Un
partito si giudica dalla sua storia, dai suoi componenti, dalle sue scelte,
dalla visione complessiva della società. Destra e sinistra hanno tali
denominazioni, non solo per la loro collocazione nel Parlamento, ma perché
dovrebbero corrispondere a diverse visioni e progettualità della società, cosa
che si sarebbe dovuta rafforzare anche con la scelta del sistema maggioritario
che, al contrario, dopo venti anni,
possiamo definire senza dubbio fallimentare, non avendo garantito né la
governabilità, né la rappresentanza, né differenze sostanziali tra i due
maggiori schieramenti. Ma facciamo finta che vada bene così.
Ritorniamo
alle differenze di vedute, la destra promuove e difende il libero mercato, la
concorrenza, la competizione la minor presenza possibile del pubblico nei
servizi, in generale privilegia l’interesse
del singolo rispetto l’interesse generale. La sinistra, invece, ha (dovrebbe)
avere una visione di una società basata sulla condivisione dei beni e delle
risorse, sulla giustizia sociale, sul superamento delle differenze economiche
sociali razziali o di genere, sulla tolleranza e su una forte presenza pubblica
nei servizi e nell’assistenza.
Molto
bene! Quindi quando si va a votare il cittadino ha (dovrebbe avere) la
possibilità di scegliere chi meglio rappresenti la sua visione della società.
Ora in un paese chiamato Italia accade che, da circa venti anni, le differenze
tra i maggiori contendenti alla gestione dello stato si concentrasse
soprattutto sull’avversione o meno rispetto uno dei leader. Il berlusconismo e
l’antiberlusconismo, è stato il collante che ha tenuto in piedi le ragioni per
indirizzare il voto a favore dell’uno e dell’altro dei contendenti, bollando,
tra l’altro, chi si teneva fuori da questa tenaglia di favorire o boicottare la
vittoria dell’altro.
Per
un certo periodo il giochino ha funzionato garantendo all’uno o all’altro la
maggioranza nelle elezioni. Il banco, però, sta saltando, tanto è vero che ci
si sta affrettando a cambiare la costituzione e le regole democratiche, onde
poter continuare a garantirsi una rendita di posizione nella gestione del
potere.
La
crisi economica che ormai da sei anni imperversa avrebbe dovuto essere la discriminante
che marcava le differenze tra l’una e l’altra visione della società
prospettando soluzioni e azioni diverse.
Qualcuno
ha notizia di scelte di “sinistra” in tal senso?
Qualcuno
ha potuto notare una redistribuzione migliore delle risorse economiche?
Qualcuno
ha notato una strenua difesa dei servizi pubblici difendendoli dall’attacco
speculativo dei privati?
Qualcuno
ha difeso le fasce più deboli della società^
Qualcuno
ha favorito politiche che favorissero l’accesso al mondo del lavoro dei giovani?
Qualcuno
ha visto un miglioramento nella sanità pubblica, nella scuola, nei trasporti e
negli altri servizi pubblici?
Qualcuno
ha difeso i milioni di lavoratori penalizzati dalla riforma Fornero in termini
di accesso posticipato di molti anni alla pensione e di abbattimento delle loro tutele sul posto di lavoro?
Quello
che è stato fatto lo sappiamo tutti accondiscendenza alle politiche suicide e
vessatorie della troika, addirittura mettendo il pareggio di bilancio nella
costituzione (unico paese a farlo,) un paese in ginocchio, una classe politica
incapace persino di evitare il ridicolo come ci ha dimostrato bene il ministro
Padoan che, recentemente, ha invitato
gli italiani a non essere avari e ad investire gli ottanta euro dell’elemosina
di Renzi. Non sa o fa finta di non sapere, il che sarebbe peggio, che gli
aumenti delle sole tasse locali, Tares,
Imu, Tarsu, Trius hanno comportato esborsi ben superiori agli ottanta
euro. Per non parlare degli aumenti generalizzati delle bollette dell’energia ,
del gas, telefoniche ecc. ecc..
Potrei
continuare a lungo, e qualcuno si sarà già chiesto, ma questo dove
vuole arrivare? Tutte queste cose le sapevamo già.
Il
mio vuole essere uno stimolo a chi ancora a sinistra del PD pensa ad una
possibilità di rapporto con lo stesso, che le cose e le scelte, pur
affascinanti e attrattive nei loro postulati iniziali, non possono seguire le nostre desiderata, ma
vanno giudicate dai fatti. E i fatti ci dicono, facendo riferendo alla iniziale
definizione di sinistra e destra, che il PD oggi è chiaramente collocabile in
quella che possiamo definire senza dubbio un’area tipicamente di destra, e la
strenua difesa, al limite della legalità, come nel caso della riforma del Senato, di tale scelta lo fa ritenere una
fase non transitoria e non modificabile, a dispetto delle dichiarazioni di
alcuni dei componenti che parlano ancora di sinistra riferendosi al proprio
partito.
Già
sento i lamenti e le geremiadi di chi dice: ” Si però, hanno preso il 40%, ne
dobbiamo tenere conto”.
A parte che il famigerato 40% equivale in verità a uno striminzito 22% reale sul totale degli aventi diritto, quindi una minoranza, corposa quanto si vuole, ma minoranza.
A parte che il famigerato 40% equivale in verità a uno striminzito 22% reale sul totale degli aventi diritto, quindi una minoranza, corposa quanto si vuole, ma minoranza.
Inviterei, pertanto a lavorare di più su quel 40% (reale) che non vota più e ad erodere una
parte di quel 22% che vota PD, convinto cha sia ancora una scelta di sinistra o una parte del voto 5 stelle, mettendo in
campo tutte le energie possibili buttando a mare tutta la spocchia e la difesa
della verginità ideologica per ricostruire un soggetto politico che possa
essere riferimento per quella fetta di società che non ha più rappresentanza e
dignità.
Perché,
potete definirle come volete, ma le classi sociali esistono ancora, ne abbiamo
solo oscurato la visione e ingannato la percezione con una pseudomodernità
lessicale.
Il
moderno disagio sociale non è diverso dalla vecchia povertà, così come il
vecchio spazzino non è diverso dal moderno operatore ecologico, cambia il nome
ma sempre di mondezza si tratta.
Ad
maiora
MIZIO
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