L’altra
sera nel confronto televisivo tra D’Alema e Marine Le Pen, improvvisamente mi è
apparso chiaro uno dei motivi del successo mediatico della francese e dei suoi
simili e, invece, lo scarso appeal della cosiddetta sinistra italiana. Cosa che
era già abbastanza chiara nel corso degli ultimi anni con i successi, altrettanto
inspiegabili altrimenti, dei vari Berlusconi, Grillo, Renzi e Salvini. Questi
hanno tutti come tratto comune, pur partendo da differenti punti di vista, una
capacità comunicativa che a sinistra si è persa da tempo.
Pensiamo
alla forbita e affabulatoria dialettica vendoliana che tanto aveva affascinato
una parte dell’elettorato di sinistra evocando narrazioni e immagini che
attenevano più allo spirito poetico e sognante che all’azione politica.
Pur
nella bellezza costruttiva del pensiero, la sua percezione e la sua decodifica
era limitata a chi avesse gli strumenti culturali per farlo, rendendo quasi
impossibile la comprensione all’elettore medio che dedica (nella migliore delle
ipotesi) alla politica qualche sguardo distratto ai talk show e ancor meno alla
carta stampata.
Dello
stesso taglio o addirittura peggio, la comunicazione adottata dai leader, o
presunti tali, del variegato e rissoso mondo
della sinistra italiana.
Lo
sbiadito Ferrero non è certo uno che buca lo schermo e, pur, nella validità di
alcune sue affermazioni risulta inadeguato persino per i suoi più fedeli
sostenitori.
Ancor
meno dotati di capacità comunicativa i vari Ingroia, Rizzo, Diliberto ecc.
ottimi personaggi buoni per convegni e tavole rotonde ma mancanti di quelle
qualità che fanno di un politico un leader.
Nelle
analisi che si fanno non mancano accenni autocritici riguardanti l’incapacità
comunicativa, ma poi, nell’elaborazione pratica, si ritorna a privilegiare l’aspetto
autocelebrativo delle proprie convinzioni, rispetto a come queste, invece,
arrivano all’ascoltatore.
Facendo
l’esempio iniziale è vero che, considerando D’Alema di sinistra, ho forse fatto
una forzatura, ma la scuola di formazione politico/culturale è comunque comune,
e si è visto come la francese pur usando
in maniera ripetitiva gli stessi usurati ragionamenti, apparisse più diretta e
sicura nel trasmettere il proprio messaggio risultando chiara senza bisogno di
processi interpretativi, rispetto all’ interlocutore che, anche nella postura, comunicava indifferenza e apparente
strafottenza.
Il
non schierato a prescindere in quest’epoca di deboli ideali e di ancor più
deboli leader che si trovasse ad assistere a tale confronto, prima ancora di
valutare le cose dette, sarebbe colpito dal come vengono dette, indirizzando le
simpatie a chi presta attenzione alla sua capacità di capire rispetto a chi,
pur con articolati ragionamenti, risulta fumoso e di scarsa comprensione.
Ora
la sinistra deve decidere cosa vuol fare. Vuol rimanere quel laboratorio e
fucina di idee e progetti (troppo spesso
inadeguati) autocelebrativi e che affascinano solo chi è già conquistato,
limitandosi ad un ruolo di testimonianza o, peggio, di vassallaggio nei
confronti del più forte (PD)? O si vuole
che ritorni ad essere quel tessuto connettivo che interpreta e fa da collante
tra il disagio collettivo ed un progetto di riscatto che sia
alternativo all’attuale assetto sociale?
Di
fronte all’offensiva di destra e/o protestataria e/o qualunquista, alla
distruzione dello stato sociale e della democrazia del governo Renzi-Berlusconi,
la sinistra sembra voler riscoprire il valore dell’unità (almeno a parole) Si
mettono in campo varie proposte: l’Altra Europa con Tsipras è ripartita con una
sua iniziativa politica nella due giorni bolognese, Sel si ritrova dal 23 al 25
gennaio alla conferenza “Human Factor lab”, che già nel nome evoca scenari elitari,
altri stanno ricostituendo l’unità partendo dalla ricostruzione del PCI.
Bene,
rispetto questo fermento, qual è la rispondenza nella società e tra i
lavoratori? Ve lo dico io, prossima allo zero!
Si
stanno ripercorrendo gli antichi sentieri dell’ incomunicabilità tra le varie
anime incapaci, persino, di trovare una base comune tra simili, figuriamoci riuscire
ad essere rappresentativi nella società.
Ricordiamoci
che l’antirenzismo, speculare all’antiberlusconismo, non è sufficiente per
coagulare consensi. C’è chi quel ruolo lo interpreta meglio, in maniera più
efficace e soprattutto più comprensibile.
Qualcuno
adesso dirà: “Ma, allora che dobbiamo diventare populisti e qualunquisti anche
noi?” Assolutamente no, ma neanche pensare che basti autoconsiderarsi i
migliori e autocelebrarsi nei rari momenti di visibilità. La sinistra ha un
ruolo storico ben preciso e da quello bisogna ripartire, senza infingimenti ,senza
tentennamenti e senza astruse alchimie dialettiche o politiche.
Anche
papa Francesco ha capito che la chiarezza nella comunicazione è fondamentale
dalle nostre parti invece:
“ Vivremo Human Factor, che si terrà a Milano
dal 23 al 25 gennaio, non come luogo di annuncio ma come inizio di una pratica,
cominciamo con una varietà di interlocutori e di possibilità di mettere in
dialogo protagonisti differenti. Ci prendiamo il lusso per tre giorni di vivere
di stimoli forti. Human factor è l'inizio di un cambiamento di SEL, non è solo
l'intenzione di mettere a disposizione la nostra comunità politica e le nostre
energie in vista di un'ora X, che è la fondazione di un nuovo partito. Siamo
dentro una scena politica che registra cambiamenti forti e siamo pronti con
umiltà e passione e fare la nostra parte.”
Nichi
Vendola
I
miei figli, studenti universitari, hanno dovuto rileggerla per capire cosa volesse dire, pensate che le
masse, cui ci dovremmo rivolgere, abbiano voglia e tempo di leggere più volte
una frase per capirne il senso?
Un
passo indietro tutti, ricominciamo insieme dal basso, scopriamo nuovi linguaggi,
si lasci spazio a potenzialità nuove, ritorniamo anche a riscoprire il valore
di sporcarsi di fango, di polvere e di prendere anche schiaffi (speriamo solo metaforici) ma stando
tra la gente sempre!
Ad
maiora
MIZIO
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