L’esercizio
critico rispetto la vita propria e degli altri è una necessità imprescindibile
dell’essere umano. Solo con una visione critica e indirizzata al miglioramento
proprio o collettivo, possono nascere e maturare scelte in grado di farci fare
passi avanti in senso evolutivo. In certe situazioni la critica è bene che abbia
la capacità di sconfinare anche nell’eresia e nella motivata provocazione, se
il fine ultimo è la liberazione dal giogo di dogmi e pensieri cristallizzati
nell’inutile e spesso interessato pensiero unico, sia esso politico, religioso
o morale.
La
critica è utile, anche se non sempre,
nel supportare e indirizzare la scelta di un libro, di un film, di un’opera
artistica avvalendosi, quando è esercitata liberamente e con competenza, di
strumenti cognitivi e di chiavi di lettura diverse e qualitativamente
superiori.
Detto
questo passiamo ad analizzare “criticamente” l’uso perverso, inutile e, spesso,
dannoso che si fa della “critica innamorata della critica”. Quanto sono, o
pensano di essere, affascinanti e intriganti nel loro essere alieni dalle umane
basse passioni, quei soggetti il cui unico scopo nella vita sembra essere
quello di elevarsi e distinguersi dalla massa? Esercizio fin troppo
condivisibile e apprezzabile se legato strettamente ad un’ amore per la vita e
ad una azione non sterilmente di testimonianza, scevra da qualsiasi componente
che si possa definire umana o compassionevole. I grandi del passato ci hanno
insegnato e mostrato che la condivisione e la “cum-passione” sono
indispensabili per fare in modo che il nostro agire controcorrente non sia
incomprensibile ma, anzi, apprezzato e condiviso.
Il
Cristo, tanto per citare un personaggio che ha avuto non certo uno scarso
appeal nell’evoluzione umana, accanto alle critiche nette rispetto determinati
atteggiamenti umani, non disdegnava di condividere momenti di convivialità e
leggeri con i suoi seguaci o parenti. Altrettanto hanno fatto altri personaggi
che, in modi e tempi diversi , hanno lasciato un’impronta importante nella
storia. Hanno esercitato la critica , anche feroce e rabbiosa, coniugandola con
la coltivazione dell’amore non solo del proprio ego e con la pratica di una
vita immersa nel variopinto
magma dell’ umanità i cui destini avrebbero
voluto cambiare.
Venendo
ad oggi e al nostro piccolo mondo (non antico ma vecchio e ammuffito),
assistiamo ad un bombardamento mediatico senza precedenti teso ad indirizzare
le società e gli esseri umani verso standard comportamentali e di valori
appiattiti e asserviti agli interessi delle classi dominanti.
La
critica, e non solo, rispetto questi tentativi del pre-potere, non solo è
legittima ma senz’altro doverosa. Ma, purtroppo, come succede troppo spesso in
questi casi, l’elemento che emerge maggiormente è la salvaguardia del proprio
pensiero della propria roccaforte di convinzioni costruita nel tempo e nella
coltivazione del proprio io cui non si intende o non si è capaci di rinunciare.
Per cui nei confronti di qualsiasi proposta, di qualsiasi mano tesa, di
qualsivoglia iniziativa, parte, non il tentativo critico di capire, ma la
critica preconcetta tesa a respingere, a schivare qualsiasi eventuale, remoto rischio che possa
contaminare la propria visione.
Il
risultato? Continueremo a rimanere nella nostra torre (d’avorio?) a criticare e
immaginare radiosi futuri disegnati a nostra immagine e somiglianza,
specchiandoci nello meraviglioso specchio deformante del nostro orgoglio lasciando fuori a bussare quelli che sono i
problemi, e i drammi delle persone.
Criticamente,
“Ad maiora”
MIZIO
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