L’essere
umano si distingue dagli altri animali presenti sul pianeta per caratteristiche
peculiari appartenenti solo alla propria specie e non riscontrabili, se non in
maniera molto attenuata, in poche altre. E non mi riferisco alla posizione
eretta, alla vista frontale o al pollice opponibile tutte caratteristiche,
anche queste, peculiari solo del nostro essere umani e che, indubbiamente,
hanno favorito una diversificazione totale nel percorso evolutivo. Ma questo è
appannaggio e materia di studio di antropologi,
di biologi ed evoluzionisti, io mi voglio riferire a caratteristiche
comportamentali più che morfologiche.
Tra
gli animali esistono diverse forme di interazione tra i membri della stessa
specie o della stessa “famiglia”: si va, ad esempio, dalla società delle api e delle
formiche, basate su un’esasperazione della società solidale, in
cui il singolo individuo è praticamente privo di alcun valore a
comportamenti esattamente opposti, come quello di alcuni felini (es. tigri) in cui è il singolo individuo ad essere protagonista, essendo il rapporto solidale
limitato alle funzioni riproduttive e all’allevamento dei piccoli fino a che questi
non siano autosufficienti. Nel mezzo troviamo il comportamento di altre specie
che possiamo definire intermedio come ad esempio quello dei lupi o dei leoni, che
cooperano in branco ma in cui non viene annullata l’individualità. Difatti in
ambienti integri dal punto di vista ecologico in cui vi è abbondanza di prede
di grandi dimensioni, come nelle foreste del Grande Nord Canadese o della
Siberia, i lupi cooperano in branchi anche numerosi, in quanto la prede (alci,
caribù) sarebbero pressochè inattaccabili da un singolo individuo. In
altri ambienti ecologicamente più degradati, come i residui boschi europei, i
pochi esemplari che ancora li occupano, operano in gran parte in solitaria o al
massimo in piccoli branchi famigliari di tre o quattro esemplari, essendo la
mole delle prede inferiore e insufficiente a garantire la sopravvivenza di un branco
numeroso.
Quindi
vediamo che la solidarietà del lupo è legata al maggior interesse individuale essendo
si, in grado di operare in maniera autonoma, ma solo quando ciò sia più conveniente o, addirittura,
obbligato. Possiamo parlare quindi di solidarietà egoista ma non di egoismo
solidale.
L’uomo,
essere anomalo, non ha artigli, non ha una folta pelliccia, non ha corna o
corazze per difendersi, non corre velocemente (rispetto ad altri animali
simili) è relativamente debole, non vola, non può stare in acqua troppo a
lungo, non sopravviverebbe in condizioni climatiche estreme. Insomma tutto
questo per dire che l’essere umano è stato costretto dalla sua stessa naturale evoluzione ad essere solidale con i propri simili. A partire dalla cooperazione
per procacciarsi il cibo, per arrivare alla trasmissione intraspecifica e alle
generazioni successive di nozioni e scoperte che man mano i singoli
individui facevano e condividevano.Un uomo solo, sia nell’antichità che nelle moderne società, sarebbe un uomo morto. Forse non fisicamente, che magari in qualche maniera riuscirebbe a sopravvivere, ma socialmente e evolutivamente sicuramente si. Non potendo contare su alcun apporto migliorativo della propria condizione proveniente da esperienze di individui legati da interessi comuni.
Dunque,
ci troviamo di fronte all’assunto che l’uomo è, e deve essere, per sua stessa
natura, votato alla solidarietà egoista e alla condivisione.
Ma
qui si inserisce un altro decisivo aspetto dell’essere umano: l’individualismo l' Io Sono”, scarsamente presente in altre forme animali, da cui trae origine l’egoismo e la presunzione,
che abbiamo visto già presente, in parte, ad esempio tra i lupi. Ma, nel caso dell’uomo
rappresentando una variante nel percorso
evolutivo rappresenta la vera e propria "misteriosa" anomalia della nostra "specie".
Non
mi voglio addentrare in discorsi di carattere filosofico o religioso, non
essendone neanche in grado, ma semplicemente analizzare il fatto che,
nonostante, l’egoismo solidale sia la migliore via evolutiva per il singolo e per
la società tutta, esso venga troppo spesso immolato sull’altare dell’egoismo
non solidale in cambio di un miglioramento (spesso effimero) della propria
individuale condizione. Questo atteggiamento trova riscontro in tutti gli
aspetti della vita umana, da quello politico-sociale a quello economico,
religioso o quant’altro.
E’
forse questa la rappresentazione dell’eterna lotta fra bene e male illustrata da
tutte le religioni?
E’
la prova che esiste al di là dell’evoluzione percepita o conosciuta, qualche
altro tassello mancante per completare il quadro della creazione?
O
più semplicemente l’incapacità ottusa di un individualismo esasperato che, pur
di fronte a evidenti e consistenti vantaggi collettivi, oltre che personali, si
ostina a perseguire la strada del conflitto e della competizione?
Credo
di poter affermare, per esperienza personale, che si possa trattare di un mix
di tutte queste componenti, essendo tutte compatibili fra loro e assolutamente
integrate in un disegno evolutivo che possiamo guardare sia dal punto di vista
esclusivamente materiale, sia integrandolo in una visione evolutiva di
coscienza e d’anima.
Quando
l’individuo raggiunge questa consapevolezza è facilmente identificabile: farà
scelte volte principalmente, ma non esclusivamente, al benessere comune. Scelte che
saranno conseguenti sul piano sociale, politico, economico e religioso.
Sarà
schierato politicamente, e spesso a sinistra, perché da quella parte troverà un maggior
riscontro al proprio ideale di condivisione, eviterà le religioni organizzate
per avere una visione più libera e ampia non concependo l’idea di un Dio che
sia più o meno vero di quello di qualcun altro. Sarà schierato sempre e senza tentennamenti
dalla parte dei più deboli e della giustizia, sarà attento custode e difensore dell’ambiente e
della vita, si batterà per la libertà e l’uguaglianza, sarà moralmente ed
eticamente onesto, non perseguirà obiettivi che non siano di utilità
collettiva. Un santo dunque? Assolutamente no, soltanto e semplicemente un
individuo coscientemente compenetrato nella convinzione che una società solidale
corrisponda anche ad interessi "egoistici" attraverso l' egoismo solidale, unica
forma finora apprezzabile di evoluzione per il singolo e la collettività.
D’altra
parte anche il Cristo affermava: “Ama il prossimo tuo come te stesso!”. Notato?
Non di più e non di meno, ma esattamente allo stesso modo, stimolando in maniera chiara l’essere umano verso quell’ equilibrio tra il proprio “io egoistico” e l’appartenenza, più o meno cosciente, ad
una comunità.
MIZIO
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