Ebbene
si, sono proprio io ….
E’
cominciato così, grazie alle nuove potenzialità che il progresso tecnologico ci
ha messo a disposizione. Dall’altra parte della tastiera e del monitor come un
fantasma liberato da secolari catene il volto, il nome, che si sostanzia come
presenza uscendo dai cassetti della memoria.
Altre volte in questi anni
casualmente o meno, hai ritrovato volti e nomi antichi, tutti smarriti per le
strade del mondo eppure,….eppure. Eppure questa volta è diverso. Nella vita ci
sono dei punti che possiamo riconoscere, a posteriori, come dei crinali. Quelli
in cui deve operare delle scelte. Se scendere a valle, a destra o sinistra, se
continuare a camminare o se fermarti ancora un po’ a rimirare il panorama e
riempirti occhi e anima di qualcosa che, temi difficilmente potrà ripetersi
Ecco,
la naja (servizio militare obbligatorio) per la mia generazione e per tutte
quelle che ci hanno preceduto o seguito, ha significato, alla fin fine tutto
questo. Un periodo di tempo sospeso in cui potersi permettere, giustificati, di
rimandare le decisioni e intanto godere degli orizzonti e dei confini della
propria vita da un punto di vista tanto
neutro quanto provvisorio.
Ritrovarsi,
quindi, dopo più di tre decenni in un modo fortunoso, in un mondo, naturalmente regno del caos in cui sembra non esistere il caso, ha fatto riemergere e
annusare di nuovo quel profumo, quella sensazione di senza tempo, di distacco,
sia pur momentaneo, dalle beghe esistenziali.
I
rapporti nascevano e si esaurivano in maniera assolutamente occasionale ma, a
volte, si affinavano, si consolidavano e si sostanziavano grazie proprio a
quell’ apparente casualità e transitorietà. Non c’era motivo di competizione,
invidia o dietrologia proprio per la mancanza di incroci di interessi comuni e,
potenzialmente, conflittuali. La
comunanza d’interessi si basava, soprattutto, sulla condivisione di questo
tempo sospeso proprio sul confine di una vita che era lì lì per sbocciare con i
suoi problemi, le sue aspettative e le sue responsabilità. E ci si scambiava momenti
leggeri come il fumo della sigaretta che passava da una mano all'altra.
Alfio
è stato il primo a riemergere dal web. Il toscano, che mi iniziò alla conoscenza del vin santo. Poi
come un filo di Arianna che si srotola davanti, rapidamente,con un passaggio dopo l’altro ecco Vincenzo, il
gigante buono della Sabina, Eugenio il serio lavoratore padano, Gianni che ci deliziava con
i profumi e i prodotti della sua Sardegna, e poi Luca che generosamente ci
ospitava nella fattoria del nonno e poi Salvatore che sembra non attraversare un periodo
facile e poi…. poi sicuramente altri arriveranno.
Nostalgia
del bel tempo che fu, senz’altro. Rimpianto per qualcosa che poteva essere e
non è stato, anche. Ma soprattutto il ritrovare e riallacciare in una qualche
misura, momenti di vita che, altrimenti, sarebbero rimasti incompiuti ed
estranei da tutto il resto. Come oasi sperdute nel deserto avvolte nelle sue immensità, di cui rimane solo un malinconico sentore.
Come
inquadrare, altrimenti correttamente, le serate in pizzeria con quattro lire,
le escursioni alla scoperta del territorio naturale e artistico della Tuscia, le
serate a mangiare salame, vin santo e formaggio che il buon Alfio e il Gianni
riportavano dai loro brevi permessi a casa.
I
papaveri e le margherite nelle bocche dei cannoni cantando la canzone dei
Giganti, le interminabili discussioni politiche che finivano in bisboccia. La
quarta internazionale, la FGCI, i proletari in divisa, la morte di Paolo Sesto
e di Papa Luciani. Le Brigate Rosse, il rapimento Moro. Tutto centrifugato da quel nostro particolare punto di vista.
Ci
stavamo preparando alla vita, e pensavamo di averla già capita. Atto di
presunzione perdonabile,solo in quanto, addebitabile all’ età. Solo oggi
capisco e riconosco che, novello Socrate, tutto quello che so è di non sapere.
Poi, anche se atteso
spasmodicamente, ma quasi all’ improvviso arrivò il giorno del congedo. Quello
dei saluti, dell’impegno di rivederci e di non perdersi e, in qualche momento
abbiamo anche tenuto fede all’impegno. Poi la vita ci ha preso, ci ha
trascinato nei suoi gorghi. Ognuno di noi ha tentato, perlomeno, di rimanere a
galla, di dare un senso compiuto agli anni che avevamo srotolati davanti,
sperando fossero più e migliori di quelli che ci lasciavamo alle spalle.
E ne sono passati tanti, alcuni migliori, altri che non hanno rispettato le aspettative e, a volte, quando meno te lo saresti aspettato, ritornavi a percorrere quei sentieri,
quelle serate apparentemente senza senso, tentando, almeno, di ricordare ancora il profumo di quell'oasi. Ritornavano le immagini buffonesche di quattro cialtroni, fondamentalmente pacifisti, che trafficavano con un fucile in mano, cercandogli un uso alternativo rispetto
quello per cui era stato costruito.Si riviveva, quasi epidermicamente, quella solidarietà nata nel comune sentire, di
sottrarsi a quei riti, tanto stupidi quanto diffusi, del
nonnismo e della rivalità regionale.
Solo
adesso che ci siamo ritrovati, sia pur virtualmente, in uno di quegli incroci,
quasi karmici, di cui si parlava prima, so che la vita stessa, come del resto fa
sempre, ci sta offrendo l’occasione di ritrovare quella parte di noi stessi che
avevamo quasi dimenticato di avere. Sepolta com’ era sotto montagne di impegni,
di doveri, di responsabilità, di attese messianiche di qualcosa che sappiamo non arrivare mai, in quanto sempre stata e, sempre sarà, parte di ognuno di noi.
MIZIO
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