domenica 16 luglio 2023

I PINI DI ROMA

I pini di Roma stanno morendo. Alcuni si seccano, altri collassano e si trasformano addirittura in un pericolo. Colpa di parassiti figli indesiderati della globalizzazione e dei cambiamenti climatici, ma anche di incuria, superficialità e ignoranza. Inutile indicare chi è più responsabile di chi. Tutti più o meno lo siamo stati, lo siamo e lo saremo, se non altro per il silenzio e il disinteresse complice. E questo non è neanche un aspetto che rappresenti chissà quale elemento di sorpresa e novità. Ormai siamo tutti compresi nelle nostre bolle esistenziali individuali. Convinti che tutto ciò che accade fuori di queste sia elemento che non ci riguardi o comunque, con una sua impossibilità a intervenire. Compreso quel legame storico, sociale, viscerale, esaltato retoricamente e apparentemente incrollabile con la propria città. Con le sue origine, la sua storia e i suoi simboli. E, tra questi, il pino (Pinus pinea) credo possa rientrarci a pieno titolo per chiunque sia nato, vissuto o semplicemente passato a Roma. Il mio personale rapporto con i pini risale all' infanzia e alle pasquette trascorse nella pineta all'Appio Claudio. Accanto agli archi monumentali degli acquedotti. Pini oggi praticamente scomparsi e sostituiti da piccole piante che avranno bisogno di decenni per ricreare l'antica fascinosa atmosfera. Non posso dimenticare poi, un posticino, sempre da quelle parti, che chiamavamo tre pini. Nome decisamente poco originale visto che riguardava proprio la presenza di tre alberi di quel tipo. Alberi sotto o sopra i quali, passavamo alcuni dei noiosi pomeriggi estivi. Mi hanno poi accompagnato, facendo da silenzioso sfondo, alla scoperta progressiva della città nella sua interezza. Cosa non facile e non scontata in quei tempi per ragazzini dell'estrema periferia. Da quelli presenti nelle grandi ville, a quelli che fiancheggiano ancora, alcune grandi arterie stradali, o che circondavano, ad esempio la zona del Foro Italico e lo stadio Olimpico. Ovunque si andasse, ovunque si ponesse lo sguardo ci sono sempre stati pochi o tanti pini a fare da quinta teatrale o, più semplicemente da cornice. E come dimenticare, appena fuori la città, quelli della pineta di Castel Fusano. dove, Tappa obbligata dopo qualsiasi mattinata al mare sulle spiagge libere di Ostia (anche queste ormai solo un ricordo). Ci si spostava per consumare il pranzo e per la classica pennichella pomeridiana degli adulti, sotto le loro chiome. Ma dove il mio personalissimo rapporto affettivo e confidenziale con i pini, raggiunse il top fu quando, nella nuova casa, del nuovo quartiere popolare in cui ci si trasferì, ne avevo alcuni praticamente sotto casa. Con le chiome e i rami che potevo addirittura sfiorare con le mani affacciandomi semplicemente al balcone. Dallo stesso balcone da cui, osservatore privilegiato, muovevo i primi passi in quella che è poi diventata, una passione che mi accompagna tutt'ora. Tra le loro chiome potevo osservare i comuni merli e passeri, spesso anche cince, codibugnoli e, più raramente anche qualche upupa o picchio. Di notte sui loro rami erano di casa le civette e, a volte, qualche allocco di passaggio. Non potrei terminare questa esposizione del personale legame sentimentale con i pini, senza accennare anche ad un aspetto ludico-gastronomico. Durante l'estate ovunque ci trovassimo e qualsiasi fosse il motivo per cui fossimo in quel posto, bastava l loro presenza e la raccolta dei pinoli diventava un obbligo imperativo. Pochi se in un luogo casuale e frequentato. Tanti se cercati con intenzione e nei posti giusti. Con grida di giubilo e soddisfazione goduriosa quando se ne trovavano intere pigne aperte e piene. Bastava poi un sasso delle giuste dimensioni per assaporarne il gusto, praticamente subito. O portarli a casa per trasformarli in quella che chiamavamo la pignolata. Praticamente frittelle di caramello e pinoli. Bombette energetiche, forse non equilibratissime per i salutisti odierni, ma che, merendine scansatevi proprio. Non posso neanche dimenticare che, in anni successivi, questo aspetto divenne più difficoltoso a causa dell' interesse economico che pigne e pinoli potevano rappresentare per i primi esuli dell' Est europeo. Persone che con la loro raccolta sistematica fatta direttamente sugli alberi, anche in giardini privati, prima che le pigne potessero cadere a terra, racimolavano qualche euro dalla loro vendita. Questo rapido, ma significativo excursus sul mio personale rapporto, ma comune a tanti altri, con i pini è comunque esplicativo della loro importanza, oltre che naturalistica, paesaggistica, culturale anche emotiva e sentimentale. “Quando il Colosseo cadrà, cadrà anche Roma...” senza arrivare a tali livelli di catastrofismo credo però, che anche quando l'ultimo pino romano cadrà, saranno caduti e persi per sempre tanti di quegli aspetti che fanno di questa città bella e dannata un unicum mondiale. Salvare i pini è un pò salvare anche Roma. E i romani oltre che dannarsi per il traffico e i rifiuti per strada, qualche volta provino ad alzare lo sguardo e a immaginare quanto sarebbe triste e spoglia la città senza lo sfondo familiare ed eterno dei pini. E provino a riappropriarsene e difenderla da speculazione, disinteresse, ignoranza e incapacità, Roma e i suoi pini possono salvarsi. Basta volerlo. MIZIO

sabato 1 luglio 2023

CIAO MIZIO

La pensione, alcuni piccoli acciacchi, il post covid ha comportato la necessitò di rimettersi in forma per evitare qualche guaio possibile. Cosa che più si va avanti con l'età, e più diventa ipotesi realistica. La sigaretta era stata già abbandonata da anni. L'alcol è sempre stato limitato ad un moderato utilizzo in poche occasioni particolari. Le droghe, a parte isolate e quasi uniche esperienze poco significative, in età giovanile con gli spinelli, non mi avevano mai attratto e mai ho sentito sentito il bisogno dello sballo. Però i chili in più, frutto di pigrizia, sedentarietà e godimenti della buona tavola, c'erano comunque, insieme a qualche valore ematico leggermente alterato, da riportare nei giusti limiti. Quindi che fare? Palestra? Neanche a parlarne! In mezzo a fighetti più impegnati a mostrare l'ultimo outfit adeguato, piuttosto che alla propria salute. Si poteva pensare a correre. Ma un pregiudizio atavico me l'ha sempre fatta ritenere cosa poco congeniale e, da adottare solo nel caso di pericolo imminente, come l' eventuale inseguimento da parte di qualche pit bull arrabbiato. Convinzione rafforzata già anni fa, dalla notizia che l'inventore americano dello jogging, fosse morto proprio corricchiando allegramente. Quindi ho optato per la cosa più naturale del mondo camminare. Funziona, non è stressante, è idonea alla causa e compatibile con qualsiasi età. Non prevede, se non per qualche patetico fissato, un abbigliamento ad hoc da dover esibire orgogliosamente come le penne del pavone a certificare l'appartenenza alla salutare cerchia dei runners. Unica concessione alla moda del settore, un paio di scarpe idonee, morbide e comode abbastanza da per poterci camminare a lungo senza problemi. Attività che, qualche volta alterno con una pedalata in bici. Cosa altrettanto sana e idonea ma che comporta maggiore attenzione e tempo da dedicare al mezzo, oltre a qualche rischio in più. Come quello da rimanere per strada con la bici inutilizzabile da trascinarsi dietro però, per chilometri fino a casa. Da affiancare a questo, altrettanto necessario è stato naturalmente, adottare una dieta adeguata con una drastica diminuzione della quantità e qualità del cibo. Cosa che, per una dipendenza seria dai carboidrati, da cui ero affetto sin dalla più tenera età sembra più facile a dirsi che a farsi. Ma siccome nulla è impossibile, con una buona dose di impegno, anche se con qualche isolata caduta in tentazione, tutto si può fare. Quindi eccoci qua, veniamo all' oggi e a cosa tutta questa premessa è propedeutica. Come quasi tutte le mattine di buon' ora, dopo una leggera (sigh) colazione, siamo pronti per la nostra dose di passi quotidiani. A meno di non avere incombenze particolari per cui unendo l'utile al dilettevole, cammino e contemporaneamente disbrigo le questioncelle (cosa questa resa possibile dal vivere in una cittadina di non enormi dimensioni). cerco di camminare laddove la presenza di auto e persone sia più limitata. Con conseguente migliore qualità dell'aria e del mio umore. Quindi preferibilmente zone periferiche su strade anche sterrate e senza traffico. Posti dove, anche se prossime al centro abitato, sia possibile anche godere di quell'altra mia grande passione. L'osservazione attenta, curiosa con l'occhio perso e continuamente stupito del naturalista dilettante, di tutto ciò che ci circonda. Dagli umili ma coloratissimi fiori di campo, agli uccelli per cercare di indovinarne l'identità dal volo o dal canto. Dal fruscio improvviso e rapido delle lucertole e dei rari ramarri o lo strisciare veloce di qualche, ancor più raro biacco. Senza dimenticare, a seconda della stagione, la possibilità di poter assaporare anche qualche frutto spontaneo. Dalle more di rovo, a quelle del gelso,o ai fichi ed altro. Quindi momenti, oltre che benefici, ricchi di stimoli, di stupore, di godimento fine a se stesso. Momenti che permettono una full immersion nel mare magnum della meditazione, della fantasia di cui bearsi e in cui immergersi totalmente in piena libertà e privi di qualsiasi dovere, costrizione o convenzione Era proprio un momento di questi quando, a lato della strada sterrata, all'ombra di una sughera di discrete dimensioni, poco più avanti mi pare di scorgere una figura che sembra familiare. Seduto su un sasso con uno stelo di avena fatua in mano cui era legata una cetonia che, penosamente provava a volare riuscendo però, solo a roteare in circolo nei limiti imposti dalla limitata lunghezza dello stelo stesso, c'era proprio lui Palesando una sicurezza e mistificando un'assenza di sorpresa, stavolta gioco d'anticipo: “Ciao! Mi sembra proprio di conoscerti” e senza dargli ill tempo di rispondere, “Che diamine ci fai qui? Non avevamo chiarito il nostro rapporto la prima, unica e ultima volta in cui ci eravamo visti?”... “Cosa avresti da rimproverarmi stavolta?”... “Hai visto, da allora mi sono sempre sforzato di ascoltarti e compiacerti. Pure quando sembravi non esserci più.”... “Perchè pure tu, nonostante i tuoi discorsi, non è che sia sempre così presente eh?. Dovresti sapere pure quanto il farlo costasse fatica e creasse anche qualche discreto imbarazzo. Non è stato per niente facile“....” Che c'è non parli? Neanche saluti? Guardami almeno. Sono qui. Sono io... E tu sei sempre tu, o sei diventato altro da quello che mi dicesti di essere?” Mentre continuo a parlare e fare domande, lui lentamente e apparentemente concentrato solo su quella delicata operazione, prende la cetonia, le libera delicatamente la zampetta dal cappio fatto col filo d'erba e la lancia in aria. Finalmente libera, riconsegnata al suo elemento naturale. Poi alza lo sguardo e,sempre con quell'aria impertinente da saputello indisponente :”Ciao Mizio. Stavolta mi hai riconosciuto subito eh?” “E come potrei dimenticarti dopo quel nostro primo e allucinante incontro. Pensavo solo che non ci saremo rivisti più. Almeno, non in questi termini. Mi avevi parlato di momenti molto particolari e quasi unici, in cui questi, diciamo così, contatti, diventino possibili. Mi perdonerai perciò se mi stupisco di rivederti e se insisto per avere una qualche risposta. che abbia almeno una parvenza di logica. Dopo tutto quello che mi hai vomitato addosso ì' altra volta e che ho dimostrato più volte, di tenerne conto, penso di averne diritto. O no?” “Ci sono alcune cose che non riesci proprio a cambiare eh? Una fra tutte, quella di fare tante domande per lo più inutili... Proprio tu che dovresti, tutto sommato, sentirti un privilegiato, invece di godere e apprezzare questi momenti, per quello che sono, vorresti rinchiuderli subito in una tua scatola....Quella scatola in cui tutto il tuo mondo deve avere una sua lettura e una risposta logica ad ogni domanda.... Al mattino ogni volta che ti risvegli e apri gli occhi. Chiedi forse a qualcuno perchè lo puoi fare? Perchè sei vivo e rinasci ogni giorno? Eppure quello credo sia il mistero più grande cui dover dare risposte” “Pensi veramente che, alla luce proprio di quel mistero l'incontro con un possibile te stesso bambino, sia la cosa più importante da spiegare?” “No, non dico questo, questo, no. Soprattutto dopo i non rari strani inspiegabili avvenimenti in cui ogni tanto, mi è capitato di incappare, non mi stupisco di nulla. Solo che l'incontro con te, se possibile, è stato certamente il più destabilizzante e quello che ha comportato i mutamenti più significativi. L'avrai notato sicuramente anche tu no?” “Certo che l'ho notato. Ed è stato anche molto apprezzato da parte mia. Non mi sono più sentito un estraneo con il me stesso adulto che sei tu. Ci eravamo finalmente ritrovati, riconosciuti, accettati. Ed è proprio per questo che oggi sono di nuovo qui. L'altra volta fu più una mia necessità per aiutare me stesso a ritrovarmi in te. Oggi voglio provare a ricambiare il favore e aiutare anche te a ritrovare te stesso. TI obbligai a guardare indietro per vedere e riconoscere gli errori. I tuoi limiti non potevo certo farteli superare, ma farteli conoscere e accettare sicuramente si. Ti obbligai a prenderne coscienza, a metterti in discussione,a cambiare profondamente Stavolta, invece voglio provare a farti guardare avanti. Tranquillo non farò certo il cartomante o l'astrologo. Sai che sono con te e in te. Quindi non ne so più di te su ciò che ci aspetta. Ma non potrei svelarti il futuro neanche se lo conoscessi. Nel gran gioco della vita l'illusione, la convinzione e la responsabilità di essere gli unici artefici del nostro cammino non può e non deve essere intaccato minimamente. Sai meglio di me quante disquisizioni filosofiche, religiose, sociali abbia succitato e ancora susciti, la questione del libero arbitrio. Vorrei molto più semplicemente , provare a dotarti degli occhiali migliori per guardare tutto quello (tanto o poco che sia) che la vita ci metterà di fronte. Vieni, ti faccio un po' di spazio, siediti qui vicino a me.” “Vedi io sono più piccolo. Anzi, per la precisione, apparentemente più piccolo di te. Perchè nell'assoluto, dovresti saperlo, il piccolo e il grande si rapportano a dimensioni, proporzioni e concetti totalmente diversi da quelli nostri. Però, rispetto a te e alla maggioranza di qualsiasi altra persona ho un vantaggio non indifferente. Ed è il non poter essere condizionato o toccato dagli aspetti fisici, giornalieri, tipici della vostra vita quotidiana. Ne sono sfiorato solo di rimbalzo se colpiscono profondamente te. Sai meglio di me, ormai, quanto fino ad un certo punto, noi siamo cresciuti e vissuti all'unisono. E questo è un fatto naturale, comune a tutti gli esseri umani. Quello che è meno frequente è proprio quello che stiamo vivendo in questi momenti. Non a tutti è concesso e reso possibile il potersi guardarsi in questo modo allo specchio. Ma questo, oltre ad essere un privilegio assoluto, è nello stesso tempo una responsabilità pesante e difficile da portare.” “Non me lo devi certo ricordare. Lo so benissimo quanto costi in termini di attenzione alle sfumature, di coerenza nelle scelte. Nella difficoltà di trasmettere, condividere cercare di essere comprensibili. Tutto sommato, non è che sia tutto sto gran regalo!...Però la questione dell'aiuto che mi vorresti dare riguardo l mio futuro mi incuriosisce non poco. Vai, vai avanti.” “Vedi, anche se per tanto tempo mi avevi dimenticato in soffitta, non sono così impreparato o illuso da non saper che gli anni che abbiamo da vivere da qui in avanti, siano meno di quelli che abbiamo alle spalle. Però so anche che di quelli passati, quanti effettivamente sia per colpa tua o, soprattutto, per il dipanarsi imprevedibile, cinico e crudele della vita hai sentito e sono stati veramente tuoi. Non che, anche quelli non abbiano avuto il loro perchè. Ogni attimo, ogni respiro, ogni accadimento ha il suo posto e il suo valore nel completare il meraviglioso anche se oscuro disegno universale. Ma non si può negare che troppi siano stati quelli in cui l'unica opzione sembrava essere il subirli passivamente. Quindi quanti anni o mesi o giorni, hai veramente vissuto con coscienza e consapevolezza da protagonista? Te lo dico io. Molti, molti di meno, di quelli che l'anagrafe ti assegna.” “Vabbè, dai mi stai dicendo che, oltre essere anziano ho anche sprecato tanto tempo. Non è che sia un grande aiuto, anzi. E' un bel colpo alla già scarsa considerazione e autostima che ho di me stesso. E, poi, lasciatelo dire. No è che col fatto che sei parte di me puoi continuamente puntare il dito e accusarmi di tutte le nefandezze del mondo, come fossi chissà quale essere spregevole.” “Ecco che riesce fuori la vittima designata, il puntaspilli dell'universo, l'incompreso di professione. Ancora non hai capito che tra noi a certi livelli non ci sono accuse. Non ci sono giudizi, non ci sono sentenze. C'è, come ti ho ripetuto all'infinito, la rara possibilità di godere di una prospettiva diversa da cui guardare le cose del mondo e le tue in particolare. E quella che ti sembra durezza,accanimento o accusa non è altro che lo stimolo a fare e sentire meglio Non di più o di meno, ma semplicemente meglio. E non per gli altri ma per te stesso. Perchè, adesso si che ti dico una grande banalità, se migliori te stesso migliori anche il mondo intorno a te.. Se non l'avessi ancora capito, tu, come chiunque altro, non sei certo un essere finito e completo. La possibilità di essere migliore, di crescere e di vivere meglio esiste fino all'attimo in cui esaleremo l'ultimo respiro, Quel momento che si lega idealmente al primo pianto liberatorio post parto e chiude di fatto un cerchio. Quello che c'è e rimane per sempre in quel cerchio, siamo semplicemente noi. Sarebbe da incoscienti e irresponsabili non farne tesoro e agire di conseguenza. Cosa ci trovi di così tremendo o distruttivo in tutto questo. Se non la tua cocciutaggine e il tuo ostinarti a rimanere ancorato alle tue piccole convenzioni e convinzioni che ti hanno sempre impedito di mollare gli ormeggi e affidarti agli umori del mare aperto...Ti ricordi? Qualcuno te lo disse pure tanto, tanto tempo fa. -Nulla ti sarà chiesto che tu non voglia e non possa. Solo di non far del male ad alcuno!- Si lo so. Il tuo senso del dovere, la tua correttezza, i tuoi impegni. L'esaltazione della tua onestà e coerenza. Il rapporto di dipendenza con la tua coscienza. Cosa questa, che da sempre, sembra essere stata considerata, soprattutto da altri, come una zavorra. Zavorra che per te, invece, è stata sempre più un approdo sicuro o una zattera di salvataggio. E se tutto questo, per quello che possa valere, ti fa benevolmente qualificare in positivo, non puoi nascondere, soprattutto a te stesso che spesso, sia servito anche da alibi. Se non altro per quel tot di indolenza, fatalismo, timore che, comunque, fanno parte del tuo essere e hanno contraddistinto il tuo cammino.” “Non ti ricordavo così loquace. Impertinente e fastidioso si, ma non logorroico. Quello che dici, tutto sommato già lo conoscevo. Non mi pare che ci siano grandi verità rivelate. Perchè, piuttosto, se veramente mi volessi essere utile non mi dai qualche bel terno da giocare al lotto come fanno in tanti nei sogni? Ti giuro che l'apprezzerei moltissimo. Ah ah ah, dai sto scherzando mamma mia. Per fortuna dovresti essere tu a mia parte giocosa”. “No tranquillo, anzi mi hai fatto sorridere. Solo che non c'è più molto tempo e vorrei assicurarmi di poterti dire quello per cui sono qui. Non so se riesco a spiegarmi a sufficienza e se tu riesci a comprendere” “Dai adesso mi sottovaluti. Non sono io a doverti ricordare che io e te siamo la stessa persona. Quindi se una cosa la capisci tu, è inevitabile che la senta, la percepisca e, prima o poi la capisca anch'io. Non me l'aspettavo, ma capisco benissimo perchè sei qui. Perchè ci siamo incontrati e perchè abbiamo parlato di nuovo. Non sei tu che sentivi la necessità di parlarmi. Ero io che avevo e ho bisogno di incontrarti ogni tanto. Ne sento l'esigenza. In questo mondo, che pur amo e di cui cerco di conoscere e rispettarne le regole, sai meglio di me, quanto però, mi senta estraneo. Al pari di uno studente portato per lettere e filosofia costretto a studiare, rapportarsi e vivere in un mondo di matematici. L' incomunicabilità, la difficoltà nei rapporti, i pregiudizi rischiano di portare all'impotenza esistenziale. Cerchi di adattarti, di ritagliarti il tuo piccolo spazio, ma il disagio congenito, per quanto si possa fare, rimane” Comunque ho capito, lo sapevo, ma evidentemente mi serviva una conferma. La vita è solo nostra e ogni attimo è sempre sotto la nostra responsabilità. Non nel su accadere, spesso inevitabile, ma nel suo diverso sentire e reagire. Nessun dio da accusare o adorare. Nessuna guerra santa da dichiarare se non contro le nostre imperfezioni. Nessun picchetto limite, se non quello scritto non sappiamo dove e da chi, in grado di dirci o da interpretare come la fine o la minore qualità di quella cosa chiamata vita” “Ammazza. Mi stai facendo commuovere. Ci voleva il te bambino per aiutarti a crescere ancora. Mi fa piacere se ti sono stato utile. Se stai meglio tu di conseguenza sto meglio anch'io. Questo è il concetto che sta alla base di tutto. Talmente semplice da essere però, il più difficile da capire. Forse perchè sempre mal interpretato e ancor peggio raccontato. Noi oggi, su questo sasso, sotto questo albero non ci siamo scambiati parole. Ci siamo scambiati energia empatica reciproca. E cos'è mai se non quella cosa che possiamo considerare e definire come la legge dell'equilibrio universale? Quella stessa che molti, in modo limitato, esclusivo, settoriale chiamano amore. Quell' amore che, lungi dall'essere quel sentimento altruistico o passionale, decantato retoricamente da sempre è invece, quando vero e reciproco, il sentimento paradossalmente più egoistico. Perchè migliora, porta benessere e appaga oltre gli altri soprattutto chi lo fa e lo pratica costantemente nelle sue infinite forme. Comunque vedo che non hai più bisogno di me. Mi pare tu abbia capito qualcosina in più. E io, anche volendo, non posso rimanere nei tuoi occhi troppo a lungo. Ciao Mizio, ti prego di non dimenticarmi. Sai dove trovarmi” “Si, grazie, lo farò ancora sicuramente prima o poi. Ciao Mizio.”