Scorri
rapidamente gli innumerevoli post su Facebook sapendo già che la maggior parte
sono inutili, ripetitivi, provocatori alla ricerca di qualcosa che accenda la
fantasia e la curiosità. Improvvisamente ti imbatti nella richiesta di un gruppo che invita a menzionare
i film italiani che hanno contribuito alla crescita della nostra coscienza
politica e sociale. E ti ritrovi a confrontare i tuoi ricordi con quelli degli
altri componenti, scoprendo che, anche per alcuni molto più giovani le pietre
miliari, quelli capaci di scuotere le coscienze appartengono ad un periodo che
va dal dopoguerra alla fine degli anni ’70. Ritrovi Bertolucci, Rossellini, Monicelli,
Pasolini, Volontè. Nomi e film capaci di sconvolgerti, di fotografare una
realtà che era patrimonio collettivo nella sua evoluzione e non appariva
lontana ed estranea alle vite di ognuno. In effetti mettendomi a ripescare
nella memoria, negli ultimi decenni del secolo scorso e nei primi dell’attuale
abbiamo avuto modo di apprezzare qualche autore, qualche film ci ha colpito per
la delicatezza o per le tematiche trattate, qualcun altro per le meraviglie
degli effetti speciali, ma nessuno, o quasi, capace di spostare o condizionare
scelte di vita politica e collettiva. Molto, indubbiamente, è dipeso dall’abbondanza
e dalla varietà dell’informazione che ha messo chi vuole, nella condizione di
essere informato, molto più di prima, anche se in maniera caotica e
superficiale, rendendo superflua la funzione pedagogica del film, relegato,
quindi, quasi esclusivamente alla funzione dell’intrattenimento. Questo è vero,
ma viene in mente che nel periodo di cui si parlava prima, la vivacità e la capacità
di compenetrarsi nel sociale non riguardava solo la filmografia ma tutto il
mondo dell’arte in genere. La musica, i testi dei cantautori, il teatro, l’arte
figurativa, la letteratura, la fotografia, tutto sembrava contribuire in
maniera consapevole ad una presa di coscienza collettiva.
Tutto
questo per dire che forse, oltre che guardare obbligatoriamente e doverosamente,
al futuro, varrebbe la pena di fermarsi a riflettere su quale corto circuito
mediatico collettivo abbia permesso che quella spinta, quel sentire comune, sia
stato depotenziato privilegiando una visione molto più attenzionata sul singolo
piuttosto che su una crescita collettiva. Si è perso progressivamente quel tessuto
connettivo che permetteva di sentire i problemi del singolo o di una categoria come
un problema di tutto il corpo sociale. E
bisogna avere il coraggio di ammettere che si è perso, certo, per l’evolversi
del modello sociale imposto da poteri sovranazionali, il cui compito, però, è
stato di molto facilitato dalle scelte che
sono state fatte da chi aveva storicamente il compito di alimentare una
visione diversa. Si è scelto di confrontarsi sullo stesso terreno scelto dall’avversario,
con il risultato di essere considerati progressivamente ormai, assimilabili nella
stessa logica. Oggi abbiamo ex leader politici che fanno film intervistando
bambini, anche in modo simpatico, ma si fa questo perché incapaci di scuotere
coscienze e avere una funzione credibile di guida bruciata sull’altare di un
realismo politico pro domo sua.
“La
classe operaia va in paradiso” oggi sarebbe un film improponibile perché l’ottica
è esattamente rovesciata rispetto ad esempio al film, molto più recente “Tutta la
vita davanti” sul lavoro precario cui spesso é stato accostato. Lì c’era un
problema collettivo di sfruttamento che veniva percepito come tale e dava vita
a scelte e risposte collettive, di qua c’è lo stesso dramma collettivo che viene
vissuto e percepito come personale, quasi, colpevolizzandosi per la propria
condizione. L’indice non viene quasi più puntato sui responsabili reali e,
quando lo si fa, è sempre in modo limitato e individuale.
Alla
fin fine questo pistolotto, partito da un semplice sondaggio sui gusti
cinematografici, diventa un invito a riflettere sulle scelte e sulle direzioni
da intraprendere. Il futuro si costruisce partendo dal riconoscimento degli
errori del passato e, soprattutto, coscienti che potrà diventare tale solo quando
ci sentiremo tutti coinvolti nella sua costruzione.
E
chi vuol capire, capisca!
Ad
maiora.
MIZIO
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