martedì 12 gennaio 2021

LA GROTTA DEI CENTO SCALINI

Le storie degli spazi bianchi. Ci sono più cose negli spazi bianchi tra le righe che nelle parole scritte.
Già avevo raccontato, in altri momenti, degli immensi spazi verdi della campagna romana che, in quegli anni, resisteva all'avanzare tumultuoso, caotico, devastante della periferia cittadina. Spazi che, però, visti con gli occhi dei bambini che eravamo allora, si trasformavano più che facilmente nelle scenografie di favolose avventure. Avventure in cui innocenti ramarri diventavano spaventosi draghi, colorate farfalle messaggeri divine e le marrane spaventosi corsi d'acqua tropicali in cui le piccole rovelle assolvevano all'ingrato compito di temibili piranha. Tutto questo avendo sullo sfondo, privilegio assoluto di essere nati a Roma l'ombra dei colossali resti degli acquedotti romani, inseriti e protetti oggi nel parco denominato, appunto, degli acquedotti. Credo sia all'interno di un naturale processo di crescita anche necessario, quello di trovare, sempre nuovi stimoli e nuove sfide. La caccia nei prati, i bagni nelle pozze, le scalate e le arrampicate sui pini e sulle maestose vetuste arcate in pietra, erano già state affrontati più volte, non senza rischi e/o rovinose cadute, ma avevano, ormai perso il fascino del proibito o del rischioso. Rimanevano solo alcuni limiti da superare, tra cui quello di attraversare la Tuscolana, che, allora per noi rappresentava il limite consentito dalle apprensive madri. Cosa che facemmo, comunque, senza grosse problematiche di coscienza, in occasione della venuta di un grosso circo, forse Orfei, negli spazi di fronte la chiesa di San Giovanni Bosco. Scoprimmo, nell'occasione, che l'oltre Tuscolana, era assolutamente simile a quello che già conoscevamo. Niente di più, niente di meno e, se non fosse stato per la curiosità suscitata dal circo, sarebbe potuto tranquillamente rimanere un tabù senza altro significato,oltre quello di sfida al divieto dei genitori. Per il fumare, eravamo ancora troppo piccoli, anche se qualcuno, aveva già azzardato l'ebbrezza di qualche tiro rischiando di tossire fuori anche le tonsille. Il sesso era, altrettanto ovviamente, un curioso mistero ma assolutamente fuori portata e, anche tutto sommato, a quell'età poco avvertito come cosa importante o necessaria. Avremmo conosciuto in seguito, in modo assolutamente confuso, travolgente e impattante, cosa significasse con i tanti tormenti e le rare gioie. Durante l'inverno spesso, ci si riuniva a casa di qualcuno e, agevolati dal buio e dalla noia, spesso partivano racconti rimasticati e rivisti dai narratori, per renderli ancor più spaventosi, di spiriti, fantasmi, avvenimenti inquietanti con lupi mannari e altri mostri. Fatti di cui si giurava e spergiurava la veridicità accertata personalmente o, più spesso, dai nostri genitori, cosa che spazzava via eventuali dubbi. E fu in uno di quei momenti che qualcuno accennò alla presenza nei prati vicino la ferrovia, di una grotta misteriosa chiamata “dei cento scalini”. Presenza che tutti conoscevamo ma, che fino ad allora, nessuno aveva mai ipotizzato neanche lontanamrnte di andare a cercare. Figuriamoci, addirittura, pensare di entrarci dentro. Cosa non certo dovuta, come già dimostrato, al timore dei rimproveri genitoriali, quanto, piuttosto, alla sinistra fama che l'accompagnava e alle inquietanti voci che la riguardavano. Tutto sommato l'ignoto, il mistero per quanto affascinanti e attraenti rappresentano comunque e sempre, un limite difficilmente valicabile o sperimentabile a cuor leggero.Dubitare e ironizzare al sicuro in casa, è un conto. Affrontarne il potenziale, anche se improbabile rischio, proprio per la sua componente di imponderabilità è tutt'altro. Ma, figuriamoci se,a quell'età, nel momento in cui qualcuno lanciò l'idea di andarla a visitare, qualcun altro abbia avuto la voglia di mostrarsi timoroso o, ancor peggio, vigliacco. E, fu così che tra mille timori, mai ostentati chiaramente, cercando magari astutamente il cavillo o l'impedimento che potesse mettere in dubbio la cosa o almeno, ritardarla, si arrivò, comunque al giorno fatidico. “E' deciso, si va! E, se avete paura, statevene a casa da mammà!” Ovviamente nessuno pensò di rischiare lo sbeffeggio e l'emarginazione perenne. Così, armati di candele (le torce allora erano merce rara e preziosa), fiammiferi, un po' di corda e qualche bastone (per la serie”non si sa mai”), l'improbabile manipolo di piccoli cacciatori del mistero si mise in cammino, seguendo le indicazioni di qualcuno che conosceva l'ubicazione approssimativa della famosa grotta. Era nel mezzo di un campo, normalmente seminato a grano. Si presentava non come una grotta, come l'avevamo immaginata, ma come un piccolo manufatto in cemento. Manufatto alla cui apertura ci avvicinammo con malcelato timore e altrettanta manifesta curiosità. Accidenti se era buio là dentro. Abituando gli occhi all'oscurità si intravedeva, subito dopo l'ingresso, una scala con i famosi scalini che in realtà, pur essendo tanti, erano meno dei cento del nome. Il buco nero e inquietante che si percepiva alla fine degli scalini a tutto induceva meno che alla tranquillità, Comunque, piano piano, cercando di non scivolare su quegli scalini umidi, tenendoci stretti l'uno all'altro, lentamente, al tenue chiarore della luce delle candele arrivammo nel fondo. No, decisamente non era una grotta naturale. C'erano sarcofaghi, piccole colonne, nicchie laterali, aperture basse laterali parzialmente piene di terra che sembravano portare ad altri locali.Su tutte spiccava, però, la galleria principale. Galleria che, si vociferava,portasse fin sotto San Giovanni in Laterano e che seguimmo finchè la piccola luce in alto dell'entrata rimase visibile e rassicurante. Nostra personale stella polare che ci indicava la via del ritorno. Quando non fu più in vista e il proseguire diventò ancor più difficoltoso per il tanto materiale franato e, anche per qualche osso inquietante trovato tra la terra e i sassi, decidemmo che la prova coraggio era stata superata da tutti a pieni voti. Si poteva,quindi, senza rischio alcuno di perdita di stima perenne, tornare fuori alla luce del sole. Luce che mai fu accolta con maggior piacere e sollievo. Il tabù era stato, comunque infranto. Ci ritornammo, poi altre volte, sempre con un po' di timore, ma senza più la necessità di dover dimostrare qualcosa. Ogni volta scoprimmo altre cose interessanti ma mai quello di cui si vociferava ed si temeva di più. Nè lamenti di anime in pena né apparizioni di spiriti inquieti. O, forse, nel caso ci fossero state veramente presenze strane, avranno sicuramente, provato tenerezza e manifestato il dovuto rispetto a bambini che, coraggiosi e incoscienti quanto si vuole, ma che mai avrebbero potuto sfidare forze dell'occulto. Per quelle ci sarebbero state necessarie maggiori conoscenze, e,ancor più sicuramente, una maggiore maturità. MIZIO https://www.parcodegliacquedotti.it/il-nostro-esperto-tomba-dei-cento-scalini/

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