venerdì 3 ottobre 2014

IN UN MONDO CHE…..



“In un mondo che non ci vuole più…….”.era l’inizio di una famosa canzone del grande Battisti degli anni ’70 . Un mondo già allora ancorato a visioni di progresso materiale poco incline a lasciare spazio ai movimenti dell’anima, del sentimento o alle sensibilità artistiche.
Ma pur nella sua imperfezione e nella sua limitatezza era ancora una società in cui lo spazio per l’autopromozione di una crescita culturale, politica o, semplicemente spirituale, era possibile e faceva intravedere all’interno del percorso vitale di ognuno la possibilità di poter scegliere la propria indipendenza in un qualsiasi momento. Il fermento artistico, culturale, politico e filosofico era costantemente presente nelle scuole, nei posti di lavoro, all’angolo di ogni strada, nei poster che ognuno appendeva nella propria cameretta.
Le barriere di classe stavano /apparentemente) progressivamente cadendo, lasciando il posto all’idea che anche i figli degli operai potessero aspirare a qualcosa dipiù e di meglio che l’occupazione degli ultimi gradini della scala sociale.
Sembrava veramente che gli immani sforzi fatti, in termini di fatica e di lotte, delle generazioni precedenti stessero finalmente dando i loro frutti., che la società tutta si stesse ritrovando in un prospetto unico d’organizzazione, in cui al primo posto ci sarebbe stato il rispetto e il riconoscimento della pari dignità di ogni essere umano.
Ma, purtroppo c’è sempre un ma, il lieto fine non fu mai scritto, anzi, i nuovi capitoli hanno riportato alle righe iniziali della storia cancellando rapidamente e subdolamente non solo dal punto di vista legislativo ma dai pensieri e dalle coscienze l’idea di una società più giusta. Questo mondo non vuole più, o forse non ha mai voluto, che le differenze economiche, di genere, di razza fossero relegate tra i fenomeni da studiare nei libri di storia. Questo mondo l’hanno scritto e imposto lor signori sin dagli albori. Sin da quando , uno dei primi esseri umani scoprì che era più facile e redditizio, far lavorare altri al posto proprio. Utilizzando, per giustificare ciò  a seconda dei periodi, la forza fisica, il presunto lignaggio, la superiorità legata a scelte divine ma fondamentalmente sempre servendosi dalla potenza economica. Cosa che garantiva la complicità e la difesa dello status quo con classi (nobili, militari, sacerdoti) che man mano andavano formandosi e che costituivano il substrato culturale con cui propagandare e difendere l’organizzazione sociale, bastando loro l’illusione di appartenere a classi elette e superiori.
Si inseguiva il sol dell’avvenire e la fantasia al potere che con una risata li avrebbe seppelliti, e invece il sole è tramontato da tempo, la fantasia l’hanno usata molto meglio i signori del mondo per condizionare, addormentare e sviare le coscienze, e la risata che sentiamo adesso è la loro mentre festeggiano la nostra sepoltura.
Craxi, Berlusconi, Prodi, Forza Italia, Lega, PD, PDL, NCD, Bossi, Grillo,,Letta, Renzi non sono che facce diverse dello stesso copione, quello di riportare l’assetto societario al suo paradigma iniziale di differenze classiste facendo cadere nel dimenticatoio come utopiche o sbagliate le ideologie che avevano permesso il riscatto delle classi subalterne.
Ora siamo al “redde rationem”, usando tutto l’armamentario ideologico, comunicativo, strategico permesso dalla loro potenza stanno sferrando l’ultimo attacco con ottime probabilità di vincere senza neanche trovare  troppa opposizione.
Mai come oggi il nostro destino è nelle nostre mani. Possiamo tentare di trattenerlo o di cederlo “pro domo sua”. Sapendo, però, che se decidessimo di resistere (cosa di cui mi permetto di dubitare) le mosse immediatamente successive sarebbero le loro e ci porterebbero a dover affrontare situazioni ad oggi solo teorizzabili. Il potere non ha mai disdegnato, ad esempio, di utilizzare la guerra come strumento di distrazione sociale, così come non disdegna, in chiave più moderna, l’uso del ricatto economico minacciando chiusure, delocalizzando aziende, favorendo una globalizzazione del bisogno e della perdita di diritti ben sapendo che con le loro pance piene loro possono permettersi di aspettare sulla riva del fiume.
E a quel punto forse, saremo chiamati, a dover prendere impegni e decisioni decisamente più radicali. Se il mondo non ci vuole più (almeno liberi) dovremo fare in modo di riprenderci il mondo!
Come? Ne riparleremo!
Ad maiora


MIZIO

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