mercoledì 22 gennaio 2014

ANCORA IL LUPO CATTIVO?

La commedia all'italiana di lupi, cani, cinghiali e... fantasie

Negli ultimi tempi è riesplosa in parte dell'Italia settentrionale, e soprattutto in Piemonte, Liguria e Toscana, un'accanita "caccia alle streghe" alimentata da una serie di incredibili storielle, a confronto con le quali le favole che le nonne d'una volta narravano la sera ai bambini non potrebbero che impallidire.
Giornalisti alla ventura hanno rispolverato la leggenda extra-metropolitana inestinguibile dei lupi lanciati da aerei o da elicotteri misteriosi, magari con il paracadute, che fa il paio con quella dei sacchetti pieni di vipere catapultati nelle campagne dai malvagi di turno. Un modo assai semplice di diffamare chi difende la natura, e di reclamare a ogni passo soccorsi e finanziamenti, magari invocando lo "stato di calamità".
Intendiamoci: non c'è dubbio che i lupi siano carnivori predatori, e che episodi di attacchi alle greggi e agli animali domestici possano verificarsi: ma dove il bestiame viene ben custodito, con ricoveri notturni o reti elettrificate, e soprattutto con validi cani da pastore, la quantità dei danni risulta alquanto ridotta: e va comunque indennizzata prontamente e adeguatamente. Ma non occorre essere grandi esperti, per capire che i più seri problemi alle attività agropastorali derivano oggi da ben altri fattori. Anzitutto, dal randagismo canino e dall'ibridazione tra i cani abbandonati e qualche lupo disperso dal branco, fenomeni tutti provocati dall'uomo. Per non dire della scriteriata, ripetuta introduzione di cinghiali alloctoni, provenienti dall'Europa centro-orientale, capaci di riprodursi e diffondersi a ritmi un tempo impensabili.
Chiunque ammetta, con un minimo di onestà intellettuale, questa semplice evidenza, non potrà allora non riconoscere che la presenza sul territorio di branchi di lupi lasciati tranquilli può costituire il metodo migliore, e certamente il meno dispendioso, per arginare le conseguenze di questi gravi errori umani. E non solo perché i lupi contengono l'espansione dei cinghiali, ma anche perché li spostano continuamente, tenendoli in movimento ed evitando che i loro danni colpiscano sempre gli stessi sfortunati agricoltori.
D'altro canto è ben noto che i cani randagi, vaganti e rinselvatichiti (tre categorie simili, spesso confuse ma ben distinte sul piano eco-etologico) ammontano certamente a ben più di un milione in Italia: ma se dovessimo dar credito alle voci e alle idee correnti, sarebbe difficile trovare qualcuno disposto a riconoscere il loro pesantissimo impatto sul bestiame domestico, quasi si nutrissero soltanto di aria fresca e di tenere erbette. La ragione è molto semplice: dando sempre la colpa al lupo, il danno risulterà meglio dimostrato, e quindi l'indennizzo sarà più probabile.
Anche i ridicoli piani di abbattimento d'un certo numero di lupi, in base a programmi redatti a tavolino da baronìe accademiche furbastre a caccia di finanziamenti, non farebbero che aggravare la situazione, disgregando i branchi, isolando gli individui subadulti e provocando tra i sopravvissuti maggior riproduzione, o addirittura causando occasionali fenomeni di ibridazione.
Resta tuttavia difficile comprendere come mai istituzioni, parchi, riserve, università, associazioni ambientaliste e media non abbiano mai pensato di rivolgersi per chiarimenti al Gruppo Lupo Italia, che dispone in proposito della più ampia esperienza, memoria storica e documentazione, avendo dovuto affrontare e risolvere per decenni, nel modo più rapido ed efficace, tutti questi problemi, non certo nuovi né sconosciuti.
Cancellare la memoria storica, non è certo un mistero, si rivela sempre frutto di ignoranza e miopia, e fonte di enormi errori che possono portare a conseguenze disastrose per tutti. Ma nell'Italia oggi in declino, questo sembra purtroppo un deplorevole costume sempre più diffuso.


Franco Tassi

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