Già
il Machiavelli nel XVI secolo aveva
sdoganato e reso accettabile la doppia etica pubblica (politica) e privata.
Quella che prima di allora passava attraverso un’imposizione più o meno
autoritaria del potente di turno senza il bisogno di alcun consenso popolare e
senza necessità di essere vagliata sotto la lente della morale e dell’etica, di
fronte al risvegliarsi, almeno in quella parte di umanità che poteva permetterselo,
della dedizione alle speculazioni filosofiche o alla ricerca del bello come
mezzo di avvicinamento al divino, rese necessario, probabilmente, mettere al
riparo da critiche e censure troppo severe i potenti facendo filtrare le loro
azioni attraverso la lente deformante della ragion di stato. Cioè di un comportamento
la cui etica era permesso sottrarsi alle
normali censure morali in quanto espressione di un interesse ben maggiore di
quello del singolo che le ha materialmente adottate.
Di
questa facoltà autoassolutoria si sono sempre avvalsi tutti i poteri siano essi
tirannici o quelli più aperti e democratici, non dimenticando la doppia morale
adottata spesso, anche dalle religioni, rigide persecutrici della morale
privata giustificatrici delle proprie malefatte, ovviamente tutte per la
maggior gloria di Dio.
Quindi
l’evoluzione della coscienza privata e collettiva ha seguito percorsi paralleli
ma distinti con pochi punti di contatto che non siano quelli imposti dal riconoscimento
di un minimo comune denominatore.
La
sensibilità del singolo segue quella che è una propria evoluzione (spirituale,
di coscienza chiamiamola come ci fa più piacere) determinata dal suo livello di
partenza, dagli ambienti e dagli accadimenti della sua vita che rimane singola
e non cooptabile. Quella collettiva alla luce del cosiddetto bene comune, è
molto più legata all’interesse specifico e relativo al momento, per cui sono
stati possibili, nella storia anche periodi di ritorno a forme di barbarie che
si ritenevano ormai superate, come nel periodo nazista e fascista rese
accettabili, in quel caso, dalla presunta
necessità di ordine e dal riconoscimento di una, ancor più presunta,
superiorità razziale.. Il livello medio di evoluzione individuale era, in quel
periodo, indubbiamente superiore a quello collettivo rappresentato da quei
regimi che, infatti, e senza troppi rimpianti sono stati spazzati via dalla
presa di coscienza singola, prima che dalla reazione collettiva di rigetto.
Questo,
in parte, spiegherebbe come mai, anche in un periodo come l’attuale in cui i
mezzi a disposizione, l’informazione complessiva, permette al singolo un’acquisizione
di notizie e punti di vista molteplici, il tutto non riesca a trasformarsi in
qualcosa di collettivamente significativo. La risposta potrebbe essere già
compresa nella domanda, l’acquisizione diretta di informazioni favorisce una
presa di coscienza individuale e soggettiva che difficilmente riesce a riconoscersi
in un progetto collettivo in cui ognuno è costretto a rinunciare ad una parte
della propria visione e a riconoscere pari dignità anche a quella di altri. E questo
penalizza soprattutto quei movimenti che fanno dell’esercizio critico e
propositivo scevro da interessi particolari il proprio modus operandi. Qualcuno
che legge sta pensando alla sinistra italiana? Non sbaglia, proprio a quella
sto pensando anch’io.
Si
parla da anni di soggetto unico, di alternativa senza riuscire a trovare un
punto d’equilibrio che soddisfi le mille visioni individuali. A parte le trite
e ritrite critiche (giuste e giustificate) ai leader, inadeguati, arrivisti,
superbi, vecchi non dobbiamo forse esercitare lo stesso esercizio critico nei
nostri confronti? Quante volte ognuno di noi ha privilegiato il proprio orgoglioso
punto di vista rispetto a un pur piccolo passo avanti collettivo? Siamo
sinceri. Siamo diventati un po’ tutti autosufficienti dal punto di vista
cognitivo, ascoltiamo le idee altrui con il sopracciglio alzato in segno di
sufficienza e, senza spesso ascoltare, pensiamo già alla difesa del nostro
punto di vista, ovviamente migliore a prescindere.
Chi
ha avuto la pazienza di arrivare sin qui nella lettura si chiederà: si ma che c’entra
la doppia morale singola e collettiva con tutto questo?
Bene
provate a liberarvi per un attimo dei vostri pregiudizi e delle vostre visioni
che si scontrano con la grigia realtà quotidiana e pensate che il vostro mondo
e la realtà in cui si è calati possano essere, invece, frutto dell’identica
visione (morale, politica di coscienza).
Ecco
il punto, la doppia morale, seppur comprensibile, non può essere tollerata. Ciò
che è moralmente valido o, al contrario, censurabile, per il singolo non può
essere giustificato e valido a qualunque altro livello sia esso politico e/o
sociale.
Sognatore?
Forse! Ma se imparassimo a coltivare la
nostra coscienza come coltiviamo il nostro ego e trasferissimo il tutto a
disposizione degli altri, sfrondandolo di quel tanto di auto celebrazione e supponenza, credo che qualche passettino in avanti si possa fare.
Ad
maiora
MIZIIO
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