domenica 1 novembre 2015

CRITICO, ERGO SUM


 


L’esercizio critico rispetto la vita propria e degli altri è una necessità imprescindibile dell’essere umano. Solo con una visione critica e indirizzata al miglioramento proprio o collettivo, possono nascere e maturare scelte in grado di farci fare passi avanti in senso evolutivo. In certe situazioni la critica è bene che abbia la capacità di sconfinare anche nell’eresia e nella motivata provocazione, se il fine ultimo è la liberazione dal giogo di dogmi e pensieri cristallizzati nell’inutile e spesso interessato pensiero unico, sia esso politico, religioso o morale.
La critica è utile, anche se non  sempre, nel supportare e indirizzare la scelta di un libro, di un film, di un’opera artistica avvalendosi, quando è esercitata liberamente e con competenza, di strumenti cognitivi e di chiavi di lettura diverse e qualitativamente superiori.
Detto questo passiamo ad analizzare “criticamente” l’uso perverso, inutile e, spesso, dannoso che si fa della “critica innamorata della critica”. Quanto sono, o pensano di essere, affascinanti e intriganti nel loro essere alieni dalle umane basse passioni, quei soggetti il cui unico scopo nella vita sembra essere quello di elevarsi e distinguersi dalla massa? Esercizio fin troppo condivisibile e apprezzabile se legato strettamente ad un’ amore per la vita e ad una azione non sterilmente di testimonianza, scevra da qualsiasi componente che si possa definire umana o compassionevole. I grandi del passato ci hanno insegnato e mostrato che la condivisione e la “cum-passione” sono indispensabili per fare in modo che il nostro agire controcorrente non sia incomprensibile ma, anzi, apprezzato e condiviso.
Il Cristo, tanto per citare un personaggio che ha avuto non certo uno scarso appeal nell’evoluzione umana, accanto alle critiche nette rispetto determinati atteggiamenti umani, non disdegnava di condividere momenti di convivialità e leggeri con i suoi seguaci o parenti. Altrettanto hanno fatto altri personaggi che, in modi e tempi diversi , hanno lasciato un’impronta importante nella storia. Hanno esercitato la critica , anche feroce e rabbiosa, coniugandola con la coltivazione dell’amore non solo del proprio ego e con la pratica di una vita immersa nel variopinto  magma dell’ umanità i cui destini avrebbero voluto  cambiare.
Venendo ad oggi e al nostro piccolo mondo (non antico ma vecchio e ammuffito), assistiamo ad un bombardamento mediatico senza precedenti teso ad indirizzare le società e gli esseri umani verso standard comportamentali e di valori appiattiti e asserviti agli interessi delle classi dominanti.
La critica, e non solo, rispetto questi tentativi del pre-potere, non solo è legittima ma senz’altro doverosa. Ma, purtroppo, come succede troppo spesso in questi casi, l’elemento che emerge maggiormente è la salvaguardia del proprio pensiero della propria roccaforte di convinzioni costruita nel tempo e nella coltivazione del proprio io cui non si intende o non si è capaci di rinunciare. Per cui nei confronti di qualsiasi proposta, di qualsiasi mano tesa, di qualsivoglia iniziativa, parte, non il tentativo critico di capire, ma la critica preconcetta tesa a respingere, a schivare  qualsiasi eventuale, remoto rischio che possa contaminare la propria visione.
Il risultato? Continueremo a rimanere nella nostra torre (d’avorio?) a criticare e immaginare radiosi futuri disegnati a nostra immagine e somiglianza, specchiandoci nello meraviglioso specchio deformante del nostro orgoglio  lasciando fuori a bussare quelli che sono i problemi, e i drammi delle persone.
Criticamente,  “Ad maiora”


MIZIO 

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