domenica 10 marzo 2024

SORELLA? NO, MEGLIO SIGNORA.


 

Quando arriva una certa, che non è uguale per tutti, c'è chi se la sente tale già a 30 anni e chi anche a sessanta, la ignora bellamente. Ma tutti prima o poi, con quello spartiacque del dato anagrafico ci fanno i conti. Volenti o nolenti, il tempo che passa porta a riflessioni che, progressivamente si spostano dal cercare il modus e il significato migliore del vivere, alla consapevolezza che questo a quel certo punto, non basta più. I progetti rimangono, rimangono le aspettative, si mantiene comunque, qualche speranza. Ma con la sempre più lucida consapevolezza dell'avvicinarsi della fine della corsa.

La questione, anche se esorcizzata ironicamente, magari con gesti e battute, nel più profondo del nostro essere, sappiamo essere lì, a prescindere di qualsiasi altra nostra considerazione, aspettativa o paura. Le forze, fortunatamente e tutto sommato, ancora permettono una vita piena, autonoma e se limite c'è, non è dovuto ancora a incapacità o impossibilità legate alle tante primavere. Ma ad altri e più impellenti motivi. Magari di natura economica, di opportunità o di situazioni familiari complesse che necessitano di una nostra presenza. 

Si riesce, fortunatamente, ancora ad avere un pensiero lucido e attento, non condizionato o condizionabile dal marasma circostante.

Inevitabile, e anche comprensibile, qualche scivolata nostalgica, ripensando a momenti, situazioni, visi e nomi del passato. Nomi e volti che per un fatto naturale, o per qualsiasi altro motivo, non fanno più parte del nostro vissuto giornaliero. Ma questo, però è sentimento comune che prescinde da un'età in particolare. Quella cui mi riferisco invece, come dicevo, porta a riflessioni di altro tipo. Per mia natura sono abituato alla curiosità. Al cercare risposte, al non fermarmi all'ovvio, al probabile, al pensiero comune o addirittura a una fuga salvifica. Sembra giusto perciò, chiamare questa inevitabile, anche si spera lontana fine di cui sopra, col nome con cui è sicuramente più conosciuta, ma soprattutto più temuta dalla stragrande maggioranza. Addirittura come qualcuno con l'animo molto aperto e inclusivo che in passato, l' ha definita addirittura sorella. Si proprio lei, sorella morte.

Le stesse religioni, i sacerdoti, le civiltà, persino gli artisti, quasi sempre l'hanno raffigurata con una simbologia macabra. Come qualcosa da esorcizzare provocando repulsione e solleticando la paura. Poche civiltà hanno avuto e hanno, un approccio, diciamo “laico”, con tale aspetto della vita. E in genere, sono quelle più legate ai ritmi e leggi che regolano la vita naturale. Vita in cui l'essere umano è solo uno dei tanti protagonisti e comprimari di quel mirabile intrecciarsi preciso che è il processo evolutivo naturale. Quindi evento, magari non piacevole, non da ricercare, ma da considerare  inevitabile. E come tale da accettare possibilmente senza eccessivi traumi o tragedie. Ovviamente a questo livello di considerazione molto contribuiscono anche le credenze e le speranze legate a sviluppi e stati successivi alla fine della vita fisica. Che spesso, si credono come un semplice continuare l'esistenza, magari da un'altra parte e in altra piu6 soddisfacente forma. Aspetti che, ovviamente solo la fede, le tradizioni e le convinzioni intime rendono più accettabili.

Nel nostro mondo moderno, basato molto più su una distinzione netta ed escludente della natura e delle sue leggi. Con una lettura più favorevole ad un' esistenza centrata su sé stessi e su una personale, continua ricerca di una felicità individuale o collettiva, fare altro risulta visione decisamente meno diffusa e praticata.

Anche gli stessi rappresentanti o seguaci di religioni che promettono, sperano o credono in paradisi successivi, ci si approcciano col sacro timore e le stesse paure condivise con l'ateo più incallito. Anche lo stesso pensiero filosofico, che pure è quello che più e meglio di altri, ha provato a rendere comprensibile o, perlomeno accettabile tale aspetto, lo ha fatto però, con un occhio distaccato, quasi da semplice osservatore e non spingendosi troppo avanti nella ricerca. Quasi col sacro timore di sfrugugliare qualcosa che deve, per sua natura, rimanere avvolto nel mistero. Sia per rispettarne la dovuta sacralità, sia per non rischiare di mettere a repentaglio la nostra sanità e incolumità mentale e spirituale.

E' pur vero che per fortuna, questi nostri tempi. Questa nostra società. Questo modo di vivere e guardare alla vita. Con la storia che abbiamo alle spalle. Con i trascorsi personali e collettivi, possiamo permetterci, qualora lo si voglia e lo si senta, di avere un pensiero laico e personale anche su tale aspetto. Aspetto che, insieme alla nascita, rappresenta uno dei due confini invalicabili e insondabili della nostra esistenza.

E vi pare quindi, che una mente curiosa, smaniosa, e per fortuna ancora attiva e pensante non si metta  prima o poi, a ragionarci su?

Prerequisito indispensabile, ovviamente è l'umiltà nell'approccio e la consapevolezza che a poco e nulla si arriverà comunque. E partendo dalla semplice e banale considerazione che nessuno è mai uscito vivo dalla vita. Quindi, o la vita non è tale o la stessa morte non ne può rappresenta semplicemente il suo contrario. Ma solo un suo aspetto inevitabile e, direi anche indispensabile. A volte, nei casi di malattie serie o di incidenti altrettanto gravi, si parla retoricamente di lotta contro la morte. Del rifiuto della stessa, dell'eroismo e delle virtù che si mettono in mostra in tali conflitti fino alla sua sconfitta. Se la guardiamo da questi punti di vista, gli eventuali risultati positivi, non rappresentano altro che vittorie parziali. Certamente gradite, da festeggiare e valutare più che positivamente, ma con la consapevolezza che alla fine prima o poi, sarà sempre lei. La signora (ma sarà poi proprio una signora?) di nero vestita a vincere contro chiunque.

Quindi è inutile e velleitario lo sfidarla. Ma anche e soprattutto il ricercarla, ovviamente. Perché, se siamo vivi qui e adesso, evidentemente è con questa condizione che dobbiamo forzatamente convivere e confrontarci. Per quali motivi o ragioni lo si debba fare, ognuno la pensi come ritenga più opportuno e consono alle proprie convinzioni.

Ma questo è, e questo rimane un assunto immutabile, a prescindere da qualsiasi altra considerazione e, oggettivamente valido per tutti

Perciò  ricercare, leggere, confrontarsi cercando di costruirsi una propria personale convinzione e considerazione sulla questione sembra l'unica opzione possibile.

E, visto come funziona l'andazzo e visto che è cosa che non si potrà evitare all'infinito, quando lei mi si presenterà, spero mi faccia la cortesia di trattarmi con la dolcezza e il garbo che si deve a un vecchio amico. Uno che ha provato a capirla e conoscerla, pur con tutti i limiti imposti dalla condizione umana. Ma senza l'astio, la repulsione o addirittura, il lancio di guanti sfide nei sui confronti. Modi con cui, molti normalmente si approcciano provocatoriamente a lei. E spero mi capirà e scuserà se, nonostante tutto, non riesca  però, a considerarla sorella. Spero le sia sufficiente il rispetto e l'attenzione che le pongo e con cui la considero. Rispetto e attenzioni dovute a qualsiasi signora. Figuriamoci a lei. (sperando sempre sia davvero una signora).

Ad maiora


MIZIO

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