Sempre
più spesso sui social vedo post che richiamano a giochi, abitudini, oggetti che
appartengono a tempi passati più o meno lontani e , naturalmente con il solito
coro di nostalgici rimpianti, di inni allo: "si stava meglio quando si
stava peggio", non mancando paternalistici, metaforici buffetti per i più giovani:"Guardate cosa vi
siete persi!".
Questo
è uno dei mali o meglio, dei limiti, dell'essere umano. Voler cristallizzare il
proprio io, il proprio pensiero, la propria evoluzione in un momento X della
propria vita (in genere l'età giovanile) quella che risulta più appagante per
il nostro benessere personale. Come se tutto quello che si vive da allora fino
alla nostra fine sia semplicemente un peso, quasi un debito karmico da
sopportare per aver goduto di quei pochi anni spensierati.
La
vita è un eterno presente e, come tale, andrebbe vissuta. Quello che eravamo
non lo siamo più eppure è parte di noi, come adesso siamo parte di quello che
saremo in futuro.
Lo
smartphone fa parte della nostra vita esattamente come il gettone telefonico di
venti anni fa e, tra altrettanti anni, ci sarà qualcuno che lo rimpiangerà a
fronte di altri mirabolanti congegni o di un'imprevedibile regressione
tecnologica.
Il
nostro tempo è quello che ci viene concesso di vivere in ogni momento , dal
primo vagito all' ultimo respiro. Non esiste un'età dell'oro, se non nella
nostra immaginazione, nel cui ricordo rifugiarsi in maniera consolatoria.
La
nostalgia, l'esaltazione oltremisura di tempi e situazioni passate sono uno dei
motivi dell'immobilismo e della scarsa capacità di reazione rispetto il
presente, che si tende a non sentire come proprio, se non dopo che siano
passati altri venti anni.
Guarda
al tuo passato come un bel quadro, ma impegnati ogni giorno a dipingerne uno
sempre migliore. Si dice il mondo è dei giovani. Vero! Come è altrettanto vero
che è di tutti e che tutti si è chiamati a disegnarlo migliore oggi! Non ieri o
domani.
Ad
maiora
MIZIO
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