giovedì 8 maggio 2014

JOB'S ACT...PEGGIO DELLA FORNERO

Dalla piena occupazione alla piena precarizzazione



Non era per niente facile peggiorare la riforma Fornero, che peggiorava la riforma Biagi, che peggiorava la riforma Treu. Ebbene, Renzi c' è riuscito: c'è riuscito il governo delle larghe intese Renzi-Alfano, per la precisione, che oggi ha addirittura posto la fiducia al Senato sul decreto lavoro, impedendo per l'ennesima volta il dibattito parlamentare. In un tempo neppure troppo lontano, il modello sociale europeo si poneva come obiettivo la piena occupazione, mentre oggi l'obiettivo è la piena precarizzazione.


La precarietà - rinominata flessibilità per ingentilire e abbellire il concetto  - non produce alcun aumento dell'occupazione, non moltiplica i posti di lavoro: da anni tutti gli studi evidenziano che non esiste alcuna correlazione accertata fra maggior flessibilità e crescita dell' occupazione. Più semplicemente, la precarietà è uno strumento efficace per intensificare lo sfruttamento del lavoro, pagarci meno, farci competere fra noi al ribasso, renderci più docili e ricattabili.

L'Italia da tempo primeggia in Europa in quanto a flessibilità e i datori di lavoro nel nostro paese hanno a disposizione ben 46 contratti atipici (contro i 9 di Francia e Gran Bretagna) con il risultato che, negli ultimi anni, due contratti su tre sono stati stipulati per lavori a tempo determinato e la disoccupazione non è certo diminuita, anzi.  Siamo flessibilissimi, ma per il governo delle larghe intese non era abbastanza.

Il decreto Renzi-Poletti estende la flessibilità ed elimina la "causalità" fino a tre anni, ossia le aziende possono adesso assumere con contratti a termine senza ragione alcuna non per 12 ma per 36 mesi (viene eliminato l'obbligo per l'azienda di motivarne la stipula con “ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo”). Il contratto precario diviene cioè la normalità per le nuove assunzioni, non l'eccezione, anche se teoricamente i lavoratori con contratto a termine non dovrebbero superare il 20% dell’organico complessivo. Dico teoricamente dato che anche quest'obbligo - che sarebbe già di per sè difficilmente verificabile con l'attuale sistema di controlli - di fatto salta: l'azienda può sforare la quota consentita del 20% limitandosi a pagare una modesta sanzione.

Se tutto ciò non bastasse, al termine dei tre anni non esiste nessuna garanzia di assunzione a tempo indeterminato per il lavoratore precario, ammesso che al termine dei tre anni ci sia effettivamente arrivato. Infatti, mentre fino ad oggi era consentita una sola proroga del contratto a termine, adesso sono consentite fino ad otto proroghe entro i tre anni, aumentando con ciò ricattabilità e licenziabilità. Ad esempio, non servirà più far firmare le dimissioni in bianco, adesso basterà controllare la pancia delle proprie dipendenti ogni 5 mesi e decidere se rinnovare o meno il contratto.


Infine, l'apprendistato viene trasformato in qualcosa che ha a che vedere con tutto fuorchè con l'apprendimento di un mestiere: sparisce per l'azienda l’obbligo di formulare un “piano formativo individuale”. Sparisce ogni chiaro obiettivo di formazione e ci troviamo davanti all' ennesima forma di contratto ultraprecario, low-cost e sottoinquadrato. E, manco a dirlo, viene cancellato anche l'obbligo per le aziende di assumere a tempo indeterminato almeno il 30% degli apprendisti (che resta solo per le imprese con oltre 50 dipendenti).


Ci dicono che questa sarebbe la modernità. A me pare che la modernità stia altrove, ad esempio nel prevedere forme di salario minimo e reddito minimo garantito, oltre che nel ripensamento complessivo del modello di produzione: cosa produciamo, come lo produciamo, per chi lo produciamo. A me pare che la modernità non sia competere abbassando i salari ma investire nella ricerca e varare un piano europeo per l'occupazione che dreni risorse dalle rendite e dalla speculazione finanziaria. A me pare che la modernità consista nell'affermazione dei diritti e non nella servitù della gleba e che la vera innovazione sarebbe la cancellazione dello sfruttamento, non la sua intensificazione. Se la modernità è alle spalle, è un bel problema. Siamo ad appena una settimana dal primo maggio e l'accordo raggiunto in Senato sul decreto Poletti-Renzi ci riporta indietro nel tempo, a periodi in cui le tutele e i diritti del lavoro - oggi chiamati "rigidità", stavolta per imbruttire il concetto - ancora non erano stati conquistati. Primo maggio, sì, ma di quale secolo?
Tommaso Fattori


sabato 3 maggio 2014

NON MI FIDO



Papa Francesco è (accusato?) indicato da alcuni come filocomunista perchè si è più volte scagliato contro il potere del denaro e speso parole in favore dei poveri anche con atti di cristiana carità (i 50 euro che, pare, faccia distribuire agli emarginati).
Ovviamente trattasi di una forzatura giornalistica dovuta, evidentemente, al fatto che i papi prima del precedente, in genere, non davano l'impressione di essere così sensibili e dotati di umana e cristiana "pietas" nei confronti degli ultimi.
Dal mio modestissimo punto di vista la vicinanza e la scelta di stare dalla parte dei poveri dovrebbe essere il minimo sindacale per ogni cristiano che si reputi tale, figuriamoci, quindi, se non debba esserlo del Papa che ne rappresenta la massima espressione sulla Terra.
Ma oggi lo stupore e la meraviglia attengono più a visioni, per così dire, normali che alle fantasmagoriche manifestazioni di originalità ad uso e consumo delle telecamere e del popolo beone.
Fa notizia un papa che si schiera con i poveri, fa notizia un cantante che esprime il suo pensiero, non fa notizia chi si ostina a voler ragionare e a non cadere nel ridicolo gioco mediatico del “con me o contro di me” messo in atto ormai praticamente da quasi tutti i protagonisti della vita pubblica.
Berlusconi docet!
Vent’anni di ciarpame mediatico,di pensiero minimo, di astuzie e furberie ad uso e consumo proprio, hanno fatto scuola e raccolto molti proseliti, Primo fra tutti l’attuale premier (fino a quando?) che ha fatto dell’effetto annuncio e del diluvio parolaio il proprio status. Cavalcando l’effetto 80 euro (su cui, comunque, non mi permetto di sputare in quanto tali) cerca di far passare in second’ordine provvedimenti ad uso e consumo di poteri e visioni societarie contrarie agli interessi dei destinatari del benefit (Job’s act ad es).
Già, ma chi si sofferma più a ragionare sulle cose e sull’effetto che queste potrebbero avere a medio lungo termine?
Quello che conta è dare visibilità alle proprie (poche) proposte e denigrare i presunti avversari! Già! Presunti e non reali.
E perché si dirà. Berlusconi e soprattutto Grillo non sono i feroci critici e demonizzatori (da lati opposti) della politica dell’attuale governo e, nel caso di Grillo, anche di quelli immediatamente precedenti?
Certo, Berlusconi tenta una sopravvivenza politica messa a dura prova dalle sue stesse azioni e dal logorio che, inevitabilmente, vent’anni vissuti sopra le righe hanno prodotto.
Grillo dal canto suo, muove le sue truppe a colpi di vaffa, di accuse alla casta, di rottamazione totale di purezza postideologica contraria ad ogni forma di compromesso, incurante del fatto che, insieme all’acqua sporca si potrebbe gettare via anche il bambino.
Quel bambino che si chiama democrazia, libertà, rispetto, rappresentanza, tutti valori che, per motivi apparentemente opposti, si tenta di cancellare o modificare in nome del “cambiamento”.
Ma alla fin fine sono veramente così diversi gli interessi e le prospettive degli attori principali di questa commedia dell’assurdo che stiamo vivendo?
Io non mi fido e dico ovviamente no!
Pur con differenze plateali di stile sono tutti impegnati a restaurare e mantenere l’attuale assetto sociale. Ma come, si dirà, pure Grillo?
Sembrerebbe di si, i suoi attacchi populistici alla casta, al superamento delle differenze ideologiche, non sono altro che il metodo usato storicamente dal “sistema” per incanalare e dirottare la protesta verso forme di contestazione populista e parolaia, che però non porti a cambi sostanziali. Per il potere mantenere o no Renzi o Berlusconi ha un’importanza tutto sommato, relativa, è molto più importante mantenere i privilegi di classe e di sistema che Grillo stesso non mette in discussione, visto che è favorevole alle liberalizzazioni, alle privatizzazioni, contrario alla patrimoniale e alla tassazione delle rendite.
Insomma si avrebbe, con Grillo, a differenza di Renzi, Monti, Letta, Berlusconi, un capitalismo liberista, magari più etico, ma pur sempre tale, in positivo e in negativo.
Sono partito da Papa Francesco per arrivare a Grillo cercando di far vedere che la validità o meno di idee, proposte, iniziative non dipende, quasi mai, dalla visibilità che si dà loro, anzi.
In vista delle prossime elezioni europee teniamo ben presente questo aspetto. La verità e la giustezza delle idee vanno ricercate con cura e meticolosità, non aspettiamoci che il potere faccia loro pubblicità.
D'altra parte, storicamente, il potere ha sempre temuto le idee e i principi della sinistra, sarà un caso?
Ad maiora


MIZIO.