lunedì 2 dicembre 2024

MIZIO CI SEI?

 


MIZIO CI SEI?


IL caldo, l'estate, il silenzio innaturale del meriggio assolato, il frinire lontano di cicale annoiate. Cosa poter fare? Non sembra esserci occasione o voglia di scambiarsi parole. E con chi poi? Il monotono discreto ma continuo roteare delle pale del ventilatore non contribuisce certo a rendere più vivace e possibile una qualsiasi attività diversa dal pensare. Ma ecco che ti arriva in aiuto un rigurgito di memoria. E ritorna l'immagine di quel ragazzino, impertinente, sfacciato, maturo e saggio. Mizio, proprio lui! Ma come trovarlo? Di solito è stato lui a farsi trovare da me. Però ricordo che, l'ultima volta che ci siamo visti, mi ha detto di cercarlo pure quando, e se ne avessi avvertito il bisogno. E oggi mi pare proprio il giusto momento per farlo. Si ma come? L a prima volta fu in montagna, quella seguente durante una passeggiata in campagna. Forse devo provare a ricreare quei momenti nella loro percezione piuttosto che nel luogo. Che ovviamente, e completamente diverso dai precedenti. Quindi potrei provare a immaginare una specie di sospensione dalla realtà con una forma leggera di meditazione. Soerando che porti ad una somiglianza con quei momenti. Ma si, proviamoci dai! Chiudo gli occhi. Fisso il pensiero nel nulla (qualcuno malignamente direbbe che per me è affare semplice) e nel silenzio del vuoto che progressivamente riempie l'ambiente circostante, provo a riempirlo chiamando per nome:”Mizio... Mizio... ci sei?”... “Mizio, Mizio... mi senti?”... “Mizio, Mizio... rispondi?” “MIZIO....MIZIOOOO....”.......

E non urlare! Sono qui, che succede?”

Ohi, ci sei veramente? Mi hai quasi spaventato...Ciao, non ci speravo. Quasi quasi, avrei preferito non rispondessi. Nonostante tutto, sta cosa qua, mi sembra sempre così assurda.”

Di assurdo e capoccione qui ci sei sempre stato solo tu. Guarda se non fosse che sono così intimamente e ahimè, anche inesorabilmente legato a te, ti avrei mollato da tempo sai? Non è che sei proprio il prototipo perfetto dell' esempio da seguire eh?”

Scusami, so di non essere quello che vorresti. Faccio del mio meglio, ma evidentemente come si dice: chi nasce tondo non può morire quadrato. E comunque, vorrei farti notare che in passato, ho riconosciuto sempre i miei errori, anche nei nei tuoi confronti.  E ti ho chiesto scusa. Ma sai anche che spesso, non riesco ad essere neanche come vorrei io stesso. Ed è proprio per questo che ti ho cercato. Ci sono giornate, come quella di oggi, che sembrano decisamente più vuote. Più inutili e noiose nella loro stanca ripetitività. Giornate che nulla aggiungono e nulla tolgono. Ma che lasciano spazi enormi a pensieri, interrogativi, dubbi. E fanno montare forte la voglia, quasi la necessità di volerli confrontare e condividere con qualcuno. Ma chi vorrebbe condividere i miei timori, le mie elucubrazioni, le domande senza risposta se non un altro me stesso? Qualcuno che, oltre che conoscerti meglio di tutti, quei dubbi e quelle speculazioni, magari le condivide pure?”

Va bene, va bene, ti conosco lo so. Non fare il patetico che tanto sai che non ci casco. E sono, purtroppo, anche consapevole di quale siano le mie responsabilità  e il mio ingrato compito. Cosa ti sconvolge stavolta così in profondità, da sentire il bisogno di chiamarmi addirittura ricorrendo a strane pratiche che, per quello che ti conosco, sono poco consone al tuo essere?”

Niente di particolare, o forse no, parecchio! Tu, forse ancora meglio di me, sai quanto tempo ed energia mentale abbia sempre dedicato a riflessioni sul senso dell'esistenza, sulle sue finalità (ammesso che ce ne siano) e sul tempo che passa”. Pur non essendo minimamente un filosofo, credo però, di essere la rappresentazione vivente di quello che si diceva intorno a tale materia. La filosofia è quella cosa che per la quale e con la quale, tutto rimane tale e quale....“ “Non dirmelo, meglio di tutti conosco e ho subito gli effetti di questo tuo modo di essere. Se solo pensassi a quanto tempo mi hai lasciato solo e dimentico in un angolo, mentre tu rimuginavi sui destini del mondo, meriteresti che ti ripagassi con ugual moneta. Avere come unica compagnia l'eco lontano della tua voce, ti assicuro non era per nulla divertente, né piacevole e tanto meno sufficiente. Comunque vai avanti”.

Niente, è da qualche tempo ormai che mi interrogo non più e non solo sulle grandi questioni dell'esistere. Ci hanno sbattuto la testa per secoli menti e anime ben più grandi e capaci della mia, per poter solo immaginare di poter arrivare a qualcosa di meglio e di più valido. Pur essendo ben saldo in alcune mie convinzioni conquistate con fatica, sono altrettanto coscio delle difficoltà per poterle superare e provare ad andare oltre. Non posso che prendere atto di capacità e competenze evidentemente e forzatamente limitate. Ed è proprio da questa amara consapevolezza che nasce l' attuale necessità di provare a chiarire alcune cose.”

Sei sempre inutilmente prolisso, vieni al dunque. Sai che non mi piace, ma in fondo neanche a te, girare troppo intorno alle questioni. Cos'è che ti infastidisce così tanto da rendere necessaria una rottura di scatole al tuo fanciullino preferito? Dico preferito senza troppa enfasi perchè cosciente di essere anche l'unico, ah ah ah!.... Vabbè scusa, vai avanti...”

Simpatico come un gesso stridulo sulla lavagna. Comunque, mi chiedevo se quello che provo, o a volte esattamente all'opposto, non riesco a provare, abbia una spiegazione logica. Un qualcosa da interpretare in positivo o come un limite, da evidenziare in negativo. Ovviamente cerca di capire, nella non rigida assolutezza di questa o quella definizione”. 

 “Aspetta aspetta, cominci come al solito ad essere incomprensibile anche per me. Entra nello specifico, aiutami a capire, fai qualche esempio”.

Si certo, ci provo, ma tu stai attento e cerca di seguirmi. Guardando attorno e confrontandomi forzatamente con un comportamento altrui, considerato e accettato come normale, mi chiedo perchè per me sia così complicato l'uniformarmi e il tutto sembri funzionare in modo diverso. Come se fossimo tutti sulla stessa autostrada ma io fossi immobile ai suoi lati vedendo le altre macchine scorrere veloci verso chissà dove.Ti faccio un esempio. Perchè pur avendone avuto tante volte motivo e ragione, io non riesca a provare un vero e proprio sentimento d'odio e di rancore profondo verso qualcuno? Anche negli accadimenti più impattanti e dolorosi, alla fine se riguardanti l'azione di un singolo, pur non riuscendo nell'immediato, a reprimere una reazione anche rabbiosa, mai violenta, preferisca poi l' allontanamento e il rinchiudermi in me stesso. Coltivando, anche se con fatica, una difficile comprensione e una conseguente accettazione . Sembra che quella scintilla di reazione che pur è ritenuta comunemente normale, si esaurisca per me, in un amen. Il risentimento e l'odio che dovrebbe scattare e impadronirsi del mio sé, non riesca mai a trovare quel terreno, quel substrato fertile e idoneo per la sua crescita. Altra questione, mi pare sia quando la cosa riguardi, nell'ambito della passione e confronto politico e sociale, personaggi, scelte e schieramenti,  condannabili o addirittura criminali. Anche in quel caso però, l'odio e l'avversione più che per i singoli, si indirizza, quasi naturalmente senza sforzi verso le idee e ideologie che danno vita a quelle azioni e scelte”

Scusa, però cerca di farmi capire. Ma se odi le loro azioni, come fai a non odiare anche chi tali azioni pratica?” “Non lo so, non è che abbia mai fatto una scelta cosciente a priori. Mi viene così, naturale, come il respirare...Ovviamente con la totalità di questi, non ci terrei a stare neanche nella stessa stanza, respirando la stessa aria, per quanto sia insofferente a certe idee. Ma da questo a coltivare l'odio come sentimento prevalente rispetto le persone, non ci riesco proprio. Ho accettato, come tutti non potendo fare altrimenti, l'esser nato senza aver ancora capito. Come ho sopportato l'ingiuria e la fatica d'esser spesso l'ultimo della fila. Ho perdonato il non sapere, i vuoti da riempire. Le cadute e le risalite non mi hanno fermato. Ho amato la vita, spesso non ricambiato.  Ma l'ho sempre difesa, in modo spassionato. Perchè la vita, anche se mi ha più volte fregato, è comunque l'unica cosa che ho e percepisco come veramente come mia. Non cercata, non scelta, non voluta, ma comunque solo ed esclusivamente mia. Anche se è la stessa che se una cosa mi dato, dieci se ne è riprese. Quella del non capito e tante volte solo subìto. E dovrei e anche vorrei spesso detestarla, combatterla, metterla all'indice.. Ma, alla fine non riesco. La subisco, la sopporto, la vivo a fatica, ma non la odio”.

Mi sembra che stia allargando eccessivamente il fronte del dubbio e faccio fatica a seguirti“.

Scusa, hai ragione cerco di spiegarmi meglio. Per quello che sappiamo, sia in una concezione spirituale o più semplicemente e logicamente umana. L' essere cosciente e pensante non potrebbe, per essere considerato tale, che aspirare ad essere anche completo. Senza mancanze, deficit o limiti che ne inficino e ne limitino questa sua naturale peculiarità. Quindi, venendo a noi, anche la carenza nel proprio animo dell' odio, non potrebbe essere speculare a quella che sarebbe condannata ed evidenziata se riguardasse la carenza dell' amore? Rappresentandone nel caso, per semplice assunto logico, un indubbio limite? Ma sarà un limite da dover superare per camminare verso una perfezione, che sarebbe poi comunque, irraggiungibile? O va accettato e considerato come patrimonio personale e immodificabile pari a quello genetico? Trasmesso da chissà chi e chissà dove, nella miriade di incroci possibili tra i miei avi? Per cui considerando l'obiettivo della perfezione, come detto, irraggiungibile, la conclusione logica e conseguente non può che essere il riconoscimento dei propri enormi limiti e la non completezza come caratteristica oggettiva dell'essere umano. Di tutti gli esseri umani, a prescindere dall' impegno o dall'intenzione del singolo ”

Fermati, ti prego, fermati. Non dimenticare che io sono comunque, un bambino. Si d'accordo sono sempre te. Sono quella parte fanciullesca che è non stupida e nemmeno così pura e innocente. Ma sicuramente non in grado di seguirti su sentieri di pensiero così complessi. Poi oggi in particolare, mi sembri più sfasato del solito. Pare un po', e mi da fastidio anche il solo a pensarlo, tu sia ritornato quel Mizio che mi aveva dimenticato e relegato nei sottoscala del tuo essere per seguire le sirene della vita e le sue fascinazioni. Non ti seguo più di tanto, non posso farlo. E tanto più io non posso, se neanche tu puoi.”

Hai ragione. Forse pretendo troppo da te. Che poi sarebbe pretendere troppo da me. Dovrei riuscire ad accontentarmi di quelle, non molte per la verità, opportunità e potenzialità che la vita, la genetica, il caso o un oscuro disegno divino mi hanno messo a disposizione. Cosciente che, qualunque sia stato il motivo poteva andarmi meglio. Ma anche decisamente peggio...Il solo fatto di poter avere questo rapporto e questa conversazione con te, ben oltre il limite del comprensibile e di ciò che può essere considerato “normale”, mi sembra un fatto straordinario se non un vero e proprio privilegio. Credo che un po' tutti si immergano prima o poi entro sè stessi, ma ben pochi credo abbiano la possibilità di vedere, parlare e persino toccare, qualcosa. Quello che normalmente è confinato nell'ambito di quel repertorio considerato tipico della fantasia, quando va bene. Ma molto più spesso catalogato frettolosamente nelle problematiche meritevoli di attenzioni psicologiche.”

Tranquillo sappiamo entrambi che non sei matto. Un po' strano, forse, ma matto decisamente no. I pazzi veri sono altri. Sono quelli che vedi sfrecciare su quell' autostrada, tanto per ritornare al tuo esempio. Quelli che sanno di andare a schiantarsi comunque, ma non si fermano mai a chiedersi il perchè. Gli stessi che reagiscono a una spinta con uno schiaffo. E poi con due, tre, quattro. E poi non basta e allora il bastone, i coltelli, la pistola, il cannone, la bomba, la guerra. Ecco quelli che non riescono ad uscire da questa logica sono i veri pazzi. E coloro che li seguono senza discutere condividendone le logiche e le scelte. Sia con l'appoggio vero proprio che con il silenzio complice, sono i veri incompleti e limitati. Non che tu non lo sia, ma se non altro, ne hai coscienza e provi a cambiare costantemente, soprattutto te stesso. Ecco mi hai fatto fare ancora una volta il saputello che diventa anche fastidiosamente spocchioso. Spero di esserti stato comunque utile... 

Ops...il mio tempo, ma anche il tuo e questo dialogo, in questa dimensione sta per esaurirsi. Credo ci si debba salutare. Tanto ormai sai sempre dove trovarmi... ciao, non dimenticarmi.”

Ciao Mizio, ciao. Abbi cura di te....A presto....e grazie."

domenica 24 marzo 2024

EQUIVOCI

 




Dopo tanti tentativi di capire, di interpretare, di storicizzare gli eventi, le questioni e i relativi personaggi, si arriva a conclusioni spesso di una banalità sconcertante. Quante parole, quante mistificazioni, quanti demoni vestiti da santi e quanti santi trattati da demoni.

La verità appare all'improvviso come una saetta che illumina e squarcia un paesaggio desolato e desolante. Il big bang che si dice abbia dato il via a tutto ciò che possiamo, non solo vedere e conoscere ma anche, a tutto ciò che si possa anche solo e semplicemente immaginare, si ripropone dimensionalmente rapportato, all'improvviso e potenzialmente nella mente e nella vita di ognuno di noi.

Il rinchiudersi in una forma pensiero standard, immutato e immutabile nel tempo, se da una parte, facilita la comunicazione e la condivisione di una piattaforma comune di convivenza e accettazione delle relative regole. Dall'altra ne mostra spesso i limiti e la permeabilità. Permeabilità che, proprio facendo leva strumentalmente su quelle regole condivise e da accettare come inevitabili, permette a chiunque lo voglia e lo possa, di farsi interpreti di un ruolo e di una funzione più autopromozionale che corrispondenti a un interesse collettivo..

Può sembrare un ragionamento eccessivamente proiettato in una dimensione altra e anche, tutto sommato, di lana caprina. Ma se lo facciamo trascendere da quella dimensione esclusivamente e intellettualmente speculativa, per riportarlo in una dimensione più accessibile e calata nella realtà, ne possiamo sostanziare e riconoscerne una sua validità. Non assoluta certamente, e con molti bug o limiti facilmente riscontrabili. Ma sono gli stessi bug e limiti che si possono ritrovare in qualsiasi ragionamento abbia la pretesa di interpretare un qualsivoglia concetto o processo espresso o da giudicare. La differenza la fa quella cosa cui si accennava in precedenza. Cioè la condivisione per necessità o convenienza, di una comune piattaforma interpretativa e di un modus vivendi condiviso e accettabile dai più.

Detto ciò in premessa a cosa e dove si vuol andare a parare?

Praticamente a nulla più che al provare di fornirsi di una chiave di lettura della realtà circostante non limitandola ad una percezione unica e immutabile. Ma inquadrandola come frutto di convenzioni, abitudini, visioni non sempre e non per tutti, corrispondenti un sentire reale e spurio da interessi speculativi.

Questo, se da una parte è la meravigliosa caratteristica che fa della vita sulla Terra un'esperienza unica e irripetibile per ognuno. Per altri aspetti ne permette un condizionamento eccessivamente limitativo e penalizzante per la maggior parte di noi.

Ne limita capacità, analisi, visione complessiva oscurandone approccio, metodo e finalità. Cosa che renderebbe necessaria una consapevolezza di coscienza e di pensiero con relativa capacità di resistenza, di critica alternativa e propositiva. Che poi non sarebbe altro che la base indispensabile per qualsiasi ipotesi di evoluzione e crescita personale o collettiva. Senza mettere, e mettersi in discussione, banalmente non si cresce e non si migliora.

Però per non appesantire troppo il ragionamento credo sia il momento di riportare il tutto ad una dimensione vicina e sicuramente più comprensibile. Che è la dimensione intellettualmente meno speculativa ma più vicina e compresa nella vita di ognuno, Anche se detestata, a torto o ragione, dai più. Che è la dimensione politica. Dimensione in cui ritroviamo trasformati in atti pratici e impattanti nella vita di ognuno, qualsiasi ipotesi, scelte o prospettive future fatte nella sua dimensione.

Si vive immersi in una comunicazione mediatica che trasforma e riduce spesso il tutto in una semplice e banalizzante questione di destra e sinistra. Cosa che non sarebbe in assoluto sbagliata, se solo fosse corrispondente al vero.

Appare chiaro, difatti che destra e sinistra nella percezione comune non siano più categorie dell'anima e della coscienza. Ma appartenenti ad altre, più meschine e limitate interpretazioni e schieramenti.

Di quelle che erano grandi (condivisibili o meno) concezioni, teorie capaci di sviluppare azioni, anche rivoluzionarie, coinvolgenti e di massa di altissimo livello qualitativo, non rimane che un unico grande immenso e brutalmente pernicioso equivoco.

Equivoco che un PD, ad esempio, sia sinonimo di appartenenza ad una qualsiasi sinistra. Equivoco che si ritenga un M5S come rivoluzionario nel senso nobile del termine. Equivoco che questa destra cialtrona, sia diversa da quella fascista da cui con molta fatica si dichiara diversa. Equivoco che alcuni personaggi compresi nel loro ruolo di sedicenti portatori di verità e giustizia assoluta, dal loro piccolo limitato recinto, possano nella loro minimale dimensione, poter cambiare alcunchè. Ritagliandosi e contentandosi di un ruolo che, comunque promuove e gratifica quasi esclusivamente il proprio ego.

Equivoco, fondamentalmente, che tutto ciò che questi (e i loro epigoni continentali o addirittura planetari) possano in qualche misura poter cambiare qualcosa che non sia pro domo loro e, anche dei propri sponsor e padroni. Difficile semplicemente da sperare se ad oggi sono al di fuori di slogan e di autocitazioni, risultare incapaci, impossibilitati e soprattutto, senza la volontà di cambiare, in primis sè stessi.

Ecco se questa consapevolezza, quando sia semplicemente registrata, ma non applicata nella visione complessiva, al pari della stessa funzione di un paio di occhiali per la miopia, apparirà per una strampalata, curiosa e sostanzialmente inutile o velleitaria provocazione. Ma se fatta propria e indossata costantemente come una seconda pelle, permetterà di vedere oltre le parole e le apparenze. Cosa che permetterebbe una maggiore coscienza e consapevolezza del tutto. Fornendoci una chiave di lettura più ampia per operare scelte e giudicare personaggi e azioni. Difatti l'obiettivo di questo ragionamento non è quello di porsi fuori dal mondo in una posizione di presunta superiorità morale o intellettuale. Ma anzi, di ribadire la necessità di immergersi nelle cose del mondo. In quanto solo con una maggiore consapevolezza e maggiori strumenti di valutazione si può vivere in modo più compiuto. Cosa che, ovviamente, non mette al riparo da errori o delusioni, ma ne limita effetti e contraccolpi in negativo e le relative frustranti delusioni.

Certo apparentemente rimane sempre molto più semplice, pagante e meno impegnativo sposare una causa, legarsi ad una sigla e fare squadra con tutto il bagaglio di emotività e retorica connesso. Sicuramente più gratificante che affidarsi ad una navigazione, spesso in solitaria, più perigliosa e meno sicura. Ma che preveda sempre e comunque una visione scevra da condizionamenti di sorta, comprese quelli delle proprie convinzioni.

Mettere sempre e comunque, in discussione se stessi, è la migliore garanzia di poter giudicare e criticare qualsiasi altra situazione.

Banalmente, come si ripete da sempre, non puoi pensare di cambiare il mondo, se non riesci a cambiare per primo te stesso.


MIZIO

domenica 10 marzo 2024

SORELLA? NO, MEGLIO SIGNORA.


 

Quando arriva una certa, che non è uguale per tutti, c'è chi se la sente tale già a 30 anni e chi anche a sessanta, la ignora bellamente. Ma tutti prima o poi, con quello spartiacque del dato anagrafico ci fanno i conti. Volenti o nolenti, il tempo che passa porta a riflessioni che, progressivamente si spostano dal cercare il modus e il significato migliore del vivere, alla consapevolezza che questo a quel certo punto, non basta più. I progetti rimangono, rimangono le aspettative, si mantiene comunque, qualche speranza. Ma con la sempre più lucida consapevolezza dell'avvicinarsi della fine della corsa.

La questione, anche se esorcizzata ironicamente, magari con gesti e battute, nel più profondo del nostro essere, sappiamo essere lì, a prescindere di qualsiasi altra nostra considerazione, aspettativa o paura. Le forze, fortunatamente e tutto sommato, ancora permettono una vita piena, autonoma e se limite c'è, non è dovuto ancora a incapacità o impossibilità legate alle tante primavere. Ma ad altri e più impellenti motivi. Magari di natura economica, di opportunità o di situazioni familiari complesse che necessitano di una nostra presenza. 

Si riesce, fortunatamente, ancora ad avere un pensiero lucido e attento, non condizionato o condizionabile dal marasma circostante.

Inevitabile, e anche comprensibile, qualche scivolata nostalgica, ripensando a momenti, situazioni, visi e nomi del passato. Nomi e volti che per un fatto naturale, o per qualsiasi altro motivo, non fanno più parte del nostro vissuto giornaliero. Ma questo, però è sentimento comune che prescinde da un'età in particolare. Quella cui mi riferisco invece, come dicevo, porta a riflessioni di altro tipo. Per mia natura sono abituato alla curiosità. Al cercare risposte, al non fermarmi all'ovvio, al probabile, al pensiero comune o addirittura a una fuga salvifica. Sembra giusto perciò, chiamare questa inevitabile, anche si spera lontana fine di cui sopra, col nome con cui è sicuramente più conosciuta, ma soprattutto più temuta dalla stragrande maggioranza. Addirittura come qualcuno con l'animo molto aperto e inclusivo che in passato, l' ha definita addirittura sorella. Si proprio lei, sorella morte.

Le stesse religioni, i sacerdoti, le civiltà, persino gli artisti, quasi sempre l'hanno raffigurata con una simbologia macabra. Come qualcosa da esorcizzare provocando repulsione e solleticando la paura. Poche civiltà hanno avuto e hanno, un approccio, diciamo “laico”, con tale aspetto della vita. E in genere, sono quelle più legate ai ritmi e leggi che regolano la vita naturale. Vita in cui l'essere umano è solo uno dei tanti protagonisti e comprimari di quel mirabile intrecciarsi preciso che è il processo evolutivo naturale. Quindi evento, magari non piacevole, non da ricercare, ma da considerare  inevitabile. E come tale da accettare possibilmente senza eccessivi traumi o tragedie. Ovviamente a questo livello di considerazione molto contribuiscono anche le credenze e le speranze legate a sviluppi e stati successivi alla fine della vita fisica. Che spesso, si credono come un semplice continuare l'esistenza, magari da un'altra parte e in altra piu6 soddisfacente forma. Aspetti che, ovviamente solo la fede, le tradizioni e le convinzioni intime rendono più accettabili.

Nel nostro mondo moderno, basato molto più su una distinzione netta ed escludente della natura e delle sue leggi. Con una lettura più favorevole ad un' esistenza centrata su sé stessi e su una personale, continua ricerca di una felicità individuale o collettiva, fare altro risulta visione decisamente meno diffusa e praticata.

Anche gli stessi rappresentanti o seguaci di religioni che promettono, sperano o credono in paradisi successivi, ci si approcciano col sacro timore e le stesse paure condivise con l'ateo più incallito. Anche lo stesso pensiero filosofico, che pure è quello che più e meglio di altri, ha provato a rendere comprensibile o, perlomeno accettabile tale aspetto, lo ha fatto però, con un occhio distaccato, quasi da semplice osservatore e non spingendosi troppo avanti nella ricerca. Quasi col sacro timore di sfrugugliare qualcosa che deve, per sua natura, rimanere avvolto nel mistero. Sia per rispettarne la dovuta sacralità, sia per non rischiare di mettere a repentaglio la nostra sanità e incolumità mentale e spirituale.

E' pur vero che per fortuna, questi nostri tempi. Questa nostra società. Questo modo di vivere e guardare alla vita. Con la storia che abbiamo alle spalle. Con i trascorsi personali e collettivi, possiamo permetterci, qualora lo si voglia e lo si senta, di avere un pensiero laico e personale anche su tale aspetto. Aspetto che, insieme alla nascita, rappresenta uno dei due confini invalicabili e insondabili della nostra esistenza.

E vi pare quindi, che una mente curiosa, smaniosa, e per fortuna ancora attiva e pensante non si metta  prima o poi, a ragionarci su?

Prerequisito indispensabile, ovviamente è l'umiltà nell'approccio e la consapevolezza che a poco e nulla si arriverà comunque. E partendo dalla semplice e banale considerazione che nessuno è mai uscito vivo dalla vita. Quindi, o la vita non è tale o la stessa morte non ne può rappresenta semplicemente il suo contrario. Ma solo un suo aspetto inevitabile e, direi anche indispensabile. A volte, nei casi di malattie serie o di incidenti altrettanto gravi, si parla retoricamente di lotta contro la morte. Del rifiuto della stessa, dell'eroismo e delle virtù che si mettono in mostra in tali conflitti fino alla sua sconfitta. Se la guardiamo da questi punti di vista, gli eventuali risultati positivi, non rappresentano altro che vittorie parziali. Certamente gradite, da festeggiare e valutare più che positivamente, ma con la consapevolezza che alla fine prima o poi, sarà sempre lei. La signora (ma sarà poi proprio una signora?) di nero vestita a vincere contro chiunque.

Quindi è inutile e velleitario lo sfidarla. Ma anche e soprattutto il ricercarla, ovviamente. Perché, se siamo vivi qui e adesso, evidentemente è con questa condizione che dobbiamo forzatamente convivere e confrontarci. Per quali motivi o ragioni lo si debba fare, ognuno la pensi come ritenga più opportuno e consono alle proprie convinzioni.

Ma questo è, e questo rimane un assunto immutabile, a prescindere da qualsiasi altra considerazione e, oggettivamente valido per tutti

Perciò  ricercare, leggere, confrontarsi cercando di costruirsi una propria personale convinzione e considerazione sulla questione sembra l'unica opzione possibile.

E, visto come funziona l'andazzo e visto che è cosa che non si potrà evitare all'infinito, quando lei mi si presenterà, spero mi faccia la cortesia di trattarmi con la dolcezza e il garbo che si deve a un vecchio amico. Uno che ha provato a capirla e conoscerla, pur con tutti i limiti imposti dalla condizione umana. Ma senza l'astio, la repulsione o addirittura, il lancio di guanti sfide nei sui confronti. Modi con cui, molti normalmente si approcciano provocatoriamente a lei. E spero mi capirà e scuserà se, nonostante tutto, non riesca  però, a considerarla sorella. Spero le sia sufficiente il rispetto e l'attenzione che le pongo e con cui la considero. Rispetto e attenzioni dovute a qualsiasi signora. Figuriamoci a lei. (sperando sempre sia davvero una signora).

Ad maiora


MIZIO

mercoledì 22 novembre 2023

PATRIARCATO E DINTORNI

 Ripeto che il dibattito suscitato dalla morte della povera Giulia è perlomeno stucchevole. Almeno secondo me. Non serve il puntare il dito in modo indiscriminato. Non serve  scavare un fossato incolmabile e incomprensibile ai più tra generi e gruppi di persone. Non serve una graduatoria di buoni e cattivi a prescindere. Se accanto all'analisi politica, sociale e storica non si affianca quella indispensabile e  riferita ad una natura umana che sappiamo imperfetta. Natura di cui ignoriamo fondamentalmente, origine e finalità ultime, si rimane in mezzo al guado. Un guado che oltre non risolvere alcunché, aggiunge problematiche ulteriori. Vedo attacchi concentrici e anche bipartisan ad un cosiddetto patriarcato. Concetto che, di fatto, in larga parte della popolazione di questi tempi sembra, almeno nel suo

senso più deteriore abbondantemente non più rispondente alla realtà.  C'è piuttosto, sempre più presente ed esaltata la logica del più forte. Logica che poi si  ritiene "normale" affermare anche con la violenza. Sia essa fisica, che economica, sociale o di genere. Questione che, se è assolutamente vero  per alcuni aspetti essere più presente nella componente maschile, risulta però, laddove le condizioni lo permettano, anche assolutamente trasversale. Nel bullismo, ad esempio, così diffuso, sembrano non esserci differenze e limiti sostanziali tra chi lo esercita. L' affermazione e riconoscimento del sé attraverso la logica del gruppo che passa dallo svilimento e umiliazione del più  debole. Di qualsiasi genere questi sia. Magari su qualcuna/o più di altri perché visti più deboli e facili. 

Altro esempio, nei rapporti di lavoro spesso non è certo il genere a modificare i rapporti e gli abusi del potere e il ricorso all'uso della forza derivante dalla posizione. (In questo caso non fisica)

Certo si può affermare che questi siano esempi che possono essere analizzati e riportati più facilmente all'interno di un dibattito e di un posizionamento per una loro modifica . Come, altrettanto ovviamente, di fronte ad una morte innocente, l'approccio non può che essere diverso. Ma, pur nella diversità e nel maggiore sconquasso emotivo derivante, non può e non deve mancare mai la lucidità necessaria per un'analisi serena tesa alla ricerca del necessario equilibrio.  Pare, invece, anche in questi casi prevalere una logica di schieramento aprioristico, piuttosto quella che sarebbe necessaria e più funzionale. Credo che la società nel suo complesso debba e possa mettere in piedi misure di contenimento di tali fenomeni, oltre che mettendo in discussione sé stessa e la propria natura, anche sgombrando il campo dalla faciloneria e semplificazione con cui,  in genere, si è  portati a ricorrere in tali situazioni. Necessario introdurre modelli educativi e relazionali diversi sia nelle istituzioni preposte che negli ambiti familiari, ovviamente Ma quelle stesse istituzioni e le famiglie per poter esercitare a pieno tale esercizio, non potrebbero che farlo in un contesto sociale, economico e politico completamente diverso che lo renda compatibile e proficuo. Come potrebbe essere altrimenti se, accanto alla buona volontà dei singoli, corrispondesse poi, un ambiente attorno in cui fosse esaltata la competizione, il merito e conseguentemente la logica del più forte (migliore) cui si accennava prima?

E, comunque, sappiamo già che, oltre tutto quello che si potrebbe e si dovrebbe mettere in campo, ci sarà sempre quel tot di imponderabilita' e imperscrutabilità dell'animo umano. Quegli aspetti che potrebbero, nonostante tutto, ancora dar vita a episodi anche tragici. 

Il patriarcato, se lo vogliamo definire così non è, almeno in questa fase storica, appannaggio caratteristici di un genere. Ma eventualmente, di un sistema basato su rapporti di forza e di potere in cui le vittime sono sempre da ricercare tra i più  deboli E se sono di più tra appartenenti a un genere piuttosto che ad un altro, non è certo nella maggiore propensione di questi all'uso della violenza. Ma più semplicemente, nella maggiore possibilità di esercitarla (almeno fisicamente). Personalmente sono nato e cresciuto in ambienti non certo all'avanguardia. Circondato da famiglie "tradizionali" nell'estrema periferia cittadina. Frequentatore abituale di oratorio e catechismo. Quindi il prototipo perfetto del tipico maschio italico secondo alcune analisi che si vogliono progressiste. Eppure nella mia vita come in quella dei tanti con cui sono cresciuto di anni e di esperienze, non ci sono mai stati episodi violenti. Non sono mancati momenti complicati, anche dolorosi certamente, ma mai sfociati nella violenza o in nessuna presunta superiorità o supremazia di alcun tipo.

Perché quelle forme educative e modelli, seppur condizionanti, alla fine, nel bene e nel male, passano al vaglio del proprio singolo, unico e intimo sentire.

MIZIO

giovedì 9 novembre 2023

IMPOTENZA

Ho passato anni a cercare di decifrare quale fosse il sentimento prevalente che, in una qualche misura, fosse capace di agire nel personale intimo più profondo. Quel non luogo dove dovrebbe farla da padrona ciò che definiamo coscienza. Quel substrato caratteriale, ereditario e culturale già preesistente in ognuno di noi che viene progressivamente, alimentato, arricchito e reso intelligibile negli anni attraverso le diverse esperienze della vita. Per molto tempo ho pensato che i sentimenti prevalenti fossero la rabbia, o meglio, il rancore. Il senso di insopportabilita' dell'ingiustizia e la ricerca di un'etica e di una dirittura morale che potesse rendere credibile scelte e azioni conseguenti. Poi, nello scorrere del tempo, si è aggiunto il senso di vuoto, la delusione, l'incapacità di accettare prima ancora di quella per capire di tante situazioni. La strenua, anche se impari, lotta per non abbandonarsi alla rassegnazione e alla sconfitta personale, oltre che storica e ideale. Quindi all'interno del personalissimo eremo esistenziale, in cui ognuno di noi si rifugge per provare a capire e ritrovarsi, improvvisamente appare il tutto molto più chiaro. Il sentimento prevalente che ha accompagnato la mia vita, pur nella differente scala d'importanza e relativa percezione, è stato sempre fondamentalmente quello dell'impotenza. La consapevolezza che, nonostante l'impegno e le buone intenzioni, il tutto fosse intangibile, immutabile e anzi, peggiorato nel tempo. Con relativa conseguente frustrazione esistenziale e il rinchiudersi, per sopravvivere, in recinti più stretti ma più comprensibili e compatibili con il resto della vita. Vita che, nonostante noi e per fortuna, continua a scorrere a prescindere. Soprattutto per chi ci è, nonostante tutto, più vicino. Impotenza quindi, che spiega meglio, e più di mille elucubrazioni, il mio ripetuto allontanarsi da situazioni che non condividevo, non capivo e non riuscivo a far diventare e sentire mie fino in fondo, nonostante una certa e sincera disponibilità. E nell'affermare ciò, non ne esalto certo una sua valenza positiva, che pur potrebbe ritrovarsi, ma ne certifico la sua (credo) quasi definitiva vittoria. Vittoria non facile, non riconosciuta, non accettata per molto tempo. Ma come arrivano implacabili le varie stagioni della vita, arriva pure quella della necessaria consapevolezza. Quella presa di coscienza che rende chiaro e leggibile ciò che sembrava, fino ad un certo momento, incomprensibile o inaccettabile. Però, a differenza di altri sentimenti, quello dell'impotenza rispetto il proprio ruolo nella vita e nella società, può essere combattuto e relegato in un cantuccio. A patto di rimanere, pur nello scetticismo complessivo, parzialmente aperti e disponibili a qualsiasi novità dovesse smuovere curiosità, interesse per i suoi presupposti e le sue potenzialità. MiZIO

martedì 10 ottobre 2023

COMUNITA'...MA DE CHE?

In relazione ad ogni avvenimento più o meno grave che accade in qualche parte del mondo nelle dichiarazioni sia dei media, che dei politici si fa un costante riferimento alla cosiddetta Comunità Internazionale. Una Comunità che, a seconda delle circostanze, condanna, solidarizza o appoggia Tizio o Caio. Ma tradotto in soldoni chi e cosa è questa Comunità Internazionale? Logica vorrebbe che tale entità sia rappresentata dal consesso internazionale più ampio possibile che si conosca, l'ONU. E che, conseguentemente, sia l'opinione espressa da tale istituzione o perlomeno, dalla maggioranza dei partecipanti. Però, leggendo anche molto superficialmente le notizie in merito, veniamo a scoprire che la stragrande maggioranza delle risoluzioni ONU approvate, sono rimaste lettera morta. Non hanno quasi mai, minimamente rappresentato un vincolo tale da condizionare o risolvere le questioni in oggetto. E pensiamo, tanto per non fare nomi e rimanere alla cronaca, alla questione palestinese e anche alla guerra in Ucraina. All'ONU sono state votate risoluzioni, anche a grande maggioranza, esattamente contrarie e contrastanti con quelle che ci raccontano, espresse dalla Comunità Internazionale. Quindi appare chiaro che la cosiddetta comunità è un concetto veicolato e valevole solo in alcuni paesi e porzioni del pianeta. Concetto che risale ad una presunzione di superiorità che, se già molto discutibile nei secoli scorsi, oggi appare totalmente fuori da ogni contesto e logica. Sembrano questioni di lana caprina, a fronte dei drammi e delle tragedie odierne. Ma è proprio dalla sottovalutazione dei linguaggi e dai messaggi meno esibiti, che passano i condizionamenti e e le distorsioni nelle letture degli accadimenti. Le stesse distorsioni e condizionamenti che i poteri, in ogni angolo del mondo, hanno sempre usato per distrarre e tenere divisi e sfruttabili interi popoli. MIZIO

LA RAI E' MIA E NON SI TOCCA

Non ho mai avuto simpatie o lesinato critiche alla Rai. Sia per la qualità non sempre eccelsa dei suoi programmi, che per il modo in cui è stata costantemente utilizzata dal potere politico. Ma lo tsunami programmatico e gestionale in atto, l'abbassamento qualitativo dell'offerta. Le censure preventive su personaggi e programmi. L'informazione drogata o anestetizzata appaltata a personaggi di scarsa o nulla capacità professionale, ma fedeli alla linea. E per quella poca residua con l'ambizione di essere libera, non mancano le minacce preventive e il confino in lager e spazi residuali dei palinsesti. Paradossalmente oggi sembrano quasi più aperti e meno allineati alcuni network privati. Tra l'altro sembra riprendere fiato anche l'ipotesi coccolata da molti da tempo, della sua privatizzazione. Con relativi spacchettamenti magari da lasciare in gestione agli appetiti di egoismi politici o territoriali. Cosa che non troverebbe opposizione nel corpo molle della società. Sia per il diminuito appeal dei suoi programmi, sia per provare a liberarsi dell'odioso ticket del canone (cosa che invece rimarrebbe, a meno di non cambiarne la natura). Io credo di essere tra i pochi che, pur come dicevo all'inizio, critico e non apprezzando granchè i suoi programmi, la difenderei a prescindere. Per lo stesso motivo per cui ho difeso dalle privatizzazioni e dal dare in pasto al cinismo del mercato, tutti gli altri settori strategici dello stato privatizzati nel tempo, Trasporti, comunicazioni, strade e autostrade oltre le migliaia di aziende a questi settori collegate. Tutti aspetti di un patrimonio collettivo lasciati alle speculazioni e al profitto del mercato. E, praticamente sempre, senza neanche riuscire nel cambio, a migliorare il servizio stesso e, tantomeno il bilancio dello stato. Molta della programmazione Rai è indifendibile (soprattutto in quest'ultima versione) ma la sua potenzialità mediatica, tecnica professionale non può essere nè svilita nè svenduta. Ma andrebbe difesa e valorizzata per quello che è il suo compito primario e istituzionale. Rappresentando il meglio dell'informazione e dell'immagine culturale e artistica del paese nel mondo. PS: non ho amici, parenti o interessi privati di alcun tipo legati alla Rai e al suo mondo. MIZIO