitale, come soffio primordiale, opera nell’universo così come nelle ossa del nostro scheletro o nei muscoli della carne. Anima e materia si posso pertanto incontrare benissimo, superando quella frattura che da millenni accompagna l’uomo nella sua evoluzione; l’Anima può essere conosciuta dunque attraverso lo studio della materia, della sua evoluzione, della sua fine, non escludendo il rapporto del nostro pianeta, di noi stessi, con tutto il cosmo.
Denso e sottile si trovano intimamente in contatto tra loro, complementari come la materia con l’antimateria, come la vita e la morte. Ma in che modo il corpo si unisce all’Anima, ossia in che modo il denso è connesso al sottile?
Una risposta può venire da Paracelso, medico ed alchimista del 500, quando parlava di “Iliastro”, intendendo l’unità tra Hyle (materia) ed Astrum (astro, spirito) seguendo un preciso rapporto che E. Swedenborg, scienziato e mistico svedese, ha dettagliatamente descritto come “reali corrispondenze”.
Le conoscenze scientifiche attuali hanno pienamente dimostrato l’influenza della psicologia sul biochimismo dell’uomo: il sottile si è densificato. Così è stato possibile studiare e rimediare a malattie che si riallacciavano a certi tipi di personalità: cambiando gli atteggiamenti e dunque alterando la personalità si cambia anche la fisiologia. Recentemente si è aperta una nuova branca della psicologia chiamata psicoimmunologia. Il corpo fisico è dunque Anima densificata, l’Anima è un corpo sottilizzato ed entrambi sono in sostanziale rapporto graduale con tutte le cose in modo unitario come l’iceberg che, nello stadio in cui si liquefa, diviene acqua ponendosi in rapporto unitario con il mare.
W. Pauli ha spiegato che il termine psiche, termine di origine platonica e pertanto pervaso dalla teoria della separazione netta dello spirito dalla materia, ha in sè il pericolo che ci induce ad isolare lo spirito “dai fatti materiali della natura, il cui campo atomico, così come l’inconscio, si può solo determinare indirettamente e non in sé per sé…”. Le relazioni psicofisiche costituiscono di fatto, fin dal diciassettesimo secolo, una considerevole fonte di imbarazzo per il mondo della fisica “classica”, giacché proprio in questo ambiente si sarebbero dovute postulare, oltre alle ordinarie relazioni causali che avrebbero retto tutta l’impalcatura teorica della scienza, relazioni di altro tipo, relazioni “parallele”. Ed una relazione “parallela” consiste forse soltanto in una correlazione tra processi fisici e psichici o in qualcosa di più, forse appunto una unità sostanziale tra Anima e corpo, spirito e materia, tra tutte le anime e tutti i corpi? Dunque nella vastità totale, in tutto ciò che esiste unitariamente e che in definitiva si identifica con la vita, con le cose, con la materia,
con lo spirito, con le parole, con i pensieri, è verità dell’Anima. E’ ormai consigliato fortemente che i malati di ictus vengano curati non solo con le medicine ma soprattutto con l’interazione tra l’Anima ed il corpo offeso, ovvero con quel sentimento che viene chiamato Amore. Chi ha questa opportunità sperimenta che nuove connessioni si formano a livello neuronale e compensano quella tabula rasa che ha prodotto l’ictus, quasi il pensiero, concezione sottile, si rigeneri nel denso con un intervento “amorevole”, “animico”.
E per finire, a proposito di questo rapporto, vanno rammentate le parole di Sarvepalli Radhakrishnan, illuminato commentatore della Bhagavad Gita: “Tutte le forme dell’esistenza si ritrovano in ogni essere… la materia, la vita e la mente che riempiono il mondo sono presenti in noi allo stesso titolo. Noi partecipiamo delle stesse forze che operano nel mondo esterno… la distinzione tra l’Anima ed il corpo, che ricongiunge l’uomo al regno della natura non è una distinzione sostanziale e non può intendersi ed aver luogo nel senso in cui l’affermava Cartesio… la Bhagavad Gita guarda all’una o all’altro come ad aspetti del Supremo…”.
Certo è che l’Anima nel momento in cui si estende a tutte le cose ed in esse si densifica, distorce e soffoca la sua totale libertà, cosicché essa assume nel momento fisico e sociale una realtà paralizzata apparendo, talvolta, irriconoscibile come “Anima”. E’ in questo momento che vi è la presa di coscienza di tutto ciò che nella nostra vita diviene anche terribilmente contrasto, antitesi tra la libertà e la necessità, tra peso e leggerezza, tra divenire e fissità. Il nostro esistere acquista pertanto un nuovo senso solo se la nostra Anima, rinascendo e trasmutandosi continuamente, riesce mediare e superare queste fratture.

Scritto da Ludovico Polastri
È laureato in Ingegneria Meccanica all'Università di Brescia, ha conseguito la specializzazione post lauream presso il Politecnico di Milano ed effettuato corsi di specializzazione in ambito:Produttivo, Certificazione dei Sistemi di Qualità e Ambientali Aziendali, Organizzazione e Gestione Ambientale. Ricopre da molti anni ruoli di responsabilità in ambito tecnico, produttivo e  impiantistico per conto di importanti realtà aziendali. Si occupa inoltre di aspetti normativi e legali inerenti la sicurezza e la prevenzione sui luoghi di lavoro. Ricercatore indipendente e g
iornalista free lance collabora con diverse testate giornalistiche.

CUBA, L'ISOLA DELLA SALUTE


Dal trionfo della Rivoluzione nel 1959, lo sviluppo della medicina è stata la grande priorità del governo cubano, che ha trasformato l’isola dei caraibi in un punto di riferimento mondiale per questo settore. In effetti, oggi, Cuba è il paese al mondo con il maggior numero di medici per abitante.

Nel 2012, Cuba ha formato più di 11.000 nuovi medici, che hanno svolto una carriera di sei anni nelle facoltà dell’isola riconosciute per l’eccellenza nell’insegnamento. Si tratta della più grande classe medica del paese, che ha fatto dello sviluppo della medicina e del benessere sociale delle priorità nazionali.

Fra questi medici, neolaureati, 5.315 sono cubani e 5.694 provengono da 59 paesi dell’America Latina, Africa, Asia e addirittura dagli Stati Uniti, con una maggioranza di boliviani(2.400), nicaraguensi(429), peruviani(453), ecuadoriani(308), colombiani(175) e guatemaltechi(170). Così in un anno Cuba ha formato quasi il doppio della cifra totale di medici di cui disponeva dal 1959.

In effetti, dopo il trionfo della Rivoluzione, Cuba contava solo con 6.286 medici. Di questi 3.000 scelsero di abbandonare il paese per andare negli Stati Uniti, attratti dalle opportunità professionali che offriva Washington. In nome della guerra politica ed ideologica che li opponeva al governo di Fidel Castro, l’amministrazione Eisenhower decise di svuotare la nazione del suo capitale umano, fino al punto di creare una grave emergenza sanitaria. 

Davanti a tale scenario Cuba si impegnò ad investire massivamente nella medicina. Rese universale l’accesso agli studi superiori e istituì che tutte le carriere fossero gratuite. Così esistono oggigiorno 24 facoltà di medicina( rispetto all’unica del 1959) in tredici delle quindici province cubane, e il paese dispone di più di 43.000 professori di medicina. Dal 1959 si sono formati circa 109.000 medici a Cuba. Con un medico ogni 148 abitanti (67,2 medici per 10.000 abitanti, 78.622 in totale) secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, Cuba è la nazione al mondo più attrezzata in questo settore. Il paese dispone di 161 ospedali e 452 policlinici.

Nell’anno accademico 2011-2012, il numero totale di laureati in Scienze Mediche, che comprende 21 profili professionali(medici, stomatologi, infermieri, psicologi, tecnologie della salute, etc.) sale a 32.171, tanto cubani come stranieri. 

La Scuola Latinoamericana di Medicina de l’ Avana

In aggiunta ai corsi offerti nelle 24 facoltà di medicina del paese, Cuba forma studenti stranieri nella Scuola Latinoamericana di medicina de l’Avana. Nel 1998, dopo l’urgano Mitch che rase al suolo l’America Centrale ed i Caraibi, Fidel Castro decise di creare la Scuola Latinoamericana di medicina de l’Avana (ELAM)- inaugurata il 15 di novembre del 1999- con l’obiettivo di formare a Cuba i futuri medici del mondo sottosviluppato. 

“Formare medici pronti ad andare dove c’è più bisogno di loro e a fermarsi tutto il tempo necessario, questa è la ragion d’essere della nostra scuola dalla sua fondazione”, spiega la dottoressa Miladys Castilla, vicedirettrice della ELAM.

Attualmente, 24.000 studenti provenienti da 116 paesi dell’America Latina, Africa, Asia, Oceania, e anche Stati Uniti (500 per classe) svolgono una carriera di medicina gratuita a Cuba. Fra la prima classe del 2005 e il 2010, 8.594 giovani dottori sono usciti dall’ ELAM.  Le classi del 2011 e 2012 sono state eccezionali con circa 8.000 laureati. In totale circa 15.000 medici si sono formati all’ELAM in 25 specialità differenti.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha reso omaggio al lavoro dell’ELAM:

“La Scuola Latinoamericana di Medicina riceve giovani appassionati di tutti paesi in via di sviluppo e li rimanda a casa formati come medici. Si tratta di promuovere la giustizia sanitaria […].
La ELAM […] ha fatto sua la premessa di “responsabilità sociale”. 

L’Organizzazione Mondiale della Sanità definisce la responsabilità sociale delle facoltà di medicina come l’obbligo di indirizzare la loro attività di formazione, ricerca e servizi alla soddisfazione delle necessità prioritarie di salute della comunità, regione o paese, al quale hanno l’obbligo di servire.

La finalità della ELAM è quella di formare medici che prestino principalmente servizio pubblico nelle comunità urbane e rurali svantaggiate mediante l’acquisizione di competenze in materia di attenzione primaria integrale, che vanno dalla promozione della salute al trattamento e alla riabilitazione. In cambio della promessa non vincolante di esercitare in zone non servite, gli alunni ricevono una borsa di studio completa ed un piccolo stipendio, e quando si laureano non anno debiti scolastici.

[In quanto al processo di selezione] si da preferenza ai candidati dagli scarsi mezzi economici, che in altro modo non potrebbero pagarsi gli studi medici. “Di conseguenza, il 75% degli alunni proviene da quelle comunità che hanno bisogno di medici, in particolare, da una grande varietà di minoranze etniche e popolazioni indigene”[…].

I nuovi medici lavorano in maggior numero nei paesi americani, inclusi gli Stati Uniti, vari paesi africani e una buona parte dei Caraibi inglesi. Scuole come la ELAM rappresentano una sfida per il settore dell’educazione medica in tutto il mondo affinché si adotti un maggiore impegno civile. Come afferma Charles Boelen, che è stato coordinatore del programma di Risorse Umane per la Salute dell’ OMS: “L’idea della responsabilità sociale (merita) attenzione in tutto il mondo, soprattutto nei circoli medici tradizionali…IL mondo ha bisogno con urgenza di gente impegnata che crei i nuovi paradigmi della formazione medica”.

La solidarietà internazionale

Allo stesso modo, all’interno dei suoi programmi internazionali, Cuba forma anche ogni anno circa 29.000 studenti stranieri in scienze mediche, in tre carriere: medicina, infermieristica e tecnologie della salute, in otto paesi del mondo (Venezuela, Bolivia, Angola, Tanzania, Guinea Bissau, Guinea Equatoriale, Timor Leste).

Dal 1963 e l’invio della prima missione medica in Algeria, Cuba si è impegnata a curare le popolazioni povere del pianeta, in nome della solidarietà internazionale e dei sette principi della medicina cubana (equità, servizio gratuito, solidarietà, accessibilità, universalità, responsabilità e giustizia) . Le missioni umanitarie cubane si estendono in quattro continenti e hanno un carattere unico. In effetti nessun’altra nazione al mondo, incluse le più sviluppate, ha tessuto una simile rete di cooperazione umanitaria attraverso il pianeta. Così, dal suo lancio, circa 132.000 medici ed altro personale sanitario hanno lavorato volontariamente in 102 paesi . In totale, i medici cubani hanno curato 85 milioni di persone nel mondo e hanno salvato 615.000 vite . Attualmente 31.000 collaboratori medici prestano servizio in 69 nazioni del Terzo Mondo.

Secondo il programma delle Nazioni Uniti per lo Sviluppo (PNUD), “uno degli esempi più riusciti della cooperazione cubana con il terzo mondo è il Programma Integrato di Salute per l’America Centrale, i Caraibi e l’Africa”.

Nell’ambito dell’Alleanza Bolivariana per i popoli della Nostra America (ALBA), Cuba e Venezuela hanno deciso di lanciare a luglio del 2004 un ampia campagna umanitaria continentale dal nome di Operazione Miracolo. Consiste nell’operare gratuitamente latinoamericani poveri che soffrono di cataratta e altre malattie oculari, ma che si trovano nell’impossibilità di pagarsi un’operazione che costa fra i 5.000 e i 10.000 dollari a seconda dei paesi. Questa missione umanitaria si è estesa ad altre latitudini (Africa, Asia). L’Operazione Miracolo dispone di 49 centri oculistici in 15 paesi dell’America Centrale e dei Caraibi . Nel 2011, più di due milioni di persone di 35 paesi recuperarono la vista. 

La medicina delle emergenze/catastrofi

In quanto alla medicina delle emergenze, il Centro per la Politica Internazionale di Washington, diretto da Wayne S.Smith, vecchio ambasciatore statunitense a Cuba, dichiara in una relazione che “non c’è nessun dubbio in quanto all’efficienza del sistema cubano. Solo pochi cubani hanno perso la vita nei 16 uragani più importanti che colpirono l’isola nell’ultima decade, e la probabilità di perdere la vita in un uragano negli Stati Uniti e 15 volte superiore a quella di Cuba". Questa relazione aggiunge che:

“contrariamente agli Stati Uniti la medicina delle emergenze a Cuba fa parte integrante della carriera medica e l’educazione della popolazione sui metodi di attuazione inizia dalla scuola primaria […]. Addirittura i bimbi più piccoli partecipano alle esercitazioni e imparano il primo soccorso così come le tecniche di sopravvivenza, molte volte attraverso cartoni animati, così come il modo di piantare erbe medicinali e trovare cibo in caso di una catastrofe naturale. Il risultato è l’acquisizione di una forte cultura della prevenzione e di una preparazione senza paragoni”.

Un indice di sviluppo umano elevato

Questo investimento nel campo della salute- un 10% del previsto nazionale- a permesso a Cuba di raggiungere risultati eccezionali. Così grazie, fra altri, alla sua medicina preventiva, l’Isola dei Caraibi riporta tassi di mortalità infantile- un 4,9 per mille (rispetto ad un 60 per mille del 1959 (più bassa d’ America- inferiore a quella del Canada e degli Stati Uniti- e del Terzo Mondo. Allo stesso modo, la speranza di vita dei cubani- 78,8 anni (rispetto ai 60 del 1959)- è simile a quella delle nazioni più sviluppate. 

Le più importanti istituzioni internazionali elogiano questo sviluppo umano e sociale. Così il Fondo della Popolazione delle Nazioni Unite segnala che Cuba “ha adottato da più di mezzo secolo programmi sociali e demografici comparabili con quelli dei paesi sviluppato”. Il Fondo aggiunge che “Cuba è un esempio che permette di concludere che i limiti delle economie in via di sviluppo non costituiscono necessariamente un ostacolo insuperabile nel progresso della stato di salute, del cambiamento demografico e del benessere” 

Cuba continua ad essere un punto di riferimento mondiale nel campo della salute, in particolare per le nazioni del Terzo Mondo. Dimostra che è possibile raggiungere un alto livello di sviluppo sociale, nonostante le risorse limitate e un embargo economico severo imposto dagli Stati Uniti dal 1960. Tutto ciò è possibile solo mettendo l’essere umano al centro del progetto di società.

Salim Lamrani* (Rivisto da Caty R.)
Fonte: http://operamundi.uol.com.

http://www.comedonchisciotte.org/

venerdì 10 agosto 2012

LE 13 FAMIGLIE CHE COMANDANO IL MONDO


Il complottismo, gli "Illuminati" era un angolo di lettura della situazione che non mi aveva mai convinto molto. Avevo sempre preferito indicare il nemico di classe  con la vecchia definizione di "sistema". Ma troppi segnali e troppe coincidenze fanno pensare che questo fantomatico "sistema" abbia nomi e cognomi precisi collocati in paesi e schieramenti diversi, ma con una cosa in comune:  l' amore per il potere e l'enorme e smisuratamente osceno arricchimento. Forse non saranno indizi sufficienti per provare un progetto comune di condizionamento globale, ma sono sicuramente sufficienti per renderlo verosimile. Mizio

Fonte: OltreVerso
“Illuminati” o ”portatori di luce”. Appartengono a tredici delle più ricche famiglie del mondo e sono i personaggi che veramente controllano e comandano il mondo da dietro le quinte. Vengono, da molti, anche definiti la “Nobiltà Nera”. La loro caratteristica principale è quella di essere nascosti agli occhi della popolazione mondiale. Il loro albero genealogico va indietro migliaia di anni, alcuni dicono che risale alla civiltà sumera/babilonese o addirittura che siano ibridi, figli di una razza extraterrestre, i rettiliani. Sono molto attenti a mantenere il loro legame di sangue di generazione in generazione senza interromperla. Il loro potere risiede nel controllo specie quello economico (gruppo Bilderberg ecc…),“il denaro crea potere” è la loro filosofia. Il loro controllo punta a possedere tutte le banche internazionali, il settore petrolifero e tutti i più potenti settori industriali e commerciali. Sono infiltrati nella politica e nella maggior parte dei governi e degli organi statali e parastatali. Inoltre negli organi internazionali primo fra tutti l’ONU e poi il Fondo Monetario Internazionale. Ma qual è l’obiettivo degli Illuminati? Creare un Nuovo Ordine Mondiale (NWO) con un governo mondiale, una banca centrale mondiale, un esercito globale e tutta una rete di controllo totale sulle masse. A capo ovviamente loro stessi, per sottomettere il mondo ad una nuova schiavitù, non fisica, ma “spirituale” ed affermare il loro credo, quello di Lucifero. Questo progetto va avanti, secondo alcuni, da millenni ma ebbe un’incremento nella prima metà del 1700  con l’incontro tra il “Gruppo dei Savi di Sion” e Mayer Amschel Rothschild, l’abile fondatore della famosa dinastia che ancora oggi controlla il Sistema Bancario Internazionale. L’incontro portò alla creazione di un manifesto: “I Protocolli dei Savi di Sion”. Suddiviso in 24 paragrafi, viene descritto come soggiogare e dominare il mondo con l’aiuto del sistema economico. Rothschild successivamente aiutò e finanziò l’ebreo Adam Weishaupt, un ex prete gesuita, che a Francoforte creò il famigerato gruppo segreto dal nome “Gli Illuminati di Baviera”. Weishaupt prendendo spunto dai “ Protocolli dei Savi di Sion” elaborò  verso il 1770 “Il Nuovo Testamento di Satana” un piano che porterà una piccola minoranza di persone al controllo globale. La sua strategia si basava sulla soppressione dei governi nazionali e alla concentrazione di tutti i poteri sotto unici organi da loro controllati.
Loro hanno un piano ben preciso che portano avanti a piccoli passi, proprio per non destare alcun sospetto. Creare la divisione delle masse, è un passo fondamentale, in  politica, nell’economia, negli aspetti sociali, con la religione, l’invenzione di razze ed etnie ecc… Scatenare conflitti tra stati, così da destabilizzare l’opinione pubblica sui governi, l’economia e incutere timore e mancanza di sicurezza nella popolazione.  Corrompere con denaro facile, vantaggi e sesso, quindi rendere ricattabili i politici o chi ha una posizione di spicco all’interno di uno stato o di un’organo statale. Scegliere il futuro capo di stato tra quelli che sono servili e sottomessi incondizionatamente. Avere il controllo delle scuole: dalla scuola infantile all’Università per fare in modo che i giovani talenti siano indirizzati ad una cultura internazionale e diventino inconsciamente parte del complotto. Indottrinando la popolazione su come si può o non può vivere, su quali sono le regole da rispettare, gli usi e i costumi ecc… Infiltrarsi in ogni decisione importante (meglio a lungo termine) dei governi degli stati più potenti del mondo. Facendo coincidere queste decisioni con il progetto finale. Controllare la stampa e l’informazione in generale, creando false notizie, false emozioni, paura ed instabilità. Abituare le masse a vivere sulle apparenze ed a soddisfare solo il loro piacere ed il materialismo così da portare la società alla depravazione, stadio in cui l’uomo non ha più fede in nulla. Arrivare a creare un tale stato di degrado, di confusione e quindi di spossatezza, che le masse avrebbero dovuto reagire cercando un protettore o un benefattore al quale sottomettersi spontaneamente. Uno dei loro obbiettivi è cippare la popolazione così da manipolare il loro pensiero ed il loro comportamento, oltre che rendere molto facile la loro identificazione e localizzazione. Tutto questo con la scusante della sicurezza personale.
Nel 1871 il piano di Weishaupt viene ulteriormente confermato e completato da un suo seguace americano, il gran maestro, Albert Pike che elaborò un documento per l’istituzione di un Nuovo Ordine Mondiale (NWO) attraverso tre Guerre Mondiali. Lui sosteneva che attraverso questi tre conflitti la popolazione mondiale, stanca della violenza e della sofferenza, avrebbe richiesto spontaneamente protezione e pace e la creazione di organi mondiali che controllassero ciò. Dopo la Seconda Guerra Mondiale venne fatto il primo passo in questa direzione con la formazione dell’ONU. Per Pike, la Prima Guerra Mondiale doveva portare gli Illuminati, che già avevano il controllo di alcuni Stati Europei e stavano conquistando attraverso le loro trame gli Stati Uniti di America, ad avere anche la guida della Russia. Quest’ultima sarebbe poi servita alla divisione del mondo in due blocchi. La Seconda Guerra Mondiale sarebbe dovuta partire dalla Germania (cosa che accadde), manipolando le diverse opinioni tra i nazionalisti tedeschi e i sionisti politicamente impegnati. Inoltre avrebbe portato la Russia ad estendere la sua zona di influenza e reso possibile la costituzione dello Stato di Israele in Palestina. La Terza Guerra Mondiale sarà basata sulle divergenze di opinioni che gli Illuminati avranno creato tra i Sionisti e gli Arabi (occidente cristiano contro l’Islam cosa che si sta avverando e anche velocemente), programmando l’estensione del conflitto a livello mondiale.
Ovviamente non potevano pensare di conseguire i loro obiettivi da soli, avevano ed hanno bisogno di una “struttura operativa”, composta da organizzazioni o persone che esercitando del potere  ed operino più o meno consapevolmente nella stessa direzione. La loro strategia ha fatto leva su 2 capisaldi: la forza del denaro, loro hanno costituito e controllano il sistema bancario internazionale; la disponibilità di persone fidate, ottenuta attraverso il controllo delle società segrete (logge massoniche). Gli Illuminati e chi con loro controlla queste società, sono pressoché Satanisti e praticano la magia nera e sacrifici umani. Il loro Dio è Lucifero e attraverso pratiche e riti occulti manipolano e influenzano le masse. Molti asseriscono che è anche da questa scienza di tipo occulto che gli Illuminati hanno sviluppato la teoria sul controllo mentale delle masse. Poco tempo fa sono emersi anche i nomi delle suddette famiglie:
ASTOR
BUNDY
COLLINS
DUPONT
FREEMAN
KENNEDY
LI
ONASSIS
ROCKFELLER
ROTHSCHILD
RUSSELL
VAN DUYN
MEROVINGI

http://www.informarexresistere.fr

lunedì 6 agosto 2012

IL TEMPIO PER ESEMPIO



Non voglio parlare coi ricordi se rinasco,
raccontano storie che già conosco.
Vivere il mondo come fosse un tempio,
questo vorrei, e non solo come esempio!

MIZIO


domenica 5 agosto 2012

PANEM



Da quando l'umanità ha accettato di vivere da agricoltore (con le divisioni sociali che questo comporta, così come sottolineato da J. Diamond nel suo splendido saggio “Il peggiore errore nella storia dell'umanità”) i cereali sono stati al centro dell'alimentazione. Siamo diventati mangiatori di granaglie, con del companatico (cum panem) a fare da contorno.
La frase “guadagnarsi la pagnotta” stigmatizza la centralità del pane nella vita dei lavoratori.

Non solo: Mario Rigoni Stern ci ricorda che il termine Compagno deriva da Cum Panis e afferma “noi della Resistenza siamo Compagni perché abbiamo sì diviso il pane quando si aveva fame ma anche, insieme, vissuto il pane della libertà che è il più difficile da conquistare e mantenere.”

Il pane è centrale non solo per i comunisti ma anche per i credenti. Gesù dice: "Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno".

Se il pane è centrale nelle prassi comuniste e religiose, non lo è da meno nelle prassi capitaliste. Con dinamiche tipicamente capitaliste. La Terra dell'Abbondanza che il Capitale ci ha consegnato ha precise regole: la quantità di merci disponibili deve essere di gran lunga superiore alla loro richiesta (con buona pace della teoria della domanda e offerta) ed è vietato limitare la “libertà” individuale con negozi sguarniti, vetrine scialbe e code di approvvigionamento. Da noi nulla deve assomigliare ai negozi del Socialismo Reale, e ad ogni cittadino deve essere garantita la “libertà” di potere scegliere tra innumerevoli scaffali pieni a qualsiasi ora del giorno. Non abbiamo avuto la libertà di eleggere il capo del Governo (che ci è stato imposto dai vertici politici), ma abbiamo la “libertà” di trovare alle 7 di sera gli scaffali del pane ancora pieni.

«La grande distribuzione chiede ai panificatori artigianali di consegnare pane fresco in abbondanza per avere gli scaffali pieni fino all’ora di chiusura. Nei contratti è previsto il ritiro dell’invenduto da parte del panificatore. Che non può fare altro che buttare tutto», lamenta Luca Vecchiato, presidente della Federazione italiana panificatori.

Il che significa solo una cosa: quasi 25.000 tonnellate di pane che finiscono nella spazzatura ogni mese. 180 quintali di pane buttato via quotidianamente nella sola Milano. Che potrebbero sfamare quel miliardo di persone che, secondo la FAO, soffrono la fame nel mondo.
«Bando ai falsi moralismi. Il nostro sistema di produzione, distribuzione e consumo rende inevitabili gli sprechi di molti altri prodotti deperibili. Pensiamo alle enormi quantità di pomodori o arance che vengono distrutte» afferma Sandro Castaldo, ordinario di Marketing all’università Bocconi di Milano.
Già, ci voleva un bocconiano (come Monti) per illustrare come funziona la Terra dell'Abbondanza del Capitalismo globalista: i generi alimentari vanno dove ci sono i soldi, mica dove sono necessari. Vetrine stracolme da una parte e fame dall'altra. Insegnano bene queste cose alla Bocconi, e senza “falsi moralismi”.

E non è finita qui. Dove la mettiamo la concorrenza? E il Libero Mercato? Non pensate che il pane che viene così copiosamente messo in mostra sia tutto italiano. Oh, certo, l'etichetta dice «Prodotto sfornato e confezionato in questo punto vendita». Ma mica impastato, precotto e poi congelato. Solo sfornato. Le lavorazioni precedenti sono fatte nei paesi dell'Est: una volta congelato lo trasportano in celle frigorifere nei paesi di destinazione, dove gli danno una cottura finale nel forno (8 minuti a 210°) e lo fanno passare per prodotto locale. Ingegnoso, no? E tutto perfettamente in regola, dato che l'Europa non impone l'obbligo di indicare in etichetta la provenienza del prodotto.

Così succede che la metà dei filoni che mangiamo nelle mense e nei bar o che acquistiamo presso i supermercati vengono dai forni di Romania, Moldavia, Slovenia. A poco servono le proteste dei 24 mila fornai italiani. Nel frattempo che le proteste hanno luogo, a Campia Turzii (Romania) è in piena attività un mega impianto per la produzione del pane, frutto di una joint venture belga-romena e costato 14 milioni (5 dall´Unione europea) che sforna 1250 kg di pane all'ora.
Tale impianto supertecnologico non è l'unico a produrre pane da quelle parti. Secondo una ricerca ci sono innumerevoli forni a gestione familiare dove come combustibile si usa di tutto: da legname di dubbia provenienza (scarti di bare, residui di traslochi etc..) ai copertoni d'auto. Il tutto per contenere il costo di un chilo di pane sui 60-80 centesimi, massimo 1 euro.
Pane globalizzato low cost. Ah, la concorrenza ed il libero mercato!
Alla fine da quelle parti vengono prodotti annualmente 4 milioni di chili di pane surgelato che dura 2 anni.Solo che non si sa quando è stato prodotto, da chi e dove.

Ma il problema è ancora più ampio: l’Italia importa il 50% circa del grano tenero dall’estero perché la produzione nazionale è insufficiente. Questo vuol dire che una parte considerevole del pane, dei crackers, dei grissini e delle merendine che compriamo è fatto con farine o con miscele di farine di altri Pesi. Una parte considerevole di questa materia prima arriva da Ungheria, Cecoslovacchia e Romania.

Fatto questo ribadito dalla Coldiretti. Le importazioni dalla Romania di prodotti a base di cereali sono più che raddoppiate nell'ultimo anno. Ben 1,3 milioni di chili, con un più 136 per cento. Un'impennata se si pensa ai 6.733 miseri chili di dieci anni fa. "Sono gli effetti della mancanza di trasparenza sul pane in vendita – ragiona Sergio Marini, presidente Coldiretti – che impediscono al consumatore di conoscere il paese dove sono stati coltivati i cereali da è ottenuto perché non è obbligatorio indicare l'origine in etichetta. All'inizio si delocalizza la provenienza delle materie prime. Subito dopo l'impianto di trasformazione e il laboratorio artigianale".

L'aspetto più inquietante della delocalizzazione spetta però alla Chicago Stock Exchange (CHX), dove si scommettono i futures sui cereali: l'ammontare del denaro investito in futures di commodities è esploso da 5 miliardi di dollari stimati nel 2000 ai 175 miliardi di dollari del 2007. Secondo i dati CHX, i futures dei cereali (calcolati al prossimo dicembre) dovrebbero crescere del 73%, quelli legati alla soia del 52% e quelli dell'olio di soia del 44%.
Essi si possono negoziare senza spostare un chicco di grano, e si può contemporaneamente variarne la quotazione soltanto grazie alla capacità di acquistarne tanti scommettendo sui guadagni futuri e provocando, con questa sola mossa, l'aumento del loro valore. E' per questo che l'aumento della produzione di cereali prevista dalla FAO non avrà alcun impatto sui loro valori.

Fu tale speculazione a causare l'aumento del costo del pane in Egitto in quegli anni. La povertà che colpisce il 40% degli abitanti di quel paese (a fronte di entusiastiche dichiarazioni di crescita del FMI) e le speculazioni sui cereali scatenarono le rivolte del pane del 2008, ben sintetizzata da questa frase detta da una donna egiziana: “Noi siamo così poveri che non abbiamo altro che la nostra dignità e i nostri pezzetti di terra. Se vengono a prendercela, la difenderemo. Se prendete il nostro pane, noi vi spezzeremo il collo.” [10] E così successe che il prezzo del grano improvvisamente calò.


Siamo arrivati al punto che il pane di Rigoni Stern o di Gesù ha perso qualsiasi aspetto sacro per assumere quegli aspetti asettici ed impersonali tipici della postmodernità da capitalismo parassitario che non vuole riconoscere la fame. Condividere il panem con i compagni oppure l'ostia nell'eucaristia è diventato puro folklore per gli standard attuali. Molto cool invece un brunch a base di pane low cost mentre si chatta in wi-fi con il tablet: panem et circenses globalizzati.


Gli occhi dischiuse il vecchio al giorno |
non si guardò neppure intorno |
ma versò il vino, spezzò il pane |
per chi diceva ho sete e ho fame.

(da Il pescatore, F. De Andrè)

http://www.appelloalpopolo.it