In
genere quando si arriva a una certa età……Certo, già dire certa età mi rendo
conto sia approssimativo, ma per qualcuno, la certa, comincia già dopo i 30,
per altri progressivamente più avanti.
Facciamo conto, quindi che la certa età sia quella in cui comincia a essere
sempre più presente la fastidiosa sensazione che qualcosa di importante ti stia
sfuggendo dalle mani. Il momento in cui ti accorgi che del presente non riesci
ad apprezzare neanche la buona musica, perché la paragoni a quella che
consideri la tua. Il tuo tempo sembra sia solo quello di anni prima immobile e cristallizzato nei ricordi. Dove
tutto era più bello, tutto più facile, tutto anche, se non soprattutto il
futuro. Il futuro ha però una fastidiosa, sinistra caratteristica. Ed è quella
di trasformarsi rapidamente in presente, spesso senza darci neanche modo di
accorgercene e poter, così, elaborare un nuovo e più affascinante domani da inseguire.
Troppo
spesso si vive con il portabagagli della memoria e del vissuto appesantiti da
tonnellate di ricordi che col tempo si trasformano facilmente in rimpianti e,
anche se raramente, in rimorsi. In questo credo ci siano diversi livelli e codici di lettura.
Possiamo
guardare il fenomeno dal punto di vista della perdita degli affetti, dei primi rapporti
emozionali che, inevitabilmente per leggi di natura immutabili, ci vengono a
mancare sempre troppo presto. Coloro che ci generano e ci amano per primi e di
più sono destinati a lasciarci soli prima o poi. Ma questo tipo di rimpianto
per il legame spezzato e speciale è,
sicuramente quello più comprensibile essendo legato a momenti di tenerezza, di affetto,
di senso di protezione e sicurezza, ma anche quello, alla fine, più accettabile
Guardiamo
invece l’aspetto che più mi intriga e che ha più ricadute sul sociale. Quante
volte sentiamo dire, o diciamo noi stessi. “Eh, ai miei tempi si che si lottava”.
“Ai miei tempi si che ci facevamo rispettare”, “Ai miei tempi si che la
politica era tutta un’altra cosa”. Confesso che anch’io in momenti di
particolare animosità ho avuto la debolezza di richiamare quei tempi. Niente di
più sbagliato!
Questi
tempi, il presente è nostro quanto lo era quello di allora. I miei tempi erano
e saranno sempre tutti quelli che avrò la ventura di attraversare fino all’ultimo
respiro. Solo a quel punto, e neanche un secondo prima, non lo saranno più. Il trascorrere
dell’esistenza, le modifiche, i cambiamenti del pensiero, dell’azione, della
pratica volenti o nolenti ci accompagnano sempre e siamo costretti ad
attraversarli costantemente. Non esiste un punto X in cui si possa diventare
spettatori passivi del fluire del tempo e della vita. Sembra persino scontato
che, ad alcuni anni e ad alcuni momenti, si resti sentimentalmente attaccati,
ma mai fino al punto di mitizzarli e giustificare così l’abbandonarsi al
disinteresse. Quante volte sento dire: “Io ho dato, adesso tocca ai giovani”.
Detto quasi sempre con un tono di sfida generazionale come a dire: “Vediamo di
cosa sono capaci”.
I
giovani, ma anche quelli meno giovani, devono trovare in ognuno di noi un esempio
non da seguire, non da emulare, ma che li aiuti nella comprensione, nella
maturazione fino al punto di far scattare in loro la molla: “Cavolo se lui/lei
ha ancora questa voglia, questa passione, forse potrei farcela anch’io”. I
giovani odiano e respingono, giustamente, i sermoni, le prediche, le morali, la
retorica ma sono estremamente sensibili
all’esempio, alla coerenza alla rettitudine morale.
A
questo punto, scusate, devo, però fare un riferimento al passato. Le sezioni
dei partiti e dei movimenti extra parlamentari erano piene di persone, in gran
parte giovani che oggi sono mie coetanee. Bene,
mi chiedo dove sono finite? Qualcuna non ci sarà più, purtroppo, ma la
stragrande maggioranza dovrebbe essere ancora tra noi. Sono in poltrona? Sono stanchi,
delusi e si sono rinchiusi nel loro recinto a rimuginare sui bei tempi andati?.
Non è che questa disaffezione dei giovani verso la politica e, più in generale,
alle cose di comune interesse, in parte potrebbe derivare proprio dal fatto che
tanti, troppi hanno tirato i remi in barca troppo presto? Abbiamo forse
lasciato disegnare la politica e le sue scelte a quelli che meno potevano
rappresentare quell’esempio cui si accennava sopra? Abbiamo lasciato che la
politica venisse interpretata in maniera speculativa e che divenisse agli occhi
dei più giovani, nel migliore dei casi, un modo per svoltare nella vita?
Ecco
questo è il compito di chi pensa di essere arrivato ad una “certa”. Vivere
compiutamente il suo tempo nel segno della trasmissione di esperienza ed esempi
di vita. Non riempire l’apparente vuoto col rimpianto e il rancoroso rapporto
col tempo che passa.
Combattiamo
l’invidia sociale, combattiamo anche quella generazionale.
MIZIO
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