C’è
bisogno di unità, il partito unico è una necessità, c’è uno spazio enorme da
occupare. Sono mesi ormai che questo è il leitmotiv che ci accompagna nella
nostra pratica di militanti politici. Partecipiamo, organizziamo, ci informiamo
quotidianamente con la stessa riposta speranza del tifoso durante il calcio
mercato. Ecco ci siamo, si parte.. con chi, per far cosa? Non lo so, intanto
Sel il mio partito ha deciso di sciogliersi. Cosa che auspicavamo o temevamo da
tempo, ma, decisione, comunque, strettamente legata ad alcune condizioni ben precise.
Prima fra tutte la costruzione di qualcosa di più grande e aperto. Invece nelle
modalità e nella tempistica, più che una decisione meditata, discussa,
condivisa e approvata dalla maggioranza del partito sembra un inevitabile,
lento scivolare su un piano inclinato che ci sta portando inesorabilmente in
un’unica direzione. La fuoriuscita di Civati e altre personalità di rilievo dal
PD è stata indubbiamente uno degli motivi dell’accelerata sul tema dell’unità a
sinistra, ma il mettere in piedi con un instant time perfetto un progetto già
pronto all’uso, preconfezionato e praticamente già strutturato
nell’organizzazione, nei temi, nelle finalità appare fortemente limitativo e
penalizzante per la forza che più di tutte ha perseguito il terreno di una
sinistra alternativa al PD e all’identitarietà velleitaria.
Mi
pare persino ovvio sottolineare che tra i naturali alleati di un progetto
alternativo ci possano essere anche i fuoriusciti dal PD ma delegare a questi
la guida, la rappresentanza e l’identità del cambiamento appare decisamente
limitato e penalizzante per Sel, i suoi militanti e chiunque si stia spendendo
per questo progetto. Quello di cui si discuteva, si ragionava, si ipotizzava
non era esattamente quello che si sta prefigurando. Intanto una composizione di
tal genere non avrebbe assolutamente quel taglio di rottura e di alternatività
rispetto le scelte del neo liberismo economico e politico portato avanti anche
dalle forze socialdemocratiche e socialiste europee. Si parla di apertura al
sociale, all’associazionismo in gran parte formato però da soggetti che già
operano e lavorano in modo contiguo e parallelo alle forze di sinistra.
Inoltre, venendo a situazioni più interne, mi pare che sia cominciata una lenta
ma decisa operazione di posizionamento da parte di molti compagni che non vorrei fosse finalizzata a garantirsi rendite di posizione futuribili a dispetto dei bei, generosi e
apprezzabili impegni “ufficiali”. La vicenda delle dimissioni e della nomina
del nuovo coordinatore romano, da quello che ho letto non essendo di quella
federazione, fa venire qualche dubbio. Sentire accennare a decisioni prese nella logica spartitoria tra
componenti interne, nel momento in cui si decide
di sciogliersi e ci si avventura in cerca di altri orizzonti appare perlomeno preoccupante.
Ritornando comunque, al tema principale, siamo sicuri che una nuova forza che
ha nell’asse ex PD ex Sel e parte diex RC il suo target abbia quella forza innovatrice
e possa apparire come di rottura e alternativa al punto tale di far ipotizzare
ipotesi di governo?
Se
l’obiettivo è quello di recuperare qualche voto da elettori PD delusi, diciamo
che potrebbe essere raggiunto abbastanza facilmente ma in termini percentuali
sicuramente non esaltanti. Se, invece, l’obiettivo è (e, secondo me, deve
essere) quello di ridare rappresentanza alla massa di delusi, rassegnati che
non si riconoscono più nell’attuale politica o di dare voce e speranza a chi
voce e speranza non ha più e, magari, recuperare ad un progetto sociale
alternativo anche chi adesso ingrossa le file del M5S convinto che sia un
movimento assimilabile ai valori della sinistra, beh, credo che il fallimento
sia già scritto in partenza.
La
nostra capacità di ascolto e di analisi deve essere indirizzata più al corpo
vivo della società che alle nostre rappresentanze interne ed è da questa capacità che deve partire la proposta e l’iniziativa conseguente.
Un
progetto nuovo non può essere rappresentato dalla sommatoria di due o più esperienze
fallimentari anche se proposte in modo innovativo. Non può essere, ad esempio,
la rottamazione e il conflitto generazionale, anche se necessari, a
rappresentare il nuovo. Operazioni cavalcando questi temi sono già stati fatte da
molti con risultati perlomeno deludenti. Podemos in Spagna ha portato alla
carica di sindaco una ragazza dei movimenti a Barcellona e una distinta anche
se impegnata professionista settantenne a Madrid a dimostrazione che possono
convivere innovazione ed esperienza.
Oggi
tutti si riempiono la bocca con le stesse parole: nuovo, ricambio, alternativo
mentre quelle da usare come metro di giudizio e discriminatorie per qualunque
forza voglia rappresentare la sinistra sono giusto o non giusto. E la misura
della giustizia e dell’ingiustizia presente nella società la si ha immergendosi
e sporcandosi le scarpe in essa e non soltanto nei ristretti circoli nostrani
fatti di buona volontà, impegno e speranza.
Ad
esempio laddove (io dico purtroppo) ancora si governa nelle amministrazioni
locali insieme al PD si nota decisamente questo limite. A Roma, per citarne una,
si sono ascoltate a suo tempo le ragioni degli occupanti e dei frequentatori
dei centri sociali sgomberati? Se si fosse fatto, probabilmente, si sarebbero
fatte altre scelte o, le stesse, gestite, comunque, in modo diverso. Additare
al pubblico disprezzo intere categorie di lavoratori, come sta succedendo per i
macchinisti della metro e prima ancora con i vigili urbani, non è quello che ha sempre fatto il padrone e l’avversario
di classe? Con questo non dico che non ci possano essere ragioni e torti dall’una
e dall’altra parte ma, adottare le stesse scelte e le stesse modalità di lettura di una
qualsiasi giunta di centro destra all’interno di uno schemino politico che
tiene conto solo di parametri economico finanziari non è certo il modo per
apparire alternativi. Se non si riesce a fare questo laddove siamo presenti l’unica
opzione condivisibile sarebbe quella di uscirne.
Detto
questo, credo che, allo stato attuale lo scioglimento di Sel alla luce dei
tentativi dei Civati, dei Fassina, dei Cofferati, Landini ecc. sia operazione da
meditare a lungo e senza infatuazioni di sorta, la cui scelta definitiva debba
essere affidata agli iscritti attraverso un’operazione di tipo congressuale. Facendo
i conti della serva dei pro e dei contro credo che un rilancio dell’immagine e
del ruolo di Sel accompagnato da una naturale
e doverosa opera di rinnovamento dei quadri dirigenti e dallo sganciamento
chiaro e definitivo da accordi, sia pur locali, che possano apparire figli di
logiche di opportunismo o convenienza, sia un’opzione tutto sommato da tener
presente e i cui frutti in termini di riscontro elettorale non sarebbero di
molto diversi da qualsiasi altra operazione di collage come sembra si stia
provando a fare.
Ad
maiora
MIZIO
MIZIO
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