La
terra trema e non sembra fermarsi, come il cuore in gola che batte sempre più
forte. Le ferite alla montagna, i colpi di maglio sulle case, sulle chiese. Il
nostro paese come corpo di novello Cristo oltraggiato, torturato che,
fattosi carne, riesce solo a tremare. Sta
superando, ormai, anche, la paura e invoca solo pace.
Le
ferite che non sanguinano nemmeno più e, forse, sono le peggiori. Quelle che
non cicatrizzeranno, quelle che rimarranno lì e bruceranno tutte le notti rinnovando
ogni volta, non solo il terrore, ma la rassegnazione per un destino già segnato.
Il
cuore verde dell’Italia, il corpo vivo, l’anima stessa del nostro paese, la
catena che unisce non solo idealmente tutta la nostra penisola si scopre
fragile, indifesa, novella vestale oltraggiata, non sappiamo se da un dio
capriccioso e cinico o da esseri umani convinti d’essere a sua immagine e
somiglianza.
Dopo
essere stati cacciati dall’Eden sembrerebbe che i monti dell’Appennino Centrale
siano i luoghi e i paesaggi che più gli si avvicinino. Forse, per questo, tanti
grandi spiriti dell’anima, dell’arte, del bello si sono dati appuntamento in
questi luoghi. Non è un caso che qui ogni monte, ogni pietra, ogni albero
trasudi spiritualità e senso della meraviglia, di fronte al quale anche il più
incallito dei miscredenti non può che rimanere in rispettoso silenzio.
Lo
stesso silenzio che rimane dopo gli imprevisti, improvvisi, agghiaccianti
schiaffi che la natura infligge alle nostre certezze.
Uscendo
dalle immaginifiche metafore, affascinanti quanto si vuole, ma stucchevoli
rispetto il dramma consumato si rende quanto mai necessario porsi la domande
del che fare da oggi in poi.
Prendere
atto dell’ineluttabilità degli eventi è il primo necessario passo. Pensare che
tutto possa ritornare come prima senza una presa di coscienza, che nulla potrà
essere come era è, invece, il principale errore da evitare.
L’altro
errore da evitare, anche se può sembrare antitetico rispetto, il primo è pensare a forme di eradicazione sociale e culturale di quei luoghi. La
ricostruzione, per quanto lunga, difficile, costosa non può che avvenire
mantenendo salde le radici e i sentimenti in quei luoghi, pena una seconda e
ancora più dolorosa strage di anime.
Norcia,
Amatrice, Castelluccio nel nostro immaginario possono continuare a vivere anche
senza ricostruirle, ma per chi di quei luoghi è figlio e, anche custode per le
generazioni future, non possiamo immaginare qualcosa di diverso da un ritorno a
casa.
Quando
avvengono accadimenti del genere sembriamo tutti presi e coscienti della nostra
pochezza e della nostra impotenza. E, se singolarmente, riusciamo anche a trovare
una scala classificatoria di valori con un’alta valenza morale, nel trasferire
il tutto a dimensioni politiche e collettive le riposizioniamo in maniera
diversa e moralmente discutibile.
Senza
girarci troppo intorno, un paese come l’ Italia (ma non solo) che molto più di
altri è sottoposto a rischi sismici, con la presenza di vulcani ad alta
potenziale pericolosità, di fragilità diffusa del territorio, oltre ad essere esposta,
vista la posizione, a fenomeni di accoglienza di enormi masse di disperati dall’Africa,
può legare il suo destino e quello di milioni di cittadini alle ferree,
ciniche, insensibili logiche finanziarie e neo liberiste di un’Europa a
trazione bancaria?
Sembra
di capire che, al momento, i fondi stanziati per i soccorsi e l’assistenza dei
terremotati non saranno inseriti tra le spese correnti e non peseranno nel
rapporto debito Pil, ed è già un piccolo passo avanti, ma è solo la punta dell’iceberg.
Proprio per quello che si diceva un attimo prima la situazione geologica e
geografica dell’Italia la pone in condizione di estrema precarietà e rende
improcrastinabile e necessaria la programmazione di un piano pluriennale di
messa in sicurezza dell’intero territorio. Per fare questo si rende prioritaria,
anche perché estremamente giusto, la revisione delle leggi, dei trattati che limitano
la spesa pubblica e la libera circolazione delle persone (argomenti in
apparenza poco accomunabili ma sottoposti alle stesse inconcepibili logiche di
trattati sottoscritti non con le penne e il cuore, ma con la calcolatrice in
mano).
Le
leggi, i trattati, le norme quando palesano limiti ed errori è giusto che
debbano e possano essere sottoposti a riletture e correzioni. L’ economia quando svincolata dalla finanza e sottoposta al controllo e alla mediazione della
politica è uno strumento utile e necessario regolatore sociale. Laddove
questo non è, e non sia ritenuto possibile, mantenendo ostinatamente inalterate,
scale di valori antitetici con la logica e la vita stessa, non credo sia una
bestemmia denunciarne i limiti e prospettare, anche, scelte conseguenti.
Il
territorio italiano, la sua storia, la sua bellezza, i suoi abitanti se non
possono evitare i tremori della natura devono e possono evitare il timore di essere
considerati come i passeggeri di terza classe del Titanic. Perché se è vero che,
se la nave affonda, affondano tutti, ma quelli che hanno meno possibilità di
sortirne fuori vivi sono proprio quelli che già sono, per natura, o scelta,
sotto la linea di galleggiamento.
Ad
maiora
MIZIO
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