giovedì 15 aprile 2021

LA VITA E' UN MISTERO, LA MORTE NON SEMPRE

L'altro giorno mi sono vaccinato e quindi credo di poter tranquillamente non essere considerato complottista o negazionista, anzi. Però, bypassando tutto quello che riguarda il come dove e perchè del virus, e della conseguente pandemia, argomenti su cui invidio le certezze granitiche di molti, appartenenti e schierati in campi anche diversi, alcune riflessioni sembrano, però doverose. Perchè, ad esempio, dopo oltre un anno, a differenza di altri paesi simili, il numero dei decessi, da noi sia ancora inspiegabilmente e intollerabilmente troppo alto, sia in termini assoluti che percentuali? Credo sia legittimo, se non obbligatorio, da parte di chi ha responsabilità in materia, porsi delle domande e cominciare anche pensare se l'approccio, con cui ci si è confrontati con la pandemia finora, sia stato e sia ancora quello più idoneo. Visti i risultati si comincia legittimamente a dubitare che lo sia. Escludendo, al momento, quelle visioni utopiche e romantiche tra movimento hippy e new age, anche fascinose e potenzialmente valide, ma decisamente necessitanti di tempi storici lunghi per la loro permeabilità e presa di coscienza collettiva, rimane il lavorare se e come cambiare approccio. Cambiamento necessario per poter, almeno, ridurre nell'immediato, l'impatto più grave e pesante. Detto che, attualmente, solo la vaccinazione di massa, pur se tra legittimi dubbi e timori, sembra essere in grado di tirarci fuori, in tempi ragionevolmente brevi dalla fase critica , non può, però la sua risoluzione definitiva essere affidata solo a questa opzione. Visto che, tra l'altro,a fronte delle numerose varianti del virus potrebbe risultare meno efficace delle aspettative. Quindi, se all'inizio, a fronte di una situazione nuova e di un nemico al momento sconosciuto, ci si è mossi tra mille comprensibili tentativi emergenziali, dopo oltre un anno risulta inconcepibile che l'unico, o quasi, approccio con il virus sia rimasto quello, dimostratosi inefficace, della tachipirina e della vigile attesa. Attesa che, troppo spesso, si trasforma poi in ricovero in intensiva e successiva potenziale evoluzione nefasta. Si è colpevolmente, tolto alla medicina di prossimità (medici di base) la possibilità di autonomia e libertà di cura costringendo alla passività (che a molti non è dispiaciuta)e al rigido rispetto del protocollo. Tutto questo, nonostante, nel tempo, ci siano per fortuna e sempre più, esempi di approcci terapeutici tempestivi e diversi che portano ad abbattere enormemente il ricorso all'ospedalizzazione e i conseguenti minori decessi. E, non vogliamo, in questo ambito, considerare il benefico effetto sulle strutture ospedaliere e sulle altre patologie, attualmente meno “attenzionate” dal sistema sanitario (E' di oggi la notizia che nel Lazio sono sospesi tutti gli interventi non urgenti). Col nuovo governo, da questo punto di vista sembra non essere cambiato molto. E' cambiato il responsabile della gestione logistica più per questioni di opportunità (viste le ombre su alcune operazioni) che di cambio di passo vero e proprio. Il ministro è rimasto lo stesso e questo sembra confermare un giudizio, tutto sommato, positivo sulla gestione precedente. D'altra parte, riconosciamo che il ministro si è trovato calato all'improvviso, da uno stato di orgoglioso autocompiacimento per far parte di un governo, al doversi assumere responsabilità in una crisi epocale che mai, avrebbe pensato di dover affrontare neanche nei suoi peggiori incubi. Adesso però, dopo oltre un anno e con evidenze non smentibili che alcune cose siano state affrontate in modo errato, credo ci si debba assumere anche la responsabilità politica di mettere alle strette le risultanze delle certezze, che tali finora, non sono sembrate, dell'ISS e dei vari comitati tecnici. Nuovi protocolli più efficaci sono già attuati quotidianamente e con successo, da medici coraggiosi, responsabili disponibili e aperti. Medici, è bene prcisarlo, non negazionisti, non complottisti o no-vax. Per fortuna alcune regioni, autonomamente, cominciano a riconoscere la validità di tale approccio diverso e, non sarebbe male che anche il governo, nella sua interezza, si assumesse la responsabilità, se non altro, di sperimentarne la validità. Certo, per fare questo non c'è bisogno di effetti spot, ma di un'organizzazione della sanità pubblica che riscopra la sua funzione di prevenzione e cura capillare sul territorio. A cominciare dal mettere effettivamente e finalmente in piedi le USCA che, con assunzioni e fondi mirati, permettano di avere una rete diffusa di assistenza domiciliare dei malati di Covid. Per concludere, possiamo tranquillamente affermare che, a fronte delle cifre, forse non tutto è stato indovinato e fatto nel migliore dei modi. Diciamo che se possiamo riconoscere delle attenuanti, vista l'eccezionalità della situazione, quello che però, non si può e non si deve fare, è la sottovalutazione o mistificazione degli errori e il loro perpetuarsi per non smentirsi o riconoscere i limiti e gli errori commessi anche a livello politico, oltre che tecnico. Perchè, parliamoci chiaro, questa pandemia e i morti, hanno messo prima di tutto in crisi il modello di sanità pubblica, visto sempre più non come servizio ma come azienda con dolorosi tagli epocali. Azienda messa in concorrenza diretta con quella privata che, al contrario, è finanziata sempre più con soldi pubblici e con l'altrettanto penalizzante delega della sua gestione, alle regioni. Riconoscere questo vorrebbe dire ammettere il proprio fallimento in materia. E senza distinzioni percepibili tra destra e centrosinistra. Vorrebbe dire la fine dell'unico modello sociale che si sia in grado di immaginare nei diversi campi che si alternano e si contendono il potere. Il modello capitalista soprattutto nella sua ultima versione liberista e finanziaria. Modello in cui tutto, anche la vita umana è solo una questione economica. Si tratta, evidentemente, solo di stabilire dove fissare l'asticella che renda accettabile o giustificabile il numero delle morti. In Italia, attualmente, sembra essere fissata in alto. MIZIO

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