giovedì 22 gennaio 2015

MA PARLA COME MANGI


L’altra sera nel confronto televisivo tra D’Alema e Marine Le Pen, improvvisamente mi è apparso chiaro uno dei motivi del successo mediatico della francese e dei suoi simili e, invece, lo scarso appeal della cosiddetta sinistra italiana. Cosa che era già abbastanza chiara nel corso degli ultimi anni con i successi, altrettanto inspiegabili altrimenti, dei vari Berlusconi, Grillo, Renzi e Salvini. Questi hanno tutti come tratto comune, pur partendo da differenti punti di vista, una capacità comunicativa che a sinistra si è persa da tempo.
Pensiamo alla forbita e affabulatoria dialettica vendoliana che tanto aveva affascinato una parte dell’elettorato di sinistra evocando narrazioni e immagini che attenevano più allo spirito poetico e sognante che all’azione politica.
Pur nella bellezza costruttiva del pensiero, la sua percezione e la sua decodifica era limitata a chi avesse gli strumenti culturali per farlo, rendendo quasi impossibile la comprensione all’elettore medio che dedica (nella migliore delle ipotesi) alla politica qualche sguardo distratto ai talk show e ancor meno alla carta stampata.
Dello stesso taglio o addirittura peggio, la comunicazione adottata dai leader, o presunti tali, del variegato e rissoso mondo  della sinistra italiana.
Lo sbiadito Ferrero non è certo uno che buca lo schermo e, pur, nella validità di alcune sue affermazioni risulta inadeguato persino per i suoi più fedeli sostenitori.
Ancor meno dotati di capacità comunicativa i vari Ingroia, Rizzo, Diliberto ecc. ottimi personaggi buoni per convegni e tavole rotonde ma mancanti di quelle qualità che fanno di un politico un leader.
Nelle analisi che si fanno non mancano accenni autocritici riguardanti l’incapacità comunicativa, ma poi, nell’elaborazione pratica, si ritorna a privilegiare l’aspetto autocelebrativo delle proprie convinzioni, rispetto a come queste, invece, arrivano all’ascoltatore.
Facendo l’esempio iniziale è vero che, considerando D’Alema di sinistra, ho forse fatto una forzatura, ma la scuola di formazione politico/culturale è comunque comune, e si è visto come la francese pur  usando in maniera ripetitiva gli stessi usurati ragionamenti, apparisse più diretta e sicura nel trasmettere il proprio messaggio risultando chiara senza bisogno di processi interpretativi, rispetto all’ interlocutore che, anche nella  postura, comunicava indifferenza e apparente strafottenza.
Il non schierato a prescindere in quest’epoca di deboli ideali e di ancor più deboli leader che si trovasse ad assistere a tale confronto, prima ancora di valutare le cose dette, sarebbe colpito dal come vengono dette, indirizzando le simpatie a chi presta attenzione alla sua capacità di capire rispetto a chi, pur con articolati ragionamenti, risulta fumoso e di scarsa comprensione.
Ora la sinistra deve decidere cosa vuol fare. Vuol rimanere quel laboratorio e fucina  di idee e progetti (troppo spesso inadeguati) autocelebrativi e che affascinano solo chi è già conquistato, limitandosi ad un ruolo di testimonianza o, peggio, di vassallaggio nei confronti  del più forte (PD)? O si vuole che ritorni ad essere quel tessuto connettivo che interpreta e fa da collante tra il disagio collettivo ed un progetto di riscatto che sia alternativo all’attuale assetto sociale?
Di fronte all’offensiva di destra e/o protestataria e/o qualunquista, alla distruzione dello stato sociale e della democrazia del governo Renzi-Berlusconi, la sinistra sembra voler riscoprire il valore dell’unità (almeno a parole) Si mettono in campo varie proposte: l’Altra Europa con Tsipras è ripartita con una sua iniziativa politica nella due giorni bolognese, Sel si ritrova dal 23 al 25 gennaio alla conferenza “Human Factor lab”, che già nel nome evoca scenari elitari, altri stanno ricostituendo l’unità partendo dalla ricostruzione  del PCI.
Bene, rispetto questo fermento, qual è la rispondenza nella società e tra i lavoratori? Ve lo dico io, prossima allo zero!
Si stanno ripercorrendo gli antichi sentieri dell’ incomunicabilità tra le varie anime incapaci, persino, di trovare una base comune tra simili, figuriamoci riuscire ad essere rappresentativi nella società.
Ricordiamoci che l’antirenzismo, speculare all’antiberlusconismo, non è sufficiente per coagulare consensi. C’è chi quel ruolo lo interpreta meglio, in maniera più efficace e soprattutto più comprensibile.
Qualcuno adesso dirà: “Ma, allora che dobbiamo diventare populisti e qualunquisti anche noi?” Assolutamente no, ma neanche pensare che basti autoconsiderarsi i migliori e autocelebrarsi nei rari momenti di visibilità. La sinistra ha un ruolo storico ben preciso e da quello bisogna ripartire, senza infingimenti ,senza tentennamenti e senza astruse alchimie dialettiche o politiche.
Anche papa Francesco ha capito che la chiarezza nella comunicazione è fondamentale dalle nostre parti invece:
 “ Vivremo Human Factor, che si terrà a Milano dal 23 al 25 gennaio, non come luogo di annuncio ma come inizio di una pratica, cominciamo con una varietà di interlocutori e di possibilità di mettere in dialogo protagonisti differenti. Ci prendiamo il lusso per tre giorni di vivere di stimoli forti. Human factor è l'inizio di un cambiamento di SEL, non è solo l'intenzione di mettere a disposizione la nostra comunità politica e le nostre energie in vista di un'ora X, che è la fondazione di un nuovo partito. Siamo dentro una scena politica che registra cambiamenti forti e siamo pronti con umiltà e passione e fare la nostra parte.”
Nichi Vendola
I miei figli, studenti universitari, hanno dovuto rileggerla  per capire cosa volesse dire, pensate che le masse, cui ci dovremmo rivolgere, abbiano voglia e tempo di leggere più volte una frase per capirne il senso?
Un passo indietro tutti, ricominciamo insieme dal basso, scopriamo nuovi linguaggi, si lasci spazio a potenzialità nuove, ritorniamo anche a riscoprire il valore di sporcarsi di fango, di polvere e di prendere anche  schiaffi (speriamo solo metaforici) ma stando tra la gente sempre!

Ad maiora

MIZIO

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