Un altro prezioso e interessante contributo del Dott. Maurizio Santopietro che analizza il rapporto o, non rapporto, tra cibo per il corpo e cibo dell'anima.
Malnutrizione, malattia del corpo e dello spirito Il
principio: L’uomo non vivrà di solo pane, ma di ogni parola che procede dalla
bocca di Dio (Mt 4,4). Il sistema: I poveri li avrete sempre con voi[…] (Mt
26,11). La constatazione: Siamo quello che mangiamo (L. Feuerbach). Il rimedio:
Bisogna che Egli cresca, e che io diminuisca (Gv 3,30). A maggio 2015 si è
inaugurata a Milano l’Expò mondiale sul tema Nutrire il Pianeta. Energia della
vita, quasi ad accorgersi solo ora della disparità all’accessibilità al cibo
fra gli emisferi nord e sud del globo. L’intenzione più elevata, che sarebbe
“cosa buona e giusta”, sarà quella di redigere una sorta di “Carta
internazionale del diritto all’alimentazione”. Vedremo. Senza approfondire in
questa sede le matrici di ordine economico, politico e sociale, è palese che
questa netta sperequazione sia espressione di un’iniqua distribuzione di beni e
risorse, che favorisce la concentrazione di beni nelle mani di pochi a danno
dei moltissimi, soprattutto in questi ultimi decenni in cui il divario fra
ricchi e poveri è terribilmente aumentato. La malnutrizione non va identificata
esclusivamente con la mera denutrizione o la carente assunzione di sostanze
macro e micro nutrizionali (proteine, carboidrati, lipidi da una parte, vitamine
e oligominerali dall’altra), infatti nei Paesi occidentali la malnutrizione si
manifesta anche per cause opposte (eccesso di nutrimento), colpisce un alto
numero di persone e bambini, e causa obesità e patologie correlate o anoressia,
patologico paradosso del rifiuto di cibo che si verifica nella parte del mondo
opulento. Si pone così in evidenza l’ambivalenza del fenomeno: ci si ammala e/o
si muore sia per eccesso che per mancanza di cibo. Manca l’equilibro, l’armonia
nella distribuzione della fruibilità e nella composizione bilanciata della
dieta quotidiana, laddove ci sia disponibilità. 1 In ambito spirituale, Cristo
si offre da oltre duemila anni come “vero cibo e vera bevanda”: In verità, in
verità vi dico: Chi crede in me ha vita eterna. Io sono il pane della vita. I
vostri padri mangiarono la manna nel deserto e morirono. Questo è il pane che
discende dal cielo affinché uno ne mangi e non muoia, Io sono il pane vivente
che è disceso dal Cielo; se uno mangia di questo pane vivrà in eterno; or il pane
che darò è la mia carne, che darò per la vita 1 La FAO stima che la
malnutrizione causi 9 milioni di morti (per insufficienza alimentare e
denutrizione) e 6 milioni nei Paesi Occidentali, per patologie dovute ad
obesità e cattive abitudini alimentari (Radiogiornale Rai, 01/05/2015). 2 del
mondo […]. Perciò Gesù disse loro: In verità, in verità vi dico che se non
mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete
vita in voi (Gv. 6,47 ss.). La disponibilità di questo specifico cibo
spirituale, al contrario di quello che deperisce, è per tutti gli uomini e in
modo equilibrato. Si sente dire talvolta che il cibo spirituale sarebbe
fruibile quasi solo in una specifica regione del mondo (area Occidentale). Un
comunissimo pensiero era fino a qualche tempo addietro il seguente: come fanno
a salvarsi quelli che vivono nelle zone sperdute del mondo? Si insinuava così
che Dio non avrebbe distribuito equamente sulla terra il “pane” della salvezza,
ma avrebbe discriminato come fanno gli uomini! Si ignorava stoltamente che Dio
è giusto Giudice, che ha dato a tutti il diritto di diventare suoi figli, a
prescindere dal luogo di nascita, dall’appartenenza etnica e culturale (Gv
1,12)! Nelle prime esperienze di partecipazione alla cena del Signore, i
cristiani della chiesa di Corinto dettero pessimo esempio per il modo sacrilego
con cui vi si accostavano, riproducendo squilibri sociali tipici del mondo
pagano. Alcuni consumavano anzitempo pasti fastosi mentre altri erano a
digiuno, e altri ancora addirittura si ubriacavano (1 Cr 11,17 ss.). Era un
oltraggio al memoriale, cioè all’annuncio dell’Evangelo fatto proprio mediante
la cena del Signore (1 Cr 11,26 ss.). Anche nella nascente chiesa di
Gerusalemme, con migliaia di neoconvertiti, sorsero dispute fra ellenisti ed
ebrei a causa dell’infelice distribuzione dei pasti alla mensa comune e, in
particolare, nell’assistenza alle vedove. Nella circostanza, gli apostoli
fecero scegliere alcuni servitori (diaconi) perché risolvessero la questione,
mentre gli apostoli stessi si dedicavano alla predicazione (Atti 6,1 ss.), che
era la vera priorità. Nella Bibbia ebraica troviamo un’altra dimostrazione
d’immaturità spirituale e civica. Durante il cammino nel deserto, Dio inviò al
popolo manna e quaglie giorno dopo giorno, immancabilmente. Cosa fecero i
furbi? Cercarono di accumulare quanto più cibo possibile, nonostante il divieto
tassativo di non raccogliere e consumare oltre il giusto quantitativo
giornaliero per l’intera famiglia. I furbi non compresero, e furono puniti col
rapido deterioramento del cibo ammassato, divenuto incommestibile e
maleodorante (Es 16,13 ss.). Se Dio avesse consentito la razzia di cibo oltre
il reale fabbisogno quotidiano per ogni gruppo familiare, altri ne avrebbero
certo sofferto; si sarebbe generata ingiustizia, forse fino a realizzare un
mercato nero! Questi sono i limiti della mentalità umana volta al male e priva
della forma mentis di Dio, di Cristo (e ciò in persone che, pure, si erano
affidate al Signore). Mancò l’applicazione del principio secondo cui non di
pane soltanto vive l’uomo, ma di ogni parola che procede da Dio, (Mt 4,4).
Mancò il rimedio: “Bisogna che egli [Dio e/o Cristo] cresca, e che io
diminuisca”, oggigiorno ancora più valido. 3 Continuando nel simbolismo Cristo
– cibo costituito dalla sua Parola, dal suo insegnamento, egli diviene un
complesso di “sostanze essenziali” necessarie a far sviluppare la salute
spirituale, a patto però che vengano assunti tutti i fondamentali del suo
insegnamento. Se infatti dovessimo ingerirne arbitrariamente solo alcune parti,
saremmo malnutriti, indeboliti, metteremmo a serio rischio la vita morale,
esporremmo noi stessi al rischio di “malattie mortali”, esattamente come
avviene nella realtà materiale. Ad esempio, Lutero riteneva lo scritto di
Giacomo una “lettera di paglia”, perché enfatizza le opere rispetto alla fede,
disposizione interiore non verificabile immediatamente. Gli uomini, soliti a
semplificare le realtà, possono contrapporre impropriamente i due
“macronutrienti” delle opere e della fede, che invece hanno qualità
complementari e sono entrambi rilevanti nella “dieta spirituale” quotidiana.
Non c’è motivo quindi per creare un insensato antagonismo fra opere e fede. È
vero che Lutero dovette contrastare il mercato delle indulgenze e la simonia,
ma Giacomo, ovviamente, non intendeva contrapporre le opere alla fede (Gc 2,17
s.)! Restando nel paragone alimentare, la dieta del cristiano è “onnivora”,
egli si ciba indistintamente di TUTTI gli insegnamenti, tutti gli esempi e tutte
le prescrizioni presenti nella Bibbia, in particolare nel Nuovo Testamento. È
possibile però che alcuni, per immaturità spirituale, assumano ancora il “latte
spirituale”, nonostante la lunga militanza nella fede (Eb 5,12). Potrebbero
essere coloro che dicono “Io sono nella chiesa da trent’anni”, “io da
quaranta”, come se non avessero più disponibilità ad apprendere dal Signore,
come se il fattore cronologico da solo fosse sufficiente a garantire la vita
spirituale. Sarebbe più utile chiedersi: sono stato cambiato dalla “dieta
spirituale” di Cristo in tutto questo tempo? E quanto sono cambiato? Spesso,
manca questo atto di profonda umiltà, e talvolta non ci si accorge di
regredire, come appunto ci ricorda l’apostolo Paolo (Eb 5,2). Ora però poniamo
al centro di un’ipotetica tavola del cibo e, in una seconda tavola virtuale,
Cristo quale cibo spirituale. Alla prima tavola facciamo accomodare un
vegetariano, un fruttariano, un vegano, un salutista e un “onnivoro”; alla
seconda poniamo tanti invitati quante sono le centinaia di confessioni che si
rifanno al cristianesimo. Proviamo a ragionare: quanti si adatterebbero alla
sola “pietanza spirituale” che è il Cristo, senza rinunciare alla propria
dieta? La risposta ecumenica, cioè di comodo, starebbe nello slogan: uniti
nella diversità… nutrizionale! Così verrebbe fuori un Cristo “irriconoscibile”,
cioè un pasto non digeribile per tutti, non gradito a tutti, ostico per molti,
non salutare per alcuni, considerato che non potrebbe soddisfare l’appetito di
tutti, e il rischio è che alcuni diventino anche INAPPENTENTI! Esiste però un
pericolo difficile da scorgersi, per la sua parvenza di bontà. Corrono tale
rischio soprattutto i predicatori, i pastori (vescovi) o i credenti stimati i
quali, pensando di essere nobilmente ipernutriti del “cibo di Gesù”, alimentano
di soppiatto il proprio ego, usano il Cristo 4 come mero mezzo di
autoaffermazione, come “nutrimento narcisistico”! Attenzione perciò a coloro
che si reputano detentori di verità assoluta e vogliono salire sul pulpito più
alto, attenzione a coloro che “usano” il pane di Cristo per fini strumentali;
pur avendo compiuto opere potenti, pur avendo molto predicato, pur avendo
scacciato demoni, non troveranno conferma da parte del Signore: “Io non vi ho
mai conosciuti, allontanatevi da me, voi tutti operatori di iniquità” (Mt 7,21
ss.). Hanno mangiato “pane a tradimento”. E saranno gli stessi apparenti bravi
cristiani quelli che, pur avendo manifestato doti eccezionali nell’oratoria,
nelle opere potenti, in estremi sacrifici personali, pur avendo esibito doti
eccezionali, hanno trascurato invece la Carità, l’Amore (1 Cr 13,1 ss.). Ma in
termini evangelici l’amore coincide con l’osservanza della parola del Signore
(1 Gv 5,3)! Per non essere malnutriti, dovremmo pertanto ambire allo stesso
cibo assunto da Gesù, il figlio dell’uomo (Gv 4,34). All’Expò di Milano manca
proprio il padiglione principale, quello dedicato al cibo spirituale, il vero
Pane dell’anima!
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