giovedì 8 settembre 2011

DEBITO PUBBLICO?... MA VA LA'



Sta per essere varata dal governo una manovra finanziaria di valenza storica, non solo e non tanto per l'entità delle cifre in ballo,che pure sono considerevoli, ma sopratutto per la caratterizzazione classista della stessa. Infatti accanto a risibili e discutibili provvedimenti di architettura istituzionale(come l'eliminazione delle Province, l'accorpamento dei piccoli comuni, insignificanti interventi sui privilegi della casta) si è assistito a un vero e proprio attacco ai diritti dei lavoratori, già fortemente compromessi da sciagurati accordi con i sindacati negli ultimi anni. Il che fa pensare ad una qualche tipo di vendetta di classe, dopo che, per anni ci avevano assicurato che la lotta di classe non aveva più senso, che il mondo era cambiato e che bisognava ragionare in termini diversi. Questo ci veniva propinato quotidianamente anche e, forse, soprattutto, da forze sindacali e politiche che si definiscono di sinistra.Solo che dimenticavano un particolare fondamentale: informare di questo anche il padronato e i suoi rappresentanti politici, che invece tale guerra non hanno mai interrotto, erodendo lentamente e costantemente diritti e salari dei lavoratori, fino ad arrivare ad oggi, a quella che possiamo definire la soluzione finale. Infatti non si capisce in che modo l'abolizione dell'art.8 dello statuto dei lavoratori (quello sulla libertà di licenziamento per le aziende con più di 15 dipendenti),possa incidere sulla riduzione dell'immane debito pubblico, anzi paradossalmente potrebbe essere uno svantaggio,in quanto incentiverebbe il licenziamento di lavoratori con contratti nazionali, sostituendoli con lavoratori assunti con contratti atipici e precari, con minor gettito previdenziale e fiscale nelle case dello stato.Ma questo risibile e insignificante particolare graverebbe, eventualmente, sulle spalle degli italiani tutti, mentre i vantaggi sicuri sono sempre ed esclusivamente per lor signori.
A proposito del debito pubblico poi, ci sarebbe da sfatare un pò di cosiddette verità ufficiali, condivise praticamente da tutti, governo e maggiori partiti d'opposizione. Fino agli anni '70 il debito pubblico italiano era assolutamente in linea con quella degli altri paesi occidentali oscillando intorno a percentuali del 60-70%, l'esplosione avviene negli anni ottanta con l'avvento del rampante Craxi (che oggi, ancora qualcuno, si ostina a considerare un grande innovatore e statista)che sfrutta in maniera mirabile e spregiudicata il suo 10% elettorale facendo da ago della bilancia con i due partiti maggiori, DC e PCI, applicando il vecchio sistema clientelare democristiano alle mutate condizioni della società, spalancando le porte non più e non solo al vecchio padronato manifatturiero ma al grande potere finanziario, quello che lavora e specula nell'ombra sulla ricchezza prodotta da altri e i cui enormi profitti sono fuori controllo per qualsiasi altro potere, potendo contare su appoggi e coperture nei vari paradisi fiscali e alla complice latitanza della politica.Partirono in quegli anni, poi, le grandi liberalizzazioni e privatizzazioni che, invece di portare benefici alla società, hanno portato solo vantaggi per i soliti noti, fino ad arrivare alla ciliegina sulla torta, la privatizzazione della Banca d'Italia che dalla originaria funzione di controllo sulle emissioni di moneta e sull'attività delle banche, è diventata proprietà di queste ultime. I controllati che controllano se stessi, se non fosse tragico, sarebbe da ridere.Ovviamente le banche guadagnando sul prestito monetario hanno avuto tutto l'interesse a che lo stato italiano ricorresse il più possibile all'emissione di BOT e titoli di stato garantendosi, così il rientro degli interessi che hanno progressivamente aumentato il debito pubblico. Fino all'avvento dell'euro e della BCE che hanno dato il definitivo colpo di grazia alla già precaria situazione finanziaria italiana con l'istituzione di paletti (Trattato di Maastricht)eretti a difesa delle economie più forti (Germania e Francia).In questo quadro qualcuno ancora continua con la favoletta dei padri che hanno rubato il futuro ai propri figli, dando una responsabilità storica generazionale assolutamente falsa e distorta. La generazione precedente se ha avuto una colpa, è stata quella, secondo me, di non affondare di più, quando le condizioni storiche lo permettevano, introducendo elementi di maggiore solidarietà nella società e limitando il potere finanziario e padronale. Anche perchè se i giovani oggi hanno potuto permettersi livelli d'istruzione e di vita enormemente superiori a quelli precedenti, è stato possibile proprio grazie alle conquiste di quegli anni, che oggi , invece, vengono demonizzate. D'altra parte è il solito gioco dei potenti: dividi et impera, e stupisce che, ancora oggi, molti cadano nel tranello.E stupisce, ancor di più, che, in questo quadro, ognuno pensi di cavarsela in maniera personale o al massimo all'interno del proprio gruppo, per cui ci sono le (giuste) proteste dei precari, degli insegnanti,degli studenti, degli amministratori comunali, degli operai Fiat ecc. ecc.tutti tesi ad evidenziare(ripeto giustamente)i propri problemi e il proprio disagio: Ma ormai è chiaro che l'attacco è totale e non risparmia nessuno e nessuno può pensare di salvarsi da solo. Io continuo a consigliare di guardare a ciò che è successo e continua ad accadere in Islanda dove il potere è stato spazzato via dall'indignazione popolare e sono stati presi provvedimenti tesi a far saltare il grande tappo sull'enorme bufala del debito pubblico e far pagare i veri responsabili, che poi sono i soliti...da sempre!
Non aspettare che gli altri cambino, cominciamo a cambiare noi.
MIZIO

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