venerdì 10 luglio 2015

DI RETORICA NON SI MUORE, MA NON SI VIVE BENE


 

Viviamo immersi nella retorica, la retorica della buona politica, della buona scuola, del buon lavoro, della crisi che non è solo economica ma di valori.
Ci immergiamo nella retorica e ci adagiamo come fossimo nella piscina dell’acqua miracolosa di Lourdes, trovando in essa se non la soluzione ai problemi, comunque un temporaneo sollievo che ci conferma ancor di più la bontà della cosa.
La retorica è consolatoria, ci permette di trovare sempre e comunque un habitat idoneo in cui trovare conferma alle nostre convinzioni e di identificare chiaramente il nemico o avversario. Nemico che, quasi sempre non è diverso da noi seppur immerso in una retorica di stampo differente: “La retorica, a quanto pare, è artefice di quella persuasione che induce a credere ma che non insegna nulla intorno al giusto e all'ingiusto” (Socrate).
Il giusto e non giusto sono le uniche categorie che l’essere umano da qualsiasi punto parta può e dovrebbe considerare discriminanti. La retorica fine a se stessa è spesso autocelebrativa e induce a valutare il mondo intorno in maniera manichea e limitata. Scompaiono i chiaroscuri, i dubbi, le incertezze, rimangono le convinzioni, i giudizi tranchant, che non lasciano spazio ad altro che alla propria visione. Di retorica è imbevuta la storia dell’uomo fin dagli albori, raccontati, spiegati in modo romanzato e inverosimile con la storiella di Adamo ed Eva o similari ma, comunemente accettato per secoli,  in nome del conformismo.
Ecco l’altro frutto della retorica: Il conformismo, che non è solo quello della massa ignorante veicolata e inconsapevole di esserlo (ovviamente il più insidioso), ma anche dell’esatto contrario quando, da parte di minoranze, orgogliose di esserlo, ci si aggrappa in maniera quasi disperata alla propria visione, frutto spesso di letture di vita ed esperienze del tutto soggettive e non la si mette in discussione per timore di compromettersi ed essere giudicato, o autogiudicato.

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"Non sarei sincero se dicessi a voi che sono rimasto persuaso" (cit.Pietro Ingrao) l’eretico, che sosteneva la necessità di prendere atto d'un cambiamento necessario in quel momento storico.
Ecco l’ antitodo alla retorica e al conformismo: l’eresia, quella lucida, ragionata, ostinata nella ricerca del meglio a prescindere e non per salvare sè o la propria coscienza.
“…andare a un'alleanza non già fra Pci e Psi ma con le sinistre dei socialisti e dei cattolici, politiche e sindacali….” Quando Ingrao disse nella direzione nazionale del PCI nel 1969 queste parole sapeva di uscire dall’ortodossia e dalla retorica del “il partito ha sempre ragione” ma, grazie a quelle parole e a ciò che hanno comportato, il partito stesso e coloro che ne erano rappresentati scrissero alcune delle pagine più belle, anche se tormentate, della storia del movimento operaio italiano.
La retorica e il suo figlio legittimo il conformismo (che può essere di vari colori anche se in genere ne vediamo uno solo) sono il freno più potente alla storia e al progresso umano. Compito dell’essere umano illuminato, o che si ritenga tale, è il mettersi in discussione sempre. E’ fare dell’esercizio critico e dell’eresia il proprio modus vivendi e operandi. Solo così potremo chiedere ad altri di essere diversi e convincerli della necessità del cambiamento, perché, solo così, saremo capaci di dimostrare praticamente la non sudditanza ad un  pensiero unico sia esso piattamente maggioritario o orgogliosamente minoritario.
La vita, la ricerca della giustizia sono cantieri aperti, sono viaggi nell’ignoto senza nessuna di quelle certezze che la retorica rende consolatorie nell’affrontare il mare aperto su rotte e itinerari prefissati.
Il coraggio si dimostra anche nel rischiare di incorrere nell’errore e nella perdita della rotta, ma potendo sempre dire di averci comunque provato. Il rimanere in porto per paura o convenienza ci avrebbe messo al sicuro da errori e delusioni, ma avremmo mancato, magari per l’ennesima volta, l’occasione con la storia per vedere se ci sono nuove terre e nuovi mondi.
Ad maiora


MIZIO

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