Abbiamo
il piacere di presentarvi l’intervento che l’ingegnere energetico Carlo
Federico Marazzi ha tenuto in occasione del Festival Culturale per la
Cooperazione Officina Futuro con la speranza annunciata di aprire il dialogo
tra economisti e professionisti di altre discipline.
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Dato
il poco tempo a disposizione, cercherò di spiegare cos’è l’economia ecologica
nei suoi tratti essenziali. In realtà ogni punto meriterebbe di essere
approfondito a parte. Così questa mia breve esposizione di oggi può essere,
tutt’al più, considerata come un promemoria di lavoro.
INTRODUZIONE
Ci
è stato detto che la crisi economico–finanziaria, importata dagli Stati Uniti
nel 2008, e tutt’ora in atto, è stata originata dallo scoppio della bolla
immobiliare negli USA e dalla cartolarizzazione dei mutui subprime. Poi, una
volta giunta in Eurolandia, questa crisi si è ulteriormente aggravata a causa
del sistema economico finanziario qui esistente (sistema dell’euro) e del
rilevante indebitamento privato con l’estero dei Paesi del Sud Europa. Questo è
senz’altro vero, ma la verità completa è che questa crisi mondiale è una crisi
sistemica, causata da molti fattori che si influenzano a vicenda.
L’attuale
dibattito sulla crisi economica che si sta tiepidamente aprendo anche alle voci
non allineate, considera, con un’insistenza martellante, alcune presunte cause
della crisi economica ma trascura un tassello molto importante, la cui
conoscenza è indispensabile per capire, in tutta la sua complessità e gravità,
la crisi che stiamo vivendo. In verità, c’è un silenzio quasi assordante su una
causa fondamentale di questa crisi economico– finanziaria: il progressivo
esaurimento delle risorse energetiche del pianeta ed il suo progressivo
inquinamento. Nonostante la loro rilevante importanza sull’economia, gli
aspetti energetici della crisi sono ancora completamente taciuti dai media, sia
per la grande complessità del tema, che è di natura sistemica, ma anche per
l’assoluta impreparazione della classe dirigente del Paese ad affrontare
l’argomento e a proporre soluzioni.
I
rendimenti decrescenti di produzione dell’energia, dovuti alla sempre minore
accessibilità alle risorse energetiche, e le azioni di mitigazione per
contrastare gli effetti del cambiamento climatico stanno sottraendo sempre più
risorse all’economia reale, tanto che ne rimangono sempre di meno per produrre
beni e servizi. Questi, sono i veri fattori che hanno innescato la crisi
economico–finanziaria e che stanno portando al collasso il nostro attuale
sistema socioeconomico.
Il
problema energetico è un problema molto complesso e, senza una solida
conoscenza di base delle varie problematiche, è facile prendere degli abbagli e
cadere in luoghi comuni. Personalmente ritengo fondamentale che tutti abbiano
almeno una conoscenza elementare dei problemi che ci affliggono a causa delle
caratteristiche del nostro esistente sistema socioeconomico, fortemente
dipendente dai combustibili fossili. Non è lontano il giorno in cui dovremo
prendere delle decisioni molto importanti riguardo al nostro futuro stile di
vita.
IL
SISTEMA SOCIOECONOMICO DOMINANTE
Per
tratteggiare l’attuale sistema socioeconomico, che è dominante in questa nostra
epoca decadente e post capitalista, potremmo dire che è un sistema
neoliberista, totalmente materialista e dogmatico, sostenuto dalla tecnologia
della produttività, che è figlia di una scienza riduzionista. E’ un sistema la
cui economia si impone sulla Natura per dominarla e non per comprenderla.
E’
un sistema socioeconomico, basato sul debito, progettato per crescere
all’infinito, per poter agevolmente ripagare gli interessi, ma è un sistema
strutturalmente instabile (per errore di progetto), che tende a collassare non
appena cessa di crescere. Purtroppo, su un pianeta dalle risorse finite com’è
il nostro, un tale sistema non può crescere all’infinito e già oggi
incominciamo a vedere i primi limiti alla crescita. Limiti che si manifestano
con una sempre minore accessibilità alle risorse materiali del pianeta, con un
inquinamento in crescita esponenziale e con l’incapacità, da parte di questo
sistema economico, di gestire la mutata realtà del mondo mentre si avvicina ai
suoi limiti. La più lampante dimostrazione dell’ inadeguatezza del nostro
sistema socioeconomico, è la presente crisi che, nonostante le reiterate parole
tranquillizzanti dei politici, non finirà mai e che, per meglio comprenderne le
origini, la dovremmo più correttamente chiamare terzo shock petrolifero (dopo i
primi due degli anni ‘70).
Quello
attuale è un sistema socioeconomico superbo e ambizioso. E’ privo di ogni
riferimento etico e pretende di presentarsi come una disciplina scientifica per
acquisire quell’autorevolezza, propria delle scienze naturali ed imporre le sue
presunte verità. La sua teoria economica, giustificandosi con l’econometria,
pretende di promuovere delle semplici correlazioni al rango di leggi fisiche,
senza però rendersi conto che i suoi modelli econometrici non sono così solidi
come i modelli della fisica e senza neppure sapere che, dopo Gödel e Popper,
neanche la fisica può pretendere che i suoi modelli rappresentino la verità.
Per
continuare ad alimentare l’illusione di una crescita infinita (che è
fisicamente impossibile), da qualche decennio il sistema socioeconomico si sta,
per così dire, dematerializzando. Ne è un segno evidente l’abnorme crescita
dell’economia finanziaria la quale, era (e doveva rimanere) un semplice ed
utile servizio dell’economia reale ma che, data la sua natura virtuale e basata
sul nulla, si è pericolosamente gonfiata ed oggi è di un ordine di grandezza
superiore all’economia reale.
NECESSITA’
DELLA CRESCITA ECONOMICA INFINITA
Gli
economisti del sistema economico dominante, per giustificare la loro teoria
della crescita economica infinita, anche su un pianeta dalle risorse limitate,
precisano che quello che intendono far crescere indefinitamente è il valore dei
beni e dei servizi e non la quantità fisica di energia e di materia necessarie
per produrli. Però, con questa loro affermazione, dimostrano di credere in una
tecnologia taumaturgica che permetterà di produrre beni e servizi reali, sia
pure di valore sempre crescente, ma con un uso di risorse energetiche e
materiali tendente a zero. Anche se, al momento, c’è ancora spazio per
migliorare l’efficienza nell’utilizzo delle risorse e quindi per ridurre ancora
un po’ i flussi di materia e di energia, a parità di bene prodotto, è comunque
evidente che non è possibile dematerializzare completamente l’economia. Quello
che questi economisti affermano è solo una pia illusione. La verità è che anche
in macroeconomia esiste un limite alla crescita infinita del PIL.
Perché
la classe politica dirigente difende tenacemente la crescita infinita? Perché
crede che essa, da sola, possa risolvere efficacemente e tutto in una volta
diversi problemi di natura politica, quali: la sovrappopolazione, l’ingiusta
distribuzione dei redditi, la disoccupazione ed il degrado ambientale. Ad
esempio, i politici credono che la crescita economica risolva il problema della
disoccupazione perché stimola gli investimenti oppure, ancora, che la crescita
economica renda più tollerabile il problema dell’ ingiusta distribuzione dei
redditi fra le classi sociali perché, con l’aumento del PIL procapite, tutti si
arricchiscono, anche i poveri.
Senza
crescita infinita, invece, i politici sono costretti ad individuare e adottare
soluzioni politiche specifiche per i diversi problemi sociali. Soluzioni che,
potendo essere radicali, impopolari e richiedere grandi sacrifici, sono molto
restii ad imporre e fortemente osteggiate dalle diverse fasce sociali.
ECONOMIA
ECOLOGICA O ECOFISICA
Immersi
come siamo in una crisi economica globale, irrisolvibile con l’attuale sistema
socioeconomico, in un mondo sempre più in stato di emergenza, con focolai di
guerra sparsi ovunque, al limite della sostenibilità dell’uso delle risorse
naturali, sentiamo un urgente bisogno di costruire un nuovo sistema
socioeconomico, dal volto umano. Un sistema che opera contemporaneamente su due
piani, diversi ma corrispondenti: il piano reale, che assicura che l’attività
economica, quella dello scambio di beni e servizi, sia ben piantata nella
realtà, ed il piano spirituale che garantisce che l’economia dell’uomo si
sviluppi all’interno e nel rispetto dei limiti dell’Ecosistema di cui è parte e
in profonda armonia con la Natura e le sue leggi.
Il
nuovo sistema socioeconomico, che chiamiamo “Ecologico” o anche “Ecofisico” per
ricordare, secondo l’originario significato greco della parola composta, che si
fonda sulla disciplina e l’arte di operare contemporaneamente sui due piani:
quello della realtà e dello spirito, questo sistema dicevo è progettato per
regolare, in modo ecologico, sostenibile e resiliente, i rapporti economici tra
gli uomini e per amministrare le risorse del pianeta, senza superare i limiti
naturali dell’Ecosistema.
L’ecofisica
può ben essere annoverata, insieme all’arte, all’estetica e alla vera politica,
tra le discipline che aiutano l’uomo a riprodurre nel suo mondo convenzionale,
nei rapporti tra i suoi simili, l’armonia dell’universo, l’ordine ”naturale”
delle cose.
L’
aspirazione a condurre l’attività economica umana, in armonia con le leggi
della Natura e dell’etica, deriva dal fatto che sentiamo ormai impellente la
necessità:
di avere una classe politica capace di
allocare al meglio le limitate risorse del pianeta per
l’esclusivo benessere
della collettività;
di avere imprenditori che esercitano
l’attività economica in modo sostenibile;
di avere economisti che consigliano i potenti (quelli che decidono), solo dopo
aver meditato a lungo e aver maturato una profonda sensibilità sul ruolo dell’uomo
all’interno dell’Ecosistema, sul delicato equilibrio con le altre specie
viventi e sul valore intrinseco delle risorse materiali del pianeta.
Il
nuovo sistema socioeconomico “ecofisico”, per potersi pienamente attuare,
richiede soprattutto il cambiamento della nostra visione del mondo. Noi
dobbiamo smettere di giocare il ruolo di consumatori inermi, teleguidati dalla
pubblicità. Dobbiamo tornare a pensare con la nostra testa e riprendere in mano
il nostro destino. Dobbiamo imparare ad essere pro-sumatori (produttori e
consumatori insieme), dobbiamo imparare più mestieri (il concetto dei nostri
vecchi di: imparare l’arte e metterla da parte) per essere più resilienti e
autonomi (ad esempio: imparare a coltivare l’orto, fare piccoli lavori di
manutenzione, riparare strumenti, rammendare, ecc.). Dobbiamo impegnarci a
ricostruire, nella nostra comunità, un’economia locale promossa anche da una
moneta locale che non sia basata sul debito. Dobbiamo vivere più centrati ed
equilibrati, essere più fiduciosi in noi stessi e meno ansiosi, più poveri di
beni materiali e più ricchi di relazioni umane, più collaborativi e meno
competitivi. Dobbiamo infine pretendere da tutti il rispetto dei valori e della
dignità umana e specialmente dalla classe che ci dirige.
LA
DIPENDENZA DEL SISTEMA ECONOMICO DALL’ENERGIA
L’attuale
sistema socioeconomico è fortemente dipendente dai combustibili fossili. Tutti
i beni e i servizi prodotti dall’economia sono realizzati e trasportati con
macchine che funzionano con i combustibili fossili (soprattutto petrolio).
A
partire dagli inizi del ‘900, negli Stati Uniti, un Paese che si stava
industrializzando grazie alla scoperta di ingenti quantità di petrolio sul suo
territorio, gli economisti hanno rilevato una forte correlazione tra il Prodotto
interno lordo (PIL) del Paese ed il suo consumo complessivo di risorse
energetiche fossili. Una correlazione che poi si è scoperta valida anche per
altri Paesi del mondo occidentale, anch’essi in via di industrializzazione. La
persistenza, nel tempo, di quella correlazione ha indotto gli economisti a
pensare che fosse una vera e propria legge della natura.
Fu
così che, il rapporto tra l’energia netta totale prodotta dalle risorse fossili
ed il Prodotto interno lordo (PIL) divenne un indice e prese il nome di
intensità (di dipendenza) energetica dell’economia del Paese. Con la scoperta
di questa legge, gli economisti non ebbero più dubbi: per assicurare al Paese
la tanto desiderata crescita economica continua non si doveva fare altro che
garantire un’ analoga crescita del consumo delle risorse energetiche fossili.
Energy Return on Energy Invested (EROI)
Dalla
considerazione che, per ottenere energia, (in genere) si deve spendere energia,
deriva un importante indice della qualità energetica: l’ EROI, detto anche
tasso di ritorno energetico (dell’energia investita), che assume il significato
di quanta energia si ottiene per unità di energia investita. Un modo di capire
il concetto di EROI, è di pensare a quando facciamo il pieno di benzina.
Sappiamo intuitivamente che l’EROI è molto grande perché l’energia che la
benzina ci fornisce, per far funzionare la nostra auto, è molto maggiore di
quella che è stata spesa per produrla (per estrarre il petrolio dal giacimento,
per raffinarla, per trasportarla presso il rifornitore, per pomparla nel
serbatoio della nostra auto)
Rapporto
di intensità energetica (EIR)
Purtroppo
l’EROI ha lo svantaggio di essere un indicatore un po’ difficile da valutare e,
tutto sommato, abbastanza soggettivo. C’è invece un altro indice della qualità
energetica che è più facile da calcolare: l’EIR o Rapporto di Intensità
Energetica che misura il ritorno economico dell’energia spesa e assume il
significato di quanto PIL è prodotto da un determinato sistema socioeconomico,
per unità di spesa energetica. Il Paese che ha un indice EIR alto, ha un
sistema socioeconomico molto efficiente nel trasformare le risorse energetiche
disponibili in Prodotto Interno Lordo (PIL).
Purtroppo
i dati dimostrano che gli indici EROI e EIR stanno calando in molti Paesi del
mondo e questo è tra le principali cause delle attuali difficoltà economiche e
della recessione.
LE
CARATTERISTICHE DELL’ECONOMIA ECOLOGICA
Il
sistema socioeconomico ecofisico è a basso profilo energetico e pone maggiore
enfasi agli investimenti ecologici strategici piuttosto che ai consumi. Gli
investimenti ecologici sono sostenibili e si distinguono da quelli tradizionali
perché sono connotati da tassi di rendimento inferiori e da tempi di ritorno
più lunghi, caratteristiche che implicano cambiamenti dei soggetti investitori
e ridefinizione degli obiettivi.
Con
riferimento ai soggetti investitori, gli investimenti ecofisici, data la loro
minore redditività, sono prevalentemente guidati dal settore pubblico e puntano
ai seguenti obiettivi:
ridurre l’utilizzo delle risorse materiali
garantire la piena occupazione
costruire infrastrutture per lo sviluppo di
attività sociali
promuovere le tecnologie delle fonti
energetiche rinnovabili,
privilegiare le tecnologie dell’efficienza
nei processi (rispetto alle tecnologie della produttività),
salvaguardare l’Ecosistema (assistere i
servizi ecosistemici e armonizzare l’attività economica
con la biosfera e con
la sfera inorganica: il clima).
Nella visione ecofisica, l’Ecosistema è l’ unico sistema,
enormemente complesso, che comprende tutta la vita sul nostro pianeta ed è
composto da due importanti sotto–sistemi: il sistema delle specie viventi
(biosfera) ed il sistema dei costituenti fisico–chimici che sostengono la vita
(sfera inorganica). Pertanto, nella visione ecofisica, e questo è il punto
fondamentale, il sistema socioeconomico (composto dagli uomini e dalla loro
economia e tecnologia) è un sotto–sistema dell’Ecosistema e come tale deve e
può vivere solamente all’interno dell’Ecosistema.
In definitiva, il
sistema socioeconomico ecofisico è peculiare perché:
è caratterizzato da un più elevato rapporto
tra investimenti pubblici e investimenti privati
promuove l’economia dei servizi e le attività
economiche a basso impatto ambientale dove il
maggior valore
aggiunto delle relazioni umane giustifica un maggior impiego di lavoro umano
per unità di servizio
reso
considera della massima importanza il valore
intrinseco del capitale naturale e dei servizi
ecologici forniti
dall’Ecosistema e li internalizza nei propri modelli di calcolo
è un sistema socioeconomico stabile perché intrinsecamente sostenibile (non
deve dipendere dalla continua crescita dei consumi)
CONCLUSIONI
A
conclusione di questo mio intervento vorrei richiamare la vostra attenzione sul
fatto che esistono dei problemi che non si possono risolvere, semplicemente
perché sono mal posti e intrinsecamente contraddittori. Non riusciremo mai a
risolvere la crisi mantenendo un sistema socioeconomico basato sulla crescita
infinita su un pianeta finito. L’unico esito possibile sarà il collasso.
Però,
abbiamo ancora una speranza. Dobbiamo solo capire che occorre cambiare
l’approccio per risolvere un problema ben posto. E la soluzione salta
effettivamente fuori ed è quella di fare una transizione ordinata verso un
sistema socioeconomico ecofisico. Ma dobbiamo farla al più presto perché, più
tarderemo, maggiore sarà la probabilità che avvenga in modo caotico.
Signori,
Benvenuti nel mondo senza soluzioni semplici ai problemi complessi.
Carlo Federici Marrazzo
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