domenica 28 febbraio 2021

HO LETTO PINOCCHIO

Spesso ci sono più cose tra gli spazi bianchi fra le righe che nelle parole
Pinocchio, la fiaba di Collodi universalmente conosciuta ,e proprio nell'edizione con quella copertina riportata sopra, è stato il primo libro che posso considerare veramente mio. Non proposto da altri, non regalato, non decantato da qualcuno che l'avesse già letto. Ricordo benissimo il posto e le modalità con cui ne entrai in contatto. Avevo forse 7/8 anni, avevo sicuramente imparato a leggere da non moltissimo ma già molto incuriosito e affascinato da quel mondo fatto non più solo di figure e disegni, ma di storie, parole, avventure. C'era l'annuale festa parrocchiale, uno dei momenti di gioia e di libertà per noi bambini. Giostre, caramelle, dolci, giocattoli. I giochi tipici di quell'epoca come il palo della cuccagna, la rottura della pignatta,le corse nei sacchi. Ma soprattutto era una delle rarissime occasioni in cui avevamo la possibilità di gestire in autonomia le modeste somme messe a disposizione dai nostri genitori. E a portata di mano, c'erano le mille irresistibili tentazioni sulle bancarelle che come suadenti sirene ci affascinavano con le luci, colori, odori e sapori. Quel piccolo tesoro in mano veniva costantemente messo alla prova dalla cruda realtà . Si facevano i conti più volte, aiutandosi con le dita. Si scopriva amaramente che la moderna società dei consumi e del mercato comportava dolorose scelte e sacrifici. Che non tutto e non sempre, si sarebbe potuto avere se non a caro prezzo. Prezzo che i nostri spiccioli rendevano irraggiungibile, se messo a confronto con i nostri “smodati” desideri. Tutto attirava, tutto si sarebbe voluto, ma tutto era tremendamente costoso.Quindi, passando più volte in rassegna con gli occhi sgranati le prelibatezze esposte e sapientemente decantate dagli abili imbonitori, la fatidica ma inevitabile decisione sembra a sempre più crudele e fonte di sofferenza. Sembrava prevalere il dolore della rinuncia alle molte possibilità che la gioia di appagarne poche. Arrivai così e inconsapevolmente, di fronte alla bancarelle dei libri usati. Ero già un lettore bulimico di fumetti, dei libri di lettura di scuola, di quelli di fiabe e anche del quotidiano che entrava regolarmente in casa. Però, trovarmi di fronte un intero spazio ricoperto alla rinfusa di libri mi colpì e affascinò come non mai e cominciai la personale e accurata esplorazione dei titoli presenti. Ovviamente la stragrande maggioranza mi era totalmente ignota ma, in mezzo a tutti gli altri risaltò e attirò la mia attenzione quella copertina colorata e quel buffo personaggio. Pinocchio! Era un nome già sentito da qualche parte, ma più che la fama potè il potere seduttivo della sua copertina. Non ci pensai più di tanto. Un libro, anzi quel libro, era quello che volevo. Avrei sacrificato volentieri dolci e giocattoli per essere l'orgoglioso proprietario di un libro. Il primo libro che avrei sentito veramente mio. Da quel giorno, com'è facile immaginare, la sua lettura mi tenne compagnia a lungo. Le illustrazioni, ingenue e minimali se rapportate a quelle moderne, le disavventure del burattino divennero una costante nelle mie giornate e, anche quando non lo leggevo, mi piaceva riprenderlo, guardarlo e persino odorarlo. Particolare piacere questo, che si sarebbe ripetuto per tutta la vita con i tanti altri libri successivi. O almeno, con quelli che hanno rappresentato una pietra miliare o comunque qualcosa, nella personale formazione. Quel libro,mi tenne compagnia a lungo e l'ho letto e riletto più volte. Senza vergogna, anche in età più matura dove, comunque, si accompagnava naturalmente a letture più impegnate. Purtroppo, nei vari traslochi che si sono succeduti, non so né dove né quando è andato perso, ed è rimasto solo nei ricordi più teneri. Ma il suo significato è rimasto e, anzi, si è persino accresciuto. Si è scoperto, col passare degli anni che, quella che sembrava una semplice fiaba intrisa di buoni sentimenti e di facili morali, poteva essere tranquillamente letta e vista sotto una luce completamente diversa e decisamente, più intrigante. Il burattino che diventa bambino cosciente di sé, attraverso tutta una serie di prove dolorose e impegnative da cui trarre spunti di riflessione e non solo di facile insegnamento. Non mancava, come in tutte le tradizioni religiose o spirituali, il demiurgo, il creatore, nella figura di Geppetto (in questo caso inconsapevole). Non mancano i demoni e le figure tentatrici che provano a impossessarsi della sua anima promettendo paradisi artificiali. Non manca la figura caritatevole pronta al perdono come la Fata Turchina e neanche la cattiva coscienza e predicatore inascoltato come il Grillo parlante. Non mancano le illusioni, le delusioni, le rovinose cadute, le facili scorciatoie e l'amara presa di coscienza. E tutto questo non somiglia tremendamente all'accidentato cammino della razza umana, e del singolo individuo? Quale migliore rappresentazione del duro, lungo apprendistato rappresentato dall'evoluzione fisica, di coscienza e spirituale dell'umanità e dell'intero universo conosciuto? E se questa consapevolezza avviene attraverso una lettura apparentemente semplice non è certo meno apprezzabile e valida che se fatta all'interno di verbose, pesanti anche se dotte, ma troppo spesso inascoltate citazioni e argomentazioni filosofiche? Come diceva Ermete Trismegisto “Come nel grande, così nel piccolo”. Riscoprire la grandezza e la miseria dell'umana condizione anche tra le righe e le facili allegorie di una fiaba, può contribuire a dimensionare noi stessi all'interno di quel gioco complesso, duro, di difficile comprensione e di ancor più difficile attraversamento, che è la vita. Vita che, come Pinocchio, dovremo forzatamente scoprire diversa e con significati altri rispetto quelli che non siano semplicemente appagamenti egoistici e rinchiusi in un recinto di soli edonistici traguardi. MIZIO

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