“Se
una notte d’inverno un viaggiatore” è uno straordinario e sorprendente romanzo
di Italo Calvino (chi non l’avesse letto lo faccia, ne vale la pena) in cui il
personaggio principale, chiamato “Il lettore”, si trova alle prese con la
lettura di un libro le cui parti sono state impaginate quasi a caso per cui si trova
più volte a dover riprendere il filo interrotto della trama ricominciando,
quasi ogni volta, un nuovo racconto. In questo suo peregrinare alla ricerca di
un filo logico e di una logica conclusione di ciò che legge, si imbatte nell’ altro
personaggio (femminile) con la quale condivide l’improbabile percorso sino ad
una (forse) lieta conclusione.
Tutto
questo riportato con le debite proporzioni e i debiti distinguo alla situazione
attuale mi spinge ad identificare Il lettore, protagonista del romanzo e la sua
compagna, con il cittadino, l’elettore, il militante che, di fronte al susseguirsi
illogico degli ultimi (e non solo) sviluppi del processo unitario della
sinistra, rimane smarrito, sgomento e fatica a ritrovarci un filo logico e
comprensibile.
Quasi
una novella Penelope che deve ogni volta tentare di ritessere la tela che , in
questo caso, altri distruggono costantemente.
A
fronte di una situazione in cui l’attacco ai diritti, alle libertà, al concetto
di uguaglianza e giustizia, patrimonio inviolabile della sinistra, stiamo
assistendo da troppo tempo ad uno stop and go che, oltre a colpire il sistema
neurologico e a logorare la nostra pur lunga pazienza, non trova una logica
spiegazione se non, nel voler far prevalere il proprio rispettabile, ma
limitato, punto di vista rispetto all’interesse comune.
Non
starò qui ad elencare colpe e responsabilità che, sia pur in misura diversa,
attengono a tutti i protagonisti e le cui conseguenze ricadono sui cittadini e
sui, sempre più disamorati, militanti, ma vorrei, rispetto questo aspetto, far
notare il riemergere e la riaffermazione di tutto quel corollario di
atteggiamenti, reazioni, supponenza che hanno fatto piccola e sempre più marginale
la presenza della sinistra in Italia.
Annotiamo,
quindi, la difesa strenua della propria identità espressa anche in maniera
feroce e polemica,. l’entusiasmo e l’esaltazione fuori luogo per
autocelebrazioni che lasciano il tempo che trovano se non raccordate e inserite
in un disegno di più ampio respiro, ma, soprattutto registriamo, la
rassegnazione, il disamore e il ritirarsi nel proprio personale disagio
disancorandolo da un impegno e dalla ricerca di una soluzione collettiva.
Ora
tutto questo in un romanzo è sicuramente geniale ed affascinante ma nell’azione
politica è un ostacolo incomprensibile
ai più e, soprattutto di alcuna utilità rispetto le criticità, i bisogni e le
speranze di ognuno.
Spero
vivamente che, come succede al protagonista dell’opera di Calvino, dopo tante
incomprensibili e faticose ripartenze, si possa arrivare a intravedere l’auspicato
lieto fine.
Il
lieto fine arriverà, se arriverà, quando ognuno di noi farà la sua parte a
cominciare da chi si autoproclama o si autocelebra come leader e unico
interprete.
I
leader, le proposte, l’azione politica si costruiscono e nascono coltivando con
pazienza e ostinazione tutto ciò che unisce, accantonando ciò che divide, in
questo un grosso contributo, e conseguente responsabilità, può e deve essere avvertito come doveroso
dalla base, dai territori, dai singoli militanti, sganciandosi dalle logiche
spesso bizantine degli accordi o rotture
tra segreterie.
Rifacendomi,
in questo caso ad un film, se il Titanic affonda (e se continua così affonderà)
i primi, se non gli unici, ad affogare saranno quelli di terza classe.
Ad
maiora
MIZIO
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