martedì 30 ottobre 2018

SE 12 ANNI VI SEMBRAN TROPPI!


Risultati immagini per riscaldamento globale


Gli scienziati dell' Onu hanno dato l'allarme:”12 anni per salvare il mondo”. Questo è il limite temporale per poter sperare di invertire la tendenza al riscaldamento globale che potrebbe scattare e superare il famigerato grado e mezzo arrivando ai due gradi di aumento della temperatura con conseguenze disastrose e senza possibilità di ritorno. Scioglimento dei ghiacci, innalzamento dei mari, desertificazione progressiva. Scomparsa di migliaia di specie vegetali e animali e cambiamenti complessivi e drammatici per l'accesso all'acqua e alla possibilità stessa di vita per come la conosciamo. E' vero che di allarmi del genere negli ultimi decenni ne sono stati lanciati molti e, quasi sempre l'accusa preconcetta di catastrofismo li ha depotenziati facendoli scivolare nella considerazione alla stessa stregua della storia di Pierino e il lupo.
E adesso, che sembrerebbe che il lupo sia arrivato veramente, e stia proprio dietro la porta di casa, pare quasi che la cosa non ci interessi più di tanto. E' vero che è aumentata di molto la sensibilità del singolo verso gli animali o verso la salvaguardia di piccoli o grandi porzioni di territorio da tutelare. Cose ottime, cose da sviluppare e apprezzare ma che non incidono se non in minima parte sul risultato finale. Salvare il cucciolo di cinghiale o il piccolo riccio sulla strada è cosa buona e giusta come impegnarsi per la salvaguardia del fazzoletto di verde sotto casa. Ma hanno un effetto positivo quasi esclusivamente per noi stessi e il nostro impegno ma hanno un impatto prossimo allo zero se non c'è un'attenzione pari o superiore al mantenimento dell'equilibrio ambientale complessivo. E questo, purtroppo sfugge alle possibilità, anche le più positive del singolo, ma rientrano in quelle assunzioni di coscienza e responsabilità che devono diventare collettive. Per far questo bisogna ripensare complessivamente e non settorialmente, l'organizzazione stessa della società. Ripensare la mobilità del singolo e di conseguenza, l'organizzazione del lavoro. Andare verso un lavorare meno, lavorare tutti e lavorare meglio. Ripensare il consumismo sfrenato, con i suoi ritmi infernali di produttività (crescita) malata e destinata fatalmente a infrangersi contro l'esaurimento delle fonti non rinnovabili di materie prime e la desertificazione del pianeta. Spostare le risorse ancora disponibili verso una loro redistribuzione più equa affinchè i cambiamenti necessari siano più facilmente accettati dalla gran massa. Introdurre come legge ineludibile né quella divina né tantomeno quella di mercato ma solo ed esclusivamente quella della natura e delle sue potenzialità, enormi ma non infinite, di produrre e garantire benessere e sopravvivenza a tutti se rispettata. Sviluppare cultura e conoscenza quale principale se non unico argine, all'ignoranza e all'incapacità di comprendere i processi sia sociali che naturali. Così, come sarebbe un argine alla sovrappopolazione, soprattutto nei paesi più poveri, con la valorizzazione e il riconoscimento della funzione e delle potenzialità delle donne, ancor oggi troppo limitate nel loro essere in quei paesi.
Per non parlare dell'inquinamento atmosferico e delle acque, del consumo continuo di suolo, della pesca intensiva che sta spopolando interi oceani, delle miliardi di tonnellate di plastica e altri rifiuti che contaminano e alterano equilibri biologici frutto di milioni di anni di evoluzione. Questo quadro mette paura solo a immaginarlo, figuriamoci a doverlo vivere come stiamo facendo e come tragicamente si aggraverà non tra un secolo ma già da domani. Conviene allora, come struzzi mettere la testa sotto la sabbia e fare finta che non sia così? Magari sperare in maniera fatalistica o fideistica che qualcosa cambi o, come nella famosa opera di Eduardo, tanto “Addà passà a nuttata”! La nuttata che stiamo contribuendo, con i nostri silenzi, con il nostro disinteresse a costruire non passerà, se non in tempi misurabili in secoli e solo con un'inversione totale del nostro modello di sviluppo.
Fatto un elenco e un quadro non terroristico, ma realistico, delle prospettive a breve rimane da stabilire cosa possiamo ragionevolmente fare. Diciamo che parliamo di piccole speranze, ammesso che ancora sia possibile coltivarne. Si può, ragionevolmente, pensare di operare svolte così radicali e impattanti se continuiamo ad avere come riferimenti i dati dei vari PIL dei vari paesi, del Moloch del debito pubblico, di una crescita misurata in miliardi di ore lavorate o miliardi di prodotti immessi sul mercato? Come si potrà convincere i potenti della terra (economici, finanziari e politici) a rinunciare al proprio disegno egemonico sul pianeta e sulla vita dello stesso? Non lo si potrà certo fare se guardiamo, ad esempio, a come la maggioranza degli elettori nel nord e nel sud del pianeta si sta esprimendo. Si premiano candidati e forze politiche che fanno della cementificazione, della distruzione del territorio dello sfruttamento intensivo e pronta cassa delle risorse e delle fonti energetiche non rinnovabili la propria Bibbia. I Salvini in Italia, Ii Trump in America e i Bolsorano in Brasile ne sono solo gli ultimi e più rappresentativi esponenti. Rappresentano esattamente e senza gli infingimenti cui altri ricorrono, lo spirito predatorio ed egoista del peggiore essere umano. Visione in cui si privilegia il singolo, il suo egoismo, la competizione anziché valorizzare una visione, meno gratificante per il singolo ma drammaticamente necessaria, basata su rispetto, solidarietà, equilibrio tra gli esseri umani e l'ambiente tutto.
Questo sarebbe il compito storico che toccherebbe alla sinistra e a chiunque abbia nel pensiero solidale e altruistico il faro nella propria vita.
Purtroppo è un compito storico che, a questo punto possiamo definire tranquillamente in gran parte fallito. E, con altrettanta certezza possiamo certificare che non c'è alcuna capacità o voglia di prenderne atto.
Dodici anni, ma fossero anche cento, per l'universo sono meno di un battito di ciglia. Per la Terra, i suoi abitanti e il genere umano sono l'attuale limite tra la possibilità di continuare a vivere o scegliere, invece, un suicidio collettivo.
Ad maiora!

MIZIO


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