Questa
pandemia, oltre la paura, i lutti, i danni economici, la reclusione
forzata ha posto, o permesso che emergessero e che si facessero
strada interrogativi legati più intimamente ai destini singoli e
collettivi. Sarà possibile dopo questa esperienza, che tutto possa
tornare come prima?
Sarà
possibile far finta che tutto lo tsunami emotivo, esistenziale
vissuto in questi giorni, possa esaurirsi e considerarlo alla stregua
di un brutto sogno?
Al
momento possiamo tranquillamente affermare che per molti, già non
sia e non potrà essere così. Intanto per chi ha sofferto lutti e
sofferenze sarà impossibile dimenticare. Per intere classi
professionali, dal personale sanitario e a tutti quelli che per
scelta o obbligo hanno dovuto sfidare il contagio, oltre la
soddisfazione per il servizio svolto e la felicità per esserne
usciti indenni, risulterà difficile dimenticare. E, anche per chi
più semplicemente ha dovuto cambiare radicalmente il proprio stile
di vita chiudendosi in casa, non sarà semplice riprendere come
niente fosse.
La
scienza, la politica, la chiesa, il mondo del calcio, il mondo
industriale, le varie associazioni rappresentative ecc. ecc. in
questi giorni hanno offerto contemporaneamente il meglio e il peggio
di sé dando l'impressione di non essere gli strumenti più adeguati
e idonei per affrontare situazioni emergenziali come queste.
E anche
i singoli che, a questi soggetti delegano, o comunque volenti o
nolenti, demandano decisioni e responsabilità, non hanno dato grande
prova di maturità e serenità di giudizio. Più che a un cosciente e
responsabile atteggiamento improntato alla prudenza e alla
consapevolezza della gravità, abbiamo assistito alla discesa in
campo delle tifoserie più scalmanate e prive quasi di filtri. Quasi
l'importante non fosse limitare i danni se ma esprimere la soddisfazione
per gli errori e le pecche del “nemico”.
E non
solo la politica ha dato pessima prova di sé, ma anche tutti quei
soggetti elencati prima, compreso il mondo scientifico che dovrebbe
essere quello più asettico e meno incline a condizionamenti o a
speculazioni interessate.
Quasi
tutti, comunque hanno convenuto su una cosa, nulla potrà essere come
prima, nonostante i desideri e le nostalgie dei più.
La
questione, adesso, è capire in che modo e in quale direzione
dovranno essere indirizzati gli sforzi affinchè veramente, il
prossimo futuro, oltre che diverso, possa essere anche migliore di
prima.
Credo
che, nonostante,alcune buone intenzioni, il rapace mondo degli
affari, degli interessi, del profitto, della speculazione stia
affilando le armi affinchè il tutto cambi certo, ma se possibile in
peggio, e a proprio favore.
La
politica non promette nulla di buono avendo scelto, da una parte,
quella attualmente al governo, di continuare a legare i propri
destini a quelli di un'Europa che, se possibile, anche in questa
occasione ha dimostrato il peggio di sé. L' altra capace solo di
contrapporsi polemicamente, strumentalmente e a prescindere, al
governo, ma totalmente incapace di portare avanti un proposta
credibile e percorribile.
Poi
abbiamo alcuni tra coloro che potrebbero avere buone idee di
organizzazione e giustizia sociale e con motivazioni ideali sufficienti
per elevarne le azioni ma che comunque, continuano a preferire il
piccolo cabotaggio della critica ideologica, quasi fine a sé stessa
visto che viene espressa parcellizzata e ininfluente da ognuno dalla propria piccola torretta testimoniale. E, paradossalmente lo si fa quasi
coscientemente, argomentando le situazioni con gli stessi obiettivi e
addirittura gli stessi termini. Cosa, allora, impedisca il naturale, logico passaggio al riconoscimento e all'accettazione di ciò, sembra più argomento da
psicanalisi che politico.
Se la
sinistra vuole avere ancora una sua ragion d'essere che non può
essere limitata al solo ruolo di grillo parlante o di denuncia
critica. In questa prossima fase dovrà essere soprattutto
propositiva. Non certo, per arrivare ad avere un'ammucchiata di sigle
da spendere elettoralmente, ma per rappresentare visivamente e
realisticamente una proposta politica comprensibile e accettabile dai
più.
Per
quale motivo, ad esempio, qualsiasi esperienza di sinistra finisce
per raccogliere poche adesioni, e quelle poche quasi esclusivamente
all'interno di un mondo piccolo borghese, di autoreferenzialità
intellettuale o politica? Da decenni, ormai, non si riesce a
passare più attraverso il setaccio a maglie strette del giudizio e del favore delle masse
operaie o del sottoproletariato.
Eppure
l'habitat naturale della sinistra di classe dovrebbe essere quello,
non certo il salotto borghese dei talk show. Gli sforzi dei singoli,
ammirevoli quanto si vuole, ma se protagonisti in un teatro dalla platea
vuota, rappresentano un inspiegabile spreco di energie e competenze.
Dovremmo
saperlo, dovremmo averlo già capito da tempo con chi dovremmo
ritornare a parlare. Lo sport preferito, sembra essere ormai, anche
dalle nostre parti lo sprezzante giudizio da maestra di scuola
elementare, che si erge e si fa beffe dell'ignoranza diffusa
criticando e sottolineando con la penna rossa l'errato uso del
congiuntivo.
Cosa
giusta e importante, ma non al punto di farne una discriminante e un
fossato che divide le persone e gli ambienti sociali. Si è, al
massimo, ritornati a parlare di loro, anche sinceramente, ma non con
loro
Si
dovrebbe riscoprire nel poco di DNA popolare residuo rimasto degli
antichi legami, che in fondo è più necessario essere simili e
vicini al pensiero dell'operaio che vota Lega piuttosto che al
giovane, rampante, rappresentante della piccola media borghesia i cui
spazi o ambizioni sociali personali, trovano il proprio posto nei
salotti del politically correct.
Quindi ,
sembra chiaro, che, volenti o nolenti, da questa pandemia ne dovremmo
uscire profondamente cambiati. Lo sforzo che ci aspetta non è quello
di riannodare semplicemente il filo di un discorso interrotto, ma
proprio di provare a cambiarlo radicalmente quel discorso.
Già
oggi, la crisi economica conseguente, trascinerà nei gorghi della
povertà milioni di persone. L'abbiamo già visto nell'enorme
disparità di risorse cui è stato possibile far ricorso nei diversi
paesi. E quanto appaia insufficiente e minimo, il pur grande sforzo,
in proporzione, che il nostro paese ha potuto e potrà fare. Quante
spade di Damocle, oltre quelle già presenti sono puntate sulle
nostre teste, ultima quella del declassamento del rating, appena un
centimetro sopra il baratro del paese spazzatura. Abbiamo visto
quanto l'egoismo e le paure di questa Europa rappresenti più che
un'opportunità, una trappola a tempo ben congegnata, cui bisogna
opporsi con altri modi e tempistiche rispetto quelli usati finora. Ad
esempio, appare illogico e poco democratico che, a fronte di una
maggioranza di paesi che firmano un documento richiedendo alcune
cose, una minoranza di paesi (4) rappresentanti una minoranza, anche
di popolazione e di potenza economica, vi si opponga e abbia un potere di veto. In questi casi
non deve prevalere la motivazione del “E ma se usciamo dall'Europa
sarebbe peggio”, ma mettere quella minoranza con le spalle al muro
ed, eventualmente, mettere loro in condizione di valutare se è il
caso di rompere con la maggioranza dei paesi Euro con relativa exit.
Ribaltare,
con la coltivazione di alleanze stabili e convergenti, il paradigma
che vuole alcuni paesi nel ruolo d i censori ed esaminatori ed altri
in quello di scolaretti da mettere in riga. Non deve, non può e non
si può più permettere che funzioni così.
La
pandemia, quasi come una nemesi, parte proprio da quella Cina, paese
simbolo della nuova economia mondiale, che più e meglio di altri ha
saputo sfruttare quella globalizzazione voluta e attuata dalle
multinazionali per massimizzare i profitti, ma che si sta ritorcendo
contro gli stessi che l' hanno promossa e sponsorizzata.
La
politica, a partire da quella che viene vista come la nazione guida,
gli USA e il loro presidente Trump, figlia anch'essa di una visione
esclusivamente economicista di corto respiro e di ancor più limitata prospettiva, si è rivelata dove un po' di più dove un pò meno,
totalmente incapace e inadeguata al ruolo. Mancano leader capaci di
interpretare un ruolo che sia diverso da quello del ragioniere o dell'
architetto di equibri politici che, tropppo spesso diventano
equilibrismi inutili e incomprensibili. Recuperare una visione
umanistica e complessiva intorno ai valori, ai bisogni vitali e
primari della vita umana, sembra quanto mai indispensabile. Difficile
farlo partendo dalle sole parole d'ordine che ci hanno accompagnato
fino ad oggi poichè, almeno nella prima fase di proposizione, non ci
sarebbe tempo e modo per riportarle ad antichi valori e splendori.
Troppo il discredito e il disvalore che nel tempo si sono accostati,
a torto o ragione, a quei termini. Soprattutto per la stragrande
maggioranza dei giovani che, nel migliore dei casi, ne conoscono
appena il significato storico, legato però, ad un passato
decisamente non replicabile. Un'opera di ricostruzione senza mettersi
in discussione complessivamente, appare oltre che difficilmente
credibile, anche con una tempistica non adeguata alle esigenze del
momento.
Il
nemico era e rimane il capitalismo in ogni sua forma. La liberazione
dell'uomo dalla schiavitù del lavoro, dal bisogno e dallo
sfruttamento deve rimanere l'obiettivo, non solo sentimentalmente
utopico, ma praticato coerentemente e ostinatamente in ogni momento.
Esclusi e censurabili qualsiasi tipo di astuzie, tatticismi,
speculazioni, operazioni spregiudicate e poco comprensibili.
Linearità, chiarezza, coerenza, impegno, competenza dovranno essere
obbligatoriamente le linee guida che qualsiasi movimento, partito,
associazione voglia provare a proporsi per un cambiamento in senso
progressista, dovrà seguire. Ne saranno capaci? Dubito ma essendo
l'unica opzione valida, varrebbe la pena provarci. Prossimamente
cercheremo, anche di affrontare non solo il cosa, ma anche il come
sia possibile porci di fronte ai grandi temi che ci sono di fronte in
un'ottica di avanzamento sociale e ambientale complessivo.
Ad
maiora!
MIZIO