Un altro contributo del Dott. Santopietro che analizza con lo sguardo e la codifica della fede, un problema, quello dell'intolleranza razziale e religiosa, che caratterizza il nostro tempo.
MIZIO
“Io non mi
domando a che razza appartiene un uomo: basta che sia un essere umano; nessuno
può essere qualcosa di peggio” (M. Twain, in “L’uomo che corruppe Hadleyburg”)
L’eco delle cronache drammatiche legate
alle stragi globali del fanatismo islamico, di cui colpisce tristemente quella
di Nizza, si aggiungono i frequenti
episodi di violenza razziale verificatisi negli Stati Uniti, che sembravano
fossero prerogativa degli statunitensi, ma in questo tormentato Luglio del 2016,
l’Italia è stata scossa dall’efferato omicidio a sfondo razziale accaduto a
Fermo. Un brusco risveglio. Si dirà, per esorcizzare la brutale realtà, che in
fondo“tutto il mondo è paese”, come per dire: “mal comune mezzo gaudio”quindi….
Ma la riflessione che vorrei fare con voi alla luce delle Sacre Scritture, tenuto conto delle importanti influenze che hanno sulla
vita quotidiana la morale, gli schemi
culturali e le innovazioni tecnologiche, è che nell’uomo di ogni tempo prevale un “invariante nucleo psichico”,
di cui fa parte una primitiva avversione per ciò è “diverso”, per qualità fisica o psicologica
o pigmentale o religiosa o comportamentale, cioè tutto ciò che non è omologato,
non conforme al modello sociale dominante, generando pericolose aspettative
disattese, base dell’ostilità più bieca:
l’espressione antropologica dell’odio razziale! Insomma, il rischio è che chi è
percepito come “diverso”, sia implicitamente un nemico, “nutrimento” necessario
ad alimentare la spinta xenofoba. Eppure non esistono razze umane, né esistono
di ordine superiore ad altre, esiste una sola umanità, di cui sono molteplici le
varie etnie sparse nel mondo (Ge 11,1ss). Da un punto di vista biblico, tutti
gli uomini sono a immagine e somiglianza di Dio (Ge 1,26-27). Si potrà obiettare
che Dio abbia costituito un “suo popolo”, differente da tutti gli altri. Dio allora avrebbe “discriminato” fra
gli uomini? No! Gli Ebrei, privilegiati nel rapporto con l’Eterno, avrebbero
dovuto introdurre, preparare gli altri popoli alla Sua conoscenza, avrebbero
dovuto illuminare l’intera umanità, avrebbero dovuto divulgare, rendere
familiare l’idea monoteista e, soprattutto, rendere nota la Sua smisurata misericordia.
Il simbolo concreto del “pellegrino”, di colui il quale è sprovvisto del
vincolo etnico-nazionalista e, perciò, sempre straniero in questo mondo, fu
Abramo (Ge, 12,1ss), il padre delle tre grandi religioni monoteiste (Gv 8,39).
Ma accadde che il popolo del V.T. invece di assecondare gli insegnamenti di
Dio, s’insuperbì, si gonfiò di vano orgoglio per il solo fatto di essere l’unico
popolo dell’unico e vero Dio! Un onore che divenne un onere non corrisposto! Ma,
attenzione, allo stesso modo può avvenire oggigiorno a noi cristiani se
mostriamo la medesima alterigia nei confronti degli altri, che non appartengono
alla chiesa di cui si è parte, come successe a Diotrefe (III Gv1,9). Agli ebrei
di quel tempo, oltre l’inosservanza della legge divina, mancò la pratica dell’umiltà: antidoto necessario
per neutralizzare la superbia o la convinzione immotivata di essere così a
posto al cospetto di Dio (I Co 13,1ss). Ma
già millenni fa, Dio tuonò severamente contro il suo popolo, insensibile alla caricatevole
profondità della Sua legge:
“Voglio misericordia e non sacrifici” (Osea 6,6).
L’opera di misericordia era richiesta
agli Ebrei nelle loro relazione umana, ma includeva esplicitamente anche la
sfera dei rapporti con gli stranieri (gli
“impuri”, “i senza Dio, “i cani
infedeli”) come è sancito in Deuteronomio (10,17-19):
“Circoncidete dunque il vostro cuore
ostinato e non indurite più la vostra nuca perché il Signore vostro Dio è il
Dio degli dei, il Signore dei signori, il Dio grande, forte e terribile, che
non usa parzialità e non accetta regali, rende giustizia all'orfano e alla
vedova, ama il forestiero e gli dà pane e vestito. Amate dunque il
forestiero, poiché anche voi foste forestieri nel paese d'Egitto…(…)”.
In questi passi, l’autore sacro
conferisce alla circoncisione un significato spirituale che va oltre la sacralità del rito di fratellanza etnico-religiosa,
anticipando di millenni (1440 a. C. circa) il concetto cristiano dell’Apostolo Paolo, il
quale riteneva che il vero segno di
appartenenza spirituale al popolo di Dio fosse solo quello inciso nell’anima,
nella mente, nel cuore del fedele e non nell’esteriorità di un meccanico atto
carnale!!
“Giudeo,
infatti, non è chi appare tale all’esterno, e la circoncisione non è quella
visibile nella carne; ma Giudeo è
colui che lo è interiormente e la circoncisione è quella del cuore, nello
spirito, non nella lettera; la sua lode non viene dagli uomini, ma da Dio. (Ro
2,28-29)
Il “non indurite più la vostra nuca” corrisponde alla
testardaggine del popolo di ieri, ma anche quello di oggi, se ripropone il
medesimo atteggiamento superbia verso i propri simili e di opposizione al
Signore (cfr. I Co 10), perciò Dio, a
causa del profondo pregiudizio che nutrivano per i forestieri, fu costretto a enfatizzare
alcuni dei suoi “titoli”: l’Essere il Dio degli dèi, il Signore dei signori,
come a ricordare loro che sulla terra non
esistono altri dèi né altri signori all’infuori di Lui! Né alcun umano può
essere imparziale e praticare la giustizia con assoluta equità! Dio ha dovuto
ricordare come i forestieri fossero degni del suo amore, perché anche essi
furono stranieri in terra straniera durante il periodo della cattività egiziana,
avendo inoltre subite tante inumane vessazioni
. Avrebbe dovuto essere loro nota pure l’idea
di un Dio che mai avrebbe accettato “regali” senza una sincera disposizione di
cuore, senza ubbidienza (Ge 4,4-8; I Sa 8,1ss), esattamente come avvenne nell’eclatante
episodio di Anania e Saffira (At 5,1ss), i quali “sacrificarono” la metà dei proventi ricavati
dalla vendita di un loro terreno, alla nascente chiesa di Gerusalemme facendo
intendere che fosse invece la somma intera, mentendo di fatto allo Spirito: il
“Dio buono” del N.T. punì mortalmente la coppia! Per inciso, oggi moltissime
chiese, se non forse tutte, nella stessa situazione avrebbero elogiato il gesto
ipocrita della coppia. Ma Dio non ha riguardo alle persone, come conferma
l’Apostolo Pietro:
“In verità io comprendo che Dio non usa alcuna
parzialità; ma in qualunque nazione chi lo teme e opera giustamente gli è
gradito” (At 10,34-35; Ro 2,11; Ef 6,9).
Le sfumature discriminatorie quotidiane, che possono
rivelare il germe di un’imparzialità di fondo, sono spesso sottovalutate anche
fra i cristiani, tanto che il fratello di Gesù, Giacomo, ci ammonisce a fare la
dovuta domanda:
“Se nella vostra assemblea, infatti, entra un uomo con
un anello d’oro, vestito splendidamente, ed entra anche un povero con un
vestito sporco, e voi avete un particolare riguardo a colui che porta la veste
splendida e gli dite: ”Tu siediti qui in un bel posto”, e al povero dite. “Tu
stattene là in piedi”, oppure: “Siediti qui sotto, vicino allo sgabello dei
miei piedi”, non avete fatto una discriminazione fra voi stessi, divenendo così
giudici dai ragionamenti malvagi?” (Gc 2,2-4).
Certo, con ciò non si vuole affermare che esista un
legame diretto fra queste forme di discriminazioni e l’odio razziale,
l’intenzione, infatti, è quella di sottolineare come sia molto arduo, quasi
impossibile per l’essere umano, cristiani compresi, essere imparziale nei
rapporti di tutti i giorni (Ro 3,10). Rispetto al rapporto fra identità
etnico-culturale e appartenenza religiosa, quest’ultima viene usata come propellente
motivazionale per compiere atti disumanamente feroci, esasperando il gradiente
di diversità con “l’altro”, amplificando l’odio per il nemico che minaccia la
propria appartenenza e, quindi, giustificando assurdamente qualsiasi strage in
nome di Dio che è, a sua volta, impropriamente utilizzato come “arma di massa”, altrimenti
impossibile da concepire da una qualsiasi persona ordinaria! Purtroppo qualcosa
del genere, che rafforza l’idea dell’esistenza di “un nucleo psichico invariante”
nel tempo, era stata prevista oltre 2000 anni fa dall’evangelo di Giovanni:
“Vi ho detto queste cose affinché non siate
scandalizzati. Vi espelleranno dalla sinagoghe; anzi l’ora viene che chiunque
vi ucciderà penserà di rendere un servizio a Dio” (Gv 16,1-2).
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